Sentenza 
 
nel giudizio per conflitto di attribuzione  tra  poteri  dello  Stato
sorto a seguito della deliberazione del Senato della  Repubblica  del
12 febbraio 2009, relativa alla insindacabilita', ai sensi  dell'art.
68, primo comma, della  Costituzione,  delle  opinioni  espresse  dal
senatore Giorgio Stracquadanio nei confronti del  dott.  Giuseppe  De
Michelis  di  Slonghello,  promosso  dal  Giudice  per  le   indagini
preliminari del Tribunale ordinario di Firenze con ricorso notificato
il 17 luglio 2010, depositato in  cancelleria  l'11  agosto  2010  ed
iscritto al n. 1 del registro conflitti tra poteri dello Stato  2010,
fase di merito. 
    Visto l'atto di costituzione del Senato della Repubblica; 
    Udito nell'udienza  pubblica  dell'8  febbraio  2011  il  Giudice
relatore Paolo Grossi; 
    Udito l'avvocato Stefano Grassi per il Senato della Repubblica. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. - Con ricorso del 10 dicembre 2009, pervenuto alla Corte il  4
gennaio 2010, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Firenze ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato
nei confronti  del  Senato  della  Repubblica,  in  riferimento  alla
deliberazione assunta dalla Assemblea il 12  febbraio  2009,  con  la
quale e' stato stabilito  che  le  dichiarazioni  rese  dal  senatore
Giorgio Stracquadanio, oggetto di querela proposta dal dott. Giuseppe
De Michelis di  Slonghello,  costituivano  opinioni  espresse  da  un
membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni e ricadevano,
pertanto, nella ipotesi di immunita' di cui all'art. 68, primo comma,
della Costituzione. 
    Ha  premesso,  in  fatto,  il  Giudice  ricorrente  che,  con  la
anzidetta querela,  presentata  il  14  ottobre  2006,  il  dott.  De
Michelis di Slonghello, gia' Ambasciatore della Repubblica, lamentava
il fatto che il senatore Stracquadanio,  nel  libro  «Le  mani  rosse
sull'Italia»,  posto  in  vendita  come  supplemento  al   quotidiano
«Libero» e  diffuso  anche  tramite  Internet,  al  capitolo  4,  dal
medesimo redatto, intitolato  «Il  depistaggio»,  nel  paragrafo  dal
titolo «Le spie sovietiche e i loro compiti», aveva inserito  il  suo
nome tra le spie assoldate in Italia  dal  KGB  e  che  tale  notizia
sarebbe stata tratta dal noto dossier Mitrokin, dove la  sua  persona
sarebbe individuabile con il nome in codice «List»  al  report  «54».
Identificazione, questa, che, secondo il querelante, rappresenterebbe
circostanza non vera e comunque non accertata,  come  emergerebbe  da
vari documenti allegati alla querela e come gia' emerso  in  sede  di
accertamento  definitivo  da  parte   della   autorita'   giudiziaria
italiana. Sulla base di tali atti veniva esercitata l'azione  penale,
con richiesta di rinvio a giudizio,  per  il  reato  di  diffamazione
aggravata  col  mezzo  della  stampa,  nei  confronti  del   senatore
Stracquadanio,  nonche'  del  direttore  del   quotidiano   «Libero»,
Alessandro Sallusti, e  dei  curatori  della  collana  cui  il  libro
appartiene, onorevole Renato Brunetta (autore  dell'introduzione  del
libro) e Vittorio Feltri (autore della prefazione). Nei confronti del
senatore Stracquadanio e dell'onorevole Brunetta veniva  disposta  la
separazione   dei   rispettivi   procedimenti,   in   attesa    delle
determinazioni  della  Giunta  delle  elezioni  e   delle   immunita'
parlamentari del Senato della Repubblica, nonche'  della  Commissione
giuridica del Parlamento  Europeo,  avendo  entrambi  i  parlamentari
invocato  l'applicabilita'   dell'art.   68,   primo   comma,   della
Costituzione. 
    Dopo  aver  sottolineato  la   sussistenza   dei   requisiti   di
ammissibilita'  del  ricorso   per   conflitto,   alla   luce   della
giurisprudenza di questa Corte, e rammentati i principi ivi enunciati
in tema di garanzia di immunita' sancita dall'art. 68,  primo  comma,
Cost. - in particolare  laddove  si  e'  affermato  che  le  opinioni
espresse e gli atti compiuti dai parlamentari  «siano  identificabili
come espressione  dell'esercizio  funzionale,  a  tanto  non  essendo
sufficiente ne' la comunanza  di  argomenti,  ne'  il  mero  contesto
politico cui possano riferirsi» -; e dopo aver manifestato  l'intento
«di sollevare conflitto  di  attribuzione  quanto  meno  al  fine  di
togliere ogni dubbio sulla sussistenza o meno  del  nesso  funzionale
tra dichiarazioni e attivita' parlamentare», il ricorrente sottolinea
come il caso di specie presenti «alcune peculiarita'». 
    Nel segnalare, infatti, come lo scritto del quale  il  querelante
si duole sia basato sulle valutazioni di attendibilita'  del  dossier
Mitrokin rassegnate nella relazione  di  maggioranza  della  apposita
Commissione parlamentare - ben diversa essendo stata  la  valutazione
conclusiva della relazione di minoranza -, rileva il ricorrente  come
nella specie «l'avere indicato il querelante tra le spie e' un  fatto
che non puo' essere considerato alla stregua di una opinione espressa
nell'esercizio  delle  funzioni  di  parlamentare;   si   tratta   di
attribuire  ad  un  Ambasciatore  una  attivita'  ed  una   qualifica
assolutamente indegna oltre che penalmente  rilevante».  Si  domanda,
quindi, «se, di fronte  a  un  si'  forte  attentato  al  bene  della
dignita' personale, l'immunita'  parlamentare  sia  o  no  preminente
anche di fronte a notizie non vere e comunque  non  dimostrate  (allo
stato del procedimento) come vere». 
    Ripercorsa, quindi,  la  gamma  delle  acquisizioni  inerenti  la
vicenda oggetto di querela, e analizzata dettagliatamente la  portata
dei rilievi svolti nel parere rassegnato alla Assemblea dalla  Giunta
delle elezioni e delle immunita'  del  Senato  della  Repubblica,  il
Giudice  ricorrente  sottolinea  come,  nella  vicenda  oggetto   del
procedimento, non sia ravvisabile  alcun  nesso  funzionale  «tra  la
funzione di parlamentare del senatore Stracquadanio e  l'attribuzione
di un fatto determinato (essere una spia al servizio del  KGB)  a  un
funzionario pubblico con attivita' diplomatica si'  rilevante»,  come
quella svolta dal querelante ad  Algeri,  ne'  sarebbe  comprensibile
quale possa essere «l'opinione espressa», giacche' nel caso in  esame
«non si tratta neppure di un soggetto che svolge  attivita'  politica
ma di un funzionario ormai in pensione». La  circostanza,  poi,  pure
dedotta dalla  Giunta,  che  il  riferimento  al  De  Michelis  possa
intendersi come attivita' divulgativa dei risultati  raggiunti  dalla
Commissione parlamentare sul caso Mitrokin,  sarebbe  «argomento  non
dirimente», considerato che gli atti della Commissione sono  pubblici
ed era tutt'altro che pacifica la  identificazione  dello  stesso  De
Michelis nella persona indicata come il «LIST del report 54». 
    Il  petitum  conclusivamente  rassegnato  e'  dunque  quello   di
dichiarare che «non spettava al Senato della Repubblica affermare che
i fatti per i quali e' in corso il procedimento  concernono  opinioni
espresse dal sen.  Giorgio  Stracquadanio  nell'esercizio  delle  sue
funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione», con
conseguente annullamento della relativa deliberazione. 
    2. - Con ordinanza n. 174 del 13 maggio 2010,  questa  Corte  ha,
per quel che  qui  interessa,  dichiarato  ammissibile  il  conflitto
proposto nei confronti del  Senato  della  Repubblica,  disponendo  i
conseguenti  adempimenti,  funzionali  al  passaggio  alla  fase  del
merito. 
    La Cancelleria ha dato al ricorrente comunicazione dell'ordinanza
a mezzo posta, con  raccomandata  spedita  il  14  maggio  2010,  che
risulta pervenuta il successivo 17 maggio 2010. 
    Il ricorso e l'ordinanza risultano  notificati  al  Senato  della
Repubblica in data 14 luglio 2010. 
    Il ricorso, con la prova dell'avvenuta  notificazione,  e'  stato
depositato l'11 agosto 2010. 
    Lo stesso 11 agosto 2010 il Senato della Repubblica ha depositato
la propria memoria di costituzione. 
    3. - Nella memoria di costituzione il Senato della Repubblica  ha
conclusivamente domandato che questa Corte dichiari  improcedibile  e
comunque infondato il ricorso. 
    Il Senato, in particolare, rievoca il contenuto  della  relazione
presentata  all'Assemblea  dalla  Giunta  delle  elezioni   e   delle
immunita'   parlamentari   con   la   proposta   di   deliberare   la
insindacabilita', ex art. 68,  primo  comma,  Cost.,  delle  opinioni
espresse  dall'onorevole  Stracquadanio,  oggetto  del   procedimento
penale  nell'ambito  del  quale  e'  stato  sollevato  il  conflitto.
Sottolinea, in proposito, come in tale relazione fosse stato messo in
evidenza il fatto che  l'onorevole  Stracquadanio  risultasse  tra  i
firmatari di un'interrogazione parlamentare (n.  3-00439,  pubblicata
il 28 febbraio 2007), caratterizzata da una sostanziale identita'  di
contenuto  rispetto  alla  dichiarazione  oggetto  del   procedimento
penale,  riguardando  proprio  la   attivita'   di   indagine   della
Commissione  parlamentare  sul  cosiddetto  dossier  Mitrokin.   Cio'
confermava, dunque, l'esistenza del nesso funzionale  «anche  tenendo
conto che si tratta di una interrogazione depositata  in  un  momento
chiaramente   successivo   a   quello   della   pubblicazione   delle
dichiarazioni contestate», posto che la prerogativa di  cui  all'art.
68 Cost. deve ritenersi sussistente «in tutte le occasioni in cui  il
parlamentare  raggiunga   il   cittadino   illustrando   la   propria
posizione». Cio' che peraltro piu' rileva sarebbe il fatto che,  come
emerge dalla stessa relazione, l'allora senatore Stracquadanio  aveva
posto in essere un  comportamento  «preordinato  alla  diffusione  di
testi ufficiali del  Parlamento  italiano»,  giacche'  risulta  dallo
stesso documento conclusivo sulla attivita' svolta dalla  Commissione
Mitrokin la circostanza  che  fra  i  soggetti  «coltivati»  dal  KGB
figurasse proprio «De Michelis di  Slonghello  Giuseppe,  funzionario
del Dipartimento politico del Ministero degli affari  esteri  (report
54)». Da cio', dunque, la conclusione della relazione della Giunta di
ritenere sussistente il nesso funzionale ai fini della  pronuncia  di
insindacabilita',   essendo   «infatti   necessario   intendere    le
dichiarazioni rese dall'allora senatore  Giorgio  Stracquadanio  come
divulgative  dei   risultati   dell'attivita'   istituzionale   della
Commissione parlamentare d'inchiesta Mitrokin».  Proposta  che  venne
poi approvata dalla  Assemblea  del  Senato  della  Repubblica  nella
seduta del 12 febbraio 2009. 
    Rievocati, poi,  i  rilievi  svolti  dal  ricorrente,  il  Senato
eccepisce,  preliminarmente,  la  improcedibilita'  del  ricorso,  in
quanto non sarebbe stato rispettato il  termine  di  sessanta  giorni
fissato dalla Corte per la notifica  del  ricorso  medesimo  e  della
ordinanza di ammissibilita'. Da tale ordinanza, infatti, risulta  che
la cancelleria doveva provvedere a  comunicare  il  provvedimento  al
Giudice nella medesima data, sicche' -  puntualizza  la  memoria  del
Senato  -  «qualora  il  destinatario  avesse  ricevuto  la  suddetta
comunicazione lo stesso giorno, il termine di sessanta giorni sarebbe
venuto a scadenza in data 12 luglio 2010». Essendo invece la notifica
avvenuta il 14 luglio, era onere del Giudice  ricorrente  fornire  la
prova di aver ricevuto la comunicazione della cancelleria  di  questa
Corte in una data corrispondente o successiva al 15 maggio  2010.  Si
domanda, dunque, che la Corte accerti l'avvenuto rispetto del termine
e, ove  lo  stesso  risultasse  spirato,  dichiari  improcedibile  il
ricorso. 
    Nel merito,  il  ricorso  sarebbe  infondato.  Le  doglianze  del
ricorrente, infatti, tutte volte a contestare la  attendibilita'  dei
fatti risultanti nel documento  della  Commissione  parlamentare  sul
dossier  Mitrokin,  risulterebbero  inconferenti  agli  effetti   del
conflitto fra poteri dello Stato, riguardando, semmai, esclusivamente
il procedimento penale pendente davanti  al  ricorrente,  nella  sola
ipotesi in cui non  ricorresse  la  pregiudiziale  prerogativa  della
insindacabilita'. Il ricorrente, d'altra parte, non e' stato in grado
di  contestare  la  correttezza  della   delibera   approvata   dalla
Assemblea, circa il fatto che le opinioni espresse  dall'ex  senatore
Stracquadanio costituissero riproduzione testuale dei risultati della
Commissione Mitrokin. Ne' puo'  sussistere  dubbio  alcuno  che  tale
documento rappresentasse atto tipico,  espressione  di  un  organismo
parlamentare, a prescindere dal merito dei relativi contenuti e della
relativa attendibilita'. Da qui la infondatezza delle doglianze mosse
dal  ricorrente,  avuto  riguardo   alla   piena   ritualita'   della
deliberazione  di  insindacabilita'  delle  opinioni   espresse   dal
parlamentare, in quanto  divulgative  della  attivita'  istituzionale
svolta dalla cosiddetta «Commissione Mitrokin». 
    4. - Il 18 gennaio 2011 il Senato della Repubblica ha  depositato
una  nuova  memoria,  nella  quale,  dopo  aver   dato   atto   della
tempestivita'  degli  adempimenti  successivi  alla  pronuncia  della
ordinanza di questa Corte che ha dichiarato ammissibile il conflitto,
e della conseguente infondatezza dei dubbi prospettati nella  memoria
di costituzione in giudizio circa la eventuale  improcedibilita'  del
conflitto, ha ribadito la infondatezza delle doglianze proposte dalla
autorita' giudiziaria confliggente, sottolineando come le censure  si
limitino,  nella  sostanza,  a  dedurre  la  inattendibilita'   delle
conclusioni cui e' pervenuta la Commissione «Mitrokin»:  circostanza,
questa, in ipotesi significativa ai fini del giudizio di  merito,  ma
inconferente agli effetti del conflitto proposto. 
    Quanto,  poi,   alla   sussistenza   dei   presupposti   per   la
operativita', nella  specie,  della  correttezza  della  delibera  di
insindacabilita' pronunciata dal Senato a norma dell'art.  68,  primo
comma, Cost., la memoria ribadisce, anzitutto, il carattere meramente
riproduttivo dei risultati della attivita' svolta  dalla  Commissione
«Mitrokin», addirittura sul piano della corrispondenza  testuale  tra
il documento conclusivo della Commissione e le espressioni contestate
al senatore Stracquadanio. 
    Sussisterebbe, poi, il legame temporale tra la pubblicazione  del
volume «Le mani rosse sull'Italia», contenente le  dichiarazioni  del
parlamentare, e la presentazione del Documento conclusivo dei  lavori
della Commissione «Mitrokin», giacche'  il  primo  e'  successivo  al
secondo di soli cinque mesi: tenuto conto del fatto che il 9 ed il 10
marzo di quello  stesso  anno  (2006)  si  sono  tenute  le  elezioni
politiche (con conseguente scadenza della XIV  Legislatura),  sarebbe
ragionevole ritenere - sottolinea la memoria del Senato - che il sen.
Stracquadanio, «in un momento immediatamente successivo alla scadenza
della Legislatura nella quale si erano appena conclusi i lavori della
Commissione d'inchiesta, abbia provveduto a «divulgare» gli esiti per
come risultanti testualmente nel  «Documento  conclusivo»  depositato
agli atti parlamentari». 
    A proposito, poi, della circostanza che il sen. Stracquadanio non
facesse parte della Commissione «Mitrokin» e che pertanto non potesse
essere considerato  «autore»  del  documento  conclusivo,  il  Senato
osserva come la natura delle Commissioni  parlamentari  di  inchiesta
istituite a norma dell'art. 82 della  Costituzione,  comporti,  anche
alla luce della giurisprudenza costituzionale  formatasi  sul  punto,
che la relativa attivita' istituzionale non possa essere  considerata
riferibile ai singoli membri della Commissione,  ma  alla  Camera  di
appartenenza o ad entrambe le Camere, a  seconda  che  si  tratti  di
commissione mono o bicamerale. Nei relativi  documenti,  dunque,  non
potranno  rinvenirsi  opinioni  riferibili  a  singoli  parlamentari,
essendo esse imputabili alla Camera o alle Camere cui la  Commissione
si riferisce. A parere del Senato, infatti, i risultati finali  della
inchiesta entrano nella  «piena  e  permanente  disponibilita'  delle
Camere - dunque, di ciascuno dei  loro  membri  -  e,  pertanto,  non
possono  essere   considerati   alla   stregua   di   fatti   storici
cronologicamente riferibili a una data determinata  (tanto  piu'  nel
periodo successivo immediatamente piu' prossimo  alla  produzione  di
quei risultati), ne' subire le «cesure» delle attivita'  parlamentari
connesse con la scadenza delle Legislature». Da  qui  la  correttezza
della delibera di insindacabilita' adottata dal  Senato,  trattandosi
nella specie di divulgazione del contenuto di  atti  riferibili  alle
Camere nel loro  complesso  e,  come  tali,  dunque,  anche  al  sen.
Stracquadanio. 
    D'altra parte - conclude la memoria - ove il Senato avesse deciso
diversamente, avrebbe, di fatto, consentito al Giudice ricorrente  di
trattare i risultati della Commissione parlamentare alla  stregua  di
«comuni manifestazioni del pensiero  ai  sensi  dell'art.  21  Cost.,
rendendo possibile un  inammissibile  sindacato  giurisdizionale  sui
lavori    della    Commissione     parlamentare     d'inchiesta     e
sull'attendibilita' e la  veridicita'  delle  conclusioni  da  questa
raggiunte». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. - Il Giudice per le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di
Firenze solleva conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato  nei
confronti  del  Senato  della   Repubblica,   in   riferimento   alla
deliberazione, assunta il 12 febbraio 2009, con la quale l'Assemblea,
nell'approvare la proposta formulata dalla Giunta  delle  elezioni  e
delle immunita' parlamentari (doc. IV-ter, n. 12), ha  stabilito  che
le dichiarazioni rese dal senatore  Giorgio  Stracquadanio  -  ed  in
relazione alle quali pende a suo carico procedimento  penale  davanti
al Giudice ricorrente per il reato di diffamazione aggravata commessa
col mezzo della stampa  a  seguito  di  querela  proposta  dal  dott.
Giuseppe De Michelis di Slonghello - costituiscono opinioni  espresse
da un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue  funzioni,
ricadendo, pertanto, nella garanzia della  insindacabilita'  prevista
dall'art. 68, primo comma, della Costituzione. 
    A parere del Giudice ricorrente non sussisterebbe,  infatti,  nel
caso di specie, alcun nesso funzionale tra la funzione parlamentare e
l'attribuzione alla persona offesa del fatto determinato  su  cui  si
radica il procedimento penale, non potendo i fatti e  le  espressioni
in contestazione intendersi come attivita' divulgativa  di  specifici
atti svolti dall'imputato come parlamentare, non potendosi a tal fine
evocare  i  risultati  raggiunti   dalla   Commissione   parlamentare
istituita sul caso Mitrokin. Da cio' la  denuncia  di  conflitto  per
menomazione della propria sfera  di  attribuzioni  costituzionalmente
presidiate, con la  conseguente  richiesta  di  declaratoria  di  non
spettanza delle attribuzioni esercitate dal Senato  della  Repubblica
in riferimento alla deliberazione di cui si e' detto, e  della  quale
si domanda, conseguentemente, l'annullamento. 
    A  tale  prospettazione  resiste  il  Senato  della   Repubblica,
deducendo che il senatore Stracquadanio risultava tra i firmatari  di
una  interrogazione  parlamentare  (n.  3-00439,  pubblicata  il   28
febbraio 2007), nella quale si ravviserebbe una sostanziale identita'
di contenuti rispetto alle  dichiarazioni  oggetto  del  procedimento
penale, riguardando tale atto di sindacato  parlamentare  proprio  la
attivita' di indagine compiuta  dalla  Commissione  parlamentare  sul
cosiddetto   dossier   Mitrokin.    L'attivita'    contestata    allo
Stracquadanio, ha ancora dedotto il Senato, si inquadrerebbe, dunque,
in una mera divulgazione dei risultati cui  e'  pervenuta  l'indicata
Commissione parlamentare, che, come tali - ha osservato il  Senato  -
rientrano nella «piena e permanente  disponibilita'  delle  Camere  -
dunque, di ciascuno  dei  loro  membri»,  cosi'  da  giustificare  la
delibera di insindacabilita' oggetto di ricorso, proprio  perche'  la
condotta ascritta al parlamentare sarebbe nella specie  coincisa  con
la divulgazione del contenuto di atti riferibili alla Camera nel  suo
complesso. 
    2. - Preliminarmente, deve essere confermata l'ammissibilita' del
conflitto, sussistendone i presupposti soggettivi ed oggettivi,  come
gia' ritenuto da questa Corte nell'ordinanza n. 174 del 2010. 
    3. - Nel merito il ricorso e' fondato. 
    L'individuazione dei confini entro  i  quali  opera  la  garanzia
della  insindacabilita'  delle  opinioni  espresse  dai  parlamentari
nell'esercizio delle  proprie  attribuzioni,  sancita  dall'art.  68,
primo comma, della Costituzione, postula la necessita' di  tracciare,
quale naturale linea di displuvio, la risultante che  scaturisce  dal
bilanciamento  tra  due  contrapposte  esigenze,  entrambe  di  rango
costituzionale:  vale  a  dire,  da  un  lato,  quella  di   tutelare
l'autonomia e  le  liberta'  delle  Camere  e,  per  esse,  dei  suoi
appartenenti, e, dall'altro, di garantire il concreto  esercizio  dei
diritti  e  degli  interessi  dei  terzi,  suscettibili   di   essere
compromessi dalle dichiarazioni dei parlamentari,  fra  i  quali,  in
particolare, il fondamentale valore  della  dignita'  della  persona,
salvaguardato come  diritto  inviolabile,  tanto  dall'art.  2  della
Costituzione, che dall'art. 1 della Carta  dei  diritti  fondamentali
dell'Unione europea, i cui principi sono stati recepiti  dall'art.  6
del  Trattato  sull'Unione   europea.   Da   qui   la   delimitazione
rigorosamente  «funzionale»  dell'ambito  della   prerogativa   della
insindacabilita', suscettibile di  trasformarsi,  altrimenti,  in  un
privilegio di carattere  personale.  Da  cio'  l'assunto  secondo  il
quale, nel normale svolgimento della vita democratica e del dibattito
politico, le opinioni che il parlamentare esprima fuori dai compiti e
dalle attivita' propri delle assemblee o degli organismi in cui  puo'
articolarsi l'attivita' parlamentare, rappresentano l'esercizio della
liberta' di espressione comune a  tutti  i  consociati,  con  l'ovvia
conseguenza che  il  nesso  funzionale  da  riscontrarsi,  per  poter
ritenere sussistente  la  garanzia  della  insindacabilita',  tra  la
dichiarazione divulgativa extra  moenia  e  l'attivita'  parlamentare
propriamente  intesa,  non  puo'  essere  visto  come   un   semplice
collegamento di argomento o di contesto politico fra l'una e l'altra,
ma come identificabilita' della dichiarazione quale espressione della
attivita'  parlamentare,  postulandosi  anche,  a   tal   fine,   una
sostanziale  contestualita'  tra  i  due  momenti,  a   testimonianza
dell'unitario alveo «funzionale» che le deve, appunto, correlare (fra
le tante, sentenze n. 301 e n. 10 del 2010; n. 420 e n. 97 del 2008). 
    A simili approdi ricostruttivi, d'altra parte, e' pure  pervenuta
la giurisprudenza formatasi sul punto da parte  della  Corte  europea
dei diritti dell'uomo, in varie  circostanze  investita  proprio  del
tema della insindacabilita' delle opinioni espresse da  parlamentari,
in riferimento alla contrapposta facolta' delle  persone  in  ipotesi
coinvolte da quelle opinioni di esercitare i propri  diritti  davanti
ad un organo giurisdizionale.  La  Corte  di  Strasburgo  ha  infatti
rilevato come rappresenti prassi generalizzata quella che  gli  Stati
riconoscano  una  immunita',  piu'  o  meno  ampia,  ai  membri   del
Parlamento, per consentire la libera espressione delle opinioni e dei
voti ai rappresentanti del popolo ed impedire che azioni  giudiziarie
partigiane  (poursuites  partisanes,  nel  testo  in  francese  della
pronuncia)  possano  ledere  la  funzione  parlamentare.  Dunque,  ha
soggiunto la Corte, la previsione dettata dall'art. 68, primo  comma,
della Costituzione  italiana  persegue  scopi  legittimi,  quali,  in
particolare, la  tutela  del  libero  dibattito  parlamentare  ed  il
mantenimento della separazione dei poteri legislativo e  giudiziario.
Secondo la Corte di Strasburgo, tuttavia, la  assenza  di  un  legame
evidente con  un'attivita'  parlamentare  esige  una  interpretazione
ristretta del concetto di proporzionalita' tra lo scopo prefissato ed
i mezzi impiegati, specie quando le limitazioni al diritto  di  agire
in giudizio derivino da una  deliberazione  di  un  organo  politico.
Giungere ad una conclusione diversa  -  ha  infatti  sottolineato  la
stessa Corte - equivarrebbe a  limitare  in  modo  incompatibile  con
l'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione il diritto di  accesso  alla
giustizia dei privati, ogniqualvolta i discorsi oggetto della  azione
giudiziaria siano stati  pronunciati  da  un  membro  del  Parlamento
(sentenza 27 gennaio 2009, C.G.I.L. e Cofferati contro  Italia  e  le
altre pronunce ivi citate). 
    4. - Ebbene, nel resistere al ricorso - e come gia' si  e'  fatto
cenno - il Senato  evoca,  quale  atto  «tipico»  che  fungerebbe  da
«copertura» per  la  insindacabilita'  delle  affermazioni  contenute
negli scritti dell'allora senatore Stracquadanio,  la  interrogazione
n. 3-00439 presentata il 28 febbraio 2007 da Paolo Guzzanti ed  altri
(fra i quali lo Stracquadanio) al Ministro dell'interno, nella  quale
si stigmatizzava il «selvaggio  linciaggio  mediatico  nei  confronti
dell'ex Presidente della Commissione Mitrokin» e  coinvolgente  anche
l'ex consulente della  stessa  Commissione,  Mario  Scaramella.  Tale
assunto e' ovviamente alla base della relazione  della  Giunta  delle
elezioni e delle immunita' del Senato, con la quale  fu  proposta  la
delibera di  insindacabilita',  poi  approvata  dalla  Assemblea  del
Senato. La Relazione - va osservato - si fa carico anche del problema
relativo allo iato temporale che separa  fra  loro  la  pubblicazione
delle espressioni ritenute offensive, che risale all'agosto  2006,  e
la iniziativa parlamentare di cui si e' detto, addirittura successiva
di vari mesi. Sul punto, osserva la  Relazione,  che,  nella  specie,
«non sarebbe infatti opponibile l'obiezione, a  carattere  temporale,
attinente al momento in cui  l'interrogazione  e'  stata  depositata,
chiaramente   successivo   a   quello   della   pubblicazione   delle
dichiarazioni  oggetto  di   contestazione»,   in   quanto   dovrebbe
auspicarsi  l'accoglimento  della  tesi,  gia'  in  varie   occasioni
espressa dal Senato, secondo la quale occorrerebbe  pervenire  ad  un
«"salto  interpretativo"  volto  a  ritenere  sussistente  il   nesso
funzionale "in tutte le occasioni in cui il parlamentare raggiunga il
cittadino, illustrando la propria  posizione"».  L'assunto  e'  pero'
contraddetto dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la  quale
ha sempre escluso che possano fungere  da  elementi  di  riferimento,
agli effetti della garanzia della insindacabilita'  di  cui  all'art.
68, primo comma, Cost.,  atti  compiuti  dal  parlamentare  in  epoca
successiva alle dichiarazioni extra moenia (fra le tante, sentenze n.
134 del 2008; n. 371 e n. 335 del 2006). D'altra parte,  risulterebbe
davvero eccentrico  evocare  il  concetto  di  «divulgazione»  -  nel
quadro, anche, di quanto previsto dall'art. 3 della legge n. 140  del
2003  -  ove  la  relativa  attivita',  «espletata  anche  fuori  del
Parlamento», si realizzasse in un momento antecedente  alla  opinione
espressa dal parlamentare nell'esercizio delle funzioni tipiche. 
    Ma, anche a voler prescindere da  tali  pur  assorbenti  rilievi,
resta il dato - parimenti dirimente -  rappresentato  dalla  assoluta
inconferenza dei temi trattati nella interrogazione  parlamentare  di
cui si e' detto, rispetto a  quanto  specificamente  contenuto  nella
pubblicazione  oggetto  del  procedimento  penale  per  diffamazione,
promosso nei confronti del sen. Stracquadanio. Questa  pubblicazione,
infatti,  verte  sulle  risultanze   scaturite   dai   lavori   della
Commissione «Mitrokin» e sull'inserimento della  persona  offesa  nel
novero delle «spie assoldate in  Italia  dal  KGB»;  l'interrogazione
verte, invece, sugli attacchi giornalistici riguardanti il Presidente
della Commissione stessa e le  polemiche  che  avevano  coinvolto  un
consulente della Commissione parlamentare. Tra i  due  atti,  dunque,
non v'e', a  ben  guardare,  neppure  quella  semplice  comunanza  di
tematiche che, pure, secondo la giurisprudenza di questa  Corte,  non
basta a fondare il «nesso funzionale» su cui si  radica  la  garanzia
della insindacabilita'. 
    5. - Nella piu' recente memoria, il Senato sembra  correggere  il
tiro  delle  proprie  difese,  facendo  leva   sul   fatto   che   la
pubblicazione incriminata altro non rappresenterebbe che una semplice
divulgazione di atti ufficiali del Parlamento, ed in particolare  del
Documento conclusivo rassegnato  dalla  Commissione  parlamentare  di
inchiesta sul «dossier Mitrokin», sottolineando come  la  circostanza
che lo Stracquadanio non facesse parte della Commissione parlamentare
e, quindi, che quel  documento  non  fosse  al  medesimo  riferibile,
doveva ritenersi  inconferente  agli  effetti  della  garanzia  della
insindacabilita', giacche' quell'atto,  promanando  da  un  organismo
parlamentare, doveva  ritenersi  riferibile  al  Parlamento  nel  suo
complesso, e dunque, anche al senatore Stracquadanio. 
    Si tratta, pero', di un assunto tutt'altro che persuasivo,  posto
che «l'opinione» garantita dalla insindacabilita', a norma  dell'art.
68, primo comma, Cost. - come questa Corte ha costantemente affermato
- e' quella propria del singolo parlamentare per come espressa  negli
atti  funzionali  che  egli  compie,  e  non  quella  -  generale  ed
impersonale - che puo' trarsi dagli atti riferibili al Parlamento nel
suo complesso o  a  sue  articolazioni.  La  dimostrazione  di  cio',
d'altra parte, e' offerta proprio dall'argomento  «per  assurdo»  che
svolge lo stesso Senato nella memoria piu' recente,  laddove  afferma
che - opinando diversamente - nel divulgare atti del  Parlamento,  il
sen. Stracquadanio sarebbe trattato alla stregua di  un  quisquis  de
populo, chiamato ad esprimere «comuni manifestazioni del pensiero  ai
sensi dell'art. 21 Cost». La divulgazione, eventualmente critica,  di
atti  o  lavori  parlamentari  non  inerenti  alle  proprie,  dirette
funzioni, puo'  inquadrarsi,  infatti,  nella  normale  attivita'  di
critica politica che il parlamentare e' libero di svolgere al pari di
qualunque cittadino, senza fruire, peraltro, di  specifiche  clausole
di immunita' che finirebbero per coinvolgere e compromettere -  senza
una specifica relazione con la logica di  garanzia  sottesa  all'art.
68, primo comma, Cost. - i diritti dei terzi a veder tutelata in sede
giurisdizionale la propria immagine e la propria onorabilita'. 
    Sussistono, dunque, gli estremi per ritenere fondato  il  ricorso
proposto dalla autorita' giudiziaria di Firenze, con  la  conseguente
declaratoria  di  non  spettanza   al   Senato   di   deliberare   la
insindacabilita' delle opinioni espresse dal  sen.  Stracquadanio  in
riferimento ai fatti per i quali e' processo, e l'annullamento  della
deliberazione di che trattasi.