Sentenza 
nei giudizi di legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
-  come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma  1,  lettera  b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248, promossi con  ordinanze  del  17
luglio 2008 dal Giudice di pace di Catania  e  del  7  novembre  2008
dalla Commissione tributaria provinciale  di  Prato,  rispettivamente
iscritte al n. 445 del  registro  ordinanze  2008  e  al  n.  21  del
registro ordinanze 2009 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
Repubblica n. 3 e n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 10  giugno  2009  il  Giudice
relatore Franco Gallo. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Nel corso  di  un  giudizio  di  opposizione  all'esecuzione
proposto ai sensi dell'art. 615 del codice di  procedura  civile,  il
Giudice di pace di Catania, con ordinanza  depositata  il  17  luglio
2008 (r.o. n. 445 del 2008), ha sollevato, in riferimento agli  artt.
25, primo comma, 102, secondo comma, e  VI  disposizione  transitoria
della Costituzione, questioni di legittimita' dell'art. 2,  comma  2,
secondo periodo, del decreto legislativo 31  dicembre  1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
-  come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma  1,  lettera  b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 - nella parte in  cui  stabilisce
che «Appartengono alla giurisdizione tributaria [...] le controversie
relative alla debenza del canone [...] per lo smaltimento di  rifiuti
urbani». 
    1.1. - Il Giudice di pace rimettente premette, in punto di fatto,
che: a) il  contribuente  si  e'  opposto,  ai  sensi  dell'art.  615
cod.proc.civ., al diritto del  Comune  di  Catania  di  procedere,  a
seguito della  notificazione  di  una  cartella  di  pagamento,  alla
riscossione coattiva  «della  tassa  di  smaltimento  rifiuti  solidi
urbani, oggi tariffa di igiene ambientale (TIA), per gli  anni  1997,
1998, 1999 e 2000»; b) la  convenuta  s.p.a.  SERIT  Sicilia,  agente
della riscossione per la provincia di Catania, ha eccepito il difetto
di giurisdizione del giudice adito, essendo la controversia  devoluta
alla giurisdizione delle commissioni tributarie, ai sensi dell'art. 2
del decreto legislativo n. 546 del 1992. 
    1.2. - Il medesimo giudice rimettente premette altresi', in punto
di diritto, che: a) «con l'emanazione del cosiddetto decreto  Ronchi»
(art. 49 del decreto legislativo 5  febbraio  1997,  n.  22,  recante
«Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti,  della  direttiva
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della  direttiva  94/62/CE  sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio») la tassa sui rifiuti solidi
urbani (TARSU), disciplinata dall'art. 58 del decreto legislativo  15
novembre 1993, n. 507, e' stata sostituita con un prelievo di  natura
non piu' tributaria, ma privatistica, cioe' con la tariffa di  igiene
ambientale (TIA),  determinata  in  base  al  costo  complessivo  del
servizio, «al fine di far pagare  agli  utenti  il  costo  del  reale
servizio usufruito»;  b)  la  natura  non  tributaria  della  TIA  e'
desumibile  sia  dalla  denominazione  di  «tariffa»  sia  dalla  sua
determinazione quantitativa in ragione della copertura del costo  del
servizio, a nulla rilevando - contrariamente a quanto affermato dalla
Corte di cassazione con le sentenze n. 13902 del 2007 e n.  4895  del
2006 - ne' il fatto che la sua disciplina presenterebbe  elementi  di
natura tributaria e non tributaria ne' il  fatto  che  essa  subentra
alla TARSU, cioe' ad una entrata avente indiscussa natura tributaria. 
    1.3. - Su tali premesse, il giudice a quo afferma  che  la  norma
censurata  -  nell'attribuire  alla   giurisdizione   tributaria   le
controversie, di natura non tributaria, in materia di TIA - «comporta
lo  snaturamento  della  giurisdizione  tributaria  e,   quindi,   la
violazione» degli evocati  parametri  costituzionali,  perche',  come
piu' volte affermato dalla Corte  costituzionale,  «la  giurisdizione
del giudice tributario deve ritenersi  imprescindibilmente  collegata
alla natura tributaria  del  rapporto»  (sentenza  n.  64  del  2008;
ordinanze n. 395 del 2007; n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006). 
    1.4. - Quanto alla rilevanza, il Giudice di pace osserva  che  la
decisione sulla controversia «non potra'  prescindere  dall'eccezione
di difetto di giurisdizione sollevata dal convenuto, eccezione la cui
fondatezza  dipende  dall'applicabilita',  nel  giudizio  principale,
della disposizione censurata». 
    2. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  e'  intervenuto  nel
giudizio di legittimita' costituzionale promosso dal Giudice di  pace
di Catania ed ha chiesto  dichiararsi  manifestamente  inammissibili,
per difetto di motivazione, le questioni sollevate in riferimento  al
primo comma dell'art. 25 ed alla VI disposizione  transitoria  Cost.,
nonche' manifestamente infondata quella sollevata in  riferimento  al
secondo comma dell'art. 102 Cost.  In  particolare,  in  relazione  a
quest'ultima questione, la difesa erariale afferma che: a) l'art.  49
del decreto legislativo n. 22 del 1997 ha soppresso, in attuazione di
direttive comunitarie, la  «tassa  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti
urbani» ed ha istituito una «tariffa» per la copertura dei costi  del
servizio di smaltimento; b) l'art.  238  del  decreto  legislativo  3
aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), nel quale - sempre
per la difesa erariale -  «e'  stata  trasfusa  la  disciplina  della
tariffa», «non presenta [...]  caratteri  di  sostanziale  diversita'
rispetto alla previgente "tassa  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti",
considerata la sostanziale identita' del presupposto oggettivo e  dei
soggetti  passivi,  nonche'   la   confermata   obbligatorieta'   del
prelievo»;  c)  l'obbligo  del  privato  di  pagare   detta   tariffa
scaturisce, pertanto, da  un  fatto  individuato  direttamente  dalla
legge e non da un titolo contrattuale o da un fatto comunque fonte di
un rapporto negoziale; d) inoltre, la tariffa prevede la copertura di
costi (come ad esempio le spese di spazzamento delle strade) estranei
alla logica della corrispondenza tra costi e benefici  e  riferibili,
piuttosto,  alla   collettivita';   e)   la   tariffa,   dunque,   in
considerazione della doverosita' e del fondamento solidaristico della
prestazione, va qualificata come "tassa", cioe'  come  una  forma  di
finanziamento di un servizio pubblico  attraverso  l'imposizione  dei
relativi costi sull'area sociale che da tale servizio riceve, nel suo
insieme, un beneficio. 
    3.  -  Nel  corso  di  due  giudizi  riuniti  aventi  ad  oggetto
l'impugnazione, da parte del  medesimo  contribuente,  di  avvisi  di
pagamento della tariffa di igiene ambientale (TIA) prevista dall'art.
49 del decreto legislativo n. 22 del 1997 e relativa agli anni 2007 e
2008, la Commissione tributaria provinciale di Prato,  con  ordinanza
depositata il 7 novembre 2008 (r.o. n. 21 del 2009), ha sollevato, in
riferimento  all'art.  102,  secondo  comma,  Cost.,   questione   di
legittimita' del citato art. 2, comma 2, secondo periodo, del d. lgs.
n. 546 del 1992, nella parte in cui  attribuisce  alla  giurisdizione
delle commissioni tributarie le controversie in materia di TIA. 
    3.1. - La Commissione tributaria rimettente premette, in punto di
diritto, che: a) con le sentenze n. 130  e  n.  64  del  2008  e  con
l'ordinanza n. 34 del 2006, la Corte costituzionale  ha  sottolineato
che l'attribuzione della giurisdizione alle commissioni tributarie e'
imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto; b)
la tariffa prevista dall'art. 238 del decreto legislativo n. 152  del
2006 («gia' art. 49 decreto legislativo n. 22/1997»)  non  ha  natura
tributaria,  ma  di  «corrispettivo  per  il  servizio  di  raccolta,
recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani»  (comma  1)  ed  e'
costituita da due quote, una commisurata alle  componenti  essenziali
del  costo  del  servizio   (investimenti,   ammortamenti),   l'altra
«rapportata alla quantita' dei rifiuti conferiti» (comma 4), cosi' da
assicurare «la copertura integrale dei costi  di  investimento  e  di
esercizio» (stesso comma 4); c) il mero dato formale  costituito  dal
fatto che il comma 15 del menzionato art. 49 del decreto  legislativo
n. 22 del 1997 richiama, per la riscossione coattiva  della  tariffa,
le norme per la riscossione delle imposte sul  reddito  (decreto  del
Presidente della  Repubblica  29  settembre  1973,  n.  602)  non  e'
sufficiente ad escludere che la suddetta tariffa abbia la  natura  di
corrispettivo di un servizio,  commisurato  al  costo  di  questo  ed
all'entita' della sua fruizione da parte del privato; d) tuttavia, le
sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza n. 4895  del
2006, hanno affermato che, in forza della disposizione denunciata, le
controversie relative alla  debenza  della  TIA  sono  devolute  alla
giurisdizione delle commissioni tributarie. 
    3.2. - Su tali premesse, il giudice a quo afferma che tale ultima
disposizione  -  nell'attribuire  alla  giurisdizione  tributaria  le
controversie, di natura non  tributaria,  in  materia  di  TIA  -  si
risolve nella creazione di un nuovo giudice speciale e, quindi, viola
l'evocato parametro costituzionale. 
    4. - Il Presidente del Consiglio dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto anche  in
questo giudizio ed ha chiesto dichiararsi la questione manifestamente
inammissibile o, comunque, manifestamente infondata.  Per  la  difesa
erariale, l'inammissibilita' deriva dal difetto di motivazione  sulla
rilevanza, in quanto nell'ordinanza di rimessione manca l'esposizione
dei fatti di causa e dei termini della  controversia;  l'infondatezza
deriva, invece - per le medesime considerazioni svolte  nell'atto  di
intervento nel giudizio di costituzionalita' promosso dal Giudice  di
pace di Catania - dalla  natura  tributaria  della  tariffa  prevista
dall'art. 238 del decreto legislativo n. 152 del 2006. 
                       Considerato in diritto 
    1. - Il Giudice di pace di Catania (r.o. n. 445 del 2008)  dubita
della legittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  comma  2,  secondo
periodo,  del  decreto  legislativo  31   dicembre   1992,   n.   546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n.  413)
-  come  modificato  dall'art.  3-bis,  comma  1,  lettera  b),   del
decreto-legge  30  settembre  2005,  n.  203  (Misure  di   contrasto
all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia  tributaria  e
finanziaria), convertito, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
della legge 2 dicembre 2005, n. 248 -, nella parte in cui dispone che
«Appartengono alla giurisdizione  tributaria  [...]  le  controversie
relative alla debenza del canone [...] per lo smaltimento di  rifiuti
urbani» e, quindi, della tariffa di igiene ambientale (TIA)  prevista
dall'art.  49  del  decreto  legislativo  5  febbraio  1997,  n.   22
(Attuazione della direttiva 91/156/CEE sui rifiuti,  della  direttiva
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della  direttiva  94/62/CE  sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio). 
    Il  Giudice  di  pace  rimettente  afferma  che  la  disposizione
denunciata viola: a) l'art. 25, primo comma, della  Costituzione;  b)
la VI disposizione transitoria della  Costituzione;  c)  l'art.  102,
secondo comma, Cost. In particolare, tale  ultimo  parametro  sarebbe
violato,  perche'  la  disposizione   censurata,   attribuendo   alla
cognizione delle commissioni tributarie le  controversie  concernenti
la TIA, la quale non e' qualificabile come  «tributo»,  comporterebbe
«lo    snaturamento    della    giurisdizione    tributaria    [...],
imprescindibilmente collegata alla natura tributaria del rapporto». 
    2. - La Commissione tributaria provinciale di Prato (r.o.  n.  21
del 2009) dubita della  legittimita'  costituzionale  della  medesima
disposizione denunciata dal Giudice di pace di Catania. 
    Per il rimettente, la suddetta  disposizione  viola  l'art.  102,
secondo comma,  Cost.,  perche'  attribuisce  alla  cognizione  delle
commissioni tributarie controversie che non hanno ad oggetto  tributi
e,  pertanto,  «si  risolve  nella  creazione  di  un  nuovo  giudice
speciale», vietata da tale parametro. 
    3. - L'identita' della disposizione denunciata  dai  due  giudici
rimettenti e la parziale coincidenza sia delle  censure  prospettate,
sia dei parametri costituzionali evocati,  sia  delle  argomentazioni
svolte nelle ordinanze di rimessione, rendono opportuna  la  riunione
dei giudizi, al  fine  di  esaminare  e  decidere  congiuntamente  le
questioni. 
    4. - Le questioni sollevate dal Giudice di pace di Catania  (r.o.
n. 445 del 2008) sono manifestamente inammissibili. 
    4.1. - Con riferimento agli evocati art. 25, primo comma, Cost. e
VI disposizione transitoria della  Costituzione,  il  rimettente  non
indica le ragioni della denunciata illegittimita' costituzionale.  Da
cio' consegue la manifesta inammissibilita' di tali questioni. 
    4.2.  -  Con  riferimento  al  parimenti  evocato  secondo  comma
dell'art. 102 Cost.,  il  rimettente  afferma  che:  a)  il  giudizio
principale e' stato instaurato ai sensi dell'art. 615 del  codice  di
procedura civile, come opposizione al diritto del Comune  di  Catania
di procedere alla riscossione coattiva del credito risultante da  una
cartella  di  pagamento  notificata  al  debitore;  b)  tale  credito
riguarda «la tassa di smaltimento rifiuti solidi urbani, oggi tariffa
di igiene ambientale (TIA), per gli anni 1997, 1998, 1999 e 2000». 
    4.2.1. - In relazione all'affermazione sub a) -  secondo  cui  il
giudizio principale e' stato instaurato ai sensi dell'art.  615  cod.
proc. civ. -, va rilevato che sia l'art. 72,  comma  5,  del  decreto
legislativo 15 novembre 1993, n. 507, con riferimento alla TARSU, sia
l'art. 49, comma 15, del decreto legislativo  n.  22  del  1997,  con
riferimento alla TIA, fanno espresso rinvio, per la disciplina  della
riscossione  di  tali  prelievi,  al  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla  riscossione
delle imposte su reddito). In particolare, l'art. 57, comma 1, alinea
e lettera a), di detto decreto presidenziale stabilisce che «Non sono
ammesse: [...] a) le opposizioni regolate dall'art. 615 del codice di
procedura  civile,  fatta  eccezione  per   quelle   concernenti   la
pignorabilita'  dei  beni».  Il   rimettente,   tuttavia,   qualifica
espressamente l'azione proposta dal contribuente non come opposizione
agli atti esecutivi, ma come opposizione regolata dall'art. 615  cod.
proc. civ., ed inoltre non  precisa  se  essa  abbia  ad  oggetto  la
pignorabilita'  dei  beni.  L'ordinanza,  pertanto,   e'   priva   di
motivazione  sulle  ragioni  per  le  quali  il  Giudice  di  pace  -
nonostante il citato chiaro disposto dell'art. 57, comma 1, alinea  e
lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica  n.  602  del
1973 - ha ritenuto ammissibile, nella specie, detta  opposizione.  In
difetto di tale motivazione, non appare evidente che il giudice a quo
debba fare applicazione della disposizione denunciata e pertanto, non
essendo stata dimostrata  la  rilevanza  della  sollevata  questione,
questa deve dichiararsi manifestamente inammissibile. 
    4.2.2.  -  Sempre  in  relazione  all'affermazione  sub  a),   va
ulteriormente rilevato che l'art. 2, comma 1,  secondo  periodo,  del
decreto legislativo n. 546 del 1992 stabilisce che  «Restano  escluse
dalla giurisdizione tributaria soltanto le  controversie  riguardanti
gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica
della cartella di pagamento  e,  ove  previsto,  dell'avviso  di  cui
all'art. 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29  settembre
1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi  le  disposizioni
del medesimo decreto del Presidente della Repubblica». Nell'ordinanza
di rimessione viene riferito che il giudizio principale  riguarda  la
fase della esecuzione forzata  tributaria  successiva  alla  notifica
della cartella di pagamento, e cioe' proprio la fase per la quale  la
citata disposizione prevede la giurisdizione del  giudice  ordinario.
Dopo tale premessa,  tuttavia,  il  rimettente  non  fornisce  alcuna
motivazione sulle ragioni per le quali, nella  specie,  egli  ritiene
sussistere - in contrasto con il sopra citato art. 2,  comma  1,  del
decreto  legislativo  n.  546  del  1992  -  la  giurisdizione  delle
commissioni tributarie, in luogo di  quella  del  giudice  ordinario.
Anche in questo caso, in difetto di siffatta motivazione, non  appare
evidente che il giudice debba fare  applicazione  della  disposizione
denunciata e pertanto, non essendo stata dimostrata -  neppure  sotto
tale diverso profilo - la rilevanza della sollevata questione, questa
deve dichiararsi manifestamente inammissibile. 
    4.2.3.  -  Infine,  con  l'affermazione  sub  b),  il  rimettente
dichiara, ad un tempo, che il credito per il quale  si  procede  alla
riscossione coattiva  riguarda  solo  la  TARSU  e  che  quest'ultimo
prelievo, della cui natura  tributaria  egli  non  dubita,  e'  stato
successivamente sostituito dalla TIA, della  cui  natura  tributaria,
invece, dubita. La circostanza che le cartelle di pagamento  poste  a
base dell'esecuzione forzata attengono esclusivamente alla  TARSU,  e
non alla TIA, rende non rilevante la sollevata questione, la quale ha
ad oggetto la norma, non applicabile nel giudizio a quo, con cui sono
attribuite  alla  giurisdizione  delle  commissioni   tributarie   le
controversie in materia di TIA. Di qui la manifesta inammissibilita',
anche sotto tale profilo, della questione. 
    5. - La difesa erariale ha eccepito la manifesta inammissibilita'
della questione sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di
Prato  (r.o.  n.  21  del  2009),  affermando  che   l'ordinanza   di
rimessione, non avendo esposto i fatti di causa ed indicato i termini
della controversia, e' priva di motivazione sulla rilevanza. 
    L'eccezione non  e'  fondata.  Contrariamente  a  quanto  dedotto
dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  infatti,  il  rimettente  ha
chiaramente precisato  che  il  giudizio  principale  ha  ad  oggetto
l'impugnazione di  «avvisi  di  pagamento  [...]  relativi  alla  TIA
(tariffa igiene ambientale) per gli anni  2007  e  2008,  concernente
l'immobile ove ha sede l'impresa individuale» del soggetto sottoposto
a prelievo. Cio' e' sufficiente ad  evidenziare  la  rilevanza  della
questione,  perche',  per  affermare  la  propria  giurisdizione,  il
giudice a quo  deve  fare  applicazione  proprio  della  disposizione
denunciata. 
    6. - Nel  merito,  la  questione  prospettata  dalla  Commissione
tributaria provinciale di Prato non e' fondata,  perche'  il  giudice
rimettente muove dall'erroneo presupposto interpretativo che  la  TIA
ha natura di corrispettivo privatistico di prestazioni contrattuali e
non di tributo. Dall'erroneita' di tale presupposto consegue  la  non
fondatezza del prospettato dubbio di legittimita' costituzionale. 
    6.1. - Al riguardo, per precisare  il  thema  decidendum,  appare
opportuno  procedere  ad  una  sintetica  ricostruzione  delle  linee
essenziali del complesso quadro normativo  in  cui  si  inserisce  la
disposizione denunciata. 
    L'evoluzione normativa in materia, per quanto qui  interessa,  e'
scandita da quattro diversi principali interventi legislativi. 
    6.1.1. - Il regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 (Testo unico
per la finanza locale), prevedeva, originariamente, la corresponsione
al Comune di un «corrispettivo per il servizio di ritiro e  trasporto
delle immondizie domestiche» ed  attribuiva  natura  privatistica  al
rapporto  tra  utente  e  servizio  comunale.   Tale   configurazione
sinallagmatica del rapporto e' stata, pero',  radicalmente  mutata  -
con un primo significativo intervento del legislatore - dall'art.  10
della legge 20 marzo 1941, n. 366 (Raccolta, trasporto e  smaltimento
dei rifiuti solidi urbani), il  quale  ha  attribuito  ai  Comuni  la
facolta' di istituire una «tassa» per la  raccolta  ed  il  trasporto
delle immondizie e dei rifiuti ordinari (interni ed esterni), ponendo
tale prelievo a carico dei  soggetti  occupanti  i  fabbricati  posti
nelle zone in cui si svolge (in  regime  di  privativa  comunale)  il
servizio di raccolta. L'art. 21  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 10 settembre 1982, n. 915 (Attuazione delle direttive  CEE
numero 75/442  relativa  ai  rifiuti,  numero  76/403  relativa  allo
smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili  e  numero
78/319 relativa ai rifiuti tossici e nocivi), ha  poi  sostituito  (a
decorrere  dal  1°  gennaio  1984,  come  successivamente   stabilito
dall'art. 25 del decreto-legge 28 febbraio 1983, n.  55,  convertito,
con modificazioni, dalla legge  26  aprile  1983,  n.  131)  l'intera
sezione II (artt. da 268 a 278) del capo XVIII (Proventi  di  servizi
municipalizzati) del titolo III (Entrate comunali e provinciali)  del
suddetto r.d. n. 1175 del 1931. Con tale normativa e, in particolare,
con  la  nuova  formulazione  dell'art.  268  del  testo  unico,   il
legislatore ha esteso e reso  obbligatorie  sia  l'effettuazione  dei
vari servizi relativi allo  smaltimento  dei  rifiuti  solidi  urbani
«interni», sia l'applicazione della «tassa» (che il comma 2 dell'art.
20 del decreto-legge  22  dicembre  1981,  n.  786,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 786, aveva gia'  reso
obbligatoria, con effetto dal 1°  gennaio  1982,  per  i  Comuni  che
avevano istituito il servizio) a carico di chiunque occupi o  conduca
locali, a qualunque uso adibiti, esistenti nelle zone del  territorio
comunale in cui sono istituiti  i  servizi,  ovvero  aree  adibite  a
campeggi, a distributori di carburante, a sala da  ballo  all'aperto,
nonche' a  qualsiasi  altra  area  scoperta  ad  uso  privato  e  non
costituente accessorio o pertinenza dei suddetti locali tassabili. In
particolare, il legislatore, nel ridisciplinare il suddetto  prelievo
comunale, ha individuato nel «costo di erogazione  del  servizio»  il
limite massimo di gettito, «al  netto  delle  entrate  derivanti  dal
recupero e dal riciclaggio dei rifiuti sotto  forma  di  materiali  o
energia»; e cio' in coerenza con la denominazione  di  «tassa»  (art.
268, citato). Nella medesima prospettiva della  natura  pubblicistica
del prelievo, l'art.  9  del  decreto-legge  2  marzo  1989,  n.  66,
convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 1989, n. 144, ha
previsto, con effetto dal 1° gennaio 1989, che  mediante  la  «tassa»
venissero coperti (in tutto o in parte) anche i costi dei servizi  di
smaltimento (cioe' di «conferimento, raccolta, spazzamento,  cernita,
trasporto, trattamento, ammasso, deposito, discarica sul suolo e  nel
suolo») non solo dei  rifiuti  «interni»,  ma  anche  di  quelli  «di
qualunque  natura  e  provenienza  giacenti  sulle  strade  ed   aree
pubbliche o soggette ad uso pubblico» (cosiddetti  «esterni»)  e  che
fossero tenuti al pagamento (sia pure in misura  ridotta)  anche  gli
occupanti di case coloniche e «case sparse» non ubicate nella zona di
raccolta dei rifiuti. L'art. 8 dello stesso decreto-legge ha ribadito
la  qualificazione  di   «tassa»   del   prelievo,   inserendo   tale
denominazione anche nella rubrica della citata sezione II  del  regio
decreto. 
    6.1.2.  -  Un  secondo  essenziale  intervento   legislativo   e'
costituito  dal  decreto  legislativo  15  novembre  1993,   n.   507
(Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla  pubblicita'
e  del  diritto  sulle  pubbliche   affissioni,   della   tassa   per
l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle  province
nonche' della tassa per lo smaltimento dei rifiuti  solidi  urbani  a
norma dell'art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il
riordino della finanza territoriale), efficace  a  decorrere  dal  1°
gennaio 1994, il quale - in attuazione del comma 4 dell'art. 4  della
legge di delegazione 23 ottobre 1992, n. 421 - ha stabilito, all'art.
58, che, in relazione all'istituzione ed all'attivazione del servizio
relativo allo «smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni,  svolto
in regime di privativa» nelle zone del territorio comunale, i  Comuni
«debbono  istituire  una  tassa   annuale»   (usualmente   denominata
"TARSU"),  da  applicarsi  «in  base  a  tariffa»,  secondo  appositi
regolamenti comunali, a copertura (dal cinquanta al cento  per  cento
ovvero, per gli enti locali per  i  quali  sussistono  i  presupposti
dello stato di dissesto, dal settanta al cento per cento)  del  costo
del servizio stesso, nel rispetto delle prescrizioni  e  dei  criteri
specificati negli artt. da 59 a 81 del medesimo decreto  legislativo.
Diversamente dal precedente  regime,  il  prelievo  non  riguarda  lo
smaltimento dei rifiuti "esterni" ed il richiamo  ai  rifiuti  solidi
urbani «equiparati» (ai sensi dell'art. 60 del decreto legislativo) a
quelli «interni» - richiamo originariamente contenuto nel comma 1 del
citato art. 58 del decreto legislativo n. 507 del  1993  -  e'  stato
soppresso dalla lettera a) del comma 3 dell'art. 39  della  legge  22
febbraio 1994, n. 146 (articolo che ha abrogato anche l'art.  60  del
suddetto decreto legislativo).  Solo  con  l'introduzione  del  comma
3-bis dell'art. 61 del decreto legislativo n. 507 del 1993, ad  opera
dall'art. 3, comma 68, lettera b), della legge 28 dicembre  1995,  n.
549,  hanno  acquistato  rilevanza  anche  per  la  TARSU  i  rifiuti
"esterni",  perche'  tale  disposizione  stabilisce  che  dal   costo
complessivo dei servizi di  nettezza  urbana  gestiti  in  regime  di
privativa comunale va dedotta una quota  «a  titolo  di  costo  dello
spazzamento dei rifiuti solidi urbani di cui all'art. 2, terzo comma,
numero 3), del decreto del Presidente della Repubblica  10  settembre
1982, n. 915» (cioe' «i rifiuti di  qualunque  natura  o  provenienza
giacenti sulle strade ed  aree  pubbliche  o  sulle  strade  ed  aree
private, comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime,
lacuali e sulle rive dei fiumi»). L'art. 31, comma 23, della legge 23
dicembre 1998, n. 448, ha ampliato, dal punto di vista  quantitativo,
l'incidenza del suddetto costo di spazzamento dei rifiuti "esterni". 
    Quanto ai soggetti passivi, la tassa e' dovuta (in solido  tra  i
componenti del nucleo familiare o  tra  gli  utilizzatori  in  comune
degli immobili) da coloro che occupano o  detengono  locali  od  aree
scoperte a qualsiasi uso adibiti - ad esclusione delle aree  scoperte
pertinenziali o accessorie di civili abitazioni diverse dalle aree  a
verde - esistenti nelle  zone  del  territorio  comunale  in  cui  il
servizio  e'  istituito  ed  attivato  o  comunque  reso  in  maniera
continuativa, ivi  comprese  le  abitazioni  coloniche  e  gli  altri
fabbricati con area scoperta di pertinenza anche se nella zona in cui
e' attivata la raccolta dei rifiuti e'  situata  solo  la  strada  di
accesso (artt. 62 e 63).  I  soggetti  passivi  hanno  «l'obbligo  di
denuncia» dell'occupazione o detenzione dei locali ed aree  tassabili
siti nel territorio del Comune (art. 70, specie  commi  1  e  6).  In
connessione  con  l'obbligo  di  presentare  tale  dichiarazione   di
scienza, e' attribuito al Comune il potere di «emettere»  (nel  senso
di "notificare", come chiarito dal comma  1  dell'art.  72)  motivati
avvisi di accertamento d'ufficio (in caso di omessa  denuncia)  o  in
rettifica  (in  caso  di  denuncia  infedele  o  incompleta),   entro
specifici  termini  di  decadenza  (artt.  71,   73).   E'   prevista
l'esclusione o l'esonero dal tributo in determinati casi in  cui  gli
immobili si trovino in condizione di  non  potere  produrre  rifiuti,
mentre e', di regola, irrilevante  la  circostanza  che  il  soggetto
passivo abbia, in concreto, autonomamente provveduto allo smaltimento
(art. 62, commi  2,  3  e  5).  Il  prelievo,  dunque,  e'  posto  in
relazione,  da  un  lato,  alla  attitudine  media   ordinaria   alla
produzione quantitativa e  qualitativa  dei  rifiuti  per  unita'  di
superficie e per tipo di  uso  degli  immobili  e,  dall'altro,  alla
potenziale fruibilita' del servizio di  smaltimento  dei  rifiuti  da
parte dei  soggetti  passivi.  In  particolare,  la  tassa,  mediante
determinazione  tariffaria  da  parte  del   Comune,   «puo'   essere
commisurata [...] in base alla quantita' e qualita'  medie  ordinarie
per  unita'  di  superficie  imponibile  di  rifiuti   solidi   [...]
producibili nei locali ed aree per il tipo di  uso,  cui  i  medesimi
sono destinati e al costo dello smaltimento» (art. 65, comma 1,  come
sostituito dall'art. 3, comma 68, della legge 28  dicembre  1995,  n.
549).  Solo  in  via  eccezionale  ed  alternativa  e'  prevista   la
possibilita' di commisurare la medesima tassa, «per i  comuni  aventi
popolazione inferiore a 35.000 abitanti, in base alla qualita',  alla
quantita' effettivamente prodotta, dei rifiuti  solidi  urbani  e  al
costo dello smaltimento» (ibidem). E' coerente con tale  impostazione
pubblicistica l'obbligo, imposto agli occupanti  o  detentori  «degli
insediamenti  comunque  situati  fuori  dall'area  di  raccolta»,  di
utilizzare il servizio pubblico  di  nettezza  urbana,  conferendo  i
rifiuti urbani, «interni ed equiparati», nei «contenitori  viciniori»
(art. 59, comma 3). E'  compatibile  con  la  medesima  impostazione,
anche la previsione di riduzioni della tassa per le zone  in  cui  la
raccolta non viene effettuata  e  per  i  casi  di  non  svolgimento,
svolgimento per  periodi  stagionali,  nonche'  per  i  casi  in  cui
l'utente dimostri di aver provveduto autonomamente  allo  smaltimento
in  periodi  di  protratto  mancato  svolgimento  del  servizio,  ove
l'autorita' sanitaria competente abbia riconosciuto una situazione di
danno o di pericolo di danno alle persone o all'ambiente  secondo  le
norme e prescrizioni sanitarie nazionali (art. 59, commi 2, 4, 5,  6,
secondo periodo). La natura  pubblicistica  e  non  privatistica  del
prelievo e' ulteriormente evidenziata sia dalla  regola  secondo  cui
«L'interruzione  temporanea  del  servizio  di  raccolta  per  motivi
sindacali o per imprevedibili impedimenti organizzativi non  comporta
esonero o riduzione del tributo» (art. 59, comma 6,  primo  periodo);
sia  dal  sopra  citato  comma  3-bis  dell'art.  61   e   successive
modificazioni, che ha reso rilevante anche il costo dello spazzamento
dei rifiuti esterni. Il decreto legislativo n. 507 del  1993  prevede
anche una «tassa giornaliera di smaltimento» dei rifiuti  producibili
mediante l'uso (autorizzato o no), per periodi inferiori a 183 giorni
per anno solare, di locali od aree pubbliche, di uso pubblico, o aree
gravate  da  servitu'  di  pubblico  passaggio  (art.  77).  Per   la
riscossione, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  602  del  1973,  e  del
decreto del Presidente della Repubblica 28 gennaio 1988, n. 43  (art.
72). Ai sensi dell'art. 52,  comma  5,  del  decreto  legislativo  15
dicembre 1997, n. 446, il Comune  ha  facolta'  di  disciplinare  con
proprio regolamento l'affidamento a terzi delle fasi di liquidazione,
accertamento e riscossione  della  tassa.  Sanzioni  specifiche  sono
previste dall'art. 76 (e successive  modificazioni)  per  l'omessa  o
infedele denuncia e per la mancata presentazione  o  trasmissione  di
atti,  documenti  o  dati  richiesti  dal   Comune;   sono   comunque
applicabili le disposizioni generali sulle sanzioni amministrative in
materia tributaria stabilite  dal  decreto  legislativo  18  dicembre
1997, n. 472. 
    6.1.3. - Un terzo intervento legislativo  si  e'  realizzato  con
l'entrata in vigore (dal 1° gennaio 1999) dell'art. 49 del cosiddetto
«decreto Ronchi», cioe'  del  decreto  legislativo  n.  22  del  1997
(successivamente modificato dall'art. 1,  comma  28,  della  legge  9
dicembre 1998, n. 426, e dall'art. 33 della legge 23  dicembre  1999,
n.  488),  il  quale  -  in  dichiarata  attuazione  delle  direttive
91/156/CEE, 91/689/CEE e 94/62/CE - ha stabilito l'obbligo dei Comuni
di effettuare, in regime di privativa, la gestione dei rifiuti urbani
ed assimilati e, in particolare, ha previsto l'istituzione, da  parte
dei Comuni medesimi, di una «tariffa» per la copertura integrale  dei
costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani  e  dei
rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti  sulle  strade  ed
aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, nelle zone del  territorio
comunale. Tale tariffa -  usualmente  denominata  tariffa  di  igiene
ambientale (TIA) - «e' composta da una quota determinata in relazione
alle componenti  essenziali  del  costo  del  servizio,  riferite  in
particolare  agli  investimenti  per  le   opere   e   dai   relativi
ammortamenti, e da una quota rapportata  alle  quantita'  di  rifiuti
conferiti, al servizio fornito, e all'entita' dei costi di  gestione,
in modo che sia  assicurata  la  copertura  integrale  dei  costi  di
investimento e di esercizio» (comma 4). Con regolamento del  Ministro
dell'ambiente e della  tutela  del  territorio,  viene  elaborato  il
metodo  normalizzato  per  definire  le  componenti   dei   costi   e
determinare  la  tariffa  di  riferimento  (comma   5).   Il   metodo
normalizzato e' stato approvato con il regolamento di cui al  decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. E' tenuto  al
pagamento della tariffa «chiunque occupi  oppure  conduca  locali,  o
aree scoperte ad uso privato non costituenti accessorio o  pertinenza
dei medesimi, a qualsiasi  uso  adibiti,  esistenti  nelle  zone  del
territorio comunale» (comma 3). La tariffa e' ridotta nei casi in cui
il produttore di rifiuti assimilati dimostri  (mediante  attestazione
rilasciata da chi effettui il recupero) di aver avviato detti rifiuti
al recupero (comma 14).  La  tariffa  e'  applicata  e  riscossa  dal
soggetto che gestisce il servizio (commi 9 e 13). Diversamente  dalla
normativa sulla TARSU, l'art. 49 del "decreto Ronchi",  pertanto:  a)
evita di qualificare  espressamente  il  prelievo  come  "tributo"  o
"tassa", pur mantenendo il riferimento testuale  alla  «tariffa»;  b)
stabilisce che la TIA deve sempre coprire l'intero costo del servizio
di gestione dei rifiuti; c) dispone che detta tariffa e' dovuta anche
per la gestione dei rifiuti "esterni" (come gia' statuiva  l'abrogato
art. 268 del r.d. n. 1175 del 1931, quale sostituito dall'art. 21 del
decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982, in relazione
all'art.  9  del  decreto-legge  n.  66  del  1989,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge  n.  144  del  1989);  d)  non  reca,  con
riguardo alla TIA, specifiche disposizioni in tema  di  accertamento,
liquidazione e sanzioni. Analogamente alla TARSU, anche per la TIA la
riscossione  volontaria  e  coattiva  della   tariffa   puo'   essere
effettuata tramite ruolo, secondo le  disposizioni  del  decreto  del
Presidente della Repubblica  n.  602  del  1973  e  del  decreto  del
Presidente della Repubblica n. 43 del 1988  (comma  15  del  medesimo
art. 49). Lo stesso art. 49 ha soppresso la TARSU  «a  decorrere  dai
termini previsti dal regime transitorio»,  da  disciplinarsi  con  il
suddetto regolamento ministeriale (comma 1) al fine di  garantire  la
graduale applicazione del metodo normalizzato e della tariffa  ed  il
graduale  raggiungimento  dell'integrale  copertura  dei  costi   del
servizio di gestione dei rifiuti urbani da parte dei Comuni (commi  1
e 5).  Resta  comunque  ferma  la  possibilita',  per  i  Comuni,  di
deliberare l'applicazione della tariffa, «in  via  sperimentale»,  in
sostituzione della TARSU, anche prima di tali termini (commi 1-bis  e
16). La completa soppressione della TARSU e la sua  sostituzione  con
la TIA, inizialmente fissata a decorrere  dal  1°  gennaio  1999,  e'
stata via via differita dal legislatore, il quale, preso  atto  della
difficolta' di rendere operativa, per i vari Comuni, l'abolizione del
prelievo soppresso, ha previsto, con numerose disposizioni  contenute
soprattutto nelle  varie  leggi  finanziarie,  un  articolato  regime
transitorio, che concede termine ai Comuni - da ultimo, fino a  tutto
il 2008 - per sostituire la TARSU con la TIA, secondo uno scadenzario
differenziato, in ragione sia del grado di copertura  dei  costi  dei
servizi raggiunto dai diversi Comuni sia della popolazione dei Comuni
stessi (comma 184 dell'art. 1 della legge 27 dicembre 2006,  n.  296,
quale  modificato  dall'art.  5,  commi  da  1  a   2-quinquies   del
decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, recante «Misure straordinarie
in  materia  di  risorse  idriche  e  di  protezione  dell'ambiente»,
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  27
febbraio 2009, n. 13). 
    6.1.4. - La quarta rilevante modifica legislativa del prelievo e'
costituita dall'art. 238 del decreto legislativo 3  aprile  2006,  n.
152 (Norme in materia ambientale), in vigore dal 23 aprile  2006,  il
quale ha  soppresso  la  tariffa  di  cui  all'art.  49  del  decreto
legislativo n. 22 del 1997, sostituendola con la diversa «tariffa per
la gestione dei rifiuti urbani»  (come  testualmente  indicato  nella
rubrica dell'articolo), che una disposizione  successiva  (l'art.  5,
comma 2-quater, del citato decreto-legge n. 208  del  2008)  denomina
«tariffa integrata ambientale (TIA)».  Tale  tariffa  integrata  deve
essere determinata  ad  opera  dell'autorita'  d'ambito  territoriale
ottimale  (AATO),  prevista  dall'art.  201  dello   stesso   decreto
legislativo, entro tre mesi dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
regolamento ministeriale (da emanarsi, a sua volta,  entro  sei  mesi
dalla sopra indicata data di entrata in vigore della parte quarta del
decreto legislativo e, quindi, dell'art. 238 in essa compreso) con il
quale sono fissati  i  criteri  generali  per  la  definizione  delle
componenti dei costi e la determinazione della tariffa (commi 3 e 6).
La tariffa integrata e' dovuta  da  chiunque  possegga  o  detenga  a
qualsiasi titolo locali, o aree scoperte ad uso  privato  o  pubblico
non costituenti  accessorio  o  pertinenza  dei  locali  medesimi,  a
qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio  comunale,
che producano rifiuti urbani (comma 1, primo periodo). Detta tariffa,
in particolare, e'  «commisurata  alle  quantita'  e  qualita'  medie
ordinarie di rifiuti prodotti per unita' di superficie, in  relazione
agli usi  e  alla  tipologia  di  attivita'  svolte,  sulla  base  di
parametri  [...]  che  tengano  anche  conto  di  indici   reddituali
articolati  per  fasce  di  utenza  e  territoriali»  (comma  2),   e
costituisce «il corrispettivo per  lo  svolgimento  del  servizio  di
raccolta,  recupero  e  smaltimento  dei  rifiuti  solidi  urbani   e
ricomprende  anche  i  costi  indicati  dall'art.  15   del   decreto
legislativo 13 gennaio 2003, n. 36»  (comma  1,  secondo  periodo)  -
cioe' «i costi di realizzazione e di esercizio dell'impianto  per  lo
smaltimento in discarica, i costi sostenuti per la prestazione  della
garanzia finanziaria ed i costi stimati di chiusura, nonche' i  costi
di gestione successiva alla chiusura per  il  periodo  fissato  dalla
legge - oltre ai «costi accessori relativi alla gestione dei  rifiuti
urbani quali, ad esempio,  le  spese  di  spazzamento  delle  strade»
(comma 3, secondo periodo). La medesima tariffa «e' composta  da  una
quota determinata in relazione alle componenti essenziali  del  costo
del servizio, riferite in particolare agli investimenti per le  opere
ed ai relativi ammortamenti, nonche' da  una  quota  rapportata  alle
quantita' di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entita' dei
costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura  integrale
dei costi di investimento e di esercizio» (comma 4). E' espressamente
previsto che  la  tariffa  «e'  applicata  e  riscossa  dai  soggetti
affidatari del servizio di gestione integrata» (comma 3) e che la sua
riscossione, volontaria o coattiva, «puo» essere  effettuata  secondo
le disposizioni del decreto del Presidente della  Repubblica  n.  602
del 1973, «mediante convenzione con l'Agenzia delle  entrate»  (comma
12). La soppressione della precedente tariffa di igiene ambientale ha
effetto dalla data di entrata in vigore dello stesso  art.  238,  ma,
fino alla completa attuazione della nuova  tariffa  integrata  (cioe'
con l'emanazione del sopra menzionato regolamento ministeriale ed  il
compimento  degli  adempimenti  per  l'applicazione  della  tariffa),
«continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti» (comma
10). Nel caso in  cui  il  regolamento  ministeriale  non  sia  stato
adottato entro  il  30  giugno  2009,  i  Comuni  possono  ugualmente
«adottare la tariffa integrata ambientale TIA [...]  ai  sensi  delle
disposizioni legislative e  regolamentari  vigenti»  (art.  5,  comma
2-quater,  del  decreto-legge  n.  208  del  2008,  convertito,   con
modificazioni, dalla legge n. 13 del 2009). 
    6.2. - Da tale ricostruzione normativa emerge che, per il periodo
dal 1999 a tutto il 2008, in alcuni Comuni e' applicabile la TARSU ed
in altri la tariffa di igiene ambientale (TIA). Fino  al  2009,  poi,
non risulta, allo stato, ancora applicabile  dai  Comuni  la  tariffa
integrata ambientale di cui all'art. 238 del decreto  legislativo  n.
152 del 2006. La rilevata formale diversita' delle  fonti  istitutive
delle due suddette tariffe (ancorche' entrambe usualmente denominate,
in breve, TIA), la successione temporale  delle  fonti,  la  parziale
diversita' della disciplina sostanziale di tali  prelievi,  il  fatto
che la tariffa integrata  espressamente  sostituisce  la  tariffa  di
igiene ambientale, nonche' la circostanza che  i  giudizi  riuniti  a
quibus, pendenti presso  la  Commissione  tributaria  provinciale  di
Prato, hanno ad oggetto solo avvisi di accertamento della tariffa  di
igiene ambientale per gli anni  d'imposta  2007  e  2008  sono  tutti
elementi che impediscono di ritenere che la questione sollevata dalla
suddetta Commissione  tributaria  riguardi,  oltre  alla  tariffa  di
igiene ambientale, anche la tariffa integrata ambientale.  Ne  deriva
che lo scrutinio di  legittimita'  costituzionale  va  limitato  alla
norma che attribuisce alla  giurisdizione  tributaria  la  cognizione
delle controversie relative alla  debenza  della  tariffa  di  igiene
ambientale (TIA) prevista dall'art. 49 del decreto legislativo n.  22
del 1997 e non anche di quelle relative alla  debenza  della  tariffa
integrata  ambientale  (TIA)  prevista  dall'art.  238  del   decreto
legislativo n. 152 del 2006. 
    7. - Cosi' delimitato il thema decidendum, va rilevato  che,  nel
porre la questione  di  legittimita'  costituzionale,  il  rimettente
muove da due diversi assunti: a) che la giurisdizione tributaria,  ai
sensi dell'evocato parametro, deve avere ad oggetto solo controversie
tributarie;  b)  che  la  TIA  prevista  dall'art.  49  del   decreto
legislativo  n.  22  del  1997  ha  natura  non  tributaria,  ma   di
corrispettivo contrattuale. 
    7.1. - Il primo dei due assunti del  rimettente  e'  esatto.  Per
costante giurisprudenza di questa Corte,  infatti,  la  giurisdizione
del giudice tributario «deve ritenersi imprescindibilmente collegata»
alla «natura tributaria del rapporto» (ordinanze n. 395 del 2007;  n.
427, n. 94, n.  35  e  n.  34  del  2006),  con  la  conseguenza  che
l'attribuzione alla  giurisdizione  tributaria  di  controversie  non
aventi tale natura comporta la violazione del divieto  costituzionale
di istituire giudici speciali posto  dall'art.  102,  secondo  comma,
Cost. (sentenze n. 141 del 2009; n. 130 e n. 64 del 2008). 
    La decisione della sollevata  questione  esige,  dunque,  che  si
proceda alla qualificazione della  natura  della  tariffa  di  igiene
ambientale (TIA) prevista dall'art. 49 del decreto legislativo n.  22
del 1997, in quanto solo il riconoscimento della natura tributaria di
tale prelievo puo' escludere la dedotta illegittimita' costituzionale
della disposizione denunciata. 
    7.2. - Il secondo assunto del  rimettente,  circa  la  natura  di
corrispettivo privatistico, propria della suddetta tariffa di  igiene
ambientale, e' erroneo, come  sopra  osservato,  ove  si  proceda  al
raffronto tra la sua disciplina positiva e  la  nozione  di  tributo,
quale elaborata dalla giurisprudenza costituzionale. 
    7.2.1. - Questa Corte, mediante numerose pronunce, ha indicato  i
criteri cui far riferimento per  qualificare  come  tributari  alcuni
prelievi. Tali criteri, indipendentemente dal nomen iuris  utilizzato
dalla normativa che disciplina i prelievi  stessi,  consistono  nella
doverosita'  della  prestazione,  nella  mancanza  di   un   rapporto
sinallagmatico tra parti e nel collegamento di detta prestazione alla
pubblica  spesa  in  relazione  ad  un   presupposto   economicamente
rilevante (ex plurimis: sentenze n. 141 del 2009; n. 335 e n. 64  del
2008; n. 334 del 2006 e n. 73 del 2005). 
    7.2.2. - Con specifico riferimento alla disciplina della  tariffa
di igiene ambientale,  va  preliminarmente  preso  atto  che  non  e'
individuabile, allo stato, un'univoca giurisprudenza di  legittimita'
sulla natura di tale tariffa, anche se  pare  maggiormente  attestato
l'orientamento che le riconosce natura tributaria.  Infatti,  ad  una
pronuncia della Corte di cassazione civile che  ha  qualificato  come
non tributaria tale prestazione pecuniaria (sezioni unite,  ordinanza
n. 3274 del 2006), hanno fatto seguito altre decisioni  della  stessa
Corte che, con varie motivazioni  e  differenze  linguistiche,  hanno
invece ricondotto detta prestazione nel novero dei  tributi  (sezioni
unite: ordinanza n. 3171 del 2008, sentenze n. 13902 del  2007  e  n.
4895 del 2006; sezioni semplici: sentenze n. 5298 e n. 5297 del 2009,
n. 17526 del 2007). Al fine di determinare la  natura  (tributaria  o
extratributaria) della TIA, oggetto di  contrastanti  opinioni  anche
nella dottrina, e' percio' necessario procedere  ad  un  autonomo  ed
analitico esame delle caratteristiche di tale prelievo. Al  riguardo,
non rilevano ne' la formale denominazione di «tariffa»,  ne'  la  sua
alternativita'  rispetto  alla  TARSU,   ne'   la   possibilita'   di
riscuoterla mediante ruolo. 
    Quanto all'irrilevanza della denominazione, lo stesso art. 2  del
decreto legislativo n. 546 del 1992 stabilisce  espressamente  che  i
tributi  vanno  individuati   indipendentemente   dal   nomen   iuris
(«comunque  denominati»).  Inoltre,  il  termine  «tariffa»  -  nella
tradizione propria della  legislazione  tributaria  -  ha  un  valore
semantico neutro, nel senso che non si contrappone necessariamente  a
termini quali «tassa» e «tributo», tanto  che  anche  l'art.  58  del
decreto legislativo n. 507 del 1993 testualmente prevede che la TARSU
(cioe' una «tassa» e, quindi, un «tributo») si  applica  «in  base  a
tariffa». Va comunque rilevato che, contrariamente a quanto  sembrano
ritenere  il  rimettente   e   la   difesa   erariale,   il   termine
«corrispettivo» non compare, con riguardo alla  TIA,  nel  cosiddetto
"decreto Ronchi", ma solo nell'art. 238, comma  1,  secondo  periodo,
del decreto legislativo n. 152 del 2006 ed e' riferito esclusivamente
alla  tariffa  integrata  ambientale,  estranea  alla  questione   di
legittimita' in esame. 
    Quanto alla regola stabilita dall'art. 49 del decreto legislativo
n. 22 del 1997, secondo cui la TIA si applica in luogo  della  TARSU,
va osservato che un tributo (come, nella specie, la TARSU)  puo'  ben
essere surrogato da un altro tributo o sostituito da una entrata  non
tributaria,  non  incontrando  il  legislatore,  al  riguardo,  alcun
vincolo  logico  o  giuridico  (nel  limite   della   non   manifesta
irragionevolezza). 
    Quanto, infine, alla possibilita' per  il  Comune,  prevista  dal
medesimo art. 49 del decreto legislativo n. 22 del 1997, di procedere
alla riscossione della TIA mediante ruolo, deve sottolinearsi che  il
ricorso a tale modalita'  di  riscossione  e'  solo  facoltativo,  e,
comunque, ancorche' tipico delle entrate  tributarie,  e'  consentito
dalla legge anche per le entrate extratributarie. 
    Per una corretta valutazione della natura della tariffa di igiene
ambientale (TIA), e' invece opportuno muovere dalla constatazione che
tale  prelievo,  pur  essendo  diretto  a  sostituire  la  TARSU,  e'
disciplinato in modo analogo a detta tassa, la cui natura  tributaria
non e' mai stata  posta  in  dubbio  ne'  dalla  dottrina  ne'  dalla
giurisprudenza. Conseguentemente, deve procedersi ad una approfondita
comparazione tra il prelievo tributario sostituito e  quello  che  lo
sostituisce, sotto i profili della struttura, della funzione e  della
disciplina complessiva della fattispecie dei prelievi. 
    7.2.3. - Dalla comparazione tra la TARSU e  la  TIA  emergono  le
forti  analogie  dei  due  prelievi.  Entrambi  mostrano  un'identica
impronta autoritativa e somiglianze di contenuto  con  riguardo  alla
determinazione  normativa,  e  non  contrattuale,  della  fonte   del
prelievo. 
    7.2.3.1.  -  In  primo  luogo,   quanto   al   fatto   generatore
dell'obbligo del pagamento e ai soggetti obbligati - come si e'  gia'
rilevato al punto 6.1.2. - la TARSU e' dovuta,  per  il  servizio  di
smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, da coloro che occupano
o detengono locali od aree  scoperte  a  qualsiasi  uso  adibiti,  ad
esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorie  di  civili
abitazioni diverse dalle aree  a  verde,  esistenti  nelle  zone  del
territorio comunale in cui il servizio e'  istituito  ed  attivato  o
comunque reso in  maniera  continuativa,  e  comprese  le  abitazioni
coloniche e gli altri fabbricati  con  area  scoperta  di  pertinenza
anche se nella zona in cui e' attivata la  raccolta  dei  rifiuti  e'
situata solo la strada di accesso (artt. 62 e 63).  Analogamente,  la
TIA - come sottolineato al punto 6.1.3. - e' dovuta,  per  i  servizi
relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di  qualunque
natura o provenienza  giacenti  sulle  strade  ed  aree  pubbliche  e
soggette ad uso pubblico, nelle  zone  del  territorio  comunale,  da
«chiunque occupi oppure  conduca  locali,  o  aree  scoperte  ad  uso
privato non costituenti  accessorio  o  pertinenza  dei  medesimi,  a
qualsiasi uso adibiti, esistenti nelle zone del territorio  comunale»
(art. 49, comma 3, del  decreto  legislativo  n.  22  del  1997).  Le
differenze  tra  le  due  fattispecie  sono,  percio',   minime:   la
"occupazione o detenzione" di superfici ed  il  riferimento  ai  soli
rifiuti "interni", per la TARSU; la  "occupazione  o  conduzione"  di
superfici ed il riferimento anche ai rifiuti "esterni", per  la  TIA.
Esse non sono, comunque, tali da far venir meno la comune circostanza
che il fatto generatore  dell'obbligo  di  pagamento  e'  legato  non
all'effettiva produzione di rifiuti da parte del soggetto obbligato e
alla  effettiva   fruizione   del   servizio   di   smaltimento,   ma
esclusivamente all'utilizzazione di superfici potenzialmente idonee a
produrre rifiuti ed  alla  potenziale  fruibilita'  del  servizio  di
smaltimento. 
    7.2.3.2.  -  In  secondo  luogo,  in  relazione  ad  entrambi   i
pagamenti,  sussiste  una  medesima  struttura  autoritativa  e   non
sinallagmatica, che emerge sotto svariati e concorrenti  profili.  In
particolare, con riguardo ai due  suddetti  prelievi:  a)  i  servizi
concernenti   lo    smaltimento    dei    rifiuti    devono    essere
obbligatoriamente istituiti dai Comuni, che li gestiscono, in regime,
appunto, di privativa, sulla base di una disciplina regolamentare  da
essi  stessi  unilateralmente  fissata;  b)  i  soggetti  tenuti   al
pagamento  dei  relativi  prelievi  (salve   tassative   ipotesi   di
esclusione o di agevolazione) non possono sottrarsi  a  tale  obbligo
adducendo di non volersi avvalere dei suddetti servizi; c)  la  legge
non da'  alcun  sostanziale  rilievo,  genetico  o  funzionale,  alla
volonta' delle parti nel rapporto tra gestore ed utente del servizio. 
    La rilevata comune struttura autoritativa dei prelievi non  viene
meno per il fatto che, riguardo alla TARSU, il decreto legislativo n.
507 del 1993 individua quale soggetto attivo del tributo il Comune  e
disciplina specificamente la fase di accertamento e  di  liquidazione
della tassa, prevedendo sanzioni e interessi (artt.  71,  73  e  76);
mentre, riguardo alla TIA, l'art. 49 del decreto  legislativo  n.  22
del 1997, da un lato identifica nel gestore del servizio il  soggetto
che la applica e riscuote (commi 9 e  13)  e,  dall'altro,  non  reca
alcuna disciplina specifica in tema di accertamento, di  liquidazione
della prestazione dovuta, di contenzioso e di  sanzioni  e  interessi
per omesso o ritardato pagamento. Non puo' negarsi, infatti, che, sia
per la TARSU che per la TIA, il soggetto attivo del  prelievo  e'  il
Comune; e cio' anche nel caso in cui il regolamento comunale affidi a
terzi l'accertamento e la riscossione dei due prelievi e la  relativa
legittimazione a stare in giudizio. In particolare -  come  visto  al
punto 6.1.2. - gia' per la TARSU il Comune aveva la possibilita', con
proprio  regolamento,  di  affidare  a  terzi  l'accertamento  e   la
riscossione  dei  tributi,  ai  sensi  dell'art.   52   del   decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e di delegare ad essi il potere
di essere «parti del processo tributario», ai sensi dell'art. 10  del
decreto legislativo n. 546 del 1992, senza che con cio' venisse  meno
l'originaria posizione di  soggetto  attivo  del  Comune  stesso.  La
normativa riguardante la TIA si differenzia sul  punto  solo  per  il
fatto che essa pone un collegamento  ex  lege  tra  la  gestione  del
servizio e i poteri di accertamento, con la conseguenza che  il  solo
fatto dell'affidamento a terzi della gestione del  servizio  comporta
la delega a questi dei poteri di accertamento e del potere  di  stare
in giudizio in luogo del Comune, analogamente a quanto avviene per la
TARSU. 
    Con riguardo, poi,  alla  disciplina  dell'accertamento  e  della
liquidazione della TIA, la lacunosita'  delle  statuizioni  contenute
nel comma 9 dell'art. 49 del decreto legislativo n. 22 del  1997  (il
quale si limita a prevedere che «la tariffa e' applicata dai soggetti
gestori nel rispetto della convenzione e del relativo  disciplinare»)
puo' essere colmata con l'esercizio del potere regolamentare comunale
previsto per le entrate «anche tributarie» dal  citato  art.  52  del
decreto legislativo n. 446 del  1997  o  in  via  di  interpretazione
sistematica. Analogamente, nulla osta  a  che,  per  le  sanzioni  ed
interessi  relativi  all'omesso  o  ritardato  pagamento  della  TIA,
possano  applicarsi  le  norme   generali   in   tema   di   sanzioni
amministrative tributarie. Cosi' come, con riguardo  al  contenzioso,
e' evidente che  ad  entrambi  i  prelievi  si  applica  il  comma  2
dell'art. 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992, che attribuisce,
appunto,  alla   giurisdizione   tributaria   la   cognizione   delle
controversie relative, in  generale,  alla  debenza  dei  tributi  e,
specificamente del «canone  [...]  per  lo  smaltimento  dei  rifiuti
urbani». 
    Non contraddice tale conclusione il fatto  che  fonti  secondarie
prevedano, per  il  pagamento  della  TIA,  l'emissione  di  semplici
«bollette che tengono luogo delle fatture [...] sempreche' contengano
tutti gli elementi di cui all'art. 21»  del  decreto  del  Presidente
della Repubblica n. 633 del 1972 (art. 1, comma 1, del citato decreto
ministeriale  n.  370  del  2000),  e  cioe'  l'emissione   di   atti
formalmente diversi da quelli espressamente indicati dall'art. 19 del
decreto legislativo n. 546 del 1992  come  impugnabili  davanti  alle
Commissioni tributarie. In tale caso, infatti, e' possibile,  in  via
interpretativa - come, del resto,  ha  gia'  affermato  la  Corte  di
cassazione  con  la  sentenza  n.  17526  del  2007,  con   specifico
riferimento alla TIA -, un'applicazione estensiva dell'elenco di  cui
al citato art. 19, al fine di considerare impugnabili anche atti che,
pur con un  diverso  nomen  iuris,  abbiano  la  stessa  funzione  di
accertamento e di liquidazione di tributi svolta dagli atti  compresi
in detto elenco; con l'ovvio corollario che le  suddette  «bollette»,
avendo natura tributaria, debbono  possedere  i  requisiti  richiesti
dalla legge per gli atti impositivi. 
    7.2.3.3.  -  In  terzo  luogo,  sono  analoghi   i   criteri   di
commisurazione dei due prelievi. La TARSU - quantomeno per  i  Comuni
con popolazione non inferiore a 35.000 abitanti - e' commisurata  «in
base  alla  quantita'  e  qualita'  medie  ordinarie  per  unita'  di
superficie imponibile dei rifiuti solidi urbani [...] producibili nei
locali ed aree per il tipo di uso, cui i medesimi sono  destinati,  e
al  costo  dello  smaltimento»  (art.  65,  comma  1,   del   decreto
legislativo n. 507 del 1993). La TIA, in forza dell'art. 49, comma 4,
del decreto legislativo n. 22 del 1997, e'  suddivisa  in  una  parte
fissa (concernente le componenti essenziali del costo del servizio  -
ivi compreso quello dello spazzamento delle  strade  -,  riferite  in
particolare  agli  investimenti  per  le   opere   ed   ai   relativi
ammortamenti) ed una parte variabile (rapportata  alle  quantita'  di
rifiuti conferiti, al servizio fornito, e all'entita'  dei  costi  di
gestione). I criteri di determinazione di tali due  parti  della  TIA
sono contenuti nel citato decreto del Presidente della Repubblica  n.
158 del 1999,  che  prevede  indici  costruiti,  tra  l'altro,  sulla
quantita' totale dei rifiuti prodotti nel  Comune,  sulla  superficie
delle utenze, sul numero dei componenti  il  nucleo  familiare  delle
utenze  domestiche,  su  coefficienti  di  potenziale  produzione  di
rifiuti secondo  le  varie  attivita'  esercitate  nell'ambito  delle
utenze non domestiche. Risulta evidente, pertanto,  che  il  suddetto
«metodo normalizzato» per la determinazione della TIA  e'  pienamente
coerente con i criteri fissati  dalla  legge  per  la  commisurazione
della   TARSU,   la   quale,   certamente,   non    puo'    definirsi
"corrispettivo", neppure in relazione ai criteri stabiliti  dall'art.
117, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per  le
tariffe dei servizi pubblici resi dagli enti locali. Per  entrambi  i
prelievi, infatti,  rileva  la  potenziale  produzione  dei  rifiuti,
valutata per tipo di uso delle superfici tassabili.  In  particolare,
per quanto riguarda la TIA, va sottolineato che, ai  sensi  dell'art.
49, comma 14,  del  decreto  legislativo  n.  22  del  1997,  perfino
l'autonomo avviamento a recupero dei rifiuti, da parte del produttore
di essi, non comporta l'esclusione dal pagamento,  ma  determina  una
riduzione proporzionale della sola parte variabile di  tale  tariffa.
Questa disposizione e',  per  alcuni  aspetti,  analoga  al  comma  2
dell'art. 67 del decreto legislativo n. 507 del 1993, secondo cui  il
regolamento comunale «puo» prevedere riduzioni della TARSU  nel  caso
in cui gli «utenti dimostrino di avere sostenuto spese per interventi
tecnico-organizzativi comportanti un'accertata minore  produzione  di
rifiuti od un pretrattamento volumetrico, selettivo o qualitativo che
agevoli lo smaltimento  o  il  recupero  da  parte  del  gestore  del
servizio». I due prelievi, pertanto, sono dovuti, sia pure in  misura
ridotta, anche nel caso in cui il produttore di rifiuti  dimostri  di
aver adeguatamente provveduto allo smaltimento. Il  che  esclude  per
entrambi la sussistenza  di  un  rapporto  di  sinallagmaticita'  tra
pagamento e servizio di smaltimento dei rifiuti. 
    7.2.3.4. - In quarto  luogo,  come  sopra  accennato,  la  TIA  -
analogamente alla TARSU nella disciplina risultante dal disposto  del
comma 3-bis dell'art. 61 del decreto  legislativo  n.  507  del  1993
(riportato al punto 6.1.2.) e dell'art. 31, comma 23, della legge  23
dicembre 1998, n. 448 - ha  la  funzione  di  coprire  il  costo  dei
servizi di smaltimento  concernenti  i  rifiuti  non  solo  "interni"
(cioe' prodotti o producibili dal singolo soggetto passivo  che  puo'
avvalersi del  servizio),  ma  anche  "esterni"  (cioe'  «rifiuti  di
qualunque  natura  o  provenienza  giacenti  sulle  strade  ed   aree
pubbliche e soggette  ad  uso  pubblico»,  come  ricordato  al  punto
6.1.3., in relazione agli artt. 7, comma 2, lettere c, d, e 49, comma
2, del decreto legislativo n. 22 del 1997, per  la  componente  fissa
della TIA). Ha la funzione, cioe',  di  coprire  anche  le  pubbliche
spese afferenti a un  servizio  indivisibile,  reso  a  favore  della
collettivita'  e,   quindi,   non   riconducibili   a   un   rapporto
sinallagmatico con il singolo utente. L'unica sostanziale  differenza
sul punto tra i due prelievi si riduce al fatto che,  mentre  per  la
TARSU il gettito deve corrispondere  ad  un  ammontare  compreso  tra
l'intero  costo  del  servizio  ed  un  minimo  costituito   da   una
percentuale di tale costo determinata in  funzione  della  situazione
finanziaria del Comune (art. 61, comma 1, del decreto legislativo  n.
507 del 1993); per la TIA il gettito deve, invece, assicurare  sempre
l'integrale copertura del costo dei  servizi  (art.  49  del  decreto
legislativo n.  22  del  1997).  Tuttavia,  tale  differenza  non  e'
sufficiente a caratterizzare in senso privatistico  la  TIA,  perche'
nulla esclude che una pubblica spesa (come il costo  di  un  servizio
utile alla collettivita') possa essere integralmente finanziata da un
tributo. Come si e' gia' osservato al punto 6.1.2.,  anche  la  TARSU
puo' coprire il cento per cento del costo del servizio di smaltimento
dei rifiuti ed in tal caso essa non  muta,  per  cio'  solo,  la  sua
natura da pubblicistica a privatistica. In  altri  termini,  la  mera
circostanza che la legge  assegni  a  un  pagamento  la  funzione  di
coprire integralmente i costi di un servizio non  e'  sufficiente  ad
attribuire al medesimo pagamento la natura di prezzo privatistico. 
    7.2.3.5. - In  quinto  luogo,  con  riferimento  alla  disciplina
complessiva della TIA, va rilevato  che  l'art.  49,  comma  17,  del
decreto legislativo n. 22 del  1997  ha  espressamente  tenuto  ferma
l'applicabilita'  del  tributo  provinciale  «per  l'esercizio  delle
funzioni di tutela,  protezione  ed  igiene  dell'ambiente»  previsto
dall'art. 19  del  decreto  legislativo  30  dicembre  1992,  n.  504
(cosiddetto TEFU), anche dopo la soppressione della TARSU  e  la  sua
sostituzione con la TIA. Poiche' il TEFU  e'  stato  configurato  dal
legislatore come un'addizionale della TARSU,  ne  consegue  che,  una
volta soppressa quest'ultima, esso deve necessariamente  determinarsi
con riferimento ai criteri  di  quantificazione  della  TIA  e  deve,
percio', essere qualificato come un  tributo  addizionale  della  TIA
stessa.  Cio'  evidenzia  un  ulteriore  elemento  di  omogeneita'  e
continuita' tra la TARSU e la TIA. 
    7.2.3.6.  -  In  sesto  luogo,  infine,  un  altro  significativo
elemento di analogia tra la TIA e la TARSU e'  costituito  dal  fatto
che ambedue i  prelievi  sono  estranei  all'ambito  di  applicazione
dell'IVA. Infatti, la rilevata inesistenza di un nesso diretto tra il
servizio e l'entita' del prelievo - quest'ultima commisurata, come si
e' visto, a mere presunzioni forfetarie di producibilita' dei rifiuti
interni e al costo complessivo dello smaltimento  anche  dei  rifiuti
esterni  -  porta  ad   escludere   la   sussistenza   del   rapporto
sinallagmatico posto alla base dell'assoggettamento ad IVA  ai  sensi
degli artt. 3 e 4 del decreto del Presidente della Repubblica n.  633
del 1972 e caratterizzato dal pagamento di un «corrispettivo» per  la
prestazione di servizi. Non esiste, del resto, una norma  legislativa
che espressamente assoggetti ad IVA le prestazioni  del  servizio  di
smaltimento dei  rifiuti,  quale,  ad  esempio,  e'  quella  prevista
dall'alinea e dalla lettera b)  del  quinto  comma  dell'art.  4  del
decreto del Presidente della Repubblica  26  ottobre  1972,  n.  633,
secondo cui,  ai  fini  dell'IVA,  «sono  considerate  in  ogni  caso
commerciali, ancorche' esercitate da enti pubblici», le attivita'  di
«erogazione di acqua e  servizi  di  fognatura  e  depurazione,  gas,
energia elettrica e vapore». Se, poi,  si  considerano  gli  elementi
autoritativi sopra evidenziati, propri sia della TARSU che della TIA,
entrambe le entrate debbono essere  ricondotte  nel  novero  di  quei
«diritti,  canoni,  contributi»  che  la  normativa  comunitaria  (da
ultimo, art. 13, paragrafo  1,  primo  periodo,  della  Direttiva  n.
2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006; come  ribadito  dalla
sentenza della Corte di giustizia CE del 16 settembre 2008, in  causa
C-288/07)  esclude  in  via  generale  dall'assoggettamento  ad  IVA,
perche' percepiti da enti pubblici «per le  attivita'  od  operazioni
che esercitano in  quanto  pubbliche  autorita»  (come  si  desume  a
contrario dalla sentenza della Corte costituzionale n. 335 del 2008),
sempre che il mancato assoggettamento all'imposta  non  comporti  una
distorsione  della  concorrenza  (distorsione,  nella   specie,   non
sussistente, in quanto il servizio  di  smaltimento  dei  rifiuti  e'
svolto  dal  Comune  in  regime  di  privativa).  Non  osta  a   tali
conclusioni il secondo periodo del comma 13 dell'art. 6  della  legge
n. 133 del 1999, il  quale  stabilisce,  con  una  formula  meramente
negativa,  che  «Non  costituiscono,  altresi',  corrispettivi   agli
effetti dell'IVA le  somme  dovute  ai  comuni  per  il  servizio  di
smaltimento dei rifiuti solidi urbani reso  entro»  la  data  del  31
dicembre 1998 «e riscosse successivamente alla stessa, anche  qualora
detti enti abbiano adottato in  via  sperimentale  il  pagamento  del
servizio con la tariffa, ai sensi dell'articolo 31, comma 7,  secondo
periodo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448».  Questa  disposizione
non puo' interpretarsi nel senso che, a  partire  dal  1999,  sia  la
TARSU sia la tariffa sperimentale (cioe' la TIA adottata prima  della
definitiva  soppressione  della   TARSU)   entrino   nell'ambito   di
applicazione dell'IVA. Si deve escludere, infatti, che tali prelievi,
pur restando invariata la loro disciplina sostanziale, mutino natura,
divenendo entrambi corrispettivi, solo in forza di  una  norma  dagli
effetti   meramente   temporali.    Tale    norma,    ragionevolmente
interpretata, ha il solo effetto di ribadire la non assoggettabilita'
ad IVA dei due prelievi  fino  a  tutto  il  1998  e  non  quello  di
provvedere anche per il periodo successivo, per il quale non puo' che
trovare applicazione la disciplina  generale  in  tema  di  IVA.  Non
rileva, al riguardo, la diversa  prassi  amministrativa,  perche'  la
natura  tributaria  della  TIA  va  desunta  dalla  sua   complessiva
disciplina legislativa. 
    7.2.4. - E'  appena  il  caso  di  rilevare  che  la  riscontrata
omogeneita' tra i due prelievi in esame e'  compatibile  sia  con  le
direttive comunitarie di cui il decreto legislativo n.  22  del  1997
istitutivo della TIA costituisce attuazione (91/156/CEE, 91/689/CEE e
94/62/CE), sia  con  il  principio  comunitario  "chi  inquina  paga"
(ribadito dall'art. 15 della direttiva comunitaria  2006/12/CE),  sia
con le leggi di delegazione in forza delle quali il suddetto  decreto
legislativo e' stato emanato (artt. 1 e 38 della  legge  22  febbraio
1994, n. 146; artt. 1, 6 e 43 della legge 6 febbraio  1996,  n.  52).
Nessuna di tali  disposizioni,  infatti,  impone  al  legislatore  di
configurare in termini privatistici il rapporto tra utente e  gestore
del  servizio  di  smaltimento  dei  rifiuti.   Quanto   al   diritto
comunitario, esso, con tutta chiarezza, si limita a richiedere che la
legislazione nazionale garantisca un ragionevole collegamento tra  la
produzione  di  rifiuti  e  la  copertura  del  costo  per  il   loro
smaltimento, secondo un principio di proporzionalita',  in  modo  che
tale costo sia posto a  carico,  per  una  parte  significativa,  del
produttore dei rifiuti. Ed  ove  questa  attribuzione  di  costi  sia
rispettata, resta indifferente per il diritto comunitario se essa sia
realizzata dal legislatore mediante l'istituzione di un tributo o  la
previsione di un corrispettivo privatistico.  Quanto  alle  leggi  di
delegazione, esse si limitano ad autorizzare il legislatore  delegato
ad apportare «modifiche» al decreto legislativo n. 507 del  1993,  al
fine di attuare le direttive comunitarie, e non impongono affatto  di
trasformare la natura del prelievo da tributaria ad extratributaria. 
    8. - Le sopra indicate caratteristiche strutturali  e  funzionali
della TIA disciplinata dall'art. 49 del decreto legislativo n. 22 del
1997  rendono  evidente  che  tale   prelievo   presenta   tutte   le
caratteristiche  del  tributo  menzionate  al  punto  7.2.1.  e  che,
pertanto, non e' inquadrabile  tra  le  entrate  non  tributarie,  ma
costituisce una mera variante della TARSU  disciplinata  dal  decreto
del Presidente  della  Repubblica  n.  507  del  1993  (e  successive
modificazioni),  conservando  la  qualifica  di  tributo  propria  di
quest'ultima.  A  tale  conclusione,  del  resto,  si  giunge   anche
considerando che, tra le possibili  interpretazioni  della  censurata
disposizione e dell'art. 49 del decreto legislativo n. 22  del  1997,
deve essere preferita quella che, negando la violazione  del  secondo
comma dell'art. 102 Cost.,  appare  conforme  a  Costituzione  (sulla
necessita',   in   generale,   di   privilegiare   un'interpretazione
costituzionalmente orientata, ex plurimis: sentenza n. 308 del  2008,
ordinanze n. 146 e n. 117 del 2009). 
    Le controversie aventi ad oggetto la debenza della  TIA,  dunque,
hanno natura tributaria e la loro attribuzione alla cognizione  delle
commissioni  tributarie,  ad  opera  della  disposizione  denunciata,
rispetta l'evocato parametro costituzionale.