Ricorso della Regione Piemonte,  rappresentata  e  difesa  dagli
avvocati Mario E. Comba e Gabriele  Pafundi  presso  il  secondo  dei
quali e' elettivamente domiciliata in Roma, viale  Giulio  Cesare  n.
14, come da delega ai sensi di legge; 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  pro   tempore,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  per   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale  del  decreto  legislativo  27  ottobre
2009, n.  150,  art.  40,  comma  1,  lett.  f),  secondo  capoverso,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del  31
ottobre 2009, n. 254, S.O. 
 
                              F a t t o 
 
    In data 31  ottobre  2009  e'  stato  pubblicato  nella  Gazzetta
Ufficiale della Repubblica italiana il d.lgs.  27  ottobre  2009,  n.
150, recante: «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia
di ottimizzazione  della  produttivita'  del  lavoro  pubblico  e  di
efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni». 
    In particolare, per quanto in questa sede interessa,  nell'ambito
del titolo IV - Nuove norme generali sull'ordinamento del lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni - il capo II disciplina la
dirigenza pubblica, apportando numerose modifiche agli articoli da 16
a 28 del d.lgs. n. 165/2001. 
     L'art.  40  d.lgs  n.  150/2009  modifica  l'art.  19  d.lgs  n.
165/2001,  recante   «Incarichi   di   funzioni   dirigenziali»;   in
particolare, per quanto qui interessa, introduce dopo il comma  6  il
comma 6-bis ed il comma 6-ter il quale ultimo recita: «il comma 6  ed
il comma 6-bis si applicano alle amministrazioni di cui  all'art.  1,
comma 2», tra le quali, come e' noto, rientrano anche le Regioni. 
    A seguito di tale modifica, dunque, i commi 6 e  6-bis  dell'art.
19  d.lgs.  n. 165/2001  si  applicano  anche  alle   Regioni.   Essi
impongono, tra il resto, che gli incarichi di  funzioni  dirigenziali
non possano essere conferiti a soggetti esterni per piu' del  l0  per
cento della dotazione organica, nel caso  di  dirigenti  appartenenti
alla prima fascia, e per piu' dell'8 per cento nel caso di  dirigenti
della seconda fascia. Inoltre limita a 3 e 5  anni  la  durata  degli
incarichi, a seconda del tipo di funzione dirigenziale. 
    Detta disposizione lede la sfera di competenza legislativa  della
Regione Piemonte di cui all'articolo 117  della  Costituzione  ed  e'
dunque incostituzionale per i seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
    1.  -  Violazione  dell'articolo  117,  comma  4,   Costituzione:
l'organizzazione dei propri uffici  e'  materia  residuale  riservata
alla competenza legislativa esclusiva della regione. 
    La norma impugnata pretende  di  applicare  alle  amministrazioni
regionali i commi 6 e 6-bis dell'art. 19 del d.lgs. n. 165/2001. 
    Il comma 6 stabilisce - per le amministrazioni statali -  che  il
conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni
all'Amministrazione: 
        puo' essere effettuato entro il limite del 10 per cento della
dotazione organica dei dirigenti appartenenti  alla  prima  fascia  e
dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla
seconda fascia; 
        non puo' prevedere una durata superiore ai tre anni  per  gli
incarichi di  Segretario  generale  e  di  funzione  dirigenziale  di
livello  generale  e  di  cinque  anni  per   gli   altri   incarichi
dirigenziali; 
        deve avvenire, dietro  specifica  motivazione,  a  favore  di
persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, non
rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione, che possano dimostrare il
possesso di specifiche esperienze; 
        puo'  prevedere  l'integrazione  del  trattamento   economico
tramite una  indennita'  commisurata  alla  specifica  qualificazione
professionale, tenendo conto della temporaneita' del rapporto e delle
condizioni   di   mercato   relative   alle   specifiche   competenze
professionali. 
    Il comma 6-bis stabilisce che per il calcolo delle percentuali di
cui sopra si deve operare un arrotondamento all'unita' inferiore,  se
il primo decimale e' inferiore a cinque, o all'unita'  superiore,  se
esso e' uguale o superiore a cinque. 
    Come si vede, le disposizioni  dei  commi  6  e  6-bis  attengono
esclusivamente alle modalita' di accesso all'impiego  pubblico.  Esse
infatti  disciplinano  quella  particolare  fattispecie   consistente
nell'affidamento  di  incarichi  dirigenziali  a   soggetti   esterni
all'amministrazione e pongono limiti quantitativi all'accesso, limiti
di durata del contratto, impongono le modalita'  di  selezione  e  di
determinazione del compenso e addirittura, al comma 6-bis,  impongono
i criteri di arrotondamento da seguire nel calcolo delle percentuali. 
    Si tratta dunque non solo di modalita'  di  accesso  al  pubblico
impiego, ma anche di norme di estremo dettaglio. 
    Per giurisprudenza costante di codesta Corte  costituzionale,  la
modalita' di accesso al pubblico impiego e'  una  materia  rientrante
tra quelle di competenza residuale esclusiva  delle  regioni  di  cui
all'articolo 117, quarto comma, Cost. 
    In tal senso si puo' ricordare la sentenza 16 aprile 2008, n.  95
la  quale,  giudicando  di  una  norma  statale  che  imponeva   alle
amministrazioni regionali di riservare una quota del  60%  dei  posti
programmati a soggetti che abbiano stipulato uno o piu' contratti  di
collaborazione coordinata e continuativa per la durata di  almeno  un
anno, ha affermato che tale norma  viola  l'art.  117,  quarto  comma
Costituzione in quanto essa: «attiene alla disciplina delle modalita'
di  accesso  all'impiego  presso  gli  enti  soggetti  al  patto   di
stabilita' interno. Come questa Corte ha gia' affermato (sentenza  n.
380 del 2004) la  regolamentazione  delle  modalita'  di  accesso  al
lavoro   pubblico   regionale   e'   riconducibile    alla    materia
dell'organizzazione  amministrativa  delle  regioni  e   degli   enti
pubblici regionali e rientra nella competenza residuale delle regioni
di cui all'art. 117 quarto comma della Costituzione». 
    La citata sentenza n. 380/2004 riguardava una legge  statale  che
imponeva il riconoscimento ai medici che avevano conseguito il titolo
di specializzazione del medesimo punteggio attribuito per  il  lavoro
dipendente ai fini concorsuali ed anche in  quel  caso  la  Corte  ha
ritenuto che si trattasse di materia relativa all'accesso al pubblico
impiego regionale e dunque rientrante  nella  competenza  legislativa
esclusiva regionale. 
    Piu'  in  generale,  la  materia  delle  modalita'   di   accesso
all'impiego pubblico regionale  rientra  in  quella  dell'  autonomia
dell'   organizzazione   amministrativa   regionale   la   quale   e'
pacificamente rientrante tra quelle di competenza residuale esclusiva
regionale ex  art.  117,  quarto comma  Costituzione.  In  tal  senso
Codesta Corte si e' recentemente pronunciata, ex multis, a  proposito
di una legge statale che  introduceva  limiti  alla  possibilita'  di
nomina di  amministratore  di  ente  a  totale  o  parziale  capitale
pubblico regionale (sentenza 20 maggio 2008, n. 159); nonche' di  una
legge statale che imponeva alle  regioni  le  modalita'  di  utilizzo
delle  erogazioni  liberali  ricevute  ai   sensi   del decreto   del
Presidente della Repubblica n. 917/1986 (sentenza 23  novembre  2007,
n. 387). 
    La materia dell'accesso al  pubblico  impiego  regionale  rientra
dunque nella competenza legislativa esclusiva regionale  e  la  norma
statale in questione e' pertanto illegittima in  quanto  pretende  di
disciplinarla. 
    D'altra parte, e' lo stesso d.lgs. n. 150/2009 a riconoscere  che
la materia dell'attribuzione degli incarichi di funzioni dirigenziali
non rientra tra le competenze legislative  statali,  ne'  tra  quelle
ripartite. Esso infatti, all'art. 74,  definisce  il  suo  ambito  di
applicazione e, al comma 1, elenca gli articoli che  rientrano  nella
potesta' legislativa statale di cui all'articolo 117, secondo  comma,
lettere l) e m) della costituzione. Tra gli articoli ivi elencati non
figura l'art. 40, oggetto del presente ricorso, il che significa  che
la norma qui impugnata non rientra tra quelle di competenza esclusiva
statale  ed,  in  particolare,  non  rientra  tra  quelle   attinenti
all'ordinamento civile (lett. l) secondo comma art. 117, Cost.) ne' a
quella relativa alla determinazione delle prestazioni  concernenti  i
diritti civili e sociali (lett. m) secondo comma, art. 117, Cost.). 
    2.  -  In  subordine,  violazione  dell'art.  117,  terzo   comma
Costituzione. 
    In denegata ipotesi in cui si ritenga che la norma  in  questione
rientri nelle competenze legislative concorrenti di cui all'art. 117,
terzo comma Costituzione - ma in realta' non si vede proprio in quale
di esse potrebbe rientrare - essa e' parimenti incostituzionale. 
    La norma in questione infatti non detta principi fondamentali, ma
scende nel  dettaglio,  pretendendo  di  fissare  la  percentuale  di
incarichi dirigenziali  esterni  attribuibili  dalle  amministrazioni
regionali nonche' la loro durata massima.  La  determinazione  di  un
numero non puo' essere mai considerata un principio  fondamentale  in
quanto non lascia alle  regioni  alcuno  spazio  di  autonoma  scelta
disponendo direttamente la regola applicativa (Corte  costituzionale,
sentenza 24 luglio 2009, n. 237) e consiste nella  determinazione  di
disposizioni  analitiche  e  di  dettaglio   (Corte   costituzionale,
sentenza 20 maggio 2008, n. 159). 
    Pertanto, nella denegata ipotesi de qua, la  norma  impugnata  e'
comunque incostituzionale in quanto detta nome di  dettaglio  in  una
materia di competenza concorrente.