Ricorso del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  in  carica,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  (C.F.
80224030587, n. fax 06/96514000 e P.E.C.  per  il  ricevimento  degli
atti   ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it)   nei   cui   uffici    e'
domiciliato in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12; 
    Contro la Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige, in  persona
del Presidente della Giunta Provinciale in carica; 
    Per  l'impugnazione  della  legge  della  Provincia  autonoma  di
Bolzano 12 dicembre 2011, n. 14, pubblicata nel Bollettino  Ufficiale
della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige  n.  51  del  20  dicembre
2011, supplemento n. 1, recante «norme in materia di  caccia,  pesca,
foreste,   ambiente,   usi   civici,   agricoltura,   patrimonio   ed
urbanistica», in relazione ai suoi articoli 2, commi 1, 2, 3, 5,  11,
15 nonche' 7, comma 5, in virtu'  della  deliberazione  adottata  dal
Consiglio dei ministri nella seduta del 3 febbraio 2012. 
    La legge provinciale della Provincia Autonoma di  Bolzano  n.  14
del 12 dicembre 2011 reca  disposizioni  varie,  tra  le  quali,  per
quanto rileva ai fini del presente ricorso, norme di  modifica  della
legge provinciale 17 luglio  1987,  n.  14,  recante  «Norme  per  la
protezione della fauna selvatica e per l'esercizio della  caccia»,  e
norme di modifica della legge provinciale 12 maggio 2010, n. 6 «Legge
di tutela della natura e altre disposizioni». 
    In particolare,  l'art.  2  della  citata  legge  provinciale  n.
14/2011 introduce modificazioni alla legge provinciale n.  14/87  del
seguente tenore: 
    1. Il comma n. 1 modifica il comma 1 dell'  art.  2  della  legge
provinciale n. 14/1987, escludendo dal campo  di  applicazione  della
norma,  che  definisce  la  fauna  selvatica,  i  piccioni  domestici
inselvatichiti. («1. Per fauna  selvatica  ai  sensi  della  presente
legge si intendono i mammiferi e gli  uccelli  viventi  in  stato  di
naturale  liberta',  stabilmente  o  temporaneamente   presenti   nel
territorio  provinciale,  esclusi  le  talpe,   i   ratti,   i   topi
propriamente   detti,   le   arvicole   e   i   piccioni    domestici
inselvatichiti.»); 
    2. Il comma n. 2 modifica le lettere b) ed e) del comma  1  dell'
art. 4 della legge provinciale  n.  14/1987,  prevedendo  particolari
periodi di caccia per le specie volpe,  cinghiale,  lepre  bianca,  e
pernice bianca, differenziati rispetto alla normativa statale  («  b)
specie  cacciabili  dal  1°  luglio  al  31  gennaio:  1)  volpe;  2)
cinghiale; e) specie cacciabili dal 1° ottobre  al  15  dicembre:  1)
lepre bianca; 2) pernice  bianca;  3)  fagiano;  4)  colombaccio;  5)
germano reale; 6) folaga; 7) beccaccia;  8)  merlo;  9)  cesena;  10)
cornacchia; 11) ghiandaia; 12) gazza; 13)  muflone;  14)  daino;  15)
coniglio selvatico; 16) quaglia; 17)  marzaiola;  18)  alzavola;  19)
tordo bottaccio;»); 
    3. Il comma n. 3 inserisce il comma 1-bis all'art. 4 della  legge
provinciale n.  14/1987,  prevedendo  che,  in  zone  frutti-viticole
determinate, l'esercizio della caccia alla lepre  comune,  al  merlo,
alla cesena ed al tordo bottaccio sia consentito fino al 10  gennaio.
La medesima norma, inoltre, consente, nel periodo a  partire  dal  16
dicembre, la caccia a queste tre specie di  turdidi  tutti  i  giorni
della settimana.  («1-bis.  Nelle  zone  frutti-viticole  determinate
annualmente dall'ufficio provinciale competente in materia di caccia,
sentita la Ripartizione provinciale  Agricoltura,  l'esercizio  della
caccia alla lepre comune, al merlo, alla cesena ed al tordo bottaccio
e' consentito fino al 10  gennaio.  Nel  periodo  a  partire  dal  16
dicembre la caccia  a  queste  tre  specie  di  turdidi  puo'  essere
praticata tutti i giorni della settimana in deroga a quanto  previsto
al comma 3-bis.»); 
    4. Il comma n. 5 sostituisce l'art. 13 della legge provinciale n.
14/1987, prevedendo  che  l'esercizio  dell'attivita'  venatoria  sia
consentita sia in  forma  vagante  sia  mediante  appostamento  fisso
(«Art. 13 (Tesserino di caccia). - 1. Nella provincia di  Bolzano  il
tesserino di caccia previsto dalla normativa  statale  e'  sostituito
dai permessi  di  caccia  di  cui  all'articolo  25,  che  consentono
l'esercizio  della  caccia  sia  in  forma   vagante   che   mediante
appostamento fisso»); 
    5. Il comma n. 11 aggiunge il comma 3  all'art.  29  della  legge
provinciale n. 14/1987,  prevedendo  che  l'assessore  competente  in
materia di caccia predisponga un piano di controllo della  nutria  da
attuarsi dal Corpo forestale e dagli agenti venatori. («3. Al fine di
controllare la propagazione della specie  nutria  (Myocastor  coypus)
l'assessore provinciale competente in materia di caccia predispone un
piano di controllo. Gli appartenenti al Corpo  forestale  provinciale
con licenza di porto di fucile ad uso  caccia  valido  e  gli  agenti
venatori provvedono all'attuazione di detto piano.»); 
    6. Il comma n. 15 inserisce l'art. 36-bis nella legge provinciale
17 luglio 1987, n. 14, prevedendo che l'associazione  dei  cacciatori
istituisca un fondo di garanzia da utilizzare per  indennizzare  ogni
danno  arrecato  alle  colture  agricole  e  forestali  dalla   fauna
selvatica cacciabile. In particolare, in detta norma e' previsto  che
il fondo venga  alimentato  da  un  «contributo  finanziario  annuale
dovuto da ogni titolare di  un  permesso  annuale  o  d'ospite  nella
misura compresa fra il cinque e il dieci per  cento  della  tassa  di
concessione annuale per la licenza di porto  di  fucile  per  uso  di
caccia». («Art. 36-bis (Fondo di garanzia). - 1. Al fine di garantire
che ogni danno arrecato alle colture agricole e forestali dalla fauna
selvatica  cacciabile,  in  special  modo   dagli   ungulati,   venga
indennizzato nella misura ed entro il termine di cui all'articolo 36,
l'Associazione istituisce un fondo di garanzia. Detto fondo non  puo'
essere utilizzato per fini diversi da quelli diretti al  risarcimento
ed  alla  prevenzione  dei  danni  arrecati  dalla  fauna   selvatica
cacciabile, per il miglioramento  dello  spazio  vitale  della  fauna
selvatica e per quelli destinati ad accertare l'entita' dei danni  da
fauna selvatica, comprese eventuali spese giudiziali e  il  pagamento
degli onorari dovuti agli esperti. 2. Il fondo  di  cui  al  comma  1
viene alimentato da un contributo finanziario annuale dovuto da  ogni
titolare di un permesso annuale o d'ospite nella misura compresa  fra
il cinque e il dieci per cento della tassa di concessione annuale per
la licenza di porto di fucile per  uso  di  caccia.  L'ammontare  del
contributo annuale dovuto viene  determinato  con  le  direttive  per
l'esercizio della caccia di cui all'articolo 24). 
    Inoltre l'art.  7  della  citata  legge  provinciale  n.  14/2011
(intitolato «Modifica della legge provinciale 12 maggio  2010,  n.  6
"Legge di tutela della natura  e  altre  disposizioni")  al  comma  5
sostituisce il comma 6 dell'art. 22 della citata legge provinciale n.
6 del 2010, stabilendo che i provvedimenti di approvazione relativi a
opere o progetti che  abbiano  avuto  una  valutazione  di  incidenza
negativa dispongono le misure compensative necessarie  per  garantire
la coerenza globale della rete ecologica europea Natura 2000. («6.  I
provvedimenti di approvazione, per i casi di cui  ai  commi  4  e  5,
dispongono, eventualmente anche a carico del o della  proponente,  le
misure compensative necessarie  per  garantire  la  coerenza  globale
della rete ecologica europea Natura 2000.»). 
    Tali norme sono illegittime per i seguenti 
 
                             M o t i v i 
 
    1)  Violazione  dei  vincoli  statutari  posti   al   legislatore
provinciale dall' art. 8  comma  1,  che  richiama  l'art.  4,  dello
Statuto speciale per il Trentino  Alto-Adige  (d.P.R.  n.  670/1972),
violazione della competenza esclusiva statale di  cui  all'art.  117,
comma 2, lettera s) della  Costituzione,  violazione  dell'art.  117,
comma 1 e delle norme comunitarie, di cui  alla  Direttiva  92/43/CEE
(art. 6 comma 4), in relazione alla legge statale 11  febbraio  1992,
n. 157 («Norme per la protezione  della  fauna  omeoterma  e  per  il
prelievo venatorio») e ai suoi articoli 2 comma 1; art. 18, commi 1 e
2; art. 12, comma 5; art. 19, comma 2; nonche' in relazione  all'art.
5 commi 9 e 10 del d.P.R. n. 357/1997 (Regolamento recante attuazione
della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione  degli  habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche). 
    Si premette, in via generale, che,  nonostante  la  Provincia  di
Bolzano, ai sensi dell' art. 8 comma 1, punti nn. 15 e 16, del d.P.R.
n. 670/1972 recante lo Statuto speciale per il Trentino  Alto  Adige,
abbia una potesta' legislativa primaria in materia  di  caccia  e  di
parchi per la protezione della  flora  e  della  fauna,  secondo  una
consolidata giurisprudenza costituzionale, (cfr. Corte cost. sent. n.
378/2007) la potesta' di disciplinare l'ambiente nella sua  interezza
e' stata affidata in via esclusiva allo Stato, dall'art.  117,  comma
secondo, lettera s) della Costituzione, il quale, come e' noto, parla
di «ambiente» (ponendovi accanto la parola «ecosistema»)  in  termini
generali e onnicomprensivi. 
    Da cio' discende che spetta allo  Stato  disciplinare  l'ambiente
come una entita' organica, dettare cioe' delle norme  di  tutela  che
hanno ad oggetto il tutto e le singole  componenti  considerate  come
parti del tutto. Ed  e'  da  notare  che  la  disciplina  unitaria  e
complessiva del bene «ambiente», inerisce ad un interesse pubblico di
valore costituzionale primario (Corte cost.  sent.  n.  151/1986)  ed
assoluto (Corte Cost. sent. n. 210/  1987)  e  deve  garantire,  come
prescrive il diritto comunitario, un elevato livello di tutela,  come
tale inderogabile da altre discipline di settore. 
    Inoltre, la disciplina unitaria del  bene  complessivo  ambiente,
rimessa in via esclusiva allo Stato,  viene  a  prevalere  su  quella
dettata dalle Regioni  o  dalle  Province  autonome,  in  materie  di
competenza propria,  ed  in  riferimento  ad  altri  interessi.  Cio'
comporta che la disciplina ambientale, che scaturisce  dall'esercizio
di una competenza esclusiva dello Stato,  investendo  l'ambiente  nel
suo complesso,  e  quindi  anche  in  ciascuna  sua  parte,  viene  a
funzionare come un  limite  alla  disciplina  che  le  Regioni  e  le
Province autonome dettano in altre materie di loro  competenza  (cfr.
Corte cost. sent. n. 380/2007). 
    E'  indubbio,  in  particolare,  che  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria  sia  da  ricomprendersi  nella  nozione  di  ambiente   ed
ecosistema, cosi' come codesta  Ecc.ma  Corte  ha  ricostruito  nelle
sentenze citate, dal momento che tale attivita' incide  sulla  tutela
della fauna e di conseguenza sull'equilibrio dell'ecosistema. 
    Pertanto, nelle materie oggetto  di  disciplina  della  legge  in
esame  il  legislatore  provinciale,  nell'esercizio  della   propria
competenza  legislativa  piena,  e'  sottoposto  al  rispetto   degli
standards  minimi  ed  uniformi  di  tutela  posti  in  essere  dalla
legislazione nazionale, ex art. 117, comma 2, lettera s) Cost., oltre
che al rispetto della normativa comunitaria di riferimento (direttive
79/409/CEE,   92/43/CEE,   88/22/CEE)   secondo    quanto    disposto
dall'articolo 4, comma  1  dello  Statuto  speciale  di  autonomia  e
dall'articolo 117, primo comma, della Costituzione. 
    Sulla base di queste premesse sono censurabili, come sopra detto,
le norme provinciali gia' indicate, poiche' si pongono  in  contrasto
con le disposizioni statali  specificate  della  legge  n.  157/1992,
norma che costituisce un limite alla potesta' legislativa regionale e
provinciale, contenendo disposizioni non derogabili  perche'  diretta
espressione dell'esigenza di  tutela  ambientale  per  la  protezione
della fauna selvatica omeoterma  e  per  il  prelievo  venatorio  che
stabiliscono standard minimi e uniformi  di  tutela  della  fauna  in
tutto il territorio nazionale. 
    La giurisprudenza costituzionale ha gia' ampiamente  riconosciuto
il carattere di norma fondamentale di riforma economico sociale  alla
legge quadro 11 febbraio 1992, n. 157, le cui disposizioni  le  norme
provinciali impugnate appaiono contrastare. 
    In particolare,  l'art.  2  della  citata  legge  provinciale  n.
14/2011: 
        al comma 1 si pone in contrasto con quanto disposto dal comma
1 dell'art. 2 della legge 11  febbraio  1992,  n.  157,  secondo  cui
«Fanno  parte  della  fauna  selvatica  oggetto  della  tutela  della
presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono
popolazioni  viventi  stabilmente  o  temporaneamente  in  stato   di
naturale liberta' nel  territorio  nazionale»,  poiche'  esclude  dal
campo di applicazione della norma, che definisce la fauna  selvatica,
i piccioni domestici inselvatichiti; 
        al comma n. 2 si pone in contrasto con quanto disposto  dalla
normativa statale, prevedendo per le specie volpe,  cinghiale,  lepre
bianca, e pernice bianca, periodi di caccia diversi, nonche' maggiori
rispetto all'arco temporale massimo consentito, da  quelli  stabiliti
dall'art. 18  commi  1  e  2  della  citata  legge  n.  157/1992.  In
particolare,  per  il  cinghiale  e  la  volpe,   l'impugnata   norma
provinciale consente la caccia dal 1° luglio al  31  gennaio,  quindi
per sette mesi, mentre la  norma  statale  la  consente  dalla  terza
domenica di settembre al 31 gennaio per la volpe e dal 1° ottobre  al
31 dicembre o dal 1° novembre al 31 gennaio per il cinghiale,  quindi
per un periodo di tempo minore. Per quanto riguarda la lepre bianca e
la pernice bianca, la norma provinciale ne legittima la caccia dal 1°
ottobre al 15 dicembre, mentre la  norma  statale  indica,  per  tali
specie, il periodo compreso tra il  primo  ottobre  al  30  novembre,
anche in questo caso dunque per un arco temporale minore; 
        al comma n. 3 si pone in contrasto con  il  citato  art.  18,
comma 1 della legge n. 157/1992, per quanto  riguarda  i  periodi  di
caccia, e con i commi 5 e 6 del medesimo articolo 18,  che  affermano
il  principio  del  silenzio  venatorio  nei  giorni  di  martedi'  e
venerdi', non potendo essere superiori a tre le  giornate  di  caccia
settimanale, poiche'  in  zone  frutti-viticole  determinate  estende
l'esercizio della caccia alla lepre comune, al merlo, alla cesena  ed
al tordo bottaccio fino al 10  gennaio  e  consente,  nel  periodo  a
partire dal 16 dicembre, la caccia a queste  tre  specie  di  turdidi
tutti i giorni della settimana; 
        il comma n.  5,  prevedendo  che  l'esercizio  dell'attivita'
venatoria  sia  consentita  sia  in  forma   vagante   sia   mediante
appostamento fisso, si pone in contrasto con l'art. 12,  comma  n.  5
della legge n. 157/1992, secondo il quale l'esercizio venatorio  puo'
essere praticato in via esclusiva in una  delle  seguenti  forme:  a)
vagante in zona Alpi; b) da appostamento fisso; c) nell'insieme delle
altre forme di attivita' venatoria consentite dalla presente legge  e
praticate nel rimanente territorio destinato all'attivita'  venatoria
programmata; 
        il comma n. 11,  prevedendo  che  l'assessore  competente  in
materia di caccia predisponga un  piano  di  controllo  della  nutria
(Myocastor coypus) «al fine  di  controllare  la  propagazione  della
specie», da attuarsi dal Corpo forestale  e  dagli  agenti  venatori,
viola il disposto di cui all'art. 2 comma 1 della legge  n.  157/1992
in quanto la specie «Myocastor coypus» e' considerata fauna selvatica
italiana e come tale speciale oggetto di tutela: le azioni  volte  al
controllo delle specie di fauna selvatica sono disciplinate dall'art.
19, comma 2 della medesima legge statale, che prevede la possibilita'
di autorizzare l'abbattimento degli esemplari di tali specie,  per  i
fini specificatamente ivi previsti, unicamente dopo che  l'ISPRA  (ex
INFS)  abbia  verificato  l'inefficacia   dell'utilizzo   di   metodi
ecologici  di  controllo  adottati   («Tale   controllo,   esercitato
selettivamente, viene  praticato  di  norma  mediante  l'utilizzo  di
metodi ecologici su  parere  dell'Istituto  nazionale  per  la  fauna
selvatica, Qualora l'Istituto verifichi  l'inefficacia  dei  predetti
metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento»). 
    Appare  percio'  evidente  che   la   disposizione   provinciale,
delineando  una  procedura  di  abbattimento   delle   nutrie   senza
subordinare  tale  attivita'  alla  valutazione  tecnica  dell'ISPRA,
risulti illegittima. 
    Inoltre l'art. 7 comma 5 della legge provinciale («Modifica della
legge provinciale 12 maggio 2010, n. 6, "Legge di tutela della natura
e altre disposizioni") si pone in contrasto con la normativa  statale
e con i vincoli comunitari, in quanto, stabilendo che i provvedimenti
di approvazione relativi a opere o progetti  che  abbiano  avuto  una
valutazione di incidenza negativa dispongono le  misure  compensative
necessarie per garantire la coerenza  globale  della  rete  ecologica
europea Natura 2000, di fatto elimina l'obbligo di dare comunicazione
alla Commissione europea delle misure di compensazione adottate per i
progetti per i quali la  Valutazione  d'incidenza  abbia  dato  esito
negativo. 
    Infatti, l'adozione di eventuali  misure  di  compensazione  deve
essere obbligatoriamente comunicata, per opinione o parere (a seconda
dei casi), alla Commissione europea  per  il  tramite  del  Ministero
dell'ambiente, della tutela del  territorio  e  del  mare,  ai  sensi
dell'articolo 5 commi 9 e 10  del  d.P.R.  n.  357/1997  (Regolamento
recante  attuazione   della   direttiva   92/43/CEE   relativa   alla
conservazione degli habitat naturali e  seminaturali,  nonche'  della
flora e della fauna selvatiche) nonche' dell' art. 6  comma  4  della
Direttiva 92/43/CEE. 
    Non e' dubbio che la Provincia Autonoma non  ha  la  potesta'  di
introdurre norme di legge in contrasto  con  quelle  della  normativa
statale nella materia in esame. Codesta Ecc.ma  Corte  Costituzionale
ha infatti stabilito che  «la  competenza  a  tutelare  l'ambiente  e
l'ecosistema nella sua interezza e' affidata in  via  esclusiva  allo
Stato dall'articolo  117,  comma  secondo,  lettera  s)»  e  che  «la
disciplina unitaria di tutela del bene complessivo ambiente,  rimessa
in via esclusiva allo Stato, viene  a  prevalere  su  quella  dettata
dalle Regioni o dalle Province  autonome  in  materia  di  competenza
propria, che  riguardano  l'utilizzazione  dell'ambiente  e,  quindi,
altri interessi». 
    E'  pacifico  altresi'  che  la  selezione,  sia   delle   specie
cacciabili, sia dei periodi aperti all'attivita' venatoria,  implichi
l'incisione  di  profili  propri   della   tutela   dell'ambiente   e
dell'ecosistema, che fanno capo alla competenza esclusiva dello Stato
(ex plurimis, Corte cost. n. 2 del 2012; 191 del  2011,  n.  226  del
2003 e n. 536 del 2002). 
    2)  Violazione  dei  vincoli  statutari  posti   al   legislatore
provinciale dall'art.  8  comma  1  dello  Statuto  speciale  per  il
Trentino Alto-Adige (d.P.R. n. 670/1972), violazione della competenza
esclusiva statale di cui all'art. 117,  comma  2,  lettera  e)  della
Costituzione, in relazione all'art.  1,  comma  123  della  legge  13
dicembre 2010, n. 220 (Legge di stabilita' 2011). 
    Il comma n. 15 dell'art. 2  della  legge  provinciale  n.14/2011,
nell'aggiungere alla legge provinciale 17 luglio 1987, n. 14,  l'art.
36-bis, prevede che l'associazione dei cacciatori istituisca un fondo
di garanzia (da utilizzare per indennizzare ogni danno arrecato  alle
colture  agricole  e  forestali  dalla  fauna  selvatica  cacciabile)
alimentato da  un  contributo  finanziario  annuale  dovuto  da  ogni
titolare di un permesso annuale o d'ospite nella misura compresa  fra
il cinque e il dieci per cento della tassa di concessione annuale per
la licenza di porto di fucile per uso di caccia. 
    Tale contributo rappresenta, in sostanza, un tributo a carico  di
quei soggetti titolari di permessi annuali o d'ospite che  esercitano
l'attivita' venatoria, e che sono tenuti a risarcire il danno causato
alle colture agricole e forestali dalla fauna selvatica cacciabile. 
    La norma provinciale appare violativa delle vigenti disposizioni,
che sospendono il  potere  delle  regioni  e  degli  enti  locali  di
deliberare aumenti dei  tributi  delle  addizionali,  delle  aliquote
ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi  attribuiti
con legge dello Stato, contenute inizialmente nell'art. 1 comma 7 del
d.l. 27 maggio 2008, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge
24 luglio 2008, n. 126, abrogato dall'art. 13 comma 14 lettera a) del
d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 22 dicembre 2011, n. 214, disposizioni riproposte  nella  norma
di cui all' art. 77-bis, comma 30 del d.l. 25 giugno  2008,  n.  112,
convertito dalla legge 6 agosto 2008,  n.  133,  che  cosi'  dispone:
«Resta  confermata   per   il   triennio   2009-2011,   ovvero   sino
all'attuazione del federalismo fiscale, se precedente all'anno  2011,
la sospensione del potere degli enti locali di deliberare aumenti dei
tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni
di aliquote di tributi ad essi attribuiti  con  legge  dello  Stato»,
successivamente reiterata con l'articolo 1 comma 123 della  legge  13
dicembre 2010, n. 220 (c.d. Legge di stabilita' 2011)  in  base  alla
quale  «Resta  confermata,  sino   all'attuazione   del   federalismo
fiscale,la sospensione del potere delle regioni e degli  enti  locali
di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali  delle  aliquote
ovvero delle maggiorazioni di aliquote di tributi ad essi  attribuiti
con legge dello  Stato,  di  cui  al  comma  7  dell'articolo  1  del
decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, fatta eccezione per  gli  aumenti
relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TaRSU)  e  per  quelli
previsti dai commi da 14 a 18 dell'articolo 14 del  decreto-legge  31
maggio 2010, n. 78, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  30
luglio 2010, n. 122.». 
    Quest'ultima   disposizione,   quindi,   supera   la   originaria
previsione del triennio, e collega il definitivo «sblocco» del potere
di  aumentare  i  tributi  da   parte   degli   enti   locali   «sino
all'attuazione del federalismo fiscale». 
    Il potere di introdurre un nuovo tributo contrasta  pertanto  con
le norme statali  innanzi  citate,  finalizzate  ad  un  riequilibrio
finanziario complessivo, che si inseriscono in un complesso  percorso
di  risanamento  della  finanza  pubblica  a  cui  tutti   gli   enti
territoriali,  anche  ad  autonomia   speciale,   sono   chiamati   a
partecipare.  Conseguentemente,  la  norma  provinciale  si  pone  in
contrasto con l'art. 1 comma 123 della citata legge n.  220/2010,  ed
eccede dalle competenze statutarie della Provincia,  violando  l'art.
117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva  alla
competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia  del  sistema
tributario (cfr., ex pluribus, Corte cost. 21 dicembre 2007, n.  451;
Corte cost. 14 dicembre 2006, nn. 412 e 413; Corte cost. 23  dicembre
2005, n. 455).