IL GIUDICE DI PACE Nella causa iscritta al n. 1011 R.G.A.C., vertente tra De Annuntiis Patrizia, nata a Nettuno il 4 aprile 1957, c.f.: DNNPRZ57D44F880F, elettivamente domiciliata in Nettuno, in via Birago n. 8, presso lo studio dell'avv. Romina Riccardi, che la rappresenta e difende, unitamente al prof. avv. Fabrizio Salberini, in virtu' di delega in calce all'atto di citazione, contro la Acqualatina S.p.a., c.f. e p.iva 02111020596, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Alessio Ullucci, elettivamente domiciliato in Nettuno, in via Romana n. 69 presso lo studio dell'avv. Federica Fiorilli; Letti gli atti e sciogliendo la riserva di cui all'udienza del 10 maggio 2011, Osserva che l'attrice, con atto di citazione, ha esposto quanto segue. In fatto Come dimorante in Nettuno, l'attrice e' utente dell'Acqualatina S.p.a., giusto contatto n. 00000023894, e con bolletta in data 31 maggio 2010, del cui importo ha chiesto qui la ripetizione, unitamente ai pagamenti gia' effettuati, e' stata costretta a corrispondere la somma di € 123,71, cifra esagerata e sproporzionata comunque al valore di mercato del bene fornito. Complessivamente, l'attrice ha versato per consumi d'acqua la notevole somma di € 2.054,94. Osserva, pertanto, l'attrice che detta somma, richiesta e pagata, e' ingiusta, come e' ingiusto tutto il sistema di distribuzione dell'acqua e di pagamento del servizio a carico del cittadino, ormai oppresso dalla richiesta di privati speculatori, che, come in questo caso, amministrano, a proprio beneficio, beni pubblici essenziali. L'attrice intende dimostrare, quindi, la illegittimita' di questa ulteriore «Tassa dell'acqua», ricostruendo, innanzitutto, sia pure riassuntivamente, l'intera vicenda. E per vero nell'anno 1994, a giudizio degli allora governanti, vista la frammentazione degli operatori pubblici dell'acqua (allora, oltre 13.000, secondo quanto si legge (?) negli atti ufficiali nel 1994), si penso' di trasformare la distribuzione del bene «acqua» (che, si rammenta, e' di necessita' pubblica essenziale, insieme all'aria, e costituisce l'elemento indispensabile per la vita sul nostro pianeta), in una gestione efficiente di tipo industriale per eliminare, si diceva, una disomogeneita' degli standard qualitativi del servizio. Sulla scorta di questi principi, piu' noti come legge Galli (legge 5 gennaio 1994, n. 36 «Disposizioni in materia di risorse idriche»), si intese modernizzare e riorganizzare il settore in questione, attribuendo, alle autorita' regionali e locali, la riorganizzazione dei servizi di acquedotto e di smaltimento per cui, alla base del nuovo assetto distributivo, fu concepito il c.d. ATO (ambito territoriale ottimale), che consiste (almeno secondo le intenzioni di chi li volle), in quella parte del territorio su cui sono organizzati servizi pubblici integrati (idrico rifiuti ecc.). Gli ATO sono stati individuati dalle Regioni con apposita legge; Nel caso di specie, il Servizio Idrico Integrato avrebbe dovuto avere, come riferimento territoriale, i bacini idrografici collegati, per il cui funzionamento pero' sono state realizzate ulteriori istituzioni (con assegnazione del relativo personale), e cioe' le Autorita' d'Ambito, strutture con personalita' giuridica che dovrebbero organizzare, affidare e controllare la gestione del Servizio Integrato. L'Autorita' dell'A.T.O. n. 4 , «Lazio Meridionale Latina», quella in questione, nasce il 4 luglio 1997 con la deliberazione del Consiglio provinciale n. 56, in cui si approvava lo schema definitivo della Convenzione di Cooperazione di cui alla lettera a) - 1° comma della l.r. 22 gennaio 1996, n. 6 e con essa la regolamentazione dei rapporti tra gli enti locali ricadenti nel territorio al fine di organizzare il Servizio Idrico Integrato (S.I.I.), con gestione unica ed integrata dei servizi di captazione, adduzione e distribuzione dell'acqua per usi civili, nonche' del collettamento e depurazione delle acque di rifiuto nell'Ambito Territoriale ottimale n. 4 denominato «Lazio Meridionale Latina» (cosi' dall'omonimo sito internet). L'Autorita' d'Ambito dell'ATO 4 ha scelto come gestore del SII l'Acqualatina Spa, societa' mista a prevalente capitale pubblico (il 51% del capitale e' detenuto dai Comuni dell'ATO 4 in proporzione alla popolazione residente, mentre il 49% del capitale si appartiene al socio privato). Osserva 1'attrice che trattasi di una frammentazione del capitale della societa' mista, assolutamente inaudita, visto il numero dei Comuni interessati che sono 32 della provincia di Latina (tutti i Comuni tranne Campodimele); 2 Comuni che appartengono alla provincia di Roma (comuni di Anzio e Nettuno); 4 Comuni che appartengono invece alla provincia di Frosinone (comuni di Amaseno, Vallecorsa, Villa S. Stefano e Giuliano di Roma). Il che equivale, a eliminare qualsiasi possibilita', nel concreto, di intervento dei Comuni interessati (e azionisti) nei confronti della societa' di servizi, titolari, loro, di un capitale altamente frazionato e di problematica riunione e convocazione, a fronte di, quello della Societa' Mista, monolitico e di un solo punto inferiore a quello degli organi controllo (e di gestione). Soggiunge l'attrice che la soc. Acqualatina, sembra essere uno schermo, piccolo o grande, a seconda dei punti di vista, del ben piu' autorevole gruppo Veolia che possiede ben il 96,7% delle azioni di Acqualatina, e che e' ritenuto, il n. 1 al mondo nei servizi idrici; con 12,56 miliardi di euro di fatturato nel 2008, con piu' di 131 milioni di persone servite in acqua potabile/depurazione nel mondo; con 93.433 dipendenti. E' attiva in 64 paesi con piu' di 4.400 contratti di gestione nel mondo. Piu' in particolare, e per quanto se ne riesce a sapere, la Veolia Environnement, con sede a Parigi, e' un multinazionale planetaria che si occupa della distribuzione di acqua in tutto il mondo, ovviamente conseguendo, o cercando di conseguire, il controllo mondiale dell'acqua, non certo per beneficenza. In particolare nel settore servizi per le Pubbliche Amministrazioni, Veolia Acqua e' attiva nell'intero ciclo idrico integrato e cioe', per l'approvvigionamento e distribuzione acqua potabile, raccolta e depurazione acque reflue attivita' complementari al servizio idrico integrato. Accertato quindi che l'Aqualatina altro non e' che una pedina delle societa' che si contendono il monopolio dell'acqua in tutto il mondo, come strumento economico e di potere, soggiunge l'attrice, che Acqualatina amministra la concessione de qua con modalita' arbitrarie anche perche' non pubblica, ne' bilanci sociali, ne' bilanci ambientali. Rammenta l'attrice, che il Tribunale di Latina, Sent. 2058 del 30 dicembre 2008 ha condannato a sei mesi di reclusione e a 200 mila euro di multa, Cyna Bernard, amministratore delegato di Acqualatina nel 2004, perche' ha rilevato un «gravissimo tasso di inquinamento e di pericolosita' per la salute pubblica» delle acque in uscita dal depuratore comunale di Aprila. Piu' recentemente nell'aprile del 2009, vari Comuni, proprietari di quote in Acqualatina, hanno denunciato che la societa' dal punto di vista gestionale e finanziario e' un fallimento; mentre nell'assemblea dei soci che si e' tenuta nell'aprile dello stesso 2009, i comuni di Gaeta, Cori, Spigno, Nettuno e Priverno hanno votato contro la gestione della societa', mentre il comune di Aprila per protesta non ha partecipato all'assemblea. Dichiara un assessore, portavoce del comune di Gaeta: «Il bilancio di esercizio 2008 ha chiuso con una perdita di oltre quattro milioni di euro». Ad aggravare la situazione per l'utenza, il contratto di Acqualatina, non prevede alcun rischio d'impresa per il partner privato: le perdite ricadrebbero esclusivamente sul socio pubblico. A titolo esemplificativo, rammenta ancora l'attrice, da quando e' iniziata la gestione di tipo privato, le bollette sono aumentate del 300%. E per protesta ad Aprilia, meta' delle utenze, 7mila su 15mila, non pagano le bollette alla societa' di gestione, ma direttamente al Comune. Per tutta risposta Acqualatina ha inviato ingiunzioni di pagamento tramite cartelle esattoriali (?) ed ha chiuso la fornitura a varie utenze. Ma la Magistratura ha contestato la legittimita' di tali ritorsioni e nel febbraio 2009 il Giudice di pace di Terracina, seguendo la denuncia di un cittadino che aveva ricevuto la cartella esattoriale, ha stabilito l'altro, tra che Acqualatina non puo' usare tali mezzi coercitivi, perche' non ha il ruolo di ufficiale giudiziario. «In quanto societa' privata - scrive il giudice - deve comportarsi come tutti i cittadini e avrebbe dovuto munirsi preventivamente, quindi, di un idoneo titolo, come ogni altro cittadino che voglia agire coattivamente contro il debitore ritenuto inadempiente». Il giudice ha inoltre ritenuto che i vertici di Acqualatina erano a conoscenza dei loro diritti e doveri, pur tuttavia hanno continuato a mandare cartelle esattoriali senza averne titolo. Per questo definisce la condotta della societa' in «malafede e macchiata di colpa grave». (Giudice di pace di Terracina, Sentenza nel procedimento civile R. G. n. 778/08/A, 17 febbraio 2009). Conclude l'attrice denunciando una vera e propria intesa multinazionale per l'appropriazione della fornitura e della distribuzione dell'acqua nel mondo, sfruttando le risorse nazionali, come appunto dimostra la incredibile attivita' dell'Acqualatina che gestisce risorse pubbliche, a beneficio privato. Pertanto l'attrice ha sollevato eccezioni di incostituzionalita' della vigente normativa sull'acqua pubblica e una richiesta di rinvio alla Corte di giustizia della U.E. per abuso di posizione dominante. All'udienza del giorno 10 maggio 2011 questo Giudice si e' riservato. Sciogliendo la riserva Questo Decidente osserva. Diritto Il giudizio di cui sopra attiene espressamente alla legittimita' Costituzionale o non, del regime idrico attuato con dell'art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, e successive modificazioni, cioe' alla «Tariffa del servizio idrico integrato», che va fornito alla utenza quale corrispettivo del servizio, determinato tenendo conto della qualita' della risorsa idrica, e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entita' dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorita' d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio «chi inquina paga». Esattamente negli stessi termini la Corte Costituzionale con la sentenza n. 26 del 12 gennaio 2011 ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare appunto per l'abrogazione dell'art. 154, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), e successive modificazioni, limitatamente alle parole: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito»; richiesta dichiarata legittima, con ordinanza pronunciata il 6 dicembre 2010, dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione. E' stato infatti osservato, (tra gli altri, Comitato Rodota') l'ammissibilita' della richiesta referendaria, in quanto la stessa, mirando, in modo chiaro e univoco, ad escludere il profitto tra le motivazioni accettabili per un soggetto che vuole gestire il servizio idrico integrato, sarebbe finalizzata, a seguito della auspicata abrogazione, a fondare un sistema coerente con il riconoscimento dell'acqua come bene comune. Anche l'Associazione Nazionale Giuristi Democratici, ha depositato atto di intervento sostenendo l'ammissibilita' della richiesta referendaria, in quanto: a) il fine perseguito sarebbe chiaro e coerente, ovvero far si' che il servizio idrico non sia gestito con la logica del profitto, eliminando il parametro di determinazione della tariffa costituito dalla remunerazione dell'investimento, che presenterebbe elementi di «disarmonia» rispetto alle altre voci, dirette ad assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio; b) attraverso il detto quesito si cercherebbe almeno di evitare all'utenza un eccessivo incremento della tariffa; c) anche dopo l'intervento referendario la norma manterrebbe intatta la propria capacita' operativa, essendo la tariffa determinata con parametri in grado di consentire la copertura dei costi. Tanto premesso e ritenuto; Vista la domanda dell'attrice Patrizia De Annuntis, nella quale si lamenta la gravosita' dei canoni per l'utenza idrica, come attualmente determinati dalle stesse norme, ritenute meritevoli di Giudizio costituzionale dalla sentenza n. 26 del 12 gennaio 2011 del Giudice delle leggi; Vista ancora la sentenza n. 26 del 12 gennaio 2011 della Corte costituzionale, in ragione della quale l'eccezione sollevata nel presente giudizio sulla legittimita' dell'art. 154, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, al fine di ottenere, in tutto o in parte, la restituzione dei canoni versati, non e' manifestamente infondata.