Sentenza 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito del provvedimento in data 31 marzo-4 aprile 2005  del
Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Firenze, con
cui  tale  organo,  nell'ambito  del  procedimento  penale  a  carico
dell'allora  Ministro  Altero   Matteoli,   dichiarata   la   propria
incompetenza  funzionale  a   giudicare   di   reati   ritenuti   non
ministeriali, disponeva direttamente la trasmissione degli atti  alla
Procura della Repubblica presso il Tribunale competente, nonche'  del
provvedimento in data 4 dicembre 2006, con il quale il  Tribunale  di
Livorno, sezione distaccata di Cecina, ribadiva  l'insussistenza  nel
caso di specie dell'obbligo  di  richiedere  alla  Camera  competente
l'autorizzazione a procedere, giudizio  promosso  con  ricorso  della
Camera dei deputati notificato il 15  febbraio  2008,  depositato  in
cancelleria il 3  marzo  2008  ed  iscritto  al  n.  9  del  registro
conflitti tra poteri dello Stato 2007, fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica; 
    Udito nell'udienza pubblica del 7 luglio 2009 il Giudice relatore
Ugo De Siervo, sostituito per la redazione della sentenza dal Giudice
Giuseppe Frigo; 
    Uditi gli avvocati Roberto Nania per la  Camera  dei  deputati  e
Massimo Luciani per il Senato della Repubblica. 
                          Ritenuto in fatto 
    1. - Con ricorso del 28 giugno 2007, depositato nella cancelleria
di questa Corte il 2 luglio successivo, la Camera dei deputati, nella
persona  del  Presidente  in  carica,  in  forza   di   deliberazioni
dell'Ufficio  di  Presidenza  e  poi   dell'Assemblea   adottate   il
precedente 16 maggio,  ha  proposto  conflitto  di  attribuzione  tra
poteri  dello  Stato  nei  confronti  del  Collegio   per   i   reati
ministeriali (cosiddetto Tribunale dei ministri) costituito presso il
Tribunale di Firenze ai sensi dell'art. 7 della legge  costituzionale
16 gennaio 1989, n. 1 (Modifiche degli articoli 96, 134 e  135  della
Costituzione e della legge costituzionale 11  marzo  1953,  n.  1,  e
norme in materia di procedimenti per i reati di cui all'art. 96 della
Costituzione), nonche' del Tribunale ordinario  di  Livorno,  sezione
distaccata  di  Cecina,  in  relazione  ad  atti   compiuti   in   un
procedimento penale per rivelazione di segreto  d'ufficio  (art.  326
del codice penale) e favoreggiamento personale (art. 378 cod.  pen.),
concernente fatti in ipotesi avvenuti nell'agosto del 2003, nel quale
era stato sottoposto ad indagini  e  poi  imputato  il  Ministro  per
l'ambiente  del  tempo,  Altero  Matteoli,  deputato  -   quando   il
procedimento era stato  trattato  dal  Tribunale  dei  ministri  -  e
successivamente senatore. 
    Come risulta dagli atti e dai documenti allegati al  ricorso,  il
procedimento penale (della  cui  pendenza  e  successivo  svolgimento
aveva dato informazioni alla Presidenza della Camera dei deputati  lo
stesso senatore Matteoli con lettere del 18  aprile  2005  e  del  14
luglio 2006) aveva avuto origine da una nota, inviata  il  10  agosto
2004 dalla Procura della Repubblica  di  Genova  alla  Procura  della
Repubblica di  Firenze,  in  cui  si  riferiva  che,  nell'ambito  di
indagini su altri soggetti, erano emerse, nei confronti del  Ministro
Matteoli, quelle ipotesi di reato, che  -  si  reputava  -  sarebbero
state  di  competenza  del   Tribunale   di   Firenze.   La   Procura
destinataria, a sua volta, «previa  formulazione  delle  imputazioni,
omessa ogni indagine», aveva rimesso il 12 gennaio 2005 gli  atti  al
locale Collegio per i reati ministeriali, che di seguito aveva svolto
indagini, ascoltando sia persone informate dei  fatti,  sia  indagati
nel procedimento collegato, sia lo stesso Matteoli e,  a  conclusione
delle  medesime,  ritenendo  «preliminare  rispetto  ad  ogni   altra
valutazione di merito accertare se i  fatti  contestati  al  Ministro
Matteoli»  fossero  «da  includere   nella   categoria   dei   "reati
ministeriali", cosi' come previsti dall'art. 96 della  Costituzione»,
su conforme parere del  pubblico  ministero  lo  aveva  escluso,  «in
quanto  oggettivamente  e  strumentalmente  non  riconducibili   alle
funzioni   proprie   della   carica   istituzionale   ...   rivestita
dall'indagato». Quindi, facendo applicazione dell'art.  2,  comma  1,
della legge 5 giugno 1989, n. 219  (Nuove  norme  in  tema  di  reati
ministeriali   e   di   reati   previsti   dall'articolo   90   della
Costituzione),  con  provvedimento  in  data  31  marzo   2005,   non
formalmente  qualificato  secondo  la  tipologia  dei   provvedimenti
giurisdizionali,  comunque  depositato  il  4  aprile   2005,   aveva
dichiarato  la  propria  incompetenza  funzionale   e   ordinato   la
trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica  di  Pisa,  che
ulteriormente li trasmetteva a quella di Livorno. 
    Qui, parzialmente disattesa da parte del Giudice per le  indagini
preliminari la richiesta  del  pubblico  ministero  di  archiviazione
(accolta solo  per  l'imputazione  avente  ad  oggetto  il  reato  di
rivelazione  di  segreto  d'ufficio),  l'imputato  veniva  citato   a
giudizio  dibattimentale  avanti   il   Tribunale   di   Livorno   in
composizione  monocratica,  sezione  distaccata  di  Cecina,  per  la
residua imputazione di favoreggiamento. In sede di atti  introduttivi
del dibattimento i difensori avevano sollevato,  tra  le  altre,  due
questioni  preliminari,  entrambe  rigettate  con  ordinanza  del   4
dicembre 2006: la prima, per ottenere il  promovimento  di  questione
incidentale di legittimita' costituzionale del citato art.  2,  comma
1, della legge n. 219 del 1989, per contrasto con l'art. 8, comma  1,
della legge costituzionale n. 1 del 1989, in quanto non  prevede  che
il Tribunale dei ministri, dichiaratosi  funzionalmente  incompetente
per avere escluso la qualita' "ministeriale" dei reati oggetto  delle
imputazioni, debba trasmettere gli atti  al  pubblico  ministero  per
l'immediata rimessione al  Presidente  della  Camera  competente  per
l'autorizzazione  a  procedere,  prevista  dall'art.  96  Cost.;   la
seconda,  per  ottenere  che  il  Giudice,   ritenuta   la   qualita'
"ministeriale" del residuo reato oggetto del  processo  (diversamente
da quanto opinato dal Tribunale dei ministri),  sollevasse  conflitto
di competenza ai sensi degli artt. 23 e 28 del  codice  di  procedura
penale. 
    Con la stessa ordinanza era  altresi'  respinta  una  istanza  di
rinvio del dibattimento «per consentire al Parlamento una preliminare
valutazione dei fatti contestati all'ex Ministro Matteoli al fine  di
evitare una potenziale lesione delle sue prerogative costituzionali». 
    Intanto, era attivata la procedura parlamentare, conclusa con  il
ricorso in esame. 
    2. - Ad avviso  della  Camera  dei  deputati,  le  decisioni  del
Tribunale dei ministri di Firenze e del Tribunale di Livorno, sezione
distaccata di Cecina, sarebbero  lesive  delle  proprie  attribuzioni
costituzionali, recate dall'art. 96 Cost. e dagli  artt.  5,  8  e  9
della  legge  costituzionale  n.   1   del   1989,   in   conseguenza
dell'applicazione dell'art. 2, comma 1, della legge n. 219 del  1989,
operata in modo tale da impedire l'esercizio  di  tali  attribuzioni,
anche e particolarmente con riguardo alle  valutazioni  sulla  natura
«ministeriale» dei reati, oltre che - in  caso  affermativo  -  sulla
concessione o  sul  diniego  dell'autorizzazione  a  procedere.  Cio'
sarebbe avvenuto in  conseguenza  del  fatto  che,  da  un  lato,  il
Tribunale dei ministri ha declinato la propria competenza  funzionale
in favore di quella del giudice ordinario, disponendo la trasmissione
degli atti al pubblico ministero presso il secondo per il seguito del
procedimento, senza  un  previo  «coinvolgimento»  della  Camera  dei
deputati per quanto di competenza di questa; dall'altro, il Tribunale
di Livorno, davanti  al  quale  il  pubblico  ministero  ha  promosso
l'azione penale per il solo reato di  favoreggiamento  personale,  ha
dato seguito  agli  atti  del  dibattimento  senza  considerare  quel
mancato  «coinvolgimento»  e,  anzi,  espressamente  ritenendolo  non
dovuto. 
    Ove  fosse  corretta,  a  sostegno  di   queste   determinazioni,
l'applicazione dell'art. 2, comma 1, della citata legge  n.  219  del
1989,  si  dovrebbe  rilevare  -  ad  avviso   della   ricorrente   -
l'illegittimita' costituzionale della disposizione stessa, in  quanto
idonea a rendere impraticabile  l'esercizio  delle  attribuzioni  del
Parlamento previste dall'art. 96 Cost., ogni qual volta  lo  speciale
organo inquirente costituito dal Tribunale  dei  ministri  disponesse
l'archiviazione ritenendo che il fatto integri un  reato  diverso  da
quelli indicati in detta norma costituzionale; onde la Corte dovrebbe
rimettere   a   se'   la   relativa    questione    incidentale    di
costituzionalita'. 
    Questa particolare ipotesi di archiviazione  -  a  differenza  di
tutte le altre considerate dalla stessa disposizione  di  legge,  che
adducono alla conclusione del procedimento ed  escludono  l'esercizio
dell'azione penale - implica, viceversa, il seguito del  procedimento
medesimo presso  l'autorita'  giudiziaria  ordinaria,  che  potrebbe,
quindi, paralizzare discrezionalmente le prerogative delle Camere  in
relazione  ai   reati   ministeriali,   «aggirandone»   la   potesta'
autorizzatoria, in  contrasto  con  le  esigenze  di  certezza  delle
attribuzioni  costituzionali  nonche'  con  il  principio  di   leale
collaborazione tra poteri dello Stato, una volta che il potere  delle
Camere stesse sarebbe posto «irragionevolmente nel nulla a seguito di
una  unilaterale  valutazione  operata  dall'autorita'  giudiziaria».
Ulteriore causa di illegittimita' costituzionale sarebbe da ravvisare
anche nella circostanza che una  norma  di  rango  ordinario  (quella
appunto della legge n. 219 del 1989 citata) modificherebbe  in  senso
peggiorativo  la   disciplina   costituzionale   dei   rapporti   tra
procedimento penale a carico  dei  ministri  e  poteri  autorizzatori
delle  Camere,  incidendo  sul  bilanciamento  di  interessi  operato
dall'art. 96 Cost. e sostanzialmente  espropriando  le  Camere  della
loro competenza. Di qui, la prospettata incostituzionalita'. 
    Peraltro, la ricorrente considera anche che  la  disposizione  in
parola  e'  suscettibile  di  una   interpretazione   conforme   alla
Costituzione, articolata sulla «indispensabile presenza della  Camera
ogni  qual  volta  il  procedimento  a  carico  del  ministro   debba
proseguire,  quale  che  sia  la   qualificazione   che   l'autorita'
giudiziaria all'esito delle indagini attribuisca  al  relativo  reato
(ministeriale o non ministeriale)», precisando, peraltro, che non  si
evoca in capo alla Camera il potere «di apprezzare in  via  esclusiva
il  carattere  ministeriale  del  reato,  sebbene  quello  di   poter
esprimere, secondo le  apposite  cadenze  procedurali,  una  autonoma
valutazione al riguardo». Il che dovrebbe comportare, anche nel  caso
di ritenuta qualita' non ministeriale del reato, l'invio  degli  atti
alla Camera competente per l'esercizio di tali sue prerogative. 
    Dalla  mancanza,  nel  caso  di  specie,  di   questo   passaggio
procedurale discenderebbe «l'automatico  e  conseguente  accertamento
dell'avvenuta lesione»,  mentre  «in  caso  contrario»  non  potrebbe
questa Corte «esimersi  dal  sollevare  innanzi  a  se'  medesima  la
questione di legittimita' costituzionale» anzi detta. 
    In effetti, con il ricorso  conclusivamente  si  chiede  che  «la
Corte  costituzionale  -  previa  sollevazione  della  questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 2,  comma  1,  della  legge  n.
219/1989   in   parte   qua,   ai   fini   della   declaratoria    di
incostituzionalita' della predetta disposizione  di  legge  -  voglia
statuire che nella specie non spetta al  Tribunale  dei  Ministri  di
Firenze  trasferire  al  Giudice  penale  ordinario,  competente  per
territorio, il procedimento instaurato ai sensi dell'art.  96  Cost.,
senza avere prima richiesto l'autorizzazione  camerale  e,  comunque,
senza avere previamente trasmesso alla Camera dei deputati  gli  atti
del procedimento medesimo in  modo  da  consentirle  di  valutare  la
sussistenza dei presupposti per l'attivazione  della  guarentigia  di
cui trattasi; cosi' come non spetta al Tribunale di Livorno,  Sezione
distaccata di Cecina, proseguire il giudizio non ritenendo necessario
che nella specie si richieda l'autorizzazione a procedere  e  che  la
Camera dei Deputati  comunque  interloquisca  nel  procedimento».  Si
chiede altresi' l'annullamento del provvedimento  31  marzo-4  aprile
2005 del  Tribunale  dei  ministri  di  Firenze  e  dell'ordinanza  4
dicembre 2006 del Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina. 
    3. - Con ordinanza n. 8 del 2008, depositata il 18 gennaio  2008,
questa Corte, ai sensi dell'art. 37,  terzo  comma,  della  legge  11
marzo 1953, n. 87, ha dichiarato  ammissibile  il  ricorso,  pur  con
riserva  di  ogni  diversa  e  ulteriore  determinazione  sul   tema,
disponendo la notificazione del ricorso stesso  e  dell'ordinanza  al
Tribunale dei ministri di Firenze e al Tribunale di Livorno,  sezione
distaccata di Cecina, nonche' al  Senato  della  Repubblica,  «stante
l'identita'  della  posizione  costituzionale  dei   due   rami   del
Parlamento in relazione alle questioni di principio da trattare». 
    Con atto del 27 febbraio 2008, depositato  il  successivo  giorno
29, e' intervenuto nel giudizio il  Senato  con  richiesta  -  previa
conferma dell'ammissibilita' del ricorso - di accoglimento  di  esso,
di conseguente statuizione che non spettava all'Autorita' giudiziaria
adottare gli atti impugnati e di annullamento dei medesimi. 
    Sia la ricorrente che l'interveniente, in vista e in  prossimita'
dell'udienza  pubblica  di  trattazione,  hanno  depositato  memorie,
sviluppando gli  argomenti  oggetto  rispettivamente  del  ricorso  e
dell'atto di intervento e ribadendone le conclusioni. 
                       Considerato in diritto 
    1.  -  In  relazione  ad  atti  di  un  procedimento  penale  per
rivelazione  di  segreti  d'ufficio  e   favoreggiamento   personale,
relativi a fatti in ipotesi avvenuti nell'agosto del 2003, nel  quale
e' stato indagato e poi  imputato  il  Ministro  per  l'ambiente  del
tempo, la Camera dei deputati solleva conflitto di  attribuzione  tra
poteri  dello  Stato  nei  confronti  del  Collegio   per   i   reati
ministeriali (cosiddetto Tribunale dei ministri) costituito presso il
Tribunale di Firenze e del Tribunale ordinario  di  Livorno,  sezione
distaccata di Cecina, per  essere  stata  espropriata  delle  proprie
prerogative - risultanti dagli artt. 96 della Costituzione, 5, 8 e  9
della legge costituzionale 16 gennaio 1989,  n.  1  (Modifiche  degli
articoli  96,  134  e  135   della   Costituzione   e   della   legge
costituzionale  11  marzo  1953,  n.  1,  e  norme  in   materia   di
procedimenti per i reati di cui all'art. 96 della Costituzione) - con
riguardo  alla   valutazione   dei   presupposti   e,   di   seguito,
all'esercizio del potere di autorizzazione a procedere. 
    Al termine delle indagini preliminari compiute ai sensi dell'art.
8, comma 1, della legge costituzionale  n.  1  del  1989  citata,  il
Tribunale dei ministri, opinando  che  i  fatti  non  rivestissero  i
connotati dei reati  ministeriali  ipotizzati,  ma  quelli  di  reati
comuni, aveva emesso  un  provvedimento  declinatorio  della  propria
competenza funzionale, limitandosi a disporre la  trasmissione  degli
atti alla Procura della Repubblica  presso  il  Tribunale  ordinario,
ritenuto territorialmente competente, senza ne' compiere ne' disporre
che fosse compiuto alcun atto diretto a evocare una cognizione ed una
eventuale conseguente iniziativa del ramo del  Parlamento  competente
ai sensi dell'art. 96 Cost. e della succitata legge costituzionale n.
1 del 1989. Di qui, la  prima  ritenuta  lesione  del  corrispondente
potere. 
    Nel seguito processuale, dopo l'esercizio dell'azione penale  per
uno  solo  dei  due  reati  in  origine  ipotizzati,   il   Tribunale
monocratico di Livorno, sezione distaccata di Cecina, aderendo, a sua
volta, all'assunto circa la natura «non ministeriale» di detto reato,
escludeva la necessita' di un qualsivoglia «passaggio»  parlamentare,
disponendo di procedere  nel  dibattimento  e  rigettando  anche  una
richiesta di rinvio del medesimo in attesa delle determinazioni della
Camera dei deputati, ancorche' aliunde informata. Di qui  la  seconda
ritenuta lesione di quel medesimo potere. 
    Ad  avviso  della   ricorrente   e   dell'interveniente   Senato,
all'origine di detta lesione starebbe una lettura delle  disposizioni
combinate dell'art. 8, commi 1 e 2, della legge costituzionale  n.  1
del 1989 e dell'art. 2, comma 1, della legge 5 giugno  1989,  n.  219
(Nuove norme in tema  di  reati  ministeriali  e  di  reati  previsti
dall'articolo   90   della   Costituzione),   che   escluderebbe   la
trasmissione  degli  atti  al  Procuratore   della   Repubblica   per
l'immediata  rimessione  al  Presidente  della  Camera  competente  e
comunque ogni «coinvolgimento» di questa Camera in tutti  i  casi  di
archiviazione: non solo, quindi, in quelli  idonei  a  concludere  il
procedimento ed enumerati sulla  falsariga  del  diritto  processuale
comune, ai sensi degli artt. 408 e 411 del codice di procedura penale
(cioe', l'infondatezza della notizia di reato,  la  mancanza  di  una
condizione di procedibilita', l'estinzione del reato, il  non  essere
il fatto previsto dalla legge come reato o il non averlo  l'indiziato
commesso), ma anche  nel  caso  -  eterogeneo  rispetto  all'istituto
dell'archiviazione, ma unificato nominativamente ai  primi  dall'art.
2, comma 1, della legge n. 219 del 1989 - costituito  dalla  ritenuta
corrispondenza del fatto ad una ipotesi di «reato diverso  da  quelli
indicati  nell'art.  96  Cost.»;  un  caso,   questo,   che   implica
necessariamente un seguito procedimentale, per il quale  e'  prevista
«la trasmissione degli atti all'autorita' giudiziaria competente». 
    2. - Questa lettura, in quanto produttiva della lesione, porrebbe
la norma dell'art. 2, comma  1,  della  legge  n.  219  del  1989  in
contrasto con la  Costituzione,  sicche'  la  ricorrente  chiede  che
questa Corte ne faccia rimessione avanti a se stessa come oggetto  di
una questione incidentale di legittimita'  costituzionale.  Tuttavia,
per quanto nella parte conclusiva del ricorso possa apparire  che  la
richiesta di  accoglimento  del  conflitto  sia  subordinata  a  tale
«auto-rimessione»  e   al   conseguente   riconoscimento   di   detta
incostituzionalita',  passaggi  argomentativi  del   ricorso   stesso
chiariscono in modo non equivoco che cio' costituisce oggetto di  una
richiesta subordinata, avanzata ove si disattenda ogni altra  lettura
possibile e costituzionalmente orientata della disciplina in  parola;
in  particolare,  quella,  proposta  dalla  ricorrente  medesima   (e
condivisa dall'intervenuto), della necessita' di rimessione alla sede
parlamentare degli atti per le valutazioni  e  le  determinazioni  di
competenza in ogni caso diverso da quello dell'archiviazione  vera  e
propria, la sola idonea ad escludere un seguito procedimentale. 
    3. - Preliminarmente, sciogliendo  ogni  riserva,  va  confermata
l'ammissibilita' del proposto conflitto,  sussistendone  i  requisiti
soggettivi  e  oggettivi,  sia   per   le   ragioni   gia'   espresse
nell'ordinanza emessa nella fase preliminare, sia,  con  riguardo  ai
possibili  residui   dubbi   relativamente   ai   secondi,   per   la
ricostruzione del petitum fatta al precedente punto 2. 
    4.1. - Nel merito il ricorso e' fondato nei  termini  di  seguito
specificati. 
    4.2. - Occorre, innanzi  tutto,  delineare  il  quadro  normativo
entro  il  quale  deve  essere  assunta  la  decisione  del  presente
conflitto. 
    L'art. 96 Cost., nel testo introdotto dalla legge  costituzionale
n. 1 del 1989, stabilisce: «Il Presidente del Consiglio dei  ministri
ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti  per  i
reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni alla  giurisdizione
ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o  della
Camera  dei  deputati,  secondo  le   norme   stabilite   con   legge
costituzionale». 
    La stessa legge costituzionale, che ha introdotto il nuovo  testo
dell'art. 96 Cost., ha istituito, presso il tribunale  del  capoluogo
del distretto  di  Corte  d'appello  competente  per  territorio,  un
collegio, cui il procuratore della Repubblica, omessa ogni  indagine,
deve trasmettere, con le sue richieste, i rapporti, i  referti  e  le
denunce concernenti i reati indicati dall'art. 96 Cost. 
    Tale  collegio,  se   non   ritiene   che   si   debba   disporre
l'archiviazione,  trasmette  gli  atti  con  relazione  motivata   al
procuratore della Repubblica per  la  loro  immediata  rimessione  al
Presidente della  Camera  competente  (art.  8,  comma  1).  In  caso
diverso, sentito il pubblico ministero, dispone  l'archiviazione  con
decreto non impugnabile (art.  8,  comma  2).  Il  procuratore  della
Repubblica   da'   comunicazione   dell'avvenuta   archiviazione   al
Presidente della Camera competente (art. 8, comma 4). 
    La legge n. 219 del 1989 ha precisato (art. 2, comma 1) i casi in
cui il collegio,  esperite  le  necessarie  indagini,  deve  disporre
l'archiviazione. Tra  questi  e'  compresa  l'ipotesi  che  il  fatto
integri un reato diverso da quelli indicati  nell'art.  96  Cost.  In
tale  evenienza,  si  prevede  che  il  collegio  disponga  altresi',
contestualmente  all'archiviazione,  la   trasmissione   degli   atti
all'autorita' giudiziaria competente a conoscere del diverso reato. 
    4.3. - Dal quadro normativo cosi' esposto si deduce l'intento del
legislatore  costituzionale  di  apprestare  per  il  Presidente  del
Consiglio e per i ministri una speciale guarentigia. 
    Questa non implica, tuttavia, l'istituzione di  un  giurisdizione
speciale per i cosiddetti  reati  ministeriali,  come  era  stabilito
dalla Costituzione prima della novella del 1989,  ma  assoggetta  gli
stessi alla giurisdizione ordinaria, introducendo, al  contempo,  una
serie di norme processuali,  destinate  a  contemperare  la  garanzia
della funzione di  governo  e  l'uguaglianza  di  tutti  i  cittadini
davanti alla legge. 
    Per  realizzare  un  ragionevole  bilanciamento  tra  questi  due
principi,  sia  le  norme  costituzionali  che  quelle  della   legge
ordinaria, mirano a porre tanto l'autorita' giudiziaria quanto quella
politica in condizione di tutelare, nei reciproci rapporti, la prima,
il  potere-dovere  di  perseguire  i  reati  commessi  da   qualunque
cittadino, indipendentemente dalla carica ricoperta, la  seconda,  il
potere-dovere  di  attuare  in  concreto  la   guarentigia   prevista
dall'art. 96 Cost. 
    Il risultato ora  detto  si  consegue,  da  un  lato,  mantenendo
all'autorita' giudiziaria ordinaria il potere di svolgere le indagini
necessarie rispetto alle notizie di reato a  carico  di  ministri  e,
dall'altro, assicurando alla Camera competente, ai sensi dell'art.  5
della legge costituzionale n. 1 del  1989,  l'adeguata  e  tempestiva
informazione sugli sviluppi  e  l'esito  dei  procedimenti  penali  a
carico dei componenti del Governo. 
    A questo  fine  e'  stabilito  (art.  8,  comma  1,  della  legge
costituzionale n. 1 del 1989) che, nell'ipotesi in cui  il  tribunale
dei ministri ritenga di  non  dover  disporre  l'archiviazione,  deve
trasmettere gli atti al procuratore  della  Repubblica  per  la  loro
immediata rimessione alla Camera competente, affinche'  questa  possa
pronunciarsi sull'autorizzazione prevista dall'art. 96 Cost. 
    Anche nei casi di archiviazione e' previsto  un  «coinvolgimento»
parlamentare. Prescrive, infatti, il comma 4 dello stesso art. 8  che
il procuratore della Repubblica dia comunicazione al Presidente della
Camera competente dell'avvenuta archiviazione, sia  perche'  l'organo
parlamentare possa prendere atto di tale esito del procedimento,  sia
perche', nell'ipotesi di conclusione ritenuta non satisfattiva, possa
adottare le iniziative consentite dalla Costituzione  e  dalle  leggi
vigenti a tutela dell'integrita' della funzione di Governo. 
    4.4.  -  Tra  i  casi  in   cui   il   collegio   deve   disporre
l'archiviazione, l'art. 2, comma 1,  della  legge  n.  219  del  1989
include quello della qualificazione del  reato  contestato  come  non
appartenente a quelli indicati dall'art.  96  Cost.  Si  tratta,  per
vero, di una  archiviazione,  per  cosi'  dire,  anomala  o  comunque
asistematica, in quanto non pone fine al procedimento e  non  implica
una determinazione negativa sull'esercizio dell'azione penale;  anzi,
implica proprio un  seguito  procedimentale  nelle  forme  ordinarie,
sicche' il provvedimento ha solo il significato di  una  declinatoria
della propria  competenza  funzionale  da  parte  del  tribunale  dei
ministri. 
    E' evidente che, anche e soprattutto  in  questa  situazione,  la
Camera competente ha  un  interesse  costituzionalmente  protetto  ad
essere tempestivamente informata, per via istituzionale ed  in  forma
ufficiale,  dell'avvenuta  archiviazione,   come   prescrive,   senza
eccezioni, il citato comma 4 dell'art. 8 della  legge  costituzionale
n. 1 del 1989. Tale comunicazione e', del  resto,  l'unico  strumento
che consente alla Camera  stessa  di  apprezzare  che  si  tratta  di
archiviazione che non implica una  chiusura,  ma,  al  contrario,  un
seguito del procedimento per  diversa  qualificazione  giuridica  del
fatto di reato e cosi' di esercitare, al riguardo, i propri poteri. 
    All'organo parlamentare, infatti, non puo' essere  sottratta  una
propria,  autonoma  valutazione  sulla  natura  ministeriale  o   non
ministeriale dei reati oggetto di indagine giudiziaria, ne' tantomeno
- ove non condivida la conclusione negativa  espressa  dal  tribunale
dei  ministri  -  la  possibilita'  di  sollevare  un  conflitto   di
attribuzione davanti alla Corte costituzionale, assumendo  di  essere
stata  menomata,  per  effetto  della  decisione  giudiziaria,  della
potesta' riconosciutale dall'art. 96 Cost. 
    4.5. - Nel caso concreto sottoposto al giudizio della  Corte  nel
presente conflitto, si  rileva  che  il  Tribunale  dei  ministri  di
Firenze ha dichiarato, con il provvedimento  del  31  marzo-4  aprile
2005,  la  propria  incompetenza  funzionale,   ritenendo   i   reati
contestati al Ministro non compresi tra quelli indicati dall'art.  96
Cost. ed ha disposto la trasmissione degli atti  alla  Procura  della
Repubblica presso il Tribunale di Pisa. Successivamente, il Tribunale
di Livorno, individuato come competente per territorio  in  luogo  di
quello di Pisa, con l'ordinanza del 4 dicembre  2006,  ha  dichiarato
manifestamente   infondata   una    eccezione    di    illegittimita'
costituzionale sollevata dall'imputato, sul presupposto che l'art. 2,
comma 1, della legge n. 219 del 1989  impone  la  trasmissione  degli
atti soltanto  all'autorita'  competente  e  non  anche  alla  Camera
competente e sul rilievo che, nel caso di  nuova  qualificazione  del
reato come non ministeriale, non sia  necessaria  l'autorizzazione  a
procedere  da  parte  dell'organo   parlamentare.   Non   solo,   ma,
sollecitato ad una propria rivalutazione della qualita'  ministeriale
del reato e  conseguentemente  a  proporre  conflitto  di  competenza
avanti la Corte di cassazione ai sensi degli artt. 23 e 28 cod. proc.
pen., ha rigettato la richiesta. 
    Tuttavia, sia  il  Tribunale  dei  ministri  di  Firenze  che  il
Tribunale di Livorno hanno ignorato che il comma 4 dell'art. 8  della
legge costituzionale n. 1 del 1989 prescrive che il procuratore della
Repubblica  debba  dare  comunicazione  al  Presidente  della  Camera
competente  di  ogni  provvedimento  che  disponga   l'archiviazione.
Poiche' l'art. 2, comma 1, della legge  n.  219  del  1989  prescrive
l'archiviazione nell'ipotesi di  ritenuta  «non  ministerialita»  dei
reati per cui si procede, la conseguenza costituzionalmente  corretta
sarebbe stata che il Tribunale dei ministri di Firenze, a prescindere
dal nomen iuris conferito al proprio provvedimento, trasmettesse  gli
atti al Procuratore della Repubblica, affinche'  desse  comunicazione
del  provvedimento  medesimo  alla  Camera   competente,   cosi'   da
consentire a questa di adottare le  iniziative  ritenute  necessarie.
Non risulta che questo adempimento  sia  stato  effettuato.  Da  tale
omissione  deriva  la   menomazione   della   sfera   di   competenza
costituzionalmente garantita della Camera dei deputati, che,  se  del
caso, potrebbe sollevare conflitto di attribuzione davanti  a  questa
Corte, ritenendo, in ipotesi, che l'asserita indebita  qualificazione
come non ministeriale del reato contestato abbia precluso alla Camera
competente la possibilita' di  fare  valere  la  guarentigia  di  cui
all'art. 96 Cost. 
    Quanto al Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina,  lo
stesso ha omesso di prendere atto che il Procuratore della Repubblica
non  aveva  dato  la  necessaria   comunicazione   della   precedente
archiviazione,  declinatoria  di   competenza   per   ritenuta   «non
ministerialita» dei reati, e ha  omesso  altresi'  di  adottare  ogni
conseguente provvedimento per consentire alla Camera dei deputati  di
compiere le suddette proprie valutazioni e  adottare  le  conseguenti
iniziative. Anche da queste omissioni  deriva  la  menomazione  della
sfera di competenza costituzionalmente  garantita  della  Camera  dei
deputati. 
    4.6. - L'art. 2, comma 1, della legge n. 219 del 1989 non si pone
in contrasto con le norme di rango costituzionale che disciplinano la
materia,  in  quanto  si  limita  a  prescrivere  che,  in  caso   di
archiviazione per diversa  qualificazione  del  reato,  sia  disposta
«altresi»  la  trasmissione  degli  atti  all'autorita'   giudiziaria
competente. Rimane fermo in ogni caso (e, quindi,  anche  in  questo)
l'obbligo di cui al comma 4 dell'art. 8 della legge costituzionale n.
1 del 1989, cui la norma di  legge  ordinaria  prima  citata  non  ha
inteso apportare deroga alcuna, ponendosi  soltanto  come  disciplina
integratrice della fattispecie processuale in esame.  A  prescindere,
quindi, da ogni altro possibile rilievo, non  sussistono  comunque  i
presupposti affinche' questa  Corte  debba  sollevare  davanti  a  se
stessa  questione  di  legittimita'  costituzionale  della   suddetta
disposizione legislativa, come richiesto  in  via  subordinata  dalla
ricorrente. 
    4.7.  -  La  ricorrente   -   pure   in   cio'   con   l'adesione
dell'intervenuto - chiede  anche  che,  di  seguito  alle  denunciate
menomazioni, sia disposto l'annullamento del provvedimento 31 marzo-4
aprile 2005 del Tribunale dei ministri di Firenze e dell'ordinanza  4
dicembre 2006 del Tribunale di Livorno, sezione distaccata di Cecina. 
    Questa Corte non ritiene di accogliere tale parte della  domanda.
Le menomazioni riconosciute derivano essenzialmente dalle  suindicate
omissioni,  cui  potrebbe  tuttora  essere  posto  rimedio   con   il
compimento degli atti omessi. Quanto alle eventuali conseguenze  piu'
strettamente   processuali,   spettera'   all'autorita'   giudiziaria
competente rilevarle e dichiararle.