Ordinanza 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 36, comma 3
[recte: comma 1], della legge provinciale di Bolzano 28 ottobre 2001,
n. 17 (Legge sui masi chiusi), come sostituito dall'art.  34  [recte:
33], comma 3, della legge della  Provincia  autonoma  di  Bolzano  23
giugno [recte: luglio] 2007, n. 6 (Modifiche di leggi provinciali  in
vari  settori),  promosso  dal  Tribunale  regionale   di   giustizia
amministrativa di Bolzano nel procedimento  vertente  tra  Dissertori
Pichler Erica e la Provincia autonoma di Bolzano con ordinanza del 16
marzo 2009,  iscritta  al  n.  168  del  registro  ordinanze  2009  e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, 1ª  serie
speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto  di  costituzione  di  Dissertori  Pichler  Erica  e
quello, fuori termine, della Provincia autonoma di Bolzano; 
    Udito nell'udienza pubblica  del  15  dicembre  2009  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Udito  l'avvocato  Luigi  Manzi  per  la  Provincia  autonoma  di
Bolzano. 
    Ritenuto che - nel corso di un giudizio,  promosso  per  ottenere
l'annullamento della decisione della Commissione  provinciale  per  i
masi chiusi con la quale la stessa ha autorizzato lo svincolo  di  un
maso chiuso, disponendo la contestuale  aggregazione  delle  relative
particelle ad altri masi chiusi - il Tribunale regionale di giustizia
amministrativa-Sezione autonoma per  la  Provincia  di  Bolzano,  con
ordinanza  emessa  il  16  marzo  2009,  ha  sollevato  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 36, comma 3 [recte:  comma  1],
della legge provinciale di Bolzano 28 ottobre 2001, n. 17 (Legge  sui
masi chiusi), come sostituito dall'art.  34  [recte:  33],  comma  3,
della legge provinciale di Bolzano 23 giugno [recte: luglio] 2007, n.
6 (Modifiche di leggi provinciali in vari settori); 
        che la norma viene censurata - «per contrasto con  gli  artt.
3,  41,  42  e  117  della  Costituzione  e  con  il   principio   di
ragionevolezza (art. 97 della Costituzione)» - «nella  parte  in  cui
contestualmente all'atto di revoca della qualifica di maso chiuso  la
commissione locale per i masi  chiusi  deve  disporre  l'aggregazione
delle particelle  ad  altri  masi  chiusi,  anche  nei  casi  in  cui
l'interessato non sia proprietario di altri masi chiusi»; 
        che,   affermata   la   rilevanza    della    questione    di
costituzionalita',  dedotta  dalla  parte  quale  unico   motivo   di
impugnazione   dell'atto   de   quo,   il   rimettente   esclude   la
praticabilita'  di  «un'interpretazione  costituzionalmente  conforme
della disposizione, attesa la sua formulazione letteralmente chiara e
apodittica»; 
        che, nel merito, il giudice a quo rileva che la  disposizione
censurata impone al proprietario di un maso chiuso, che  richieda  la
revoca della qualifica  di  maso  chiuso  per  difetto  oggettivo  di
redditivita'  dello  stesso,  l'aggregazione  delle  particelle  gia'
facenti parte del maso ad altri  masi;  con  la  conseguenza  che  il
proprietario del maso svincolato,  il  quale  non  «sia  proprietario
anche di altri masi (il che e'  la  regola),  verrebbe  costretto  ad
alienare a terzi  (a  titolo  di  compravendita,  donazione  o  altro
titolo) tutte le particelle produttive dell'ex maso chiuso»; e cio' -
ad  avviso  del   giudicante   -   rende   dubbia   la   legittimita'
costituzionale della citata disposizione sia in relazione agli  artt.
41 e  42  della  Costituzione,  sia  in  relazione  al  principio  di
ragionevolezza (art. 97 della Costituzione, applicabile non solo agli
atti amministrativi, ma anche agli atti legislativi); 
        che, infatti, il rimettente osserva che se i  principi  della
liberta' dell'iniziativa economica (art. 41) e del  libero  godimento
della proprieta' privata (art. 42)  certamente  consentono  che  agli
stessi siano imposti dal legislatore dei limiti,  ai  fini  di  farli
armonizzare con l'utilita' sociale e rendere in  tal  modo  possibile
quella funzione sociale che non puo' disgiungersi dal godimento della
proprieta', compresa la facolta'  di  poterne  disporre  liberamente,
tuttavia non sembra che l'obbligo di aggregazione ad altri masi possa
essere in qualche modo collegato alla funzione sociale  dell'istituto
del  maso  chiuso;  infatti  tale  collegamento  (che  solo  potrebbe
giustificare deroghe anche al principio di uguaglianza)  deve  essere
individuato nell'esigenza di garantire,  attraverso  la  salvaguardia
dell'unita' del maso, per  quanto  sufficientemente  redditizio,  «la
funzione oggettiva del maso nell'ambito della famiglia»; 
        che quindi, secondo il rimettente,  l'obbligo  incondizionato
di  aggregare  le  particelle  «svincolate»  ad  altri  masi  chiusi,
porterebbe  alla  conseguenza   -   «almeno   nell'ipotesi   che   il
proprietario non disponesse di altri masi chiusi o non si  trovassero
terzi proprietari interessati all'acquisto» - che il maso  rimarrebbe
«chiuso» senza averne i presupposti di redditivita', venendone cosi',
irragionevolmente   e   senza   il   rispetto   del    criterio    di
proporzionalita', snaturata irrimediabilmente la  ratio.  Oltretutto,
la  norma  apparirebbe  «di   dubbia   attuabilita'   o   addirittura
inattuabile, oltre che nel caso  della  necessita'  dell'aggregazione
delle particelle a masi chiusi di terzi, nel caso  -  tutt'altro  che
teorico - che nelle vicinanze non si trovino affatto dei masi  chiusi
a cui aggregare le particelle»; 
        che  si  e'  costituita  la   ricorrente,   concludendo   per
l'accoglimento della questione, sulla base di argomentazioni analoghe
a quelle svolte nell'ordinanza di rimessione; 
        che  la  parte  ribadisce,  in  particolare,  come  la  norma
impugnata si ponga in contrasto con gli artt. 41  e  42  Cost.  senza
alcuna giustificazione connessa alla  esigenza  di  tutela  del  maso
chiuso, giacche' l'obbligatoria contestuale aggregazione dei  terreni
gia' costituenti il maso a terzi proprietari  di  altri  masi  chiusi
risulta totalmente estranea ad ogni  ragione  di  salvaguardia  della
funzione oggettiva e della ratio ispiratrice  dell'istituto,  per  la
semplice considerazione che detto maso chiuso una volta  "svincolato"
non esiste piu', per cui non puo' venire salvaguardato con la forzata
vendita a terzi di tutte le particelle fondiarie. 
    Considerato   che   il   Tribunale   regionale    di    giustizia
amministrativa - Sezione autonoma per la Provincia di Bolzano censura
l'art. 36, comma 1, della legge provinciale  di  Bolzano  28  ottobre
2001, n. 17 (Legge sui masi chiusi), come  sostituito  dall'art.  33,
comma 3, della legge provinciale di Bolzano  23  luglio  2007,  n.  6
(Modifiche di leggi provinciali in vari settori), «nella parte in cui
contestualmente all'atto di revoca della qualifica di maso chiuso  la
commissione locale per i masi  chiusi  deve  disporre  l'aggregazione
delle particelle  ad  altri  masi  chiusi,  anche  nei  casi  in  cui
l'interessato non sia proprietario di altri masi chiusi»; 
        che, secondo il giudice a quo, la imposizione al proprietario
di un maso chiuso, che ne  richieda  la  revoca,  della  aggregazione
delle  particelle  gia'  facenti  parte  del  maso  ad  altri   masi,
determinerebbe  (senza  alcun  collegamento  alla  funzione   sociale
dell'istituto del maso chiuso) la violazione dei principi di liberta'
dell'iniziativa economica (art. 41 Cost.), di libero godimento  della
proprieta' privata (art. 42 Cost.) e di ragionevolezza (in  combinato
disposto con l'art. 97 Cost.), in quanto: 
          (a) il proprietario del maso svincolato, il quale non  «sia
proprietario anche di altri masi (il  che  e'  la  regola),  verrebbe
costretto ad alienare a terzi (a titolo di compravendita, donazione o
altro titolo) tutte le particelle produttive dell'ex maso chiuso»; 
          (b) il maso - «almeno nell'ipotesi che il proprietario  non
disponesse di altri masi chiusi o non si trovassero terzi proprietari
interessati  all'acquisto»  -  rimarrebbe  «chiuso»  senza  averne  i
presupposti di redditivita'; 
          (c)  la  norma  apparirebbe  «di  dubbia   attuabilita'   o
addirittura  inattuabile,  oltre  che  nel  caso   della   necessita'
dell'aggregazione delle particelle a masi chiusi di terzi, nel caso -
tutt'altro che teorico - che nelle vicinanze non si  trovino  affatto
dei masi chiusi a cui aggregare le particelle»; 
        che, tuttavia - formulate in tali  termini  le  censure  (non
essendo, peraltro, in alcun modo  argomentata  l'ulteriore  doglianza
riferita genericamente all'art. 117 Cost.) - il rimettente omette  di
precisare se la parte ricorrente sia o  meno  proprietaria  anche  di
altri masi, se la medesima non abbia reperito  terzi  proprietari  di
altri masi interessati all'acquisto,  se  nelle  vicinanze  del  maso
svincolato non  si  trovino  dei  masi  chiusi  a  cui  aggregare  le
particelle; 
        che, in tal modo,  l'ordinanza  di  rimessione  -  in  quanto
viziata da una carente descrizione della fattispecie,  che  determina
l'insanabile astrattezza della questione (ordinanze n. 398  e  n.  12
del 2008) - non consente a questa Corte di valutarne la rilevanza  ai
fini della definizione del giudizio a quo (ordinanze n. 127 e  n.  79
del 2009); 
        che  sotto  diverso  profilo,  come   ulteriore   motivo   di
inammissibilita', si  aggiunge  la  mancata  sperimentazione  di  una
lettura  costituzionalmente  orientata  della  norma   censurata,   o
quantomeno la mancata motivazione della impossibilita'  di  pervenire
ad essa; 
        che,  infatti,  il  rimettente   si   limita   ad   affermare
acriticamente   che   «non   appare   possibile    un'interpretazione
costituzionalmente  conforme  della  disposizione,  attesa   la   sua
formulazione   letteralmente   chiara   ed   apodittica»,   omettendo
completamente di rilevare che lo stesso comma 1 del censurato art. 36
esplicitamente sancisce,  nel  periodo  immediatamente  successivo  a
quello oggetto del presente scrutinio  di  costituzionalita',  che  -
sebbene «solo in casi eccezionali e debitamente fondati» -  «si  puo'
prescindere da tale aggregazione»; 
        che, cosi' facendo, il rimettente non  si  pone  il  problema
della natura e della portata di siffatta clausola  derogatoria  della
regola  imposta  dalla   norma   censurata,   ne'   della   eventuale
applicabilita' della eccezione al caso concreto, in  ragione  appunto
delle riferite peculiarita' degli effetti derivanti  dallo  specifico
atto di revoca del maso chiuso sottoposto al suo giudizio; 
        che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.