IL TRIBUNALE Pronuncia la seguente ordinanza nella causa di lavoro iscritta al n. 223/11 - R.G.L., promossa da R.M., residente in Cuneo, elettivamente domiciliato in Cuneo, viale degli Angeli n. 24, presso lo studio dell'avv. Ivan Giordano, che lo rappresenta e difende per procura 6 aprile 2011 a margine del ricorso. Contro I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dai funzionari dipendenti Giovanni Cornaglia e Francesco Pantaleo, a cio' designati con ordine di servizio del direttore di sede n. 2010/2700/3 del 23 aprile 2010 depositato presso la Cancelleria del Tribunale di Cuneo, elettivamente domiciliato presso la Sede I.N.P.S. di Cuneo, corso Santorre di Santarosa n. 15. 1. - Svolgimento del processo. Con ricorso ex art. 414 c.p.c., depositato il 7 aprile 2011 presso la Cancelleria della Sezione del lavoro del Tribunale di Cuneo, il sig. R.M. espone di essere stato sottoposto a visita del 3 dicembre 2008 presso la Commissione medica dell'A.S.L. n. 15 di Cuneo, a seguito della quale egli e' stato riconosciuto invalido «con totale e permanente inabilita' lavorativa (100%) e con impossibilita' a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore», e che, nonostante il riconoscimento della sussistenza dei presupposti medico-legali sia per la pensione di inabilita' civile ex art. 12, legge 30 marzo 1971, n. 118, che per l'indennita' di accompagnamento ex art. 1, legge 11 febbraio 1980, n. 18. l'I.N.P.S. - Sede di Cuneo ha respinto le domande con riferimento ad entrambe le provvidenze assistenziali da lui richieste per mancanza della carta di soggiorno, essendo il sig. R. titolare soltanto di permesso di soggiorno. In effetti, il ricorrente non e' titolare di carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), ma di permesso di soggiorno, concesso per la prima volta in data 16 novembre 2007 per motivi familiari, e successivamente rinnovato (v. doc. 2 parte ricorrente). Il ricorrente lamenta l'illegittimita' ed ingiustizia del provvedimento di reiezione, richiamando i principi espressi da pronunce della Corte costituzionale su tale materia, ed evidenziando il carattere discriminatorio della decisione adottata dall'Ente previdenziale. L'I.N.P.S. deduce la legittimita' del proprio operato alla luce della normativa vigente (art. 80, comma 19, legge n. 388/2000), ed evidenziando come, in base ad essa, la titolarita' della carta di soggiorno, a decorrere dal 1º gennaio 2001, sia indispensabile per ottenere l'indennita' di accompagnamento e la pensione di inabilita'. 2. - Sulla non manifesta infondatezza. L'art. 80, comma 19 legge 23 dicembre 2000, n. 388 prevede che «ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che costituiscono diritti soggettivi in base alla legislazione vigente in materia di servizi sociali sono concessi, alle condizioni previste dalla legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta di soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione con i cittadini italiani e' consentita a favore degli stranieri che siano almeno titolari di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni previste dal decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e dagli articoli 65 e 66 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni». L'art. 41 d.1gs. n. 286/1998, a sua volta, dispone che «gli stranieri titolari della carta di soggiorno o di permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, nonche' i minori iscritti nella loro carta di soggiorno o nel loro permesso di soggiorno, sono equiparati ai cittadini italiani ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale, incluse quelle previste per coloro che sono affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti, per i ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti». La «carta di soggiorno», regolata dall'art. 9 d.lgs. n. 286/1998 - ora permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo -, come modificato dall'art. 1, d.lgs. n. 3/2007, richiede per il suo rilascio, tra l'altro, il «possesso, da almeno cinque anni, di un permesso di soggiorno in corso di validita'». Dalla lettura delle norme citate emerge chiaramente che la finalita' perseguita dal legislatore era di ridurre la platea dei destinatari delle provvidenze assistenziali, che attualmente sono limitate unicamente ai titolari di carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno di lungo periodo). Com'e' noto, la normativa citata e' stata oggetto di numerose pronunce della Corte costituzionale. Con sentenza 30 luglio 2008, n. 306, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dell'art. 9, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 9, comma 1, legge 30 luglio 2002, n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, comma 1, d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 nella parte in cui escludono che l'indennita' di accompagnamento, di cui all'art. 1, legge 11 febbraio 1980, n. 18, possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche' essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito gia' stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. La Corte costituzionale ha motivato la sua decisione affermando che «al legislatore italiano e' certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l'ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia (da ultimo, sentenza n. 148 del 2008). E' possibile, inoltre, subordinare, non irragionevolmente, l'erogazione di determinate prestazioni - non inerenti a rimediare a gravi situazioni di urgenza - alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, pero', che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini. Le disposizioni censurate sono, pertanto, illegittime nella parte in cui - oltre ai requisiti sanitari e di durata del soggiorno in Italia e comunque attinenti alla persona, gia' stabiliti per il rilascio della carta di soggiorno ed ora (per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007) del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, non sospettati di illegittimita' dal remittente - esigono, ai fini dell'attribuzione dell'indennita' di accompagnamento, anche requisiti reddituali, ivi compresa la disponibilita' di un alloggio, avente le caratteristiche indicate dal nuovo testo dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998». La Corte costituzionale, con sentenza 23 gennaio 2009, n. 11, ha poi dichiarato incostituzionale dell'art. 80, comma 19, legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dell'art. 9, comma 1, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 9, comma 1, legge 30 luglio 2002, n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, comma l, d.lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 nella parte in cui escludono che la pensione di inabilita', di cui all'art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche' essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito gia' stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. La Corte costituzionale ha motivato la declaratoria di illegittimita' costituzionale affermando che «i principali motivi che hanno condotto questa Corte alla suddetta sentenza - e cioe' la intrinseca irragionevolezza del complesso normativo qui censurato e la disparita' di trattamento che esso determina tra cittadini e stranieri legalmente e non occasionalmente soggiornanti in Italia - sussistono a maggior ragione anche con riguardo alla pensione di inabilita'. Mentre, infatti, l'indennita' di accompagnamento e' concessa per il solo fatto della minorazione, senza che le condizioni reddituali vengano in alcun modo in rilievo, la pensione di inabilita' e' preclusa dalla titolarita' di un reddito superiore ad una misura fissata dalla legge. La subordinazione dell'attribuzione di tale prestazione al possesso, da parte dello straniero, di un titolo di soggiorno il cui rilascio presuppone il godimento di un reddito, rende ancor piu' evidente l'intrinseca irragionevolezza del complesso normativo in scrutinio. Si riscontra, pertanto, la violazione, sotto un duplice profilo, dell'art. 3 Cost., sicche' deve essere dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000 e dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 - quest'ultimo come modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n. 189, e poi sostituito dall'art. 1, comma 1 del d.lgs. n. 3 del 2007 - nella parte in cui escludono che la pensione di inabilita', di cui all'art. 12 della legge n. 118 del 1971, possa essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche' essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito gia' stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007, per il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo». Entrambe le sentenze hanno quindi fatto venir meno la necessita' - per il riconoscimento dell'indennita' di accompagnamento e della pensione di inabilita' - della titolarita' della carta di soggiorno (oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) ove tali documenti siano stati rifiutati esclusivamente per motivi attinenti al reddito. Tali sentenze (essendo le fattispecie concrete esaminate dai giudici rimettenti relative a soggetti presenti sul territorio italiano da oltre cinque anni e per i quali l'unico elemento ostativo per il riconoscimento della carta di soggiorno era costituito dalla mancanza del requisito reddituale) non hanno invece affatto toccato la previsione che condiziona il riconoscimento delle prestazioni di invalidita' civile ad un cittadino extracomunitario ad una permanenza stabile all'interno dello Stato italiano. Da ultimo, con sentenza 28 maggio 2010, n. 187, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 80, comma 19, legge 23 dicembre 2000, n. 388 nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato dell'assegno mensile di invalidita' di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118. La Consulta ha in particolare affermato che «la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha, in varie occasioni, avuto modo di sottolineare come la Convenzione (ndr. Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali) non sancisca un obbligo per gli Stati membri di realizzare un sistema di protezione sociale o di assicurare un determinato livello delle prestazioni assistenziali; tuttavia, una volta che tali prestazioni siano state istituite e concesse, la relativa disciplina non potra' sottrarsi al giudizio di compatibilita' con le norme della Convenzione e, in particolare, con l'art. 14 che vieta la previsione di trattamenti discriminatori (in tal senso, Stec ed altri contro Regno Unito, decisione sulla ricevibilita' del 6 luglio 2005; Koua Poirrez contro Francia, sentenza del 30 settembre 2003; Gaygusuz contro Austria, sentenza del 16 settembre 1996; Salesi contro Italia, sentenza del 26 febbraio 1993). Al tempo stesso, la Corte di Strasburgo ha anche sottolineato l'ampio margine di apprezzamento di cui i singoli Stati godono in materia di prestazioni sociali ... Da qui l'assunto secondo il quale la Corte rispetta, in linea di massima, le scelte a tal proposito operate dal legislatore nazionale, salvo che la relativa valutazione si riveli manifestamente irragionevole (Carson ed altri contro Regno Unito, sentenza del 16 marzo 2010; Luczak contro Polonia, sentenza del 27 novembre 2007) ... Il trattamento diviene dunque discriminatorio - ha puntualizzato la giurisprudenza della Corte - ove esso non trovi una giustificazione oggettiva e ragionevole; non realizzi, cioe', un rapporto di proporzionalita' tra i mezzi impiegati e l'obiettivo perseguito (ad es., Niedzwiecki contro Germania, sentenza del 25 ottobre 2005). Non senza l'ulteriore puntualizzazione secondo la quale soltanto «considerazioni molto forti potranno indurre a far ritenere compatibile con la Convenzione una differenza di trattamento fondata esclusivamente sulla nazionalita'» (da ultimo, Si Amer contro Francia, sentenza del 29 ottobre 2009, ed i precedenti ivi citati) ... A tal proposito, occorre preliminarmente rilevare come la disposizione oggetto di impugnativa abbia senz'altro perseguito una finalita' restrittiva in tema di prestazioni sociali da riconoscere in favore dei cittadini extracomunitari ... dopo l'entrata in vigore della normativa censurata, e' venuta meno, con riferimento ai soggetti legittimati a fruire di trattamenti previdenziali costituenti diritti soggettivi, la equiparazione, precedentemente esistente, fra i cittadini italiani e gli stranieri extracomunitari in possesso di regolare permesso di soggiorno ... Cio' che dunque assume valore dirimente, ai fini dell'odierno scrutinio, non e' tanto la configurazione «nominalistica» dello specifico strumento previdenziale che puo' venire in discorso, quanto, piuttosto, il suo concreto atteggiarsi nel panorama degli istituti di previdenza, cosi' da verificarne la relativa «essenzialita'» agli effetti della tutela dei valori coinvolti. Occorre, in altri termini, accertare se, alla luce della configurazione normativa e della funzione sociale che e' chiamato a svolgere nel sistema, lo specifico «assegno» che viene qui in discorso integri o meno un rimedio destinato a consentire il concreto soddisfacimento dei «bisogni primari» inerenti alla stessa sfera di tutela della persona umana, che e' compito della Repubblica promuovere e salvaguardare; rimedio costituente, dunque, un diritto fondamentale perche' garanzia per la stessa sopravvivenza del soggetto. D'altra parte, la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha sottolineato come, «in uno Stato democratico moderno, molti individui, per tutta o parte della loro vita, non possono assicurare il loro sostentamento che grazie a delle prestazioni di sicurezza o di previdenza sociale». Sicche', «da parte di numerosi ordinamenti giuridici nazionali viene riconosciuto che tali individui sono bisognosi di una certa sicurezza e prevedono, dunque, il versamento automatico di prestazioni, a condizione che siano soddisfatti i presupposti stabiliti per il riconoscimento dei diritti in questione» (la gia' citata decisione sulla ricevibilita' del 6 luglio 2005, Staic ed altri contro Regno Unito). Ove, pertanto, si versi in tema di provvidenza destinata a far fronte al «sostentamento» della persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con il principio sancito dall'art. 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, avuto riguardo alla relativa lettura che, come si e' detto, e' stata in piu' circostanze offerta dalla Corte di Strasburgo. A tale riguardo puo' rilevarsi che l'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118, prevedeva, nel suo testo originario, la corresponsione di un assegno mensile ... ... l'assegno in questione puo' essere riconosciuto soltanto in favore di soggetti invalidi civili, nei confronti dei quali sia riconosciuta una riduzione della capacita' lavorativa di misura elevata; ... la provvidenza stessa, in tanto puo' essere erogata, in quanto il soggetto invalido non presti alcuna attivita' lavorativa; che l'interessato versi, infine, nelle disagiate condizioni reddituali stabilite dall'art. 12 della stessa legge n. 118 del 1971, per il riconoscimento della pensione di inabilita'. Si tratta, dunque, all'evidenza, di una erogazione destinata non gia' ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive, ma a fornire alla persona un minimo di «sostentamento», atto ad assicurarne la sopravvivenza; un istituto, dunque, che si iscrive nei limiti e per le finalita' essenziali che questa Corte - anche alla luce degli enunciati della Corte di Strasburgo - ha additato come parametro di ineludibile uguaglianza di trattamento tra cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato. La norma impugnata deve pertanto essere dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno la concessione, agli stranieri legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, dell'assegno mensile di invalidita' di cui all'art. 13 della legge 30 marzo 1971, n. 118». Anche con riferimento alle provvidenze richieste dal ricorrente (la cui presenza nel territorio dello Stato italiano certamente non ha carattere ne' episodico ne' di breve durata, essendo egli in possesso, dal novembre 2007, di permesso di soggiorno per motivi familiari, rinnovato di anno in anno) nel presente giudizio si pongono, a parere del giudicante, analoghi dubbi di legittimita' costituzionale, relativi al presupposto ... previsto dalla normativa, della titolarita' della carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno CE per soggiornati di lungo periodo), con particolare riferimento alla parte - non ancora oggetto di pronunce demolitorie della Corte costituzionale - in cui, per la pensione di inabilita' civile e per l'indennita' di accompagnamento, viene richiesto il possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validita'. Quanto alla pensione di inabilita' civile, l'art. 12, legge n. 118/1971 richiede, quale presupposto medico-legale, la totale inabilita' del soggetto, e, attraverso il richiamo dell'art. 26, legge n. 153/1969, e' altresi' richiesto che il reddito del soggetto non superi un certo ammontare. Come l'assegno di invalidita' ed anzi ancor piu' rispetto a questa provvidenza, anche la pensione di inabilita' (che presuppone la totale inabilita' del soggetto e dunque la presumibile totale impossibilita' di procurarsi redditi di lavoro) costituisce una prestazione finalizzata a fornire al soggetto invalido un minimo di sostentamento idoneo ad assicurare la sopravvivenza, sicche', alla luce dei principi espressi dalla Consulta con la sentenza n. 187/2010, il presupposto della presenza da almeno 5 anni nel territorio dello Stato (necessario per ottenere la carta di soggiorno, ora permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) costituisce un elemento discriminatorio, in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo e quindi con l'art. 117 della Costituzione («L'art. 117, comma 1, Cost. condiziona l'esercizio della potesta' legislativa dello Stato e delle regioni al rispetto degli obblighi internazionali, fra i quali rientrano quelli derivanti dalla convenzione europea dei diritti dell'uomo, le cui norme pertanto, cosi' come interpretate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, costituiscono fonte integratrice del parametro di costituzionalita' introdotto dall'art. 117, primo comma, Cost., e la loro violazione da parte di una legge statale o regionale comporta che tale legge deve essere dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, sempre che la norma della convenzione non risulti a sua volta in contrasto con una norma costituzionale» Corte cost. sentenze nn. 348 e 349 del 2007). Per quanto riguarda l'indennita' di accompagnamento, occorre osservare (come gia' rilevato dalla Corte di Appello di Torino - Sez. Lavoro, nell'ordinanza 27 maggio 2008, a seguito della quale la Corte costituzionale, con ordinanza 6 novembre 2009, n. 285, ha disposto la restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame in ordine alla rilevanza della questione) che trattasi di provvidenza che attiene anch'essa a diritti fondamentali, e che deve essere considerata compresa tra i diritti patrimoniali tutelati dall'art. 1 del protocollo addizionale I alla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo adottato a Parigi il 20 marzo 1952 e reso esecutivo con legge n. 848/1955, con riferimento ai quali la Corte europea dei diritti dell'uomo ha piu' volte affermato che si intendono anche le prestazioni sociali, ivi comprese quelle cui non corrisponde il versamento dei contributi, e che per tali diritti vige il divieto di discriminazione di cui all'art. 14 della Convenzione. I presupposti per il diritto all'indennita' di accompagnamento. previsti dall'art. 1, legge n. 18/1980, sono, oltre alla totale inabilita' per affezioni fisiche o psichiche, anche l'impossibilita' di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o di necessitare di assistenza continua, non essendo il soggetto in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Non e' invece richiesto un requisito reddituale (ossia che la situazione reddituale del richiedente non superi un determinato ammontare). Trattasi di provvidenza che, come rilevato dalla giurisprudenza di legittimita' (v., tra le altre, Cass. 28 agosto 2000, n. 11295), presenta specifiche peculiarita', poiche' l'intervento assistenziale non e' indirizzato - a differenza di quanto avviene per la pensione di inabilita' - al sostentamento dei soggetti minorati nelle loro capacita' di lavoro, ma e' rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare onde incoraggiarlo a farsi carico dei suddetti soggetti, evitando cosi' il ricovero in istituti di cura e di assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale. Pur non trattandosi di prestazione (a differenza della pensione di inabilita' e dell'assegno di invalidita') correlata a disagiate situazioni reddituali, essa, presupponendo una condizione fisica estremamente menomata (i presupposti medico-legali, come osservato, sono la totale inabilita' per affezioni fisiche o psichiche, e l'impossibilita' di deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, di avere bisogno di assistenza continua) costituisce uno strumento previdenziale di carattere «essenziale» agli effetti della tutela degli interessi coinvolti, nel senso descritto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 187/2010. Anche l'indennita' di accompagnamento (per ottenere la quale occorre che il richiedente non sia ricoverato in ospedali pubblici o con retta a carico dello Stato, e cio' conformemente alla ratio, sopra evidenziata, di tale provvidenza) e' quindi destinata a consentire il concreto soddisfacimento dei «bisogni primari» inerenti alla sfera di tutela della persona umana. Si ravvisano altresi' profili di incostituzionalita', oltre che - per il carattere discriminatorio della normativa - rispetto all'art. 117 Cost., anche per contrasto con gli artt. 2, 3 e 29 Cost. alla luce della funzione di ausilio al nucleo familiare assolta da tale strumento previdenziale, sopra evidenziato. I nuclei familiari dei soggetti, legalmente presenti nel territorio dello Stato (seppure non in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) vengono infatti irragionevolmente discriminati rispetto alle famiglie italiane e alle famiglie straniere il cui componente invalido sia munito del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, non potendo provvedere in modo analogo a queste ultime all'assistenza al parente invalido, anzi gravemente invalido tanto da necessitare di assistenza continua. Tenuto conto delle gravi menomazioni presupposte per l'indennita' di accompagnamento, e considerati i principi espressi dalla Corte costituzionale sulla non illimitata discrezionalita' in capo al legislatore, nel porre restrizioni all'accesso degli stranieri alle provvidenze assistenziali, si ravvisano inoltre profili di contrasto con gli artt. 32 e 38 della Costituzione, essendo il diritto ad accedere a tale provvidenza (inteso, come evidenziato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 306/2008, come diritto ai rimedi possibili anche se parziali alle menomazioni prodotte da patologie di non lieve importanza), irragionevolmente escluso, nonche' con l'art. 2 della Costituzione, essendo quello alla salute diritto fondamentale della persona. 3. - Rilevanza della questione. La questione e' anche rilevante nel presente processo: il ricorrente, come scritto, presenta i presupposti medico-legali per il riconoscimento sia della pensione di inabilita' che dell'indennita' di accompagnamento, che gli sono stati riconosciuti gia' nel corso della visita della Commissione medica, che lo ha dichiarato «invalido con totale e permanente inabilita' lavorativa (100%), e con impossibilita' a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore» (v. doc. 1 parte ricorrente). Con riferimento alla pensione di inabilita', sussiste anche il requisito reddituale, non essendo il ricorrente titolare di redditi (v. autocertificazione prodotta dal ricorrente), mentre il reddito della moglie del ricorrente, sig.ra R.A. (di cui occorre tenere conto ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito reddituale per la pensione di inabilita', v., da ultimo, Cass. 1° marzo 2011, n. 5003) e' di molto inferiore al limite previsto per il riconoscimento della pensione di inabilita' (dal CUD relativo ai redditi del 2010 risultano redditi percepiti dalla moglie del ricorrente per € 5.271,58). Quanto all'indennita' di accompagnamento, parte ricorrente ha prodotto dichiarazione sostitutiva di atto notorio in ordine al mancato ricovero, dovendosi peraltro osservare che la sussistenza di eventuali ricoveri, in quanto fatti ostativi per l'erogazione dell'indennita', deve considerarsi rientrare nell'onere probatorio dell'Ente previdenziale convenuto, ponendosi esso come elemento ostativo non del riconoscimento del diritto, bensi' dell'erogazione dell'indennita' per il tempo in cui l'inabile sia ricoverato a carico dell'Erario e non abbisogni dell'accompagnatore (Cass., 20 luglio 1995, n. 7917, Cass. 4 febbraio 2009, n. 2691, Cass. 26 gennaio 2010, n. 1585). In effetti, unico motivo del rigetto, nella fase amministrativa, delle provvidenze richieste dal ricorrente e' costituito dalla mancanza della carta di soggiorno, come emerge dalla motivazione contenuta nella missiva I.N.P.S. 27 settembre 2009 (v. doc. 3 parte ricorrente), e come risulta confermato dalla circolare dell'I.N.P.S. - Sede regionale del Piemonte 28 gennaio 2011, prodotta dall'Istituto convenuto, da cui emerge che, secondo l'I.N.P.S., a seguito delle citate pronunce della Corte costituzionale, mentre per l'assegno mensile non debbono risultare soddisfatti ulteriori requisiti rispetto a quelli previsti in via generale dalla legge, per il riconoscimento dell'indennita' di accompagnamento e della pensione di inabilita' agli stranieri sprovvisti di titolo di soggiorno definitivo, oltre ai requisiti ordinari, deve risultare soddisfatto anche il requisito del soggiorno legale sul territorio italiano da almeno cinque anni. Va infine osservato che, non avendo la domanda attorea ad oggetto la contestazione delle conclusioni della Commissione medica, non trova applicazione nella fattispecie il termine decadenziale previsto dall'art. 42, comma 3, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326. In conclusione, per tutte le illustrate considerazioni, raccoglimento della questione di illegittimita' costituzionale, come sopra sollevata, potrebbe consentire al ricorrente di ottenere entrambe le provvidenze assistenziali da lui richieste, con decorrenza - a prescindere dalla futura sopravvenienza del requisito temporale necessario per il riconoscimento del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo - dalla data della domanda amministrativa.