Sentenza
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1-quinquies del
decreto-legge  31  marzo 2005, n. 44 (Disposizioni urgenti in materia
di enti locali), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge 31 maggio 2005, n. 88, dell'art. 1, comma 3, del decreto
ministeriale  19  aprile  1994, n. 701 (Regolamento recante norme per
l'automazione   delle   procedure   di  aggiornamento  degli  archivi
catastali   e   delle  conservatorie  dei  registri  immobiliari),  e
dell'art.  74 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia
fiscale), promosso con ordinanza del 13 luglio 2006 dalla Commissione
tributaria   regionale   dell'Emilia-Romagna   sul  ricorso  proposto
dall'Agenzia  del  Territorio -  Ufficio  di  Ferrara  contro  Centro
Energia  Ferrara  s.p.a.,  iscritta  al n. 690 del registro ordinanze
2006  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, 1ª
serie speciale, dell'anno 2007;
   Visti  l'atto  di  costituzione  del Centro Energia Ferrara s.p.a.
nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  20  novembre  2007  il giudice
relatore Alfio Finocchiaro;
   Uditi  l'avvocato  Marco  Miccinesi  per il Centro Energia Ferrara
s.p.a.  e  l'avvocato  dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con ordinanza del 13 luglio 2006, la Commissione tributaria
regionale dell'Emilia-Romagna ha sollevato, in riferimento agli artt.
3,  24,  53,  97,  102,  104  e  108 della Costituzione, questioni di
legittimita'    costituzionale:    a)   dell'art.   1-quinquies   del
decreto-legge  31  marzo 2005, n. 44 (Disposizioni urgenti in materia
di enti locali), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge  31  maggio  2005,  n. 88 sia nella parte in cui, avendo
sostanzialmente  efficacia  retroattiva,  violerebbe  il principio di
ragionevolezza, del diritto di difesa e delle attribuzioni del potere
giudiziario,   sia   nella   parte  in  cui  tratterebbe  in  maniera
disomogenea   fattispecie   sostanzialmente   identiche  senza  alcun
criterio  apparente  di  ragionevolezza; b) dell'art. 1, comma 3, del
decreto  ministeriale  19  aprile  1994,  n. 701 (Regolamento recante
norme  per  l'automazione  delle  procedure  di  aggiornamento  degli
archivi  catastali e delle conservatorie dei registri immobiliari), e
dell'art.  74 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (Misure in materia
fiscale),  nella  parte  in  cui, non prevedendo un termine a pena di
decadenza per la determinazione della rendita catastale, esporrebbero
indefinitamente  il  contribuente  all'azione  della  Amministrazione
finanziaria.
   Riferisce  la  Commissione  rimettente  che  il  13  dicembre 2005
l'Agenzia  del  territorio - Ufficio di Ferrara - ha proposto appello
avverso  la  sentenza  della  Commissione  tributaria  provinciale di
Ferrara,  con  la  quale,  in accoglimento del ricorso proposto dalla
societa'  Centro  Energia  Ferrara  s.p.a.,  era stata determinata la
rendita  catastale  di una unita' immobiliare (centrale elettrica) di
proprieta'  della  ricorrente  in € 196.395, previo annullamento
della  rendita  catastale  di  €  2.026.576,  determinata per il
computo di tre turbine installate all'interno dell'immobile.
   L'appellante  ha  chiesto  la  riforma  della decisione impugnata,
fondando  tale  richiesta  sulla  previsione normativa introdotta con
l'art. 1-quinquies del decreto-legge n. 44 del 2005, che risolve alla
radice  la  questione  circa  la  valutazione  dei  beni  strumentali
inseriti nell'immobile per la determinazione della rendita catastale.
   2.  -  La prima questione di legittimita' costituzionale sollevata
dalla  rimettente riguarda l'art. 1-quinquies del decreto-legge n. 44
del  2005,  inserito  dalla  legge di conversione n. 88 del 2005, per
contrasto con gli artt. 3, 24, 53, 102, 104 e 108 della Costituzione,
nella parte in cui, «avendo sostanzialmente efficacia retroattiva, si
pone  al  di  fuori  degli  ordinari criteri di ragionevolezza, ed in
violazione  del  diritto  di  difesa  e delle attribuzioni del potere
giudiziario».
   Il  rimettente ritiene che non vi sia dubbio circa la legittimita'
delle  norme retroattive interpretative, come piu' volte sottolineato
dalla  Corte costituzionale, ma evidenzia che, nel caso di specie, il
legislatore  abbia  inciso sul concetto di bene immobile travalicando
ogni  criterio  di  ragionevolezza. In nessun caso, infatti, l'art. 4
del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652 (Accertamento generale
dei   fabbricati   urbani,   rivalutazione  del  relativo  reddito  e
formazione  del  nuovo  catasto  edilizio  urbano),  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  11  agosto  1939,  n. 1249, puo' essere
esteso nella sua interpretazione fino a ricomprendere nel concetto di
beni  immobili  elementi (come le turbine) che rappresentano solo uno
strumento  della  attivita'  produttiva.  La  norma,  pertanto, lungi
dall'essere  interpretativa,  introdurrebbe un nuovo concetto di bene
immobile,   estendendo  tale  categoria  anche  ai  beni  strumentali
necessari per l'esercizio dell'impresa.
   Sotto  il profilo della dedotta violazione del diritto di difesa e
delle  attribuzioni  del potere giudiziario, la norma si porrebbe non
come  variante  del  senso letterale della norma, ma come presupposto
per  l'applicazione concreta dell'art. 4 del citato regio decreto nei
soli  contenziosi attualmente pendenti, instaurati dalle societa' che
gestiscono centrali elettriche.
   Ad  avviso  della rimettente, la questione sarebbe rilevante, dato
che  l'appello  dell'Agenzia  del  territorio  si basa esclusivamente
sulla    applicazione    di    detta   norma   che,   se   dichiarata
incostituzionale, inciderebbe sul merito della controversia.
   3.  - La seconda questione di legittimita' costituzionale riguarda
sempre  l'art.  1-quinquies  del decreto-legge n. 44 del 2005, per la
violazione  degli artt. 3 e 53 della Costituzione, nella parte in cui
«tratta  in maniera disomogenea fattispecie sostanzialmente identiche
senza   alcun  criterio  apparente  di  ragionevolezza».  Afferma  la
rimettente  che  la  norma  censurata  limita  espressamente  la  sua
efficacia  interpretativa  ai  soli  soggetti che esercitano centrali
elettriche e, pertanto, creerebbe una disparita' di trattamento tra i
contribuenti  che  esercitano  l'attivita' di centrali elettriche e i
contribuenti  che  tale  attivita'  non  svolgono. Inoltre, alla luce
della nuova definizione a fini fiscali del concetto di bene immobile,
nel   quale   rientrerebbero   i   beni  strumentali  delle  centrali
elettriche,  non si comprende per quali motivi gli altri contribuenti
che  esercitino  attivita'  simili  mediante  uso di beni strumentali
funzionalmente connessi con la loro attivita' imprenditoriale restino
esclusi dal campo di applicazione della norma.
   4. - La terza questione di legittimita' costituzionale riguarda la
natura  perentoria  o  ordinatoria  del  termine  di  rettifica della
rendita  catastale  ed  ha  a  oggetto l'art. 1, comma 3, del decreto
ministeriale  19  aprile  1994,  n. 701  e  l'art.  74 della legge 21
novembre  2000,  n. 342,  i  quali  vengono denunciati per violazione
degli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.
   L'art.  1,  comma  3,  del  decreto  ministeriale  19 aprile 1994,
n. 701,  dispone  che  «tale rendita rimane negli atti catastali come
"rendita  proposta"  fino  a  quando l'ufficio non provvede con mezzi
informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici
mesi  dalla data di presentazione delle dichiarazioni di cui al comma
1,  alla determinazione della rendita catastale definitiva [...]. Per
il  primo  biennio  di  applicazione  delle suddette disposizioni, il
predetto termine e' fissato in ventiquattro mesi a partire dalla data
fissata dal provvedimento indicato al comma 1».
   A  sua  volta,  l'art.  74,  comma  1, della legge n. 342 del 2000
dispone  che  «a  decorrere  dal  1°  gennaio 2000, gli atti comunque
attributivi  o  modificativi  delle  rendite  catastali per terreni e
fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a
cura  dell'ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari
della partita».
   Secondo  il  giudice  a quo, in difetto di una espressa previsione
normativa,  vi  sarebbe incertezza se il termine indicato dalla norma
di cui sopra sia ordinatorio o perentorio. Qualora le norme censurate
dovessero  essere  interpretate  nel  senso  di  non  assegnare alcun
termine perentorio alla amministrazione finanziaria, ne discenderebbe
un contrasto di esse con i principi costituzionali di uguaglianza, di
tutela  del  diritto  di  difesa,  e di buon andamento della pubblica
amministrazione.    Il    contribuente,    infatti,   si   troverebbe
indefinitamente  esposto  all'azione  accertatrice  dell'Agenzia  del
territorio.
   La  questione  avrebbe  rilevanza  nel giudizio a quo, atteso che,
nella  specie,  la  notifica della rettifica del valore della rendita
catastale  e'  intervenuta  oltre  il  termine  di  dodici mesi dalla
dichiarazione:  quest'ultima, infatti, e' stata presentata in data 20
luglio 1999 e la rettifica e' intervenuta in data 1° dicembre 2003.
   5.  - E'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  con  il  patrocinio  dell'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo  che  le questioni di legittimita' costituzionale sollevate
siano dichiarate inammissibili ed infondate.
   Secondo   l'Avvocatura   erariale,  l'affermazione  dell'ordinanza
secondo  la  quale  sotto  il  profilo  del diritto di difesa e delle
attribuzioni  del  potere  giudiziario,  la  norma  non lascia spazio
alcuno,  giacche' si pone non come variante del senso letterale della
norma,  ma  come  presupposto per l'applicazione concreta dell'art. 4
del   regio  decreto-legge  n. 652  del  1934  nei  soli  contenziosi
attualmente  pendenti,  instaurati dalle sole societa' che gestiscono
centrali  elettriche,  non  sarebbe  idonea  a  sorreggere la dedotta
violazione  degli artt. 24, 53, 102, 104 e 108 della Costituzione, in
quanto   non   verrebbe   evidenziato  in  quale  modo  la  legge  di
interpretazione  autentica  violerebbe  «il diritto di difesa e delle
attribuzioni del potere giudiziario».
   Quanto   alla   dedotta   violazione   dell'art.   3   Cost.,  per
l'irragionevolezza   della  norma  censurata,  la  questione  sarebbe
manifestamente  infondata.  Infatti  l'affermazione  secondo  cui «in
nessun  caso  [...]  l'art. 4 del regio decreto-legge 13 aprile 1939,
n. 652   puo'   essere   esteso  nella  sua  interpretazione  fino  a
ricomprendere  nel  concetto  di  beni  immobili, beni (come nel caso
delle  turbine)  che rappresentano solo uno strumento della attivita'
produttiva»,  sarebbe  contraddetta  dalle divergenti interpretazioni
che   della  norma  avrebbe  dato  la  giurisprudenza.  Al  riguardo,
un'esaustiva  ricostruzione  di  tali vicende sarebbe contenuta nella
(recente)  sentenza 7 giugno 2006 n. 13319 della Corte di cassazione,
con  la  quale  il  giudice  di  legittimita' ha dato applicazione al
censurato  art.  l-quinquies.  Secondo l'Avvocatura generale, da tale
sentenza  potrebbe  dedursi  che l'intervento del legislatore con una
disposizione  di  interpretazione autentica, lungi dal costituire una
imposizione  retroattiva  di  una  nuova  disciplina,  avrebbe  avuto
l'unico  scopo  di  porre  fine  ad  un  contenzioso derivante da una
lettura  non  univoca  della  disposizione  contenuta nell'art. 4 del
regio  decreto-legge  n. 652  del  1939.  Proprio l'esistenza di tali
divergenze  interpretative  escluderebbe  dunque  che si possa essere
creato alcun affidamento in capo ai contribuenti.
   Quanto   al   ritenuto   contrasto   dell'art.   l-quinquies   del
decreto-legge  n. 44  del 2005 con l'art. 3 della Costituzione, nella
parte   in   cui   tratterebbe  in  maniera  disomogenea  fattispecie
sostanzialmente   identiche   senza   alcun   criterio  apparente  di
ragionevolezza,   la  questione  sarebbe  inammissibile,  perche'  il
giudice  rimettente non prospetta un'ipotesi concreta in cui la norma
potrebbe  non trovare applicazione nel caso di immobili diversi dalle
centrali   elettriche,   ne'   potrebbe   utilmente  individuarsi  il
necessario   tertium   comparationis   nelle   del  tutto  ipotetiche
fattispecie residuali diverse dalle centrali elettriche.
   Sarebbe inoltre inammissibile, ad avviso dell'Avvocatura generale,
la  questione  relativamente al dedotto contrasto con l'art. 53 della
Costituzione,   in   quanto   nulla   si   motiva  a  tale  proposito
nell'ordinanza.
   Secondo   la  difesa  dello  Stato,  infine,  la  terza  questione
sollevata, riguardante l'art. 1, comma 3, del decreto ministeriale 19
aprile 1994 n. 701, e l'art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342,
sarebbe  inammissibile, sia in quanto la norma che prevede un termine
entro il quale l'Ufficio determina la rendita catastale definitiva e'
un  decreto ministeriale, come tale non avente forza di legge, sia in
quanto,  nel  momento  in  cui  il  giudice  a quo afferma che «vi e'
incertezza  se  il  termine  indicato  dalla  norma  di cui sopra sia
ordinatorio   o  perentorio»,  omette  di  motivare  in  ordine  alla
possibilita'  di  ipotizzare  una  interpretazione costituzionalmente
orientata della norma.
   6.  - Con memoria depositata il 26 febbraio 2007, si e' costituita
in   giudizio   il   Centro   Energia   Ferrara   s.p.a.,   svolgendo
argomentazioni   a   favore   dell'accoglimento  delle  questioni  di
legittimita' costituzionale sollevate dal giudice a quo.
   Sottolinea la predetta societa' che le tre turbine di cui trattasi
sono   ancorate  al  suolo  esclusivamente  mediante  un  sistema  di
imbullonatura  che,  pur  assicurandone la stabilita' durante il loro
utilizzo,  al  tempo stesso ne permette lo spostamento senza arrecare
danno od alterazione al capannone che ospita le turbine.
   Afferma  la parte privata che la prima questione sollevata sarebbe
rilevante,  in  quanto l'appello dell'Ufficio di Ferrara dell'Agenzia
del  Territorio si fonda esclusivamente sull'intervenuta introduzione
dell'art.  1-quinquies  del  decreto-legge  n. 44  del 2005. La norma
censurata  sarebbe  contraria  al principio di ragionevolezza perche'
non  potrebbe essere qualificata come di «interpretazione autentica».
Nel caso in esame, tale disposizione non attribuirebbe all'art. 4 del
regio  decreto-legge  n. 652  del  1939  un  significato  che  poteva
discendere  da  «una  delle  possibili letture del testo originario».
Infatti,  stabilendo che, «limitatamente alle centrali elettriche», i
fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle
parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui
possono  accedere,  mediante  qualsiasi mezzo di unione, parti mobili
allo  scopo di realizzare un unico bene complesso, l'art. 1-quinquies
del  decreto-legge  n. 44  del  2005  non esplicherebbe «un contenuto
plausibilmente  gia'  espresso»  nell'art.  4 del regio decreto-legge
n. 652  del 1939. Occorrerebbe inoltre aver riguardo all'art. 812 del
codice civile che, ponendo la distinzione fra beni immobili e mobili,
evidentemente  esclude  che  fra i primi possano comprendersi le cose
mobili ancorche' strutturalmente connesse al suolo.
   Secondo  la  parte  privata,  l'art. 1-quinquies del decreto-legge
n. 44 del 2005 violerebbe anche l'art. 53 della Costituzione, poiche'
consentirebbe  un indebito incremento del prelievo impositivo ai fini
dell'imposta  comunale  sugli  immobili  in ordine a tutti i relativi
rapporti  non  ancora definiti (perche' interessati da un contenzioso
fra  i contribuenti ed i Comuni od ancora sottoposti all'attivita' di
rettifica ed accertamento ad opera di detti Enti impositori).
   Quanto   alla   seconda   questione,   relativa  alla  prospettata
violazione  del  principio  di  eguaglianza  e di quello di capacita'
contributiva  ad  opera dell'art. 1-quinquies del decreto-legge n. 44
del  2005,  nella  parte  in  cui  tratterebbe in termini disomogenei
fattispecie  sostanzialmente identiche senza alcun criterio apparente
di  ragionevolezza,  sarebbe  evidente l'ingiustificata diversita' di
trattamento  riservata ai titolari di centrali elettriche rispetto ai
possessori  di  immobili  parimenti dotati di beni mobili strumentali
strutturalmente  connessi  al suolo, ma destinati allo svolgimento di
diverse attivita'.
   In  particolare,  la peculiare nozione di fabbricati e costruzioni
stabili,  recepita  nell'art. 1-quinquies del decreto-legge n. 44 del
2005,  interesserebbe  le sole centrali elettriche, sicche' per tutti
gli  immobili aventi egualmente parti mobili strutturalmente connesse
al  suolo  in modo da costituire un solo «bene complesso», resterebbe
fermo  che  la  rendita  catastale  e' determinata senza che si tenga
conto del valore di tali cespiti strumentali.
   L'art.  1-quinquies del decreto-legge n. 44 del 2005 introdurrebbe
cosi' una palese ed inaccettabile discriminazione che viola, inoltre,
l'art.  53  della Costituzione. A seguito dell'introduzione di questa
norma  risulterebbero  incongruamente  assoggettate  ad  una  diversa
disciplina impositiva situazioni espressive di una medesima capacita'
contributiva.  Ne'  sarebbe  dato  ravvisare  uno specifico interesse
pubblico  ad  una  scelta di' distribuzione del carico tributario che
aggravi  il  prelievo  sulle centrali elettriche, a parita' di valore
immobiliare.   Ne',  correlativamente,  sussisterebbe  una  specifica
rilevanza,  neppure sociale, ascrivibile al possesso di tali immobili
che  dia ragione, sempre a parita' di valore immobiliare, di una piu'
intensa  chiamata  contributiva  dei  relativi  soggetti passivi. Non
sarebbe   comprensibile  perche'  le  rendite  catastali  si  debbano
quantificare  apprezzando  le centrali elettriche come «beni immobili
per  incorporazione di mobile ad immobile» e non accada lo stesso per
le acciaierie o altri opifici industriali.
   Relativamente  alla  terza questione rimessa al vaglio della Corte
costituzionale, riguardante la rilevata illegittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 3, del decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701
e  dell'art.  74,  comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, per
contrasto con gli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, nella parte in
cui  non prevederebbero un termine a pena di decadenza entro il quale
gli   Uffici   dell'Agenzia  del  Territorio  debbano  notificare  le
rettifiche  delle  rendite  catastali dichiarate dai contribuenti, la
parte privata afferma che l'art. 1, comma 3, del decreto ministeriale
n. 701  del  1994 non chiarirebbe se il termine annuale ivi enunciato
sia  posto  o  meno  a  pena di decadenza della potesta' degli Uffici
periferici  dell'Agenzia  del  Territorio  di  eseguire le rettifiche
delle rendite catastali proposte dai titolari dei beni immobili. Tale
norma, inoltre, nello stabilire che le rendite catastali acquisiscono
efficacia   a  decorrere  dalla  notificazione  ai  contribuenti  dei
relativi  atti  attributivi  o  modificativi,  non preciserebbe entro
quale  termine  siffatta  notificazione  debba  essere compiuta. Cio'
evidenzierebbe  un'anomalia  inaccettabile  nel  vigente  ordinamento
tributario,   perche'   sarebbe   incongruo   che   l'amministrazione
finanziaria  possa  esternare  le proprie pretese senza rispettare un
termine decadenziale, con la conseguenza che i contribuenti sarebbero
indebitamente  sottoposti  senza  limiti  temporali  all'attivita' di
accertamento.
   8.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica  la  Societa' Centro
Energia  Ferrara ha depositato memoria, con la quale replica all'atto
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
   Con  riferimento  alla prima questione sollevata dalla rimettente,
la parte privata rileva che l'ordinanza di rimessione e' ammissibile,
in  quanto motiverebbe in maniera adeguata il merito della violazione
del diritto di difesa e delle attribuzioni del potere giudiziario.
   Quanto  alla  seconda questione, la suddetta Societa' contesta che
il  rimettente  non  prospetti  una ipotesi concreta di disparita' di
trattamento,  in quanto tale disparita' esisterebbe tra i proprietari
di  centrali  elettriche  e  coloro  che  non lo sono ed aggiunge che
parimenti   ammissibile  sarebbe  la  questione  con  riferimento  al
parametro  della  capacita'  contributiva, in quanto il giudice a quo
avrebbe fornito un'adeguata motivazione al riguardo.
   Per  quanto riguarda, infine, la terza questione, la parte privata
ritiene   che  la  questione  sia  ammissibile  perche'  non  sarebbe
impugnato  solo  un  regolamento, ma un regolamento congiuntamente ad
una legge.
                       Considerato in diritto
   1.  -  La  Commissione  tributaria  regionale  dell'Emilia-Romagna
dubita  della  legittimita'  costituzionale dell'art. 1-quinquies del
decreto-legge  31  marzo 2005, n. 44 (Disposizioni urgenti in materia
di enti locali), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
della  legge  31  maggio  2005, n. 88, per avere la stessa, in quanto
autoqualificata  come  norma  interpretativa,  sostanziale  efficacia
retroattiva,  cosi'  ponendosi  in  contrasto:  con  l'art.  3  della
Costituzione, sotto il profilo dell'irragionevolezza della norma che,
lungi  dall'essere  meramente  interpretativa, introdurrebbe un nuovo
concetto  di  bene  immobile, estendendo tale categoria anche ai beni
strumentali   necessari   per   l'esercizio   dell'impresa,   e,   in
particolare,  delle  turbine;  con gli artt. 24, 102, 104 e 108 della
Costituzione,  sotto  il  profilo  del  diritto  di  difesa  e  delle
attribuzioni  del  potere  giudiziario, in quanto la norma verrebbe a
modificare  sostanzialmente  il  quadro  normativo  nel  corso  delle
controversie   pendenti  instaurate  dalle  societa'  che  gestiscono
centrali elettriche.
   La stessa norma viene altresi' censurata nella parte in cui limita
espressamente  la  sua  efficacia interpretativa ai soli soggetti che
gestiscono  centrali  elettriche,  per  violazione  dell'art. 3 Cost.
sotto  altro  profilo,  in  quanto  determinerebbe  una irragionevole
disparita'   di   trattamento   tra  i  contribuenti  che  esercitano
l'attivita'  di  centrali  elettriche e quelli che tale attivita' non
svolgono;  nonche' per contrasto con l'art. 53 della Costituzione, in
quanto  i  contribuenti che esercitino attivita' simili alle centrali
elettriche,  mediante uso di beni strumentali funzionalmente connessi
con la loro attivita' imprenditoriale, resterebbero esclusi dal campo
di applicazione della norma.
   Infine,  si sospetta la illegittimita' costituzionale dell'art. 1,
comma 3, del decreto ministeriale 19 aprile 1994, n. 701 (Regolamento
recante  norme  per  l'automazione  delle  procedure di aggiornamento
degli   archivi   catastali   e   delle  conservatorie  dei  registri
immobiliari)  e  dell'art.  74  della  legge 21 novembre 2000, n. 342
(Misure  in  materia  fiscale),  nella parte in cui non prevedono con
certezza  un  termine a pena di decadenza per la determinazione della
rendita   catastale   definitiva,  per  violazione  dei  principi  di
uguaglianza  (art. 3 Cost.), di tutela del diritto di difesa (art. 24
Cost.)  e  di  buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97
Cost.),   esponendo   indefinitamente   il   contribuente  all'azione
accertativa dell'amministrazione finanziaria.
   2. - La prima questione non e' fondata.
   2.  1.  -  Secondo  il  giudice  rimettente,  la  norma censurata,
disponendo anche per il passato, imporrebbe una scelta interpretativa
che  non  si  rinviene  tra  le possibili varianti di senso del testo
letterale,  vincolando  ad  un significato non ascrivibile alla norma
interpretata.
   Questa  Corte (sentenze n. 374 del 2002 e n. 274 del 2006) ha gia'
affermato  -  con  riferimento  ad  altre  leggi  di  interpretazione
autentica  -  che  «non  e' decisivo verificare se la norma censurata
abbia   carattere   effettivamente   interpretativo  (e  sia  percio'
retroattiva)   ovvero   sia  innovativa  con  efficacia  retroattiva.
Infatti,  il  divieto di retroattivita' della legge - pur costituendo
fondamentale  valore  di  civilta'  giuridica  e  principio  generale
dell'ordinamento,  cui  il  legislatore  ordinario  deve in principio
attenersi  -  non  e' stato elevato a dignita' costituzionale, salva,
per la materia penale, la previsione dell'art. 25 della Costituzione.
Quindi, il legislatore, nel rispetto di tale previsione, puo' emanare
sia  disposizioni  di  "interpretazione autentica", che determinano -
chiarendola   -   la  portata  precettiva  della  norma  interpretata
fissandola in un contenuto plausibilmente gia' espresso dalla stessa,
sia   norme   innovative   con   efficacia  retroattiva,  purche'  la
retroattivita'   trovi   adeguata  giustificazione  sul  piano  della
ragionevolezza   e  non  contrasti  con  altri  valori  ed  interessi
costituzionalmente   protetti.  Ed  e'  quindi  sotto  l'aspetto  del
controllo   di   ragionevolezza  che  rilevano,  simmetricamente,  la
funzione  di "interpretazione autentica", che una disposizione sia in
ipotesi  chiamata  a svolgere, ovvero l'idoneita' di una disposizione
innovativa  a disciplinare con efficacia retroattiva anche situazioni
pregresse in deroga al principio per cui la legge non dispone che per
l'avvenire.  In  particolare,  la  norma  che  deriva  dalla legge di
"interpretazione  autentica"  non  puo'  dirsi irragionevole (art. 3,
comma  1,  Cost.),  ove  si  limiti  ad  assegnare  alla disposizione
interpretata  un  significato  gia'  in essa contenuto, riconoscibile
come  una  delle  possibili  letture  del testo originario» (sentenza
n. 274 del 2006, citata).
   La  norma  denunciata  stabilisce  che «ai sensi e per gli effetti
dell'articolo  1,  comma  2,  della  legge  27  luglio  2000, n. 212,
l'articolo   4  del  regio  decreto-legge  13  aprile  1939,  n. 652,
convertito,  con  modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249,
limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i
fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle
parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui
possono  accedere,  mediante  qualsiasi mezzo di unione, parti mobili
allo   scopo   di  realizzare  un  unico  bene  complesso.  Pertanto,
concorrono  alla  determinazione  della  rendita  catastale, ai sensi
dell'articolo   10  del  citato  regio  decreto-legge,  gli  elementi
costitutivi  degli  opifici  e  degli altri immobili costruiti per le
speciali  esigenze  dell'attivita'  industriale  di  cui  al  periodo
precedente anche se fisicamente non incorporati al suolo».
   La  predetta  norma  e'  intervenuta  per  comporre  un  contrasto
giurisprudenziale  sulla  computabilita'  o  meno  del  valore  delle
turbine  nella  determinazione,  per  stima  diretta  dei beni, della
rendita  catastale  da  attribuire  agli  immobili adibiti a centrale
elettrica.
   Ed   infatti,  la  Corte  di  cassazione,  nella  stima,  ai  fini
catastali,  delle  centrali  elettriche,  si  era pronunciata con una
prima  decisione, con la quale aveva affermato che, ai predetti fini,
non possono essere inclusi «i macchinari, nel caso in cui non essendo
irreversibilmente   fissati  al  suolo,  non  integrino  un  elemento
dell'unita' immobiliare ma rappresentino una componente del complesso
di  beni  organizzati  per  l'esercizio  di  un'attivita' produttiva,
giacche'  in  tale  ipotesi  la  loro consistenza economica, anche se
rilevante,  si  riflette  soltanto nella valutazione dell'azienda. Ne
consegue che, diversamente dalle opere idrauliche, le quali, anche se
poste  nel  soprassuolo  o  nel  sottosuolo  di aree pubbliche, vanno
valutate  quali  parti di una centrale idroelettrica, nella stima del
complesso immobiliare, non possono essere comprese le turbine, di cui
non  e'  controversa  la  libera  amovibilita'  per  essere le stesse
soltanto imbullonate al suolo» (sentenza 6 settembre 2004, n. 17933).
   Con  una  seconda  pronuncia,  adottata dopo appena due mesi dalla
precedente,   la  stessa  Corte  aveva  rilevato  come,  in  tema  di
attribuzione  della  rendita  catastale  ad  un  opificio industriale
costituente  una  centrale  elettrica,  l'unione  al  suolo  mediante
imbullonatura  al  cavalletto  della  turbina  «non sembra e non puo'
essere  sufficiente»  per escluderla «dalla nozione di impianto fisso
e,  quindi,  dal  calcolo  della  rendita  catastale  dell'opificio»,
aggiungendo  che  la turbina rappresenta «una componente strutturale,
oltre  che  funzionale  della  centrale  elettrica non potendo questa
esistere  come  tale senza che vi sia quella» e che la mancanza della
turbina «diminuisce incontrovertibilmente la centrale elettrica nella
sua funzione complessiva e unitaria, trasformando inevitabilmente una
centrale  elettrica  in  qualcosa d'altro» (sentenza 20 ottobre 2004,
n. 21730).
   L'esistenza del rilevato contrasto - di cui e' traccia anche nella
giurisprudenza  di merito - e la necessita' di comporlo privilegiando
una  delle  interpretazioni  ricavabili  dalla disciplina catastale e
conforme,  peraltro, come si vedra' in seguito, a quella codicistica,
rende  legittimo il ricorso ad una norma di interpretazione autentica
e non irragionevole, quindi, la sua efficacia retroattiva.
   Da  cio'  l'infondatezza della questione anche in riferimento agli
artt.  24, 102, 104 e 108 della Costituzione e l'applicabilita' della
norma censurata ai giudizi in corso.
   3. - La seconda questione non e' fondata. Con essa si dubita della
legittimita'  costituzionale  dell'art. 1-quinquies del decreto-legge
n. 44  del 2005, per violazione degli artt. 3 e 53 della Costituzione
nella   parte  in  cui,  limitando  espressamente  la  sua  efficacia
interpretativa  ai  soli soggetti che gestiscono centrali elettriche,
determinerebbe  una  irragionevole  disparita'  di  trattamento tra i
contribuenti  che  esercitano  detta  attivita'  e  quelli che non la
svolgono,  restando  esclusi  i contribuenti che esercitino attivita'
simili  alle  centrali  elettriche,  mediante uso di beni strumentali
funzionalmente  connessi  con  la loro attivita' imprenditoriale, dal
campo di applicazione della norma.
   3.1.  -  La  normativa  in  materia  di  catasto  edilizio  urbano
definisce  in  modo  esaustivo le nozioni, i principi ed i metodi che
sono  alla base dell'estimo catastale, sia per gli immobili urbani in
generale  sia per i cespiti a destinazione speciale, come le centrali
elettriche.
   Il  r.d.l. 13 aprile 1939, n. 652, con le successive modificazioni
ed  integrazioni,  e  il  d.P.R.  1°  dicembre  1949,  n. 1142, hanno
precisato  sia  lo scopo della formazione del catasto edilizio urbano
(costituire  il  catasto  dei  fabbricati  con  l'accertamento  delle
proprieta' immobiliari urbane e la determinazione delle rendite), sia
i  concetti posti a fondamento delle relative stime ed in particolare
quelli di «unita' immobiliare urbana» e di «rendita catastale».
   Secondo  l'art.  4 del r.d.l. n. 652 del 1939 «si considerano come
immobili  urbani  i  fabbricati e le costruzioni stabili di qualunque
materiale costituiti, diversi dai fabbricati rurali. Sono considerati
come  costruzioni  stabili  anche gli edifici sospesi o galleggianti,
stabilmente  assicurati  al suolo». Il successivo art. 5 dello stesso
r.d.l.  definisce il concetto di unita' immobiliare urbana prevedendo
che  «si  considera unita' immobiliare urbana ogni unita' di immobile
che, nello stato in cui si trova, e' di per se stessa utile ed atta a
produrre un proprio reddito» (cfr., altresi', artt. 33 ss., d.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917).
   Nella   definizione   di   unita'  immobiliare  non  si  fa  alcun
riferimento  ai  materiali utilizzati, ne' ai sistemi di assemblaggio
degli stessi.
   Successivamente, l'art. 2, comma 3, del decreto del Ministro delle
finanze  2  gennaio  1998,  n. 28,  ha evidenziato, tra l'altro, come
siano  da considerare unita' immobiliari «anche le costruzioni ovvero
porzioni  di  esse, ancorate o fisse al suolo, di qualunque materiale
costituite,  nonche'  gli edifici sospesi o galleggianti, stabilmente
assicurati  al  suolo,  purche'  risultino  verificate  le condizioni
funzionali  e reddituali di cui al comma 1. Del pari sono considerate
unita'  immobiliari i manufatti prefabbricati ancorche' semplicemente
appoggiati  al  suolo,  quando  siano  stabili nel tempo e presentino
autonomia funzionale e reddituale».
   Anche in materia fiscale e fino all'entrata in vigore dell'art. 1,
comma  540,  della  legge  30  dicembre  2004, n. 311, il concetto di
immobile  per incorporazione e' ricavato dal combinato disposto degli
artt. 4 del r.d.l. n. 652 del 1939, e 812 del codice civile.
   Con il citato art. 1, comma 540, si e' fornita una interpretazione
autentica   del   concetto   di   immobile  per  incorporazione  che,
sostanzialmente, recepiva la definizione formulata nel codice civile.
   Questa  norma,  introdotta  allo scopo di comporre il contrasto di
giurisprudenza  sulla  questione  se, nella determinazione del valore
catastale  delle  centrali  elettriche,  si dovesse tener conto anche
delle  turbine,  e'  stata  successivamente  abrogata dall'art. 4 del
decreto-legge  14  marzo  2005, n. 35, convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 14 maggio 2005, n. 80.
   In  luogo  della  norma  abrogata e' stato introdotto il censurato
art.  1-quinquies  del  decreto-legge  n. 44  del  2005, per il quale
l'articolo   4  del  regio  decreto-legge  13  aprile  1939,  n. 652,
convertito,  con  modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249,
limitatamente alle centrali elettriche, si interpreta nel senso che i
fabbricati e le costruzioni stabili sono costituiti dal suolo e dalle
parti ad esso strutturalmente connesse, anche in via transitoria, cui
possono  accedere,  mediante  qualsiasi mezzo di unione, parti mobili
allo scopo di realizzare un unico bene complesso.
   Sulla  base  di questa disposizione il contrasto e' stato composto
privilegiando, in via legislativa, come si e' in precedenza rilevato,
una delle scelte interpretative astrattamente possibili.
   Quindi,  il  principio  per  cui alla determinazione della rendita
catastale  concorrono  «gli  elementi costitutivi degli opifici [...]
anche  se fisicamente non incorporati al suolo» (cosi' come statuisce
l'art.  1-quinquies)  vale  per tutti gli immobili di cui all'art. 10
del r.d.l. n. 652 del 1939, ivi comprese le centrali elettriche.
   Non  si  puo',  pero',  convenire  sull'assunto  del giudice a quo
secondo cui l'interpretazione autentica dell'art. 4 del r.d.l. n. 652
del  1939,  limitatamente alle centrali elettriche, comporterebbe che
solo  in  presenza  di queste ultime si possa parlare di immobili per
incorporazione, mentre quando ci si trovi al cospetto di costruzioni,
alle  quali  accedono  parti mobili ad esse strutturalmente connesse,
anche  in  via  transitoria, si debba ritenere, sia pure ai soli fini
della  determinazione  della  rendita  catastale, che le parti mobili
accedenti  alle  costruzioni  non concorrono ad integrare un immobile
per incorporazione.
   In  effetti, la norma di cui all'art. 1-quinquies, con riferimento
alle  centrali  elettriche, rimanda ad una definizione di costruzione
stabile  che  viene  individuata  nell'essere costituita «dal suolo e
dalle   parti   ad   esso  strutturalmente  connesse,  anche  in  via
transitoria,  cui  possono  accedere,  mediante  qualsiasi  mezzo  di
unione,   parti  mobili  allo  scopo  di  realizzare  un  unico  bene
complesso»,  senza  che  valgano le argomentazioni della contribuente
sulla  natura transitoria delle imbullonature con cui le turbine sono
connesse   al  suolo.  Ne'  di  alcun  pregio  risultano  i  richiami
codicistici legati al concetto di bene immobile.
   L'incorporazione    che,   nel   caso   delle   turbine,   avviene
materialmente  e a scopo permanente, le rende, seppure meccanicamente
separabili,  parti  essenziali per la destinazione economica di tutta
la  centrale idroelettrica, tanto che questa non e' concepibile senza
di esse.
   In  definitiva,  si  puo'  affermare  che tutte quelle componenti,
comprese,  in  particolare,  le  turbine,  che  contribuiscono in via
ordinaria  ad  assicurare,  ad  una unita' immobiliare, una specifica
autonomia   funzionale  e  reddituale  stabile  nel  tempo,  sono  da
considerare elementi idonei a descrivere l'unita' stessa ed influenti
rispetto alla quantificazione della relativa rendita catastale.
   Proprio l'art. 812, primo comma, cod. civ., secondo cui «sono beni
immobili  il  suolo,  le  sorgenti e i corsi d'acqua, gli alberi, gli
edifici  e  le  altre  costruzioni,  anche  se unite al suolo a scopo
transitorio,   e   in   genere   tutto   cio'   che   naturalmente  o
artificialmente  e' incorporato al suolo», prevede la possibilita' di
una   connessione  strutturale  realizzata  in  via  transitoria,  ed
introduce  il  concetto  di  bene  immobile  per  incorporazione, non
specificando  l'esatto  significato di tale ultimo termine; qualsiasi
collegamento  infatti  e'  idoneo  a  classificare un bene quale bene
immobile,  essendo  irrilevante  la  modalita'  di collegamento di un
impianto con la struttura principale. E anzi, proprio alla luce della
definizione  di  bene  immobile contenuta nell'art. 812 cod. civ., si
puo' concludere che la possibilita' di separazione di un impianto dal
suolo  non  esclude  che  esso  mantenga  la  sua natura immobiliare;
piuttosto  il  disposto  codicistico  e'  tale per cui tutto cio' che
viene  collegato  al  suolo  in unita' strutturale - qualunque sia la
natura  dello  stabilimento  -  acquista natura immobiliare, come del
resto affermato dalla giurisprudenza di legittimita'.
   In  definitiva,  anche il profilo codicistico non contrasta con la
conclusione  cui  si  puo'  autonomamente  pervenire  sulla  base dei
principi della disciplina catastale.
   Da  quanto  affermato,  consegue  che  ogni possibile dubbio sulle
modalita'  di  determinazione  della  rendita catastale, con riguardo
alle   centrali   elettriche,   e'   risolto   proprio  dall'articolo
1-quinquies del decreto-legge n. 44 del 2005, il quale individua come
criterio   per   la   determinazione   della  rendita  suddetta,  non
l'amovibilita'  o  meno  di  un  bene,  ma  la  circostanza  che esso
costituisca   (come   le   turbine)  una  componente  strutturale  ed
essenziale,  che  contribuisce  alla funzione complessiva ed unitaria
dell'opificio stesso.
   L'esposta  evoluzione  normativa induce, invece, a ritenere che il
legislatore  ha  inteso  risolvere  il  contrasto  interpretativo con
riferimento  alle  centrali elettriche, senza innovare il concetto di
immobile   per   incorporazione,   quale  emergente  dalla  normativa
esistente   ed   evidenziato   dalla   giurisprudenza  in  precedenza
richiamata.
   L'unico  effetto  dell'art.  1-quinquies  e' quello di considerare
immobili  le  centrali  elettriche,  senza alcuna possibilita' per il
giudice  di  fornire una diversa interpretazione, ma non anche quello
di  escludere  dal  novero degli immobili per incorporazione le altre
costruzioni  pure  se unite al suolo a scopo transitorio, e in genere
tutto  cio'  che  naturalmente  o  artificialmente  e' incorporato al
suolo.
   L'art.  1-quinquies,  quindi,  non ha creato un regime particolare
per  le  centrali  elettriche,  ma,  anzi,  ha  riportato  le  stesse
nell'ambito della tipologia di beni cui sono state sempre accomunate,
come, tra l'altro, gli altiforni, i carri-ponte, i grandi impianti di
produzione   di  vapore,  eliminando  qualsiasi  dubbio  sorto  sulla
determinazione della rendita catastale delle stesse.
   Cio'     determina     l'infondatezza     della    questione    di
costituzionalita', in quanto la norma censurata non solo non viola il
principio  di  uguaglianza,  ma  anzi  tende  ad  affermarlo, proprio
perche'  toglie  ogni  dubbio sulle modalita' di determinazione della
rendita catastale anche con riguardo alle centrali elettriche.
   Ne' e' fondata la dedotta violazione del principio di cui all'art.
53  della Costituzione. A prescindere dalla considerazione che non e'
prospettabile  una  lesione  del  tipo  indicato  in  relazione  alla
determinazione  della  rendita  catastale  (che  non  costituisce ne'
un'imposta, ne' un presupposto d'imposta), e' sufficiente evidenziare
che,   secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  la  capacita'
contributiva, desumibile dal presupposto economico al quale l'imposta
e'  collegata,  puo'  essere  ricavata,  in  linea  di  principio, da
qualsiasi   indice   rivelatore  di  ricchezza,  secondo  valutazioni
riservate  al  legislatore,  salvo il controllo di costituzionalita',
sotto   il   profilo   della   palese   arbitrarieta'   e   manifesta
irragionevolezza  (ex  plurimis:  sentenze  nn. 362 del 2000, 143 del
1995).
   4.   -   La   terza   questione   -   con   la   quale  si  deduce
l'incostituzionalita',  in riferimento agli articoli 3, 24 e 97 della
Costituzione,  dell'art.  1, comma 3, del decreto ministeriale n. 701
del  1994  e dell'art. 74 della legge n. 342 del 2000, nella parte in
cui,  non  prevedendo  un  termine  perentorio per la rettifica della
rendita   catastale,   espongono   indefinitamente   il  contribuente
all'azione   accertatrice   dell'Amministrazione   finanziaria  -  e'
manifestamente inammissibile.
   4.1.  -  Con  il  d.m.  19  aprile  1994, n. 701 si e' proceduto a
stabilire  norme  per  l'automazione delle procedura di aggiornamento
degli   archivi   catastali   e   delle  conservatorie  dei  registri
immobiliari. Con tale decreto si e' introdotta la possibilita' per il
contribuente  di  inoltrare  richiesta di attribuzione della rendita,
mediante  utilizzo di apposita procedura informatica. L'art. 1, comma
3, del suddetto decreto specifica che «tale rendita rimane negli atti
catastali  come  "rendita  proposta"  fino  a  quando  l'ufficio  non
provvede  con mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche
a  campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione
delle  dichiarazioni  di  cui  al  comma 1, alla determinazione della
rendita   catastale   definitiva.  E'  facolta'  dell'amministrazione
finanziaria  di  verificare  [...]  le caratteristiche degli immobili
oggetto  delle  dichiarazioni  di  cui  al  comma  1 ed eventualmente
modificarne le risultanze censuarie iscritte in catasto. Per il primo
biennio  di  applicazione  delle  suddette  disposizioni, il predetto
termine e' fissato in ventiquattro mesi, a partire dalla data fissata
dal provvedimento indicato al comma 1».
   L'art.  74  della legge n. 342 del 2000 si limita ad affermare che
gli  atti  emanati  dalla  pubblica  amministrazione  con  i quali si
attribuiscono  agli  immobili le rendite catastali o si modificano le
stesse sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, dalla
quale   decorre  il  termine  di  cui  all'articolo  21  del  decreto
legislativo  31 dicembre 1992, n. 546, per proporre il ricorso di cui
all'articolo 2, comma 3, dello stesso decreto legislativo.
   Dall'esame  delle  due  disposizioni  appare evidente che solo nel
decreto  ministeriale si parla di termini entro cui l'amministrazione
provvede  alla  determinazione  della  rendita  catastale definitiva,
mentre l'art. 74 della legge n. 342 del 2000 si limita a stabilire il
termine  di  efficacia  degli  atti  attributivi o modificativi della
rendita  catastale  per  terreni  e  fabbricati,  senza in alcun modo
individuare termini per la determinazione di tale rendita.
   Da  quanto  precede  deriva  che,  malgrado  il  rimettente deduca
l'incostituzionalita'   di   una   norma   di  legge  e  di  un  atto
regolamentare, le censure investono solo quest'ultimo.
   Non  sussiste,  quindi,  lo specifico collegamento tra la norma di
legge  -  rispetto  alla quale soltanto e' consentito il sindacato di
legittimita'  costituzionale  da  parte  di  questa  Corte  ai  sensi
dell'art.  134 della Costituzione, - e l'art. 1, comma 3, del d.m. 19
aprile  1994, n. 701 (sentenza n. 101 del 1977; ordinanze nn. 124 del
2001; 328 e 100 del 2000; 244 del 1984).