Sentenza
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 3, comma 3, e
5,  comma  1,  della  legge  della  Provincia  autonoma di Bolzano 16
novembre  2007, n. 12 (Servizi pubblici locali), promosso con ricorso
del  Presidente  del Consiglio dei ministri, notificato il 28 gennaio
2008,  depositato  in  cancelleria  il 4 febbraio 2008 ed iscritto al
n. 7 del registro ricorsi 2008;
   Visto l'atto di costituzione della Provincia autonoma di Bolzano;
   Udito  nell'udienza  pubblica  del  2  dicembre  2008  il  Giudice
relatore Alfonso Quaranta;
   Uditi  l'avvocato dello Stato Vittorio Russo per il Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e  gli  avvocati  Giuseppe Franco Ferrari e
Roland Riz per la Provincia autonoma di Bolzano.
                          Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  notificato il 28 gennaio 2008 e depositato il
successivo  4  febbraio,  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
impugnato  la  legge  della Provincia autonoma di Bolzano 16 novembre
2007,  n. 12  (Servizi pubblici locali), «con particolare riferimento
agli  artt.  3,  comma  3, e 5, comma 1», per violazione dei principi
comunitari  in materia di tutela della concorrenza (artt. 43, 49 e 86
del  Trattato  25  marzo  1957, che istituisce la Comunita' europea),
nonche'  degli  artt.  8,  comma 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670
(Approvazione  del testo unico delle leggi costituzionali concernenti
lo  statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige), e 117, primo e
secondo comma, lettera e), della Costituzione.
   Il  ricorrente  premette  che  le  Province  autonome, pur essendo
titolari di competenza legislativa primaria in materia di «assunzione
diretta  di servizi pubblici e loro gestione» ex art. 8 dello statuto
speciale,  devono  disciplinare  tale materia nel rispetto dei limiti
posti  dall'art.  4  dello  stesso statuto, tra i quali e' ricompresa
l'osservanza del diritto internazionale e dei vincoli comunitari.
   Sul  punto,  si rileva come, nonostante le concessioni di pubblici
servizi  siano escluse dalla sfera di applicazione della direttiva 18
giugno 1992, n. 92/50/CE, che coordina le procedure di aggiudicazione
degli  appalti  pubblici  di  servizi, gli enti aggiudicatori debbano
ugualmente  rispettare  le  norme  fondamentali  del  Trattato  e, in
particolare,  gli  artt.  43,  49  e  86, nonche' il principio di non
discriminazione  in  base alla nazionalita', sancito dall'art. 12 del
Trattato stesso. In questo senso si e' espressa la Corte di giustizia
nella sentenza Parking Brixen del 13 ottobre 2005, in C-458/2003, con
cui  si e' statuito che la concessione di pubblici servizi in assenza
di  gara  non e' conforme agli artt. 43 e 49 del Trattato, nonche' ai
«principi  di  parita'  di  trattamento,  di non discriminazione e di
trasparenza».
   1.1.  -  Alla  luce  di tali premesse, l'Avvocatura generale dello
Stato  ritiene  che  la  legge provinciale impugnata contrasti con le
suindicate  disposizioni  comunitarie  e,  pertanto,  violi l'art. 8,
comma 1, dello statuto speciale e l'art. 117, primo comma, Cost.
   In primo luogo, si censura specificamente l'art. 3, comma 3, della
predetta   legge,   il   quale   -   prevedendo   che  «la  rilevanza
dell'attivita'» (…) e' considerata in base al fatturato e alle
risorse  economiche  impiegate»  -  fornirebbe  una  definizione  del
requisito  della  «rilevanza dell'attivita'» dell'ente concessionario
difforme da quella elaborata dalla Corte di giustizia con la sentenza
Carbotermo  dell'11  maggio 2006, in C-340/04, nella quale il giudice
comunitario ha affermato che il requisito in esame deve essere inteso
non  soltanto  in  termini  quantitativi,  ma  anche  qualitativi. Ne
consegue  che  si puo' ritenere che la societa' concessionaria svolga
una  parte  rilevante della sua attivita' con l'ente che la controlla
solo  «se  l'attivita'  di  detta impresa e' principalmente destinata
all'ente  in  questione  e ogni altra attivita' risulta avere solo un
carattere  marginale».  Secondo la difesa dello Stato, il legislatore
provinciale   avrebbe   fornito   una  nozione  del  requisito  della
«rilevanza   dell'attivita'»   meno  restrittiva  rispetto  a  quella
elaborata  dalla  Corte di giustizia, con conseguente ampliamento dei
casi  in  cui  sarebbe possibile il ricorso all'affidamento diretto a
societa'  a capitale interamente pubblico e restrizione del regime di
concorrenza. Da qui la asserita violazione dei principi comunitari in
materia  di  tutela della concorrenza (artt. 43, 49 e 86 del Trattato
CE)  e del combinato disposto degli artt. 8, comma 1, dello statuto e
117, primo comma, Cost.
   In  secondo luogo, censure specifiche vengono indirizzate all'art.
5,  comma 1, della medesima legge provinciale nella parte in cui esso
prevede  la  possibilita'  di  disporre  un  affidamento  diretto dei
servizi  pubblici  di rilevanza economica a soggetti privati, purche'
nei  loro confronti la Provincia e gli enti da essa dipendenti ovvero
le  comunita'  comprensoriali  ed  i  Comuni esercitino una influenza
dominante.  Tale  norma  contrasterebbe  con  i  principi  comunitari
elaborati  dalla  Corte  di  giustizia  con le sentenze Teckal del 18
novembre 1999, in causa C-107/98, e Stadt Halle dell'11 gennaio 2005,
in  causa  C-26/03, le quali hanno messo in rilievo che l'affidamento
in  house  e'  legittimo quando ricorrono i seguenti requisiti: a) il
capitale    della    societa'    sia    interamente    pubblico;   b)
l'amministrazione  eserciti  sul  soggetto  affidatario  un controllo
analogo  a  quello  esercitato  sui  propri  servizi;  c) il soggetto
affidatario svolga la maggior parte della propria attivita' in favore
dell'ente  pubblico  di  appartenenza. La mancata osservanza da parte
della  norma impugnata di tali requisiti determinerebbe la violazione
degli  artt.  43, 49 e 86 del Trattato e conseguentemente del vincolo
del  rispetto  del  diritto  comunitario  di  cui  agli artt. 8 dello
statuto  di  autonomia,  e  117,  primo comma, nonche' secondo comma,
lettera e), Cost., in materia di tutela della concorrenza.
   2.  -  Si  e'  costituita  in  giudizio  la  Provincia autonoma di
Bolzano,   la   quale,   in   via   preliminare,   ha   eccepito   la
inammissibilita'  del  ricorso  per  carenza di motivazione e mancata
indicazione  dei parametri costituzionali e statutari che si assumono
violati.  Infatti,  si  osserva  che,  avendo  la  deliberazione  del
Consiglio  dei ministri ad oggetto unicamente gli artt. 3, comma 3, e
5,  comma  1,  della  legge  provinciale  n. 12  del  2007  e dovendo
l'oggetto  dell'impugnazione  definirsi in conformita' alla decisione
assunta  dal  Consiglio dei ministri, la Provincia «si oppone in modo
deciso  al  tentativo,  da  parte  dell'Avvocatura  dello  Stato,  di
estendere la materia del contendere all'intera legge provinciale».
   Nel  merito, la difesa della Provincia chiede che il ricorso venga
respinto.
   Si  sottolinea,  al  riguardo, come la Provincia autonoma, in base
allo statuto, abbia una competenza legislativa primaria in materia di
assunzione  diretta  di  servizi  pubblici e loro gestione a mezzo di
aziende  speciali  (art.  8,  n. 19)  e  sia  titolare della connessa
potesta' amministrativa (art. 16).
   Da  quanto esposto conseguirebbe la impossibilita' che nel settore
in   esame   possa   operare  il  titolo  di  legittimazione  statale
trasversale rappresentato dalla tutela della concorrenza ex art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
   Si  aggiunge, inoltre, che le norme impugnate rispettano i vincoli
comunitari,   cosi'  come  interpretati  dalla  Corte  di  giustizia.
Quest'ultima,  infatti,  pur affermando che in materia di concessione
di  servizi  pubblici  debbono  essere  osservati i principi generali
posti  dal  Trattato,  ha  ammesso  la  legittimita' dell'affidamento
diretto  qualora  l'autorita'  pubblica  concedente  svolga sull'ente
concessionario  un controllo analogo a quello che esercita sui propri
servizi  e  «detto ente esercita la maggior parte della sua attivita'
con l'autorita' detentrice».
   Le  norme  impugnate  rispetterebbero quanto affermato dai giudici
europei.
   Innanzitutto,  si  osserva  come  l'art.  3  della legge censurata
imponga,  ai  fini  della  legittimita'  dell'affidamento diretto, il
rispetto  non  solo  dei  requisiti  del  controllo  analogo  e dello
svolgimento  della  parte  essenziale  dell'attivita' con l'autorita'
pubblica  affidante,  ma anche che quest'ultima detenga per intero il
capitale  sociale;  requisito  quest'ultimo  che  la  stessa Corte di
giustizia non ritiene necessario.
   Per   quanto   attiene   poi   al  presupposto  dello  svolgimento
dell'attivita'  piu'  rilevante  con  uno  o  piu'  degli enti che la
controllano,  si  sottolinea  come gli stessi giudici europei abbiano
riconosciuto  che,  per  accertare  la sussistenza di tale requisito,
occorra  tenere conto del fatturato realizzato dall'ente affidatario,
specificando  che  in tale contesto si deve tenere conto non solo del
fatturato   realizzato  con  l'ente  locale  affidante  o  di  quello
realizzato nel territorio di detto ente, ma occorre considerare tutte
le  attivita'  realizzate dall'ente affidatario «indipendentemente da
chi  remunera  tale  attivita'»  o «su quale territorio siano erogate
tali prestazioni» (citata sentenza Carbotermo dell'11 maggio 2006).
   La  difesa  della  Provincia conclude sul punto osservando come la
norma censurata sia finalizzata a garantire proprio il pieno rispetto
di tale requisito, nella parte in cui prevede che per stabilire se la
societa' realizzi la parte piu' rilevante della propria attivita' con
uno o piu' degli enti che la controllano bisogna rifarsi al fatturato
dell'ente  affidatario  ed alle risorse economiche da esso impiegate,
«uniche  fonti per accertare la vera attivita' dell'ente sia sotto il
profilo quantitativo, sia sotto il profilo qualitativo».
   Per quanto attiene, invece, al primo comma dell'art. 5, lo stesso,
prevedendo  che  i  servizi  di  rilevanza  economica  possono essere
affidati  direttamente a soggetti privati, purche' nei loro confronti
gli  enti  pubblici  ivi  indicati  esercitino  influenza  dominante,
sarebbe  conforme  al requisito del controllo analogo richiesto dalla
Corte  di  giustizia.  Infatti,  tale norma stabilisce, ai fini della
determinazione   del  concetto  di  influenza  dominante,  specifiche
restrizioni  e limitazioni, introducendo, inoltre, un apposito organo
con  il  preciso  compito  di assicurare il rispetto delle condizioni
richieste.
   Infine, si sottolinea che, qualora questa Corte avesse dubbi sulla
conformita' delle norme censurate ai principi del diritto comunitario
in materia di concessione di pubblici servizi, dovrebbe sospendere il
giudizio  a  quo  e  sottoporre  le  relative questioni alla Corte di
giustizia europea.
   3.   -   La   Provincia   autonomia   di  Bolzano  ha  depositato,
nell'imminenza  dell'udienza  pubblica,  una memoria con la quale, in
via preliminare, ha rilevato come il contenuto dell'impugnato art. 5,
comma  1,  sia  stato  integralmente sostituito dall'art. 7, comma 2,
della  legge  provinciale  10  giugno  2008, n. 4 (Modifiche di leggi
provinciali  in  vari  settori  e  altre  disposizioni). Essa chiede,
pertanto,  che,  sul  punto,  venga dichiarata cessata la materia del
contendere,  atteso  che  la  disposizione  impugnata, durante la sua
vigenza, non avrebbe mai trovato applicazione.
   Per il resto, nella memoria si ribadiscono tutte le argomentazioni
difensive contenute nell'atto di costituzione.
   4. - Nel corso dell'udienza pubblica, la difesa della Provincia ha
eccepito anche la tardivita' della notifica del ricorso.
                       Considerato in diritto
   1.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri ha impugnato la
legge  della  Provincia  autonoma  di Bolzano 16 novembre 2007, n. 12
(Servizi pubblici locali), «con particolare riferimento agli artt. 3,
comma  3,  e  5,  comma 1», per violazione dei principi comunitari in
materia  di  tutela della concorrenza (artt. 43, 49 e 86 del Trattato
25  marzo  1957,  che istituisce la Comunita' europea), nonche' degli
artt. 8, comma 1, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del
testo   unico  delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo  statuto
speciale  per  il Trentino-Alto Adige), e 117, primo e secondo comma,
lettera e), della Costituzione.
   2.  -  Ha  carattere preliminare l'esame dell'eccezione, sollevata
dalla   difesa   della   Provincia  autonoma  di  Bolzano  nel  corso
dell'udienza pubblica, relativa alla tardivita' del ricorso.
   Essa non e' fondata.
   L'art.  31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, prevede che i ricorsi
proposti  dallo  Stato  nei  confronti  di  leggi  regionali (e delle
Province   autonome)   devono  essere  notificati  entro  il  termine
perentorio  di  sessanta giorni dalla pubblicazione dell'atto oggetto
di impugnazione.
   Nel caso in esame tale termine e' stato rispettato.
   La  legge  contenente  le  norme censurate e' stata pubblicata nel
Bollettino ufficiale della Regione Trentino Alto Adige/Südtirol il 27
novembre  2007;  il  ricorso, notificato il 28 gennaio 2008, e' stato
consegnato all'ufficio notifiche presso la Corte d'Appello di Roma il
26  gennaio  2008  e  dunque  il sessantesimo giorno utile. E' a tale
momento temporale, infatti, che occorre avere riguardo, ai fini della
valutazione  della  tempestivita' del ricorso, essendo irrilevante la
successiva  attivita'  posta  in  essere dal predetto ufficio, che e'
sottratta  al  controllo ed alla sfera di disponibilita' del soggetto
che  richiede  la  notifica  (ex plurimis, sentenze n. 477 del 2002 e
n. 383 del 2005).
   3.  - Ancora in via preliminare, deve essere disattesa l'eccezione
di  inammissibilita' del ricorso, sollevata dalla Provincia autonoma,
sotto  il  profilo  che,  mentre  la  deliberazione del Consiglio dei
ministri  autorizza l'impugnazione soltanto degli artt. 3, comma 3, e
5,   comma  1,  con  il  ricorso  e'  stata  proposta  l'impugnazione
dell'intera   legge   n. 12  del  2007,  sia  pure  «con  particolare
riferimento»  ai  citati  articoli,  dei  quali e' stata chiesta, nel
petitum,  la  declaratoria  di illegittimita' costituzionale. Infatti
dall'esame  congiunto  del  ricorso  e della suindicata deliberazione
risulta,  con  sufficiente  chiarezza,  che  oggetto  di gravame sono
esclusivamente   le   disposizioni  contenute  nei  due  articoli  in
questione.
   4.  -  Tanto premesso, deve rilevarsi che l'art. 5, comma 1, della
legge provinciale n. 12 del 2007 e' stato abrogato dall'art. 7, comma
2,  della  legge della stessa Provincia autonoma 10 giugno 2008, n. 4
(Modifiche   di   leggi   provinciali   in   vari   settori  e  altre
disposizioni),  che  ha  introdotto  una  disposizione  dal contenuto
completamente   diverso,  relativa  agli  affidamenti  a  societa'  a
partecipazione mista pubblica e privata.
   Poiche'  la norma censurata, contenuta nell'abrogato art. 5, comma
1,  non  ha  ricevuto  attuazione  medio tempore - come risulta dalla
dichiarazione resa dalla difesa della Provincia autonoma di Bolzano e
non  contestata  dal ricorrente - deve essere dichiarata sul punto la
cessazione della materia del contendere.
   5. - L'analisi nel merito deve, pertanto, essere condotta soltanto
con riguardo a quanto previsto dal comma 3 del citato art. 3.
   Tale disposizione deve essere esaminata nel quadro della normativa
provinciale  avente  ad  oggetto  l'affidamento di servizi pubblici a
societa' di capitale interamente pubblico.
   Al  riguardo,  va  precisato  che  il suddetto art. 3, al comma 1,
prevede  che i servizi pubblici di rilevanza economica possono essere
affidati  alle  suddette  societa'  qualora  l'ente  o  gli enti: «a)
detengano  per  intero  il  capitale  sociale;  b)  esercitino  sulla
societa'  un controllo analogo a quello da essi esercitato sui propri
servizi;  c)  la  societa'  realizzi  la  parte  piu' rilevante della
propria attivita' con uno o piu' degli enti che la controllano».
   Il  comma  2  del  medesimo  articolo,  a  sua  volta, dispone, in
relazione  al  requisito del controllo analogo di cui alla lettera b)
sopra  citata,  che  tale  controllo  sussiste  qualora gli enti: «a)
provvedano   direttamente   alla   nomina   ed   alla   revoca  degli
amministratori  e dei sindaci della societa'; b) svolgano funzioni di
indirizzo,  indicando  gli  obiettivi  dell'attivita'  e  dettando le
direttive  generali  per  raggiungerli;  c)  esercitino  attivita' di
controllo  gestionale  e  finanziario,  attraverso  l'esperimento  di
sopralluoghi  ed  ispezioni  nonche'  attraverso  l'esame  di  report
periodici  sull'efficacia,  sull'efficienza  e  sull'economicita' del
servizio».
   In  relazione, invece, al secondo requisito previsto dalla lettera
c)  del  comma  1,  la  norma,  contenuta nel comma 3, specificamente
oggetto  di  censura,  prescrive  che  «la  rilevanza  dell'attivita'
(…)  e'  considerata  in  base  al  fatturato  e  alle risorse
economiche impiegate».
   Secondo  la  difesa  dello Stato, il riferimento contenuto in tale
norma  agli  elementi  del  «fatturato»  e  delle «risorse economiche
impiegate»   atterrebbe   esclusivamente  ad  elementi  quantitativi,
sicche'  la  mancanza  di  ogni  riferimento  ad elementi qualitativi
darebbe   luogo   ad   una   normativa,   in   tema   di   «rilevanza
dell'attivita'», meno restrittiva rispetto a quella elaborata in sede
comunitaria  e  determinerebbe, pertanto, «un ampliamento dei casi in
cui  e'  possibile  il  ricorso  all'affidamento diretto a societa' a
capitale  interamente  pubblico»,  tale  da comportare una «effettiva
restrizione del regime di concorrenza».
   6. - La questione e' fondata.
   Va  premesso  che  la Provincia autonoma di Bolzano e' titolare di
potesta'  legislativa  primaria  in materia di «assunzione diretta di
servizi pubblici e loro gestione a mezzo di aziende speciali» (art. 8
n. 19  dello  statuto  di autonomia). Nell'esercizio di tale potesta'
essa,  pero',  per  espressa previsione statutaria (medesimo art. 8),
deve rispettare, tra l'altro, gli obblighi internazionali e i vincoli
derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea.
   Ai fini della risoluzione della presente questione di legittimita'
costituzionale,  occorre,  pertanto, muovere dalla ricognizione delle
norme  comunitarie nella specie rilevanti e dei principi affermati in
materia  dalla  Corte  di  giustizia,  dal  momento che i limiti alla
potesta'  legislativa  anche  delle  Province autonome derivano dalle
singole  disposizioni europee come interpretate dalla suddetta Corte.
Piu'  in  particolare,  le norme del Trattato CE poste a tutela della
concorrenza,   nel  significato  che  ad  esse  e'  attribuito  dalla
giurisprudenza   comunitaria   e  in  ragione  del  richiamo  operato
dall'art. 8 dello statuto di autonomia, sono direttamente applicabili
nell'ordinamento interno e dunque assumono rilevanza agli effetti del
giudizio  di costituzionalita', essendo pacifico che «la precisazione
o  l'indicazione  del  significato  normativo»  di  disposizioni  del
Trattato  «compiuta  attraverso una sentenza dichiarativa della Corte
di giustizia abbiano la stessa immediata efficacia delle disposizioni
interpretate»  (cosi'  sentenza  n. 389  del 1989; nello stesso senso
sentenza n. 168 del 1991).
   7. - L'art. 86, secondo paragrafo, del Trattato CE prevede che «le
imprese  incaricate  della gestione di servizi di interesse economico
generale (…) sono sottoposte alle norme del presente Trattato,
e  in  particolare  alle  regole  di  concorrenza,  nei limiti in cui
l'applicazione  di  tali  norme non osti all'adempimento, in linea di
diritto o di fatto, della specifica missione loro affidata».
   Nella prospettiva comunitaria, pertanto, da un lato, e' necessario
che  gli  Stati  membri  attivino  ampi  processi di liberalizzazione
finalizzati  ad  abbattere  progressivamente le barriere all'entrata,
mediante,   tra   l'altro,  l'eliminazione  di  diritti  speciali  ed
esclusivi  a  favore  delle  imprese,  ed attuare la concorrenza «nel
mercato»;  dall'altro,  si  impone  alle pubbliche amministrazioni di
osservare,  nella scelta del gestore del servizio, adeguate procedure
di  evidenza  pubblica  finalizzate  a  garantire  il  rispetto della
concorrenza   «per   il  mercato»  (sentenza  n. 401  del  2007,  con
riferimento  al  settore degli appalti pubblici). Il perseguimento di
tali obiettivi e' inoltre volto ad assicurare, tra l'altro, la libera
circolazione  delle  merci,  delle  persone  e  dei  servizi;  con la
puntualizzazione  che il rispetto delle citate norme fondamentali del
Trattato  si  impone  anche  in  un settore, quale quello dei servizi
pubblici  locali,  attualmente estraneo alla sfera di applicazione di
specifiche discipline comunitarie.
   In  tale  contesto, la giurisprudenza della Corte di giustizia (ex
multis,  sentenza Stadt Halle dell'11 gennaio 2005, in causa C-26/03)
ha,  pero',  riconosciuto  che rientra nel potere organizzativo delle
autorita' pubbliche «autoprodurre» beni, servizi o lavori mediante il
ricorso  a  soggetti che, ancorche' giuridicamente distinti dall'ente
conferente,  siano  legati a quest'ultimo da una «relazione organica»
(c.d. affidamento in house).
   Nella  prospettiva  europea,  infatti, la pubblica amministrazione
puo' decidere di erogare direttamente prestazioni di servizi a favore
degli  utenti  mediante  proprie strutture organizzative senza dovere
ricorrere,  per  lo  svolgimento  di  tali  prestazioni, ad operatori
economici attraverso il mercato.
   Il  meccanismo dell'affidamento diretto a soggetti in house, deve,
pero',   essere  strutturato  in  modo  da  evitare  che  esso  possa
risolversi  in  una  ingiustificata  compromissione  dei principi che
presiedono  al funzionamento del mercato e, dunque, in una violazione
delle prescrizioni contenute nel Trattato a tutela della concorrenza.
In  altri  termini, il modello operativo in esame non deve costituire
il  mezzo  per  consentire  alle  autorita'  pubbliche  di  svolgere,
mediante  la  costituzione di apposite societa', attivita' di impresa
in  violazione  delle regole concorrenziali, che richiedono che venga
garantito  il  principio del pari trattamento tra imprese pubbliche e
private (art. 295 del Trattato CE).
   La  giurisprudenza  della  Corte di giustizia - proprio al fine di
assicurare  il  rispetto  di  tali  regole  e  sul presupposto che il
sistema   dell'affidamento   in  house  costituisca  un'eccezione  ai
principi  generali  del diritto comunitario - ha imposto l'osservanza
di   talune  condizioni  legittimanti  l'attribuzione  diretta  della
gestione  di  determinati servizi a soggetti «interni» alla compagine
organizzativa dell'autorita' pubblica.
   La Corte, infatti, con la sentenza Teckal del 18 novembre 1999, in
causa C-107/98, ha affermato che e' possibile non osservare le regole
della  concorrenza:  a)  quando  l'ente  pubblico svolge sul soggetto
affidatario  un  controllo  analogo  a  quello  esercitato sui propri
servizi;  b)  quando  il soggetto affidatario «realizzi la parte piu'
importante  della propria attivita'» con l'ente o con gli enti che la
controllano.
   In  relazione  al  primo  requisito,  la  Corte  di  giustizia, in
particolare  con la citata sentenza Stadt Halle dell'11 gennaio 2005,
ha  sottolineato  che  esso  non  sussiste  quando  la  societa'  sia
partecipata   da  privati,  atteso  che  «qualunque  investimento  di
capitale  privato  in  un'impresa  obbedisce a considerazioni proprie
degli  interessi  privati», rifuggendo da «considerazioni ed esigenze
proprie  del  perseguimento  di  obiettivi di interesse pubblico» che
devono   caratterizzare   «il   rapporto  tra  un'autorita'  pubblica
(…) ed i suoi servizi».
   Inoltre,  tra  le  altre, nelle sentenze Carbotermo dell'11 maggio
2006,  in  causa  C-340/04  e  Parking Brixen del 13 ottobre 2005, in
causa  C-458/03,  si e' puntualizzato che, ai fini del riconoscimento
della  sussistenza del presupposto in esame, accanto alla «dipendenza
finanziaria»,   risultante   dalla  detenzione  pubblica  dell'intero
capitale  della  societa'  affidataria,  rilevano  profili  di natura
prettamente  gestionale.  In particolare, i giudici europei ritengono
che  l'ente  pubblico  debba  essere  dotato  di  poteri di controllo
sull'attivita' del consiglio di amministrazione piu' ampi e pregnanti
di  quelli  che  normalmente  il  diritto  societario  riconosce alla
maggioranza  dei  soci.  Inoltre, e' stata esclusa la sussistenza del
controllo  analogo  quando  l'impresa  abbia «acquisito una vocazione
commerciale che rende precario il controllo» e che risulterebbe dalla
presenza  di elementi, quali, a titolo esemplificativo: l'ampliamento
dell'oggetto sociale; l'apertura obbligatoria della societa', a breve
termine,  ad altri capitali; l'espansione territoriale dell'attivita'
della  societa'  (citata sentenza Parking Brixen del 13 ottobre 2005;
cosi'  anche  Consiglio  di  Stato,  adunanza plenaria, 3 marzo 2008,
n. 1).
   In  relazione  al  secondo  requisito,  rappresentato,  come si e'
precisato, dalla prevalenza dello svolgimento dell'attivita' a favore
dell'ente  pubblico  conferente, va, innanzitutto, chiarito come esso
non   impedisca   che   l'istituto   dell'affidamento   diretto   sia
configurabile  anche in relazione al settore dei servizi pubblici. La
circostanza,  infatti,  che tale settore si caratterizza per il fatto
che  le  relative  prestazioni  sono  rivolte, diversamente da quanto
accade  in presenza di un contratto di appalto, a favore dell'utenza,
non   costituisce   un   ostacolo  alla  riconduzione  dell'attivita'
all'autorita'  pubblica. Gli stessi giudici europei hanno, sul punto,
sottolineato   che   non   rileva   stabilire   se   il  destinatario
dell'attivita' posta in essere dal gestore del servizio sia la stessa
amministrazione  o l'utente delle prestazioni. Si deve infatti «tener
conto di tutte le attivita' realizzate» da tale gestore sulla base di
un affidamento effettuato dall'amministrazione, «indipendentemente da
chi  remunera  tale  attivita'»,  potendo  trattarsi  della  medesima
amministrazione  o  degli  utenti  delle  prestazioni erogate (citata
sentenza Carbotermo dell'11 maggio 2006).
   Quanto al significato da attribuire all'espressione che identifica
il   requisito   in   esame,   la   giurisprudenza   comunitaria   ha
sostanzialmente   affermato   che   e'  necessario  che  il  soggetto
beneficiario    dell'affidamento   destini   la   propria   attivita'
«principalmente»  a  favore dell'ente. L'effettuazione di prestazioni
che  non  siano  del  tutto  marginali  a  favore  di  altri soggetti
renderebbe  quella  determinata  impresa  «attiva  sul  mercato», con
conseguente  alterazione delle regole concorrenziali e violazione dei
principi   regolatori   delle   gare   pubbliche  e  della  legittima
competizione.  In  altri  termini, nella prospettiva comunitaria, una
lettura  non  rigorosa della espressione «parte piu' importante della
sua  attivita'» inciderebbe sulla stessa nozione di soggetto in house
alterandone  il  dato  strutturale  che  lo  identifica come una mera
«articolazione  interna»  dell'ente stesso. Una consistente attivita'
«esterna»   determinerebbe,  infatti,  una  deviazione  dal  rigoroso
modello  delineato  dai  giudici  europei,  con la conseguenza, da un
lato,  che  verrebbe  falsato  il  confronto concorrenziale con altre
imprese  che  non  usufruiscono dei vantaggi connessi all'affidamento
diretto  e  piu'  in  generale dei privilegi derivanti dall'essere il
soggetto    affidatario    parte    della   struttura   organizzativa
dell'amministrazione  locale;  dall'altro,  che  sarebbero  eluse  le
procedure  competitive  di  scelta  del contraente, che devono essere
osservate  in  presenza  di un soggetto «terzo» (quale deve ritenersi
quello    che   esplica   rilevante   attivita'   esterna)   rispetto
all'amministrazione conferente.
   Va,  inoltre,  rimarcato  che  anche questa Corte ha avuto modo di
affermare,  sia  pure con riferimento ad un settore diverso da quello
in  esame,  che  le esigenze di tutela della concorrenza impongono di
tenere  distinto  lo svolgimento di attivita' amministrativa posta in
essere  da  una  societa'  di  capitali  per  conto  di  una pubblica
amministrazione  dal  libero  svolgimento  di  attivita'  di impresa.
L'esigenza  di  mantenere  separate  le  due  sfere  di attivita', ha
puntualizzato  la  Corte, e' finalizzata ad «evitare che un soggetto,
che  svolge  attivita'  amministrativa,  eserciti  allo  stesso tempo
attivita'  d'impresa,  beneficiando dei privilegi dei quali esso puo'
godere in quanto pubblica amministrazione» (sentenza n. 326 del 2008,
punto 8.3. del Considerato in diritto).
   Sul  piano poi della verifica del rispetto del requisito in esame,
la  Corte  di  giustizia,  in  particolare,  con  la  citata sentenza
Carbotermo   dell'11   maggio  2006,  ha  affermato  che  il  giudice
competente  deve prendere in considerazione «tutte le circostanze del
caso di specie, sia qualitative sia quantitative» (par. 64).
   Sul   piano   quantitativo,  la  stessa  sentenza,  al  successivo
paragrafo  65,  fa  espresso  riferimento all'elemento del fatturato,
osservando  che «occorre considerare che il fatturato determinante e'
rappresentato da quello che l'impresa in questione realizza in virtu'
di  decisioni di affidamento adottate dall'ente locale controllante».
Inoltre,  per  mantenere una impostazione coerente con l'esigenza che
l'indagine  si  svolga su un piano casistico, non sono ammesse rigide
predeterminazioni  connesse  all'indicazione della misura percentuale
di fatturato rilevante.
   Sul  piano  qualitativo,  alla  luce  di  quanto  affermato  dalla
giurisprudenza comunitaria (citata sentenza Carbotermo dell'11 maggio
2006),  tale  profilo incide o puo' incidere sulla natura dei servizi
resi  e,  quindi,  sul  criterio  per  ritenere  che una attivita' di
impresa   sia  svolta  in  modo  preponderante  per  l'ente  pubblico
conferente e solo marginalmente per il mercato perche', a prescindere
dal  dato quantitativo del fatturato, tale profilo puo' - in astratto
-  riverberare  i  suoi effetti sulla rilevanza dell'attivita' svolta
dal  soggetto  al  fine  di  considerare  prevalente o solo marginale
l'attivita'  «libera»  in  una prospettiva di futura espansione della
stessa  nel  mercato  o  in  zone del territorio diverse da quelle di
competenza del soggetto pubblico conferente.
   7.1.   -  Orbene,  alla  luce  di  quanto  sopra,  deve  ritenersi
sussistente  il  contrasto  tra  la  norma  impugnata  e gli invocati
parametri costituzionali.
   Ed  infatti, la suddetta norma - sul presupposto che l'affidamento
in  house  possa  essere  giustificato  se, tra l'altro, «la societa'
realizzi  la  parte  piu' rilevante della propria attivita' con uno o
piu'  degli  enti  che la controllano» (art. 3, comma 1, lettera c) -
prevede,   come   si   e'   gia'   sottolineato,  che  «la  rilevanza
dell'attivita'  (…) e' considerata in base al fatturato e alle
risorse economiche impiegate».
   Il  giudizio  di verifica della sussistenza del requisito in esame
e', dunque, limitato alla valutazione di dati di tipo quantitativo; e
tali devono ritenersi quelli che, al fine di stabilire se il soggetto
in  house  possa  considerarsi  «attivo» sul mercato in ragione della
rilevanza  esterna  dell'attivita'  di  impresa svolta, attribuiscono
valenza   esclusiva   all'entita'   del  fatturato  e  delle  risorse
economiche  impiegate.  Nella  prospettiva  comunitaria,  invece,  e'
necessario  assegnare  rilievo  anche  ad eventuali aspetti di natura
qualitativa  idonei  a  fare  desumere,  ad  esempio,  la propensione
dell'impresa   ad  effettuare  determinati  investimenti  di  risorse
economiche  in  altri  mercati - anche non contigui - in vista di una
eventuale  espansione  in  settori  diversi  da  quelli rilevanti per
l'ente pubblico conferente.
   Deve,   pertanto,  ritenersi  che  effettivamente  il  legislatore
provinciale  abbia  indicato  criteri di verifica del requisito della
«rilevanza  dell'attivita'» meno rigorosi rispetto a quelli enucleati
-  sia  pure  nell'ambito di un complessivo giudizio che mantiene una
valenza  necessariamente  casistica modulata sulle peculiarita' delle
singole fattispecie concrete - dalla giurisprudenza che si e' formata
al riguardo.
   Di  qui  la  violazione delle regole comunitarie sulla concorrenza
poste  dalle  norme  del  Trattato  invocate dal ricorrente, alla cui
tutela   e'   finalizzata   la   delimitazione,  effettuata,  in  via
interpretativa, dalla Corte di giustizia, dell'ambito di operativita'
del  modello gestionale dell'affidamento diretto dei servizi pubblici
locali.
   Pertanto,  la  valutazione  in ordine alla rilevanza preponderante
dell'attivita'  nei  confronti  dell'ente  pubblico  conferente  deve
essere  effettuata  mediante  la diretta applicazione della normativa
comunitaria,  quale  risulta  dall'interpretazione datane dai giudici
europei.  E  sotto l'indicato profilo e' indubbio che la declaratoria
di  illegittimita'  costituzionale  del comma in esame conduce ad una
maggiore  chiarezza  nella  applicazione della normativa provinciale,
contenuta nei commi 1 e 2 dell'art. 3 della legge impugnata, che deve
essere interpretata alla luce dei principi sopra richiamati.
   Sulla  base  delle  considerazioni che precedono, non sussistono i
presupposti per il rinvio pregiudiziale, chiesto - in via subordinata
-  dalla  difesa della Provincia autonoma, in quanto nella specie non
vi  sono  dubbi sulla interpretazione della normativa comunitaria, il
cui significato e' chiaro sulla base della giurisprudenza della Corte
di  giustizia;  sicche'  cio'  che  residua  nella  specie e' solo la
questione  di legittimita' costituzionale della normativa provinciale
per contrasto con i principi affermati in sede europea.
   In conclusione, dunque, l'art. 3, comma 3, della legge provinciale
in  esame  deve  essere dichiarato costituzionalmente illegittimo per
violazione  delle  norme  comunitarie sulla tutela della concorrenza,
come  interpretate  dalla Corte di giustizia CE, e, dunque, dell'art.
8,  comma  1,  dello  statuto  speciale  per il Trentino Alto-Adige e
dell'art. 117, primo comma, Cost.