IL TRIBUNALE Nel processo penale a carico di Vikovan Domnika nata in Ucraina il 15 febbraio 1964, in Italia s.f.d. e domiciliata presso la studio del difensore avv. Barbieri del foro di Voghera; Indagata del reato p. e p. dall'art. 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/1998 poiche', destinataria del provvedimento del Prefetto di Pavia e dell'ordine di espulsione del Questore di Pavia del 13 luglio 2009 e di un nuovo ordine di allontanamento di cui all'art. 14, comma 5-bis medesimo d.lgs. adottato dal Questore di Pavia, datato e notificatogli il 19 novembre 2009, continuava a permanere illegittimamente nel territorio dello stato. Fatto accertato in Varzi il 3 gennaio 2010. All'udienza dell'8 gennaio 2010 ha pronunciato la seguente ordinanza e relativa a «Questione di legittimita' costituzionale dell'art 14, comma 5-quater, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dall'art. 1, comma 22, lettera m) della legge 15 luglio 2009, n. 94 in relazione agli artt. 2, 3 comma l, 25, comma 2, 27 Cost». Premesso: che in data 3 gennaio 2010 alle ore 07,45 circa la predetta veniva nuovamente sorpresa nel territorio dello Stato, nonostante fosse destinataria del quarto ordine di allontanamento del Questore di Pavia (negli altri tre casi aveva riportato altrettante condanne per la violazione dell'art. 14, comma 5, d.lgs. n. 286/1998), e pertanto veniva tratta in arresto dai militari della stazione di Varzi (PV); la donna, la cui illecita-presenza era stata segnalata, a detta dei c.c. territorialmente competenti, da terzi cittadini, veniva rinvenuta» all'addiaccio ed in un sottoscala all'interno di un fabbricato in abbandono, senza luce elettrica, ne' riscaldamento a norma, ne' tantomeno dotato di servizi essenziali, in un contesto in cui la temperatura esterna raggiungeva i - 5°C»; all'udienza di convalida celebrata in data 4 gennaio 2010 nel corso dell'interrogatorio di garanzia espletato, la Vikovan facendo presente come le sue precarie condizioni economiche le avessero precluso di rientrare spontaneamente nel suo paese d'origine, precisava di aver sempre prestato attivita' lavorativa in qualita' di badante (negli ultimi tempi in «nero») ed a causa della perdita del lavoro di essere rimasta senza risorse (non riuscendo pertanto ad usufruire neppure della recente sanatoria amministrativa); dopo la convalida dell'arresto, la difesa chiedeva ed otteneva termine a difesa ed il giudicante rinviava alla data dell'8 gennaio 2010 ove preliminarmente veniva cristallizzata dall'organo inquirente questione di legittimita' costituzionale nei termini meglio illustrati dalla nota presentata; Rilevato: che l'art. 1, comma 2, lettera m) della legge 15 luglio 2009, n. 94 ha modificato l'art. 14, comma 5-quater del d.lgs. n. 286/98 il quale, nella sua versione attuale, prevede che: «Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, e' punito con la reclusione da uno a cinque anni. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo e ultimo periodo.». Seppur rientri nella discrezionalita' del legislatore il potere di «regolare la materia dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati» (cfr. Corte cost. sent. n. 5/2004) cio' deve pero' avvenire nel pieno rispetto dei limiti derivanti dai principi fondamentali del nostro ordinamento ed in particolare della Costituzione. Quando, come nel caso in esame, la norma presenti un percepibile contrasto con la Carta costituzionale non puo' ritenersi palesemente infondata la questione di costituzionalita' sollevata dall'accusa dell'art. 14, comma 5-quater ,d.lgs. n. 286/98 per i motivi di cui infra. 1) Violazione dell'art. 3 della Costituzione inteso come principio di eguaglianza di fronte alla legge. La norma appare, in primo luogo, in contrasto con l'art. 3 Cost. atteso che e' evidente l'irragionevole disparita' di trattamento tra la nuova fattispecie e quella di cui all'art. 14, comma 5-ter del medesimo d.lgs. L'art. 14, comma 5-ter del d.lgs. n. 286/98 punisce lo straniero che risulti inottemperante all'ordine di allontanamento del Questore qualora lo stesso si trattenga nel territorio dello Stato oltre il termine stabilito (almeno 5 giorni) e «senza giustificato motivo». La clausola del «giustificato motivo» non e' prevista nella nuova fattispecie di cui all'art. 14 comma, 5-quater, cosicche' non vi e' alcuna possibilita' per lo straniero di addurre una qualche giustificazione . Nel caso di specie appare infatti assolutamente evidente l'anomalia sollevata: siamo in presenza di un soggetto, gia' condannato per il reato trattenimento clandestino che, non espulso con accompagnamento alla frontiera, ma intimato di lasciare il territorio dello Stato, pur in presenza di un «giustificato motivo» (le cui connotazioni sono assolutamente scolastiche e nei termini meglio illustrati dalla Corte costituzionale nelle sue piu' recenti pronunce) non puo' legittimamente trattenersi ed e' sottoposto alla macchinosita' della procedura amministrativa e soprattutto destinatario di infinti ordini di allontanamento da parte del Questore. A tal proposito si richiama quanto gia' affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 5 del 2004 che non ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98 proprio in forza dell'interpretazione costituzionalmente orientata della clausola «senza giustificato motivo», la quale evita «che la sanzione penale scatti allorche' - anche al di fuori della presenza di vere e proprie cause di giustificazione - l'osservanza del precetto appaia concretamente inesigibile» per i piu' svariati motivi, ma comunque riconducibili «a situazioni ostative di particolare pregnanza che incidano sulla stessa possibilita', soggettiva od oggettiva, di adempiere all'intimazione, escludendola ovvero rendendola difficoltosa o pericolosa», come le situazioni di cui all'art. 14, comma l, la «condizione di assoluta impossidenza dello straniero», il «mancato rilascio, da parte della competente autorita' diplomatica o consolare, dei documenti necessari, pure sollecitamente e diligentemente richiesti». Appare invece evidente il contrasto con i principi costituzionali del nuovo reato di cui all'art. 14 comma, 5-quater d.lgs. n. 286/98 il quale punisce indiscriminatamente ed automaticamente tutti i soggetti irregolarmente presenti nel territorio dello Stato, senza tenere conto dell'eventuale esistenza di situazioni legittimanti o quantomeno giustificanti la momentanea presenza. D'altro canto seppur intuibile appare la genesi storico e culturale della norma verso cui si concentra l'attuale censura, la violazione dell'impianto costituzionale appare insita proprio nella mancata contemplazione di un «clausola di salvezza» per i casi statuiti dall'art. 14, comma 5-quater: infatti la migliore giurisprudenza della S.C. attraverso un elaborato e complesso percorso aveva affrontato e risolto il tema dell'inosservanza del secondo provvedimento di espulsione; si era cioe' sostenuto (cfr. Cass., sez. 1ª, 18 febbraio 2004, n. 17878, Prenga, in Cass. pen. mass.ann. , 2005, n. 411, p. 965) che l'inottemperanza di questo ordine di espulsione non costituirebbe reato, perche' nei confronti dello straniero raggiunto da un secondo provvedimento di espulsione non sarebbero state rispettate le modalita' esecutive dell'espulsione, che sono appunto quelle dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica e non gia' un mero invito a varcarla, come e' previsto invece nel caso in cui l'espulsione venga disposta per la prima volta ai sensi del d.lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5-bis.; sempre la S.C. aveva inoltre avuto, in una precedente occasione, di pronunciarsi sulla questione (cfr. Cass. sez. 1ª, 27 aprile 2004, n. 2022/2004, p.m. Rimini c. Cherednicenko) rilevando che le modalita' di espulsione dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica potevano rivelarsi materialmente impossibili da effettuare, come avviene per esempio quando manchino documenti identificativi e le autorita' dei paesi confinanti o di quello di definitiva destinazione non consentano l'espatrio: in questo caso - previ se possibili, ulteriori accertamenti sull'identitae il trattenimento per un tempo limitato in un centro di accoglienza - anche la nuova espulsione poteva'essere legittimamente eseguita mediante intimazione data all'interessato, e autonomamente sanzionata in caso di inosservanza; secondo quest'ultimo orientamento, in definitiva, la previsione di una nuova espulsione implicava la contestuale cessazione dell'efficacia della precedente e, di contro, della permanenza del reato anteriormente commesso con la conseguenza che il nuovo provvedimento andava eseguito, se possibile, accompagnando lo straniero alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ma, nel caso di materiale impossibilita' e ricorrendone gli ulteriori presupposti normativi, poteva essere legittimamente disposto ai sensi dell'art. 5-bis e dell'art. 14 del citato d.lgs., (e pertanto trascorso il termine assegnato, sarebbe iniziata la permanenza di un nuovo reato); questa tesi aveva destato forti perplessita' per due ordini di motivi: 1) la lettera della norma dell'art. 5-ter, nella nuova formulazione dettata dalla legge n. 271 del 2004, era esplicita nel senso che il nuovo provvedimento di espulsione doveva essere eseguito «in ogni caso ... con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica»; la locuzione «in ogni caso» riferita al nuovo provvedimento di espulsione escludeva qualunque richiamo all'eccezione contemplata nel precedente art. 5-bis, che consentiva al questore, in presenza dei presupposti indicati nella stessa norma («quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, ovvero siano trascorsi i termini di permanenza senza aver eseguito l'espulsione o il respingimento»), di ordinare allo straniero «di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni»; ora la prima considerazione che si imponeva era che sarebbe stato strano affidarsi, ancora una volta, alla spontanea osservanza dell'ordine amministrativo di espulsione da parte di uno straniero che aveva gia' manifestato di non volervi ottemperare: di qui il carattere vincolante del modo di esecuzione della seconda espulsione («accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica»); 2) ma parimenti ad una attenta lettura dell'art. 14, comma 5-quinquies emergeva che tale fattispecie, dopo aver sancito l'obbligatorieta' dell'arresto dell'autore del fatto e l'adozione del rito direttissimo per il reato previsto al comma 5-ter, prevedeva che «al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione il questore disponeva i provvedimenti di cui alla citata legge art 14, comma 1»; tuttavia il richiamo prendeva in considerazione proprio la situazione del caso in cui non era stato possibile eseguire con immediatezza l'espulsione dello straniero mediante accompagnamento alla frontiera, statuendo che in questo caso (determinato dalla necessita' di procedere ad accertamenti suppletivi in ordine alla identita' o nazionalita' dello straniero, all'acquisizione di documenti per il viaggio, ecc.), il questore disponesse che lo straniero «fosse trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza temporanea e assistenza piu' vicino»; queste considerazioni, assolutamente condivise dalla maggior parte della giurisprudenza, avevano suggerito, ferma restando la residuale (ed eccezionale) possibilita' di una spontanea osservanza dell'ordine di espulsione da parte dello straniero in presenza dei presupposti indicati dall'art. 5-bis, di ritenere che l'adozione di un secondo ordine di espulsione non potesse avvenire che secondo le modalita' indicate nella parte finale dell'art. 5-ter, e cioe' mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica; dal che derivava, ove l'esecuzione dell'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera non fosse stata immediatamente possibile, che il questore dovesse disporre il trattenimento dello straniero presso un centro di permanenza; al riguardo del tutto esplicito era il disposto dell'art. 5-quinquies, il quale richiamava «al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione» dell'art. 5, il solo comma i e non anche l'intera procedura disciplinata dalla stessa norma e da quelle successive, ivi compresa la disposizione dell'art. 5-bis.; in conseguenza di tali argomentazioni ne seguiva che, se a seguito dell'adozione di un secondo provvedimento di espulsione non veniva accompagnato alla frontiera a mezzo della forza pubblica, lo straniero non commetteva una nuova violazione dell'art. 5-ter, trattenendosi senza giustificato motivo nel territorio dello Stato: in sostanza una volta esauritasi l'efficacia del primo provvedimento di espulsione con la sentenza di condanna, era si' possibile l'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione ma questo andava eseguito «in ogni caso» solo con le modalita' indicate nell'art. 5-ter, ultima parte (accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica) ovvero, qualora fosse stato impossibile eseguire immediatamente l'espulsione in questo modo, disponendo il suo trattenimento presso un centro di permanenza temporanea. Proprio per evitare la paralisi del sistema (inteso come pratica applicazione dei meccanismi di espulsione del cittadino extracomunitario che permaneva irregolarmente sul territorio nazionale) si era ricorso all'introduzione dell'art. 1, comma 2, lettera m) della legge 15 luglio 2009 n. 94, il quale ha modificato l'art. 14, comma 5-quater del d.lgs. n. 286/98 ed ha cosi' sanzionato l'ulteriore permanenza illegale dello straniero destinatario di un nuovo ordine di allontanamento. Ad avviso dello scrivente, inoltre, la questione sollevata non appare oggetto di precedente disamina da parte della Corte (cfr. ordinanza n. 41 del 13 febbraio 2009 e con la quale si e' dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quater) dal momento che diversi ne sono i presupposti: mentre infatti nella richiamata pronuncia si afferma che nessuna violazione del dettato costituzionale si profilerebbe in relazione alla posizione dello straniero che, inottemperante all'ordine di allontanamento del questore e successivamente riaccompagnato alla frontiera, rientra illegalmente nel territorio italiano (cfr. ordinanza sopra richiamata: «... appare di tutta evidenza l'eterogeneita' tra la fattispecie censurata dal remittente ... il reato di reingresso dello straniero gia' espulso nel primo caso - art. 14, comma-ter - si e' di fronte ad un comportamento di tipo omissivo, lo straniero, raggiunto dall'ordine del questore a lasciare il territorio dello stato ... non ottempera all'ordine ... nell'altro caso -art. 14 comma 5-quater - lo straniero, inottemperante all'ordine di allontanamento del questore e successivamente accompagnato coattivamente alla frontiera, rientra illegalmente nel territorio dello stato ...) non potendo, in questo caso, invocarsi il c.d. «giustificato motivo», del tutto diversa e' l'ipotesi dello straniero che colpito da molteplici ordini di allontanamento non si sia mai allontanato dal territorio o per scelta personale (e come nel caso di specie dettata da evidenti difficolta' economiche) o per scelta amministrativa. 2) Violazione dell'art. 25, secondo e ventisettesimo comma della Costituzione. Un altro profilo di contrasto rispetto all'art. 25, secondo e ventisettesimo comma Cost., si ravvisa nella configurazione di una fattispecie penale incriminatrice discriminatoria e lesiva del principio di offensivita' e di responsabilita' personale perche' fondata su particolari condizioni personali e sociali, anziche' su comportamenti riconducibili alla volonta' del soggetto attivo. La nuova figura di reato non sanziona piu' la condotta del reingresso a seguito di effettiva espulsione, come avveniva anteriormente alle modifiche introdotte dalla legge 94/2009 e nei termini sopra meglio illustrati al punto n. 1, ma si assoggetta a pena lo straniero che sia mero destinatario di un nuovo ordine di espulsione emesso ai sensi dell'art. 14 comma 5-ter, d.lgs. n. 286/98. Le conseguenze di questo impianto sono evidenti: a fronte dell'emissione di ogni nuovo ordine di espulsione (con conseguenze importanti, dal punto di vista sanzionatorio, all'infinito) lo straniero dovra' essere ogni volta arrestato e processato per tale reato e soprattutto si vedra' contestata, ad ogni nuova violazione della norma, la circostanza aggravante della recidiva in modo esponenziale. Non puo' pertanto sfuggire come si venga a determinare una eccessiva anticipazione della soglia di punibilita' con l'introduzione di una fattispecie che sanziona lo straniero perche' inottemperante all'ordine di espulsione a prescindere dalla valutazione di possibili ed eventuali «giustificati motivi» quali ad esempio l'essere privo di mezzi di possidenza che consentano e permettano di ottemperare al provvedimento di espulsione con evidenti conseguenze anche dal punto di vista del rispetto del principio di responsabilita' personale dell'autore del fatto di reato. Invero, la norma attualmente punisce una condotta che sembra priva di una qualche significativita' sotto il profilo della pericolosita' sociale (a tal proposito vedasi l'orientamento espresso dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 78/2007 per la quale «l'ingresso e la presenza illegali nel territorio statale non costituiscono di per se stessi fatti lesivi di un qualche bene meritevole di tutela penale») e difficilmente riconducibile ad una condotta volontaria e consapevole dello straniero migrante dal momento che spesso si tratta di soggetti che fuggono dal loro paese di origine per necessita' di sopravvivenza primaria e nel far cio' devono spesso «rapportarsi», seppur controvoglia, ad organizzazioni criminali. 3) Violazione dell'art. 2 della Costituzione inteso come principio di solidarieta'. In ultimo la norma appare presentare anche un contrasto con l'art. 2 della Costituzione laddove si ricorda la necessita' di riconoscere e garantire i diritti inviolabili dell'uomo e richiedere l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarieta' politica, economica e sociale. Significativa sul punto risulta essere il principio enucleato dalla stessa Corte costituzionale con sentenza n. 519 del 1995, nella quale dichiarando l'illegittimita' costituzionale del reato di mendicita' di cui all'art. 670 c.p., osservava che «gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu' avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che ... non si puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o anche soltanto tentazioni,volte a nascondere la miseria e a considerare le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli»... ma la coscienza sociale ha compiuto un ripensamento a fronte di comportamenti un tempo ritenuti pericolo incombente per una ordinata convivenza e la societa' civile consapevole dell'insufficienza dell'azione dello Stato ha attivato autonome risposte, come testimoniano le organizzazioni di volontariato che hanno tratto la loro ragion d'essere, e la loro regola, dal valore costituzionale della solidarieta'». Ne consegue che il principio di solidarieta' appare leso laddove viene assoggettata a sanzione penale la condizione sociale dell'essere cittadino straniero migrante. Sulla rilevanza della questione di legittimita' formulata. Il nuovo art. 14, comma 5-quater si profila cosi' in contrasto sia con il principio di solidarieta', di uguaglianza che vieta ogni discriminazione fondata, tra l'altro, su condizioni personali e sociali, sia infine con la fondamentale garanzia costituzionale secondo cui si puo' essere puniti solo per fatti materiali, offensivi e commessi colpevolmente. La rilevanza della questione deriva, in via generale, senz'altro dalla semplice considerazione che in caso di accoglimento l'imputata potrebbe non aver conseguenza alcuna sotto il profilo penale mentre, in particolare, occorre valutare che l'imputata, trovata a ripararsi dal freddo dentro uno scantinato, privo di qualsiasi elementare sistema di confort (nel locale non esiste luce, ne' forme di riscaldamento, ne' servizi igienici), con temperatura esterna a - 5°C ed affidata, anche per il semplice sostegno alimentare, alla generosita' dei vicini, e' stata chiamata a rispondere del reato di cui all'art. 14, comma 5-quater in quanto inottemperante al quarto ordine del Questore della provincia di Pavia, datato 19 novembre 2009. Tanto precisato la questione di costituzionalita', come sopra enunciata, appare a questo Giudice seria e non manifestamente infondata e rilevante nel processo anche per i risvolti umani e sociali ad essi collegati che influirebbero sulla straniera, ragion per cui il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione di detta questione.