IL GIUDICE DI PACE 
 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Nel procedimento iscritto al n.3407/07 proposto da  Ugwu  Charles
contro il decreto di espulsione del Prefetto di Ravenna, senza numero
di protocollo, emesso e notificato in data 4  ottobre  2007,  con  il
quale  decretava  la  espulsione  del   ricorrente   dal   territorio
nazionale, nonche' il  provvedimento  del  Questore  di  Ravenna  Cat
A.11P/2007, emesso  e  notificato  in  pari  data  con  il  quale  si
disponeva procedersi all'accompagnamento coattivo alla  frontiera  di
Ugwu Charles ai sensi dell'art. 13/4,5,13,14 del d.lgs. n.  286/98  e
si disponeva altresi' il  trattenimento  dello  straniero  presso  il
Centro di Permanenza Temporanea di' Torino,  in  attesa  di  eseguire
l'ordine questorile, non essendo  immediatamente  disponibile  idoneo
vettore o altro mezzo di trasporto; esaminati gli atti, ascoltato  il
difensore del  ricorrente,  Avv.A.Maestri,  che  all'udienza  del  22
ottobre  2007  sollevava  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 13 comma 3  d.lgs  n.  286/98  in  riferimento  agli  artt.
2,3,10,24,113 della Costituzione, in assenza del rappresentante della
Prefettura   che,   comunque,   ha   fatto   pervenire   le   proprie
controdeduzioni scritte, il Giudice  di  Pace  si  era  riservato  la
decisione. 
 
                               Osserva 
 
    che anche a seguito  della  emanazione  del  DL  n.  241  del  14
settembre 2004, trasformato in Legge 12/11/2004  n.271,  in  ossequio
alle decisioni assunte dalla Corte Costituzionale con le sentenze  n.
222 e 223 del 15 luglio 2004 sussistono seri e  fondati  dubbi  sulla
legittimita'  del  procedimento  che  si  instaura  a  seguito  della
opposizione al decreto  di  espulsione  amministrativa  disposta  dal
Prefetto nei casi previsti dall'art. 13 n. 2, lett. a) b)  e  c)  del
d.lgs. n. 286/1998, laddove viene previsto al successivo terzo comma:
"L'espulsione  e'  disposta  in  ogni  caso  con   decreto   motivato
immediatamente esecutivo anche se sottoposto a gravame o  impugnativa
da parte dell'interessato", restando quindi esclusa  la  possibilita'
per il Giudice di Pace di poter  adottare,  con  i  caratteri  propri
della provvisorieta', un provvedimento di sospensione; 
    La previsione dell'immediata esecutivita' del decreto prefettizio
di espulsione dello  straniero,  anche  in  pendenza  di  ricorso,  e
l'assenza di strumenti cautelari di garanzia almeno  fino  alla  data
fissata per la Camera di Consiglio non e'  affatto  rispondente  agli
indirizzi  garantistici  indicati  dal  giudice  costituzionale   per
l'effettiva tutela giurisdizionale dell'immigrato, anzi si risolve in
una vuota parvenza di garanzia poiche' lascia il  ricorrente  esposto
agli  ulteriori  provvedimenti   dell'autorita'   amministrativa   di
polizia, il tutto senza che sull'atto  della  P.A.  sia  avvenuta  la
verifica giudiziale della sua  legittimita'  che  puo'  avvenire  nel
termine massimo - tutt'altro che breve - di ben ottanta giorni  dalla
sua emissione discriminando il ricorrente in relazione  all'esercizio
del fondamentale diritto di difesa. 
    Tale questione pare di maggiore rilevanza  quando  il  ricorrente
sia un richiedente asilo, caso per il quale sorgono  specifici  dubbi
circa la legittimita' dell'art. 13, comma 3  d.lgs.  n.  286/98,  con
riferimento all'art. 2 e 3 della Costituzione,  dal  momento  che  la
predetta norma tratta in maniera analoga fattispecie  ontologicamente
e giuridicamente differenti: tale norma infatti  commina  l'immediata
esecutivita' della misura espulsiva "in ogni caso" e cioe' sia quando
concerna un cittadino straniero "che  ha  esercitato  il  diritto  al
ricongiungimento famigliare (v art.13 comma 2-bis d.lgs  n.  286/98),
sia quando concerna un richiedente asilo" sia pure diniegato in  sede
amministrativa (art. l9 comma 1 d.lgs. 286/98)  sia  quando  concerna
una persona pericolosa per  la  sicurezza  o  l'ordine  pubblico.  Ne
consegue che il cittadino straniero irregolare che si  sia  macchiato
di reati anche gravi, che suscitano allarme sociale sia espulso nello
stesso modo di  un  richiedente  asilo,  perfettamente  inserito  nel
tessuto sociale, incensurato, che aveva intrapreso, nelle more  della
decisione  della  Commissione   Territoriale   competente,   regolare
attivita' lavorativa, come nel caso di cui trattasi;  inoltre  l'art.
l3 comma 3 d.lgs. n. 286/98 si pone anche in contrasto  con  l'art.10
comma 3 della Costituzione che stabilisce che "lo straniero al  quale
sia impedito nel  suo  paese  l'effettivo  esercizio  delle  liberta'
democratiche  garantite  dalla  costituzione  italiana,  ha   diritto
d'asilo  nel  territorio  della  Repubblica,  secondo  le  condizioni
stabilite  dalla  legge,  dal  momento  che  il  cittadino  straniero
richiedente asilo diniegato dalla Commissione in sede  amministrativa
che abbia adito, come nel caso di  specie,  il  competente  Tribunale
ordinario, e in pendenza di  giudizio,  venga  rimpatriato,  a  causa
della mancata sospensione dell'esecuzione della misura espulsiva,  in
un  contesto  di  pericolo  per   la   propria   incolumita'   e   di
impossibilita' di esercizio delle liberta'  democratiche;  da  ultimo
l'art.13 comma 3 d.lgs. n. 286/98 si  pone  in  contrasto  anche  con
l'art. 24 e 113 della  Costituzione  che  garantiscono  l'inviolabile
diritto  alla  difesa,  dando  oggettivamente  luogo  ad  una   grave
limitazione "per categoria di atto" non giustificabile secondo canoni
di ragionevolezza ed imparzialita', soprattutto laddove la  posizione
giuridica  soggettiva  sottesa   all'espulsione   afferisca   ad   un
richiedente asilo, tutelato da norme di'  pari  rango  costituzionale
(art. 3, comma 3 Cost. art. 10/1-2- Convenzione di Ginevra del  1951,
art. 33).