Ordinanza 
 
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 19, comma
1, lettera e-bis), del decreto legislativo 31 dicembre 1992,  n.  546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
promosso  dalla  Commissione  tributaria  regionale  del  Veneto  nel
procedimento vertente tra Equitalia Nomos s.p.a. e Angelo Favaro  con
ordinanza del 22 gennaio  2009,  iscritta  al  n.  149  del  registro
ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2009. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio  2010  il  Giudice
relatore Paolo Maddalena. 
    Ritenuto che nel corso di un  giudizio  di  appello  promosso  da
Equitalia Nomos s.p.a., agente della riscossione per la Provincia  di
Treviso, nei confronti di Angelo Favaro,  la  Commissione  tributaria
regionale del Veneto, con ordinanza  in  data  22  gennaio  2009,  ha
sollevato, in riferimento all'art. 102 della Costituzione,  questione
di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 19, comma  1,  lettera
e-bis),  del  decreto  legislativo   31   dicembre   1992,   n.   546
(Disposizioni sul processo tributario in attuazione della  delega  al
Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413),
nella  parte  in  cui  devolvono  alla  giurisdizione  tributaria  la
cognizione  della  validita'   dell'ipoteca   legale   iscritta   dal
concessionario della riscossione ai sensi dell'art.  77  del  decreto
del  Presidente  della  Repubblica  29   settembre   1973,   n.   602
(Disposizioni  sulla  riscossione  delle  imposte  sul  reddito),   e
successive modificazioni; 
        che il rimettente premette: che il contribuente ha  impugnato
dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di  Treviso  l'avviso
in data 14 febbraio 2007 di iscrizione di ipoteca legale sui  terreni
di  sua  proprieta',  notificato  dal  concessionario  a  seguito  di
morosita' nel pagamento di tributi  iscritti  a  ruolo  e  notificati
mediante cartelle di pagamento; che il  giudice  di  primo  grado  ha
accolto il ricorso  ed  ha  annullato  l'iscrizione  ipotecaria,  «in
assenza  dell'avvio  dell'azione  esecutiva  nell'anno  dall'avvenuta
notifica  delle  cartelle  di  pagamento,  salva   l'intimazione   ad
adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni»; e  che
oggetto  del  giudizio  di  appello  e'  la   legittimita'   o   meno
dell'ipoteca, essendo stata questa  iscritta  «senza  trasmettere  al
contribuente le intimazioni  di  pagamento  previste»  dall'art.  50,
comma 2,  del  d.P.R.  n.  602  del  1973,  «allorche'  la  procedura
esecutiva non  sia  iniziata  entro  un  anno  dalla  notifica  delle
cartelle di pagamento»; 
        che il giudice a quo osserva che lo stabilire se il titolo in
base  al  quale  l'ipoteca  e'  stata  iscritta  sia  rispondente  ai
requisiti previsti dall'art. 77 del d.P.R. n. 602 del  1973,  rientra
nella giurisdizione  delle  commissioni  tributarie,  secondo  quanto
stabilisce la lettera e-bis), aggiunta  all'art.  19,  comma  1,  del
d.lgs.  n.  546  del  1992  dall'art.  35,  comma  26-quinquies,  del
decreto-legge 4 luglio 2006, n.  223  (Disposizioni  urgenti  per  il
rilancio  economico   e   sociale,   per   il   contenimento   e   la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' in materia di entrate
e di contrasto all'evasione fiscale), convertito, con  modificazioni,
dalla legge 4 agosto 2006, n. 248; 
        che  la   Commissione   tributaria   regionale   dubita,   in
riferimento all'art. 102  Cost.,  della  legittimita'  costituzionale
della devoluzione di tale controversia alla giurisdizione tributaria,
e cio' per «l'oggetto del sindacato commesso al giudice» e «la natura
delle situazioni giuridiche sacrificate dall'esecuzione  forzata  sui
beni del debitore»; 
        che il  giudice  rimettente  ricorda  che  la  giurisprudenza
costituzionale ha precisato  che  l'attribuzione  alla  giurisdizione
tributaria di controversie non aventi natura tributaria  comporta  la
violazione del divieto costituzionale di istituire giudici  speciali:
tale orientamento - espresso riguardo alle controversie sulle tariffe
di  cui  sia  esclusa  la  natura  tributaria,  in  quanto  la   loro
attribuzione  alla  giurisdizione  tributaria  «snatura»  la  materia
originariamente  attribuita  alla  cognizione  del  giudice  speciale
(sentenza n. 64 del 2008) - e' stato, piu'  di  recente,  riaffermato
riguardo alle sanzioni che conseguano alla violazione di disposizioni
non aventi natura tributaria,  ritenute  estranee  all'oggetto  della
giurisdizione tributaria  ancorche'  irrogate  da  uffici  finanziari
(sentenza n. 130 del 2008); 
        che, secondo il rimettente, analogamente a quanto si verifica
nell'art.  2839  cod.  civ.,   l'indagine   sulla   regolarita'   del
procedimento previsto dall'art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973 non  ha
carattere estrinseco  e  formale,  ma  investe  l'ipoteca  nella  sua
sostanza, determinandone la nullita' per la giuridica  impossibilita'
del conservatore di procedere alla sua iscrizione ai sensi  dell'art.
2840 cod. civ.:  attribuirne  la  cognizione  al  giudice  tributario
significherebbe  snaturarne  le  funzioni   cognitorie   di   giudice
speciale, in violazione dell'art. 102 Cost.; 
        che  nel  giudizio  dinanzi  alla  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e   difeso
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che  ha  concluso  per   la
manifesta infondatezza della questione; 
        che, secondo la difesa  erariale,  non  sarebbe  rinvenibile,
nella giurisprudenza costituzionale, l'affermazione di  un  principio
di  necessaria  attribuzione  al  giudice  ordinario  di   tutte   le
controversie esecutive e, tanto meno, di quelle che coinvolgono  atti
prodromici all'esecuzione; 
        che la questione - osserva l'Avvocatura - e' stata  sollevata
in relazione ad una fattispecie nella  quale  la  pretesa  originaria
aveva contenuto tributario, di talche' essa non  investe  il  profilo
dell'attribuzione della giurisdizione al giudice tributario in ordine
a provvedimenti di iscrizione di ipoteca posti a garanzia di  crediti
del concessionario originariamente non tributari; 
        che la configurazione della giurisdizione  delle  commissioni
tributarie quale giurisdizione generale sul rapporto tributario,  cui
il legislatore e' pervenuto  per  effetto  di  successivi  interventi
sull'art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992, avvalorerebbe la razionalita'
di  un  simile  riparto  e,  quindi,  dell'attribuzione  al   giudice
tributario delle  controversie  nelle  quali  il  contribuente  o  un
coobbligato contestino al concessionario il titolo  per  l'iscrizione
dell'ipoteca ai sensi dell'art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973: questo
titolo si costituisce infatti al completamento di una  fattispecie  i
cui elementi - ne faccia, o meno, parte anche l'avviso  ex  art.  50,
comma  2,  del  d.P.R.  n.  602  del  1973  -  si  collocano,  tutti,
all'interno del  rapporto  tributario,  nel  contesto  del  quale  si
rinvengono i presupposti dell'iscrizione a  ruolo,  della  successiva
notifica della cartella di pagamento,  della  definitivita'  di  tale
atto nonche' quello, eventuale, della responsabilita'  in  solido  di
altri debitori; 
        che la difesa erariale ricorda, infine, che la giurisprudenza
delle Sezioni unite  della  Corte  di  cassazione  -  escludendo  che
possano essere devolute alla cognizione delle commissioni tributarie,
oltre alle controversie riguardanti iscrizioni che non  hanno  titolo
in crediti tributari,  anche  queste  ultime,  nel  caso  in  cui  le
contestazioni siano  sollevate  da  terzi  estranei  al  rapporto  di
imposta - sarebbe gia'  pervenuta,  in  via  interpretativa,  ad  una
soluzione  in  linea   con   i   principi   affermati   dalla   Corte
costituzionale nelle sentenze n. 64 e n. 130 del 2008. 
    Considerato che la questione sollevata, in  riferimento  all'art.
102 della Costituzione, dalla Commissione  tributaria  regionale  del
Veneto investe gli artt. 2 e 19, comma 1, lettera e-bis), del decreto
legislativo 31 dicembre  1992,  n.  546  (Disposizioni  sul  processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta  nell'art.
30 della legge  30  dicembre  1991,  n.  413),  nella  parte  in  cui
devolvono alla giurisdizione tributaria la cognizione della validita'
dell'ipoteca legale iscritta dal concessionario della riscossione  ai
sensi dell'art. 77 del decreto del  Presidente  della  Repubblica  29
settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle  imposte
sul reddito), e successive modificazioni; 
        che la questione involge un  dubbio  sulla  costituzionalita'
della norma di legge attributiva della giurisdizione al giudice a quo
ed e' sollevata da un giudice d'appello - la  Commissione  tributaria
regionale del Veneto - che si e' posto d'ufficio  il  problema  della
propria giurisdizione, a fronte di una sentenza di  primo  grado  che
aveva deciso nel merito il ricorso del contribuente; 
        che, benche' l'art. 37 cod. proc. civ. e l'art. 3 del  d.lgs.
n. 546 del 1992 prevedano che il difetto di giurisdizione puo' essere
rilevato, anche d'ufficio, in ogni stato e  grado  del  processo,  la
piu' recente  giurisprudenza  delle  Sezioni  unite  della  Corte  di
cassazione (ordinanza 9 ottobre 2008, n. 24833; ordinanza 20 novembre
2008, n. 27531) e' pervenuta ad una lettura  di  queste  disposizioni
secondo  la  quale,  allorche'  il  giudice  di  primo  grado   abbia
pronunciato,  come  nella  specie,  nel  merito,  affermando,   anche
implicitamente, la propria giurisdizione e le parti abbiano  prestato
acquiescenza,  non  contestando  la  relativa  sentenza  sotto   tale
profilo,  non  e'  consentito  al  giudice  della   successiva   fase
impugnatoria  rilevare  d'ufficio  il   difetto   di   giurisdizione,
trattandosi di questione ormai coperta dal giudicato implicito; 
        che il giudice rimettente non si e'  confrontato  con  questo
orientamento ed ha rilevato d'ufficio una  questione  di  difetto  di
giurisdizione in ordine alla quale - stando ai piu'  recenti  arresti
delle Sezioni unite - era processualmente maturata una preclusione; 
        che,  pertanto,   la   questione   deve   essere   dichiarata
manifestamente  inammissibile  per  difetto  di   motivazione   sulla
rilevanza. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
Corte costituzionale.