IL TRIBUNALE 
 
    Pronuncia la seguente ordinanza nella causa di lavoro iscritta al
n.  223/11  -  R.G.L.,  promossa  da  R.M.,   residente   in   Cuneo,
elettivamente domiciliato in Cuneo, viale degli Angeli n. 24,  presso
lo studio dell'avv. Ivan Giordano, che lo rappresenta e  difende  per
procura 6 aprile 2011 a margine del ricorso. 
    Contro I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale, in
persona del suo legale rappresentante pro  tempore,  rappresentato  e
difeso dai  funzionari  dipendenti  Giovanni  Cornaglia  e  Francesco
Pantaleo, a cio' designati con ordine di servizio  del  direttore  di
sede  n.  2010/2700/3  del  23  aprile  2010  depositato  presso   la
Cancelleria del Tribunale di Cuneo, elettivamente domiciliato  presso
la Sede I.N.P.S. di Cuneo, corso Santorre di Santarosa n. 15. 
    1. - Svolgimento del processo. 
    Con ricorso ex art. 414  c.p.c.,  depositato  il  7  aprile  2011
presso la Cancelleria della  Sezione  del  lavoro  del  Tribunale  di
Cuneo, il sig. R.M. espone di essere stato sottoposto a visita del  3
dicembre 2008 presso la  Commissione  medica  dell'A.S.L.  n.  15  di
Cuneo, a seguito della quale egli e' stato riconosciuto invalido «con
totale e permanente inabilita' lavorativa (100%) e con impossibilita'
a deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore»,  e  che,
nonostante  il  riconoscimento  della  sussistenza  dei   presupposti
medico-legali sia per la pensione di inabilita' civile  ex  art.  12,
legge 30 marzo 1971, n. 118, che per l'indennita' di  accompagnamento
ex art. 1, legge 11 febbraio 1980, n. 18. l'I.N.P.S. - Sede di  Cuneo
ha respinto le domande con riferimento  ad  entrambe  le  provvidenze
assistenziali da lui richieste per mancanza della carta di soggiorno,
essendo il sig. R. titolare soltanto di permesso di soggiorno. 
    In effetti, il ricorrente non e' titolare di carta  di  soggiorno
(oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo), ma
di permesso di soggiorno, concesso per la  prima  volta  in  data  16
novembre 2007 per motivi familiari, e successivamente  rinnovato  (v.
doc. 2 parte ricorrente). 
    Il  ricorrente  lamenta  l'illegittimita'  ed   ingiustizia   del
provvedimento  di  reiezione,  richiamando  i  principi  espressi  da
pronunce della Corte costituzionale su tale materia, ed  evidenziando
il  carattere  discriminatorio  della  decisione  adottata  dall'Ente
previdenziale. 
    L'I.N.P.S. deduce la legittimita' del proprio operato  alla  luce
della normativa vigente (art. 80, comma 19, legge  n.  388/2000),  ed
evidenziando come, in base ad essa, la  titolarita'  della  carta  di
soggiorno, a decorrere dal 1º gennaio 2001,  sia  indispensabile  per
ottenere l'indennita' di accompagnamento e la pensione di inabilita'. 
    2. - Sulla non manifesta infondatezza. 
    L'art. 80, comma 19 legge 23 dicembre 2000, n.  388  prevede  che
«ai sensi dell'articolo 41 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
286, l'assegno sociale e le provvidenze economiche che  costituiscono
diritti soggettivi in base alla legislazione vigente  in  materia  di
servizi  sociali  sono  concessi,  alle  condizioni  previste   dalla
legislazione medesima, agli stranieri che siano titolari di carta  di
soggiorno; per le altre prestazioni e servizi sociali l'equiparazione
con i cittadini italiani e' consentita a favore degli  stranieri  che
siano  almeno  titolari  di  permesso  di  soggiorno  di  durata  non
inferiore ad un anno. Sono fatte salve le disposizioni  previste  dal
decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237, e dagli articoli 65 e  66
della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni». 
    L'art. 41 d.1gs. n. 286/1998,  a  sua  volta,  dispone  che  «gli
stranieri  titolari  della  carta  di  soggiorno  o  di  permesso  di
soggiorno di durata non  inferiore  ad  un  anno,  nonche'  i  minori
iscritti nella loro  carta  di  soggiorno  o  nel  loro  permesso  di
soggiorno, sono  equiparati  ai  cittadini  italiani  ai  fini  della
fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche, di
assistenza sociale, incluse  quelle  previste  per  coloro  che  sono
affetti da morbo di Hansen o da tubercolosi, per i sordomuti,  per  i
ciechi civili, per gli invalidi civili e per gli indigenti». 
    La «carta di soggiorno», regolata dall'art. 9 d.lgs. n.  286/1998
- ora permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo  periodo  -,
come modificato dall'art. 1, d.lgs. n. 3/2007, richiede  per  il  suo
rilascio, tra l'altro, il «possesso, da almeno  cinque  anni,  di  un
permesso di soggiorno in corso di validita'». 
    Dalla lettura  delle  norme  citate  emerge  chiaramente  che  la
finalita' perseguita dal legislatore era di  ridurre  la  platea  dei
destinatari delle provvidenze  assistenziali,  che  attualmente  sono
limitate unicamente ai titolari di carta di soggiorno  (ora  permesso
di soggiorno di lungo periodo). 
    Com'e' noto, la normativa citata e'  stata  oggetto  di  numerose
pronunce della Corte costituzionale. 
    Con sentenza 30 luglio 2008, n. 306, la Corte  costituzionale  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  80,  comma  19,
legge 23 dicembre 2000, n. 388 e dell'art.  9,  comma  1,  d.lgs.  25
luglio 1998, n. 286, come modificato dall'art. 9, comma 1,  legge  30
luglio 2002, n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, comma 1,  d.lgs.  8
gennaio 2007, n. 3 nella parte in cui escludono che  l'indennita'  di
accompagnamento, di cui all'art. 1, legge 11 febbraio  1980,  n.  18,
possa  essere  attribuita  agli  stranieri  extracomunitari  soltanto
perche' essi non risultano in possesso dei requisiti di reddito  gia'
stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto  del
decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 per il permesso di soggiorno
CE per soggiornanti di lungo periodo. 
    La Corte costituzionale ha motivato la sua  decisione  affermando
che «al legislatore italiano e' certamente consentito dettare  norme,
non  palesemente  irragionevoli  e  non  contrastanti  con   obblighi
internazionali,  che  regolino  l'ingresso   e   la   permanenza   di
extracomunitari in Italia (da ultimo, sentenza n. 148 del  2008).  E'
possibile, inoltre, subordinare, non irragionevolmente,  l'erogazione
di determinate  prestazioni  -  non  inerenti  a  rimediare  a  gravi
situazioni  di  urgenza  -  alla  circostanza  che   il   titolo   di
legittimazione dello straniero  al  soggiorno  nel  territorio  dello
Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non  breve  durata;
una volta, pero',  che  il  diritto  a  soggiornare  alle  condizioni
predette non sia in discussione,  non  si  possono  discriminare  gli
stranieri, stabilendo, nei loro  confronti,  particolari  limitazioni
per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti
invece ai cittadini. 
    Le disposizioni censurate sono, pertanto, illegittime nella parte
in cui - oltre ai requisiti sanitari e di  durata  del  soggiorno  in
Italia e comunque attinenti  alla  persona,  gia'  stabiliti  per  il
rilascio della carta di soggiorno ed ora (per effetto del d.lgs. n. 3
del 2007) del permesso di soggiorno  CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo, non sospettati di illegittimita' dal remittente  -  esigono,
ai fini dell'attribuzione dell'indennita' di  accompagnamento,  anche
requisiti reddituali, ivi compresa la disponibilita' di un  alloggio,
avente le caratteristiche indicate dal nuovo testo dell'art. 9, comma
1, del d.lgs. n. 286 del 1998». 
    La Corte costituzionale, con sentenza 23 gennaio 2009, n. 11,  ha
poi dichiarato incostituzionale dell'art.  80,  comma  19,  legge  23
dicembre 2000, n. 388 e dell'art. 9, comma 1, d.lgs. 25 luglio  1998,
n. 286, come modificato dall'art. 9, comma 1, legge 30  luglio  2002,
n. 189 e poi sostituito dall'art. 1, comma l, d.lgs. 8 gennaio  2007,
n. 3 nella parte in cui escludono che la pensione di  inabilita',  di
cui all'art. 12 della legge  30  marzo  1971,  n.  118  possa  essere
attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perche'  essi  non
risultano in possesso dei requisiti di reddito gia' stabiliti per  la
carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs. n.  3  del
2007, per il permesso di  soggiorno  CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo. 
    La  Corte  costituzionale  ha   motivato   la   declaratoria   di
illegittimita' costituzionale affermando che «i principali motivi che
hanno condotto questa Corte alla  suddetta  sentenza  -  e  cioe'  la
intrinseca irragionevolezza del complesso normativo qui  censurato  e
la disparita' di trattamento  che  esso  determina  tra  cittadini  e
stranieri legalmente e non occasionalmente soggiornanti in  Italia  -
sussistono a maggior ragione anche  con  riguardo  alla  pensione  di
inabilita'. 
    Mentre, infatti, l'indennita' di accompagnamento e' concessa  per
il solo fatto della minorazione, senza che le  condizioni  reddituali
vengano in alcun modo  in  rilievo,  la  pensione  di  inabilita'  e'
preclusa dalla titolarita' di un  reddito  superiore  ad  una  misura
fissata dalla legge.  La  subordinazione  dell'attribuzione  di  tale
prestazione al possesso, da parte dello straniero, di  un  titolo  di
soggiorno il cui rilascio presuppone  il  godimento  di  un  reddito,
rende ancor piu' evidente l'intrinseca irragionevolezza del complesso
normativo in scrutinio. 
    Si riscontra, pertanto, la violazione, sotto un duplice  profilo,
dell'art. 3 Cost., sicche' deve  essere  dichiarata  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 80, comma 19, della legge n. 388 del 2000  e
dell'art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 286 del 1998 - quest'ultimo  come
modificato dall'art. 9, comma 1, della legge 30 luglio 2002, n.  189,
e poi sostituito dall'art. 1, comma 1 del d.lgs.  n.  3  del  2007  -
nella parte in cui escludono che la pensione di  inabilita',  di  cui
all'art. 12 della legge n. 118 del 1971, possa essere attribuita agli
stranieri extracomunitari soltanto  perche'  essi  non  risultano  in
possesso dei requisiti di reddito gia'  stabiliti  per  la  carta  di
soggiorno ed ora previsti, per effetto del d.lgs. n. 3 del 2007,  per
il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo». 
    Entrambe le sentenze hanno quindi fatto venir meno la  necessita'
- per il riconoscimento dell'indennita' di  accompagnamento  e  della
pensione di inabilita' - della titolarita' della carta  di  soggiorno
(oggi permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo) ove
tali  documenti  siano  stati  rifiutati  esclusivamente  per  motivi
attinenti al reddito. 
    Tali sentenze (essendo  le  fattispecie  concrete  esaminate  dai
giudici  rimettenti  relative  a  soggetti  presenti  sul  territorio
italiano da oltre cinque anni e per i quali l'unico elemento ostativo
per il riconoscimento della carta di soggiorno era  costituito  dalla
mancanza del requisito reddituale) non hanno invece  affatto  toccato
la previsione che condiziona il riconoscimento delle  prestazioni  di
invalidita' civile ad un cittadino extracomunitario ad una permanenza
stabile all'interno dello Stato italiano. 
    Da ultimo,  con  sentenza  28  maggio  2010,  n.  187,  la  Corte
costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art. 80, comma 19, legge 23 dicembre 2000, n. 388 nella parte in
cui subordina al requisito della titolarita' della carta di soggiorno
la concessione agli stranieri legalmente soggiornanti nel  territorio
dello Stato dell'assegno mensile di invalidita' di  cui  all'art.  13
della legge 30 marzo 1971, n. 118. 
    La Consulta ha in particolare affermato  che  «la  giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo  ha,  in  varie  occasioni,
avuto modo di sottolineare  come  la  Convenzione  (ndr.  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali) non  sancisca  un  obbligo  per  gli  Stati  membri  di
realizzare un sistema  di  protezione  sociale  o  di  assicurare  un
determinato livello delle prestazioni  assistenziali;  tuttavia,  una
volta che tali prestazioni  siano  state  istituite  e  concesse,  la
relativa   disciplina   non   potra'   sottrarsi   al   giudizio   di
compatibilita' con le norme della Convenzione e, in particolare,  con
l'art. 14 che vieta la previsione di trattamenti  discriminatori  (in
tal  senso,  Stec  ed  altri  contro  Regno  Unito,  decisione  sulla
ricevibilita'  del  6  luglio  2005;  Koua  Poirrez  contro  Francia,
sentenza del 30 settembre 2003; Gaygusuz contro Austria, sentenza del
16 settembre 1996; Salesi contro Italia,  sentenza  del  26  febbraio
1993). Al tempo stesso, la Corte di Strasburgo ha anche  sottolineato
l'ampio margine di apprezzamento di cui i  singoli  Stati  godono  in
materia di prestazioni sociali ... Da qui l'assunto secondo il  quale
la Corte rispetta, in linea di massima, le  scelte  a  tal  proposito
operate dal legislatore nazionale, salvo che la relativa  valutazione
si riveli manifestamente irragionevole (Carson ed altri contro  Regno
Unito, sentenza del 16 marzo 2010; Luczak  contro  Polonia,  sentenza
del  27  novembre   2007)   ...   Il   trattamento   diviene   dunque
discriminatorio - ha puntualizzato la giurisprudenza  della  Corte  -
ove esso non trovi una giustificazione oggettiva e  ragionevole;  non
realizzi,  cioe',  un  rapporto  di  proporzionalita'  tra  i   mezzi
impiegati  e  l'obiettivo  perseguito  (ad  es.,  Niedzwiecki  contro
Germania, sentenza  del  25  ottobre  2005).  Non  senza  l'ulteriore
puntualizzazione secondo  la  quale  soltanto  «considerazioni  molto
forti potranno indurre a far ritenere compatibile con la  Convenzione
una  differenza   di   trattamento   fondata   esclusivamente   sulla
nazionalita'» (da ultimo, Si Amer contro  Francia,  sentenza  del  29
ottobre 2009, ed i precedenti ivi citati) ... 
    A  tal  proposito,  occorre  preliminarmente  rilevare  come   la
disposizione oggetto di impugnativa abbia senz'altro  perseguito  una
finalita' restrittiva in tema di prestazioni sociali  da  riconoscere
in favore dei cittadini extracomunitari ... dopo l'entrata in  vigore
della  normativa  censurata,  e'  venuta  meno,  con  riferimento  ai
soggetti  legittimati   a   fruire   di   trattamenti   previdenziali
costituenti diritti  soggettivi,  la  equiparazione,  precedentemente
esistente, fra i cittadini italiani e gli  stranieri  extracomunitari
in possesso di regolare permesso di soggiorno ... 
    Cio' che dunque assume valore  dirimente,  ai  fini  dell'odierno
scrutinio, non  e'  tanto  la  configurazione  «nominalistica»  dello
specifico  strumento  previdenziale  che  puo'  venire  in  discorso,
quanto, piuttosto, il suo concreto  atteggiarsi  nel  panorama  degli
istituti  di   previdenza,   cosi'   da   verificarne   la   relativa
«essenzialita'» agli  effetti  della  tutela  dei  valori  coinvolti.
Occorre,  in  altri  termini,   accertare   se,   alla   luce   della
configurazione normativa e della funzione sociale che e'  chiamato  a
svolgere nel  sistema,  lo  specifico  «assegno»  che  viene  qui  in
discorso integri o meno un rimedio destinato a consentire il concreto
soddisfacimento dei «bisogni primari» inerenti alla stessa  sfera  di
tutela  della  persona  umana,  che  e'  compito   della   Repubblica
promuovere e salvaguardare; rimedio costituente, dunque,  un  diritto
fondamentale  perche'  garanzia  per  la  stessa  sopravvivenza   del
soggetto. D'altra parte, la giurisprudenza della Corte di  Strasburgo
ha sottolineato  come,  «in  uno  Stato  democratico  moderno,  molti
individui, per tutta o parte della loro vita, non possono  assicurare
il loro sostentamento che grazie a delle prestazioni di  sicurezza  o
di previdenza sociale». Sicche', «da parte  di  numerosi  ordinamenti
giuridici  nazionali  viene  riconosciuto  che  tali  individui  sono
bisognosi di una certa sicurezza e prevedono, dunque,  il  versamento
automatico di prestazioni,  a  condizione  che  siano  soddisfatti  i
presupposti stabiliti per il riconoscimento dei diritti in questione»
(la gia' citata decisione sulla  ricevibilita'  del  6  luglio  2005,
Staic ed altri contro Regno Unito). Ove, pertanto, si versi  in  tema
di provvidenza  destinata  a  far  fronte  al  «sostentamento»  della
persona, qualsiasi discrimine tra cittadini e stranieri  regolarmente
soggiornanti nel territorio dello Stato, fondato su requisiti diversi
dalle condizioni soggettive, finirebbe per risultare in contrasto con
il principio sancito  dall'art.  14  della  Convenzione  europea  dei
diritti dell'uomo, avuto riguardo alla relativa lettura che, come  si
e' detto, e'  stata  in  piu'  circostanze  offerta  dalla  Corte  di
Strasburgo. 
    A tale riguardo puo' rilevarsi che l'art. 13 della legge 30 marzo
1971, n. 118, prevedeva, nel suo testo originario, la  corresponsione
di un assegno mensile ... 
    ... l'assegno in questione puo' essere riconosciuto  soltanto  in
favore di soggetti invalidi  civili,  nei  confronti  dei  quali  sia
riconosciuta una  riduzione  della  capacita'  lavorativa  di  misura
elevata; ... la provvidenza stessa, in tanto puo' essere erogata,  in
quanto il soggetto invalido non presti alcuna  attivita'  lavorativa;
che  l'interessato  versi,   infine,   nelle   disagiate   condizioni
reddituali stabilite dall'art. 12 della stessa legge n. 118 del 1971,
per il riconoscimento della pensione di inabilita'. 
    Si tratta, dunque, all'evidenza, di una erogazione destinata  non
gia' ad  integrare  il  minor  reddito  dipendente  dalle  condizioni
soggettive, ma a fornire alla persona un minimo  di  «sostentamento»,
atto ad assicurarne la sopravvivenza; un  istituto,  dunque,  che  si
iscrive nei limiti e per le finalita' essenziali che questa  Corte  -
anche alla luce degli  enunciati  della  Corte  di  Strasburgo  -  ha
additato come parametro di ineludibile uguaglianza di trattamento tra
cittadini e stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio  dello
Stato. 
    La   norma   impugnata   deve    pertanto    essere    dichiarata
costituzionalmente  illegittima  nella  parte  in  cui  subordina  al
requisito della titolarita' della carta di soggiorno la  concessione,
agli stranieri legalmente soggiornanti nel  territorio  dello  Stato,
dell'assegno mensile di invalidita' di cui all'art. 13 della legge 30
marzo 1971, n. 118». 
    Anche con riferimento alle provvidenze richieste  dal  ricorrente
(la cui presenza nel territorio dello Stato italiano  certamente  non
ha carattere ne' episodico ne'  di  breve  durata,  essendo  egli  in
possesso, dal novembre 2007, di  permesso  di  soggiorno  per  motivi
familiari, rinnovato di  anno  in  anno)  nel  presente  giudizio  si
pongono, a parere del  giudicante,  analoghi  dubbi  di  legittimita'
costituzionale, relativi al presupposto ... previsto dalla normativa,
della titolarita' della carta di soggiorno (ora permesso di soggiorno
CE per soggiornati di lungo  periodo),  con  particolare  riferimento
alla parte - non ancora oggetto di pronunce demolitorie  della  Corte
costituzionale - in cui, per la pensione di inabilita' civile  e  per
l'indennita' di  accompagnamento,  viene  richiesto  il  possesso  da
almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validita'. 
    Quanto alla pensione di inabilita' civile, l'art.  12,  legge  n.
118/1971  richiede,  quale  presupposto  medico-legale,   la   totale
inabilita' del soggetto, e,  attraverso  il  richiamo  dell'art.  26,
legge n. 153/1969, e' altresi' richiesto che il reddito del  soggetto
non superi un certo ammontare. 
    Come l'assegno di invalidita'  ed  anzi  ancor  piu'  rispetto  a
questa provvidenza, anche la pensione di inabilita'  (che  presuppone
la totale inabilita' del soggetto  e  dunque  la  presumibile  totale
impossibilita' di  procurarsi  redditi  di  lavoro)  costituisce  una
prestazione finalizzata a fornire al soggetto invalido un  minimo  di
sostentamento idoneo ad assicurare la  sopravvivenza,  sicche',  alla
luce  dei  principi  espressi  dalla  Consulta  con  la  sentenza  n.
187/2010,  il  presupposto  della  presenza  da  almeno  5  anni  nel
territorio  dello  Stato  (necessario  per  ottenere  la   carta   di
soggiorno, ora permesso di soggiorno CE  per  soggiornanti  di  lungo
periodo) costituisce un elemento discriminatorio, in contrasto con la
Convenzione europea dei diritti dell'uomo e  quindi  con  l'art.  117
della  Costituzione  («L'art.  117,   comma   1,   Cost.   condiziona
l'esercizio della potesta' legislativa dello Stato e delle regioni al
rispetto degli obblighi internazionali, fra i quali rientrano  quelli
derivanti dalla convenzione europea dei  diritti  dell'uomo,  le  cui
norme pertanto, cosi'  come  interpretate  dalla  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo, costituiscono fonte integratrice del parametro  di
costituzionalita' introdotto dall'art. 117, primo comma, Cost., e  la
loro violazione da parte di una legge statale  o  regionale  comporta
che  tale  legge  deve  essere  dichiarata  illegittima  dalla  Corte
costituzionale, sempre che la norma della convenzione non  risulti  a
sua volta in contrasto con  una  norma  costituzionale»  Corte  cost.
sentenze nn. 348 e 349 del 2007). 
    Per quanto  riguarda  l'indennita'  di  accompagnamento,  occorre
osservare (come gia' rilevato dalla Corte di Appello di Torino - Sez.
Lavoro, nell'ordinanza 27 maggio 2008, a seguito della quale la Corte
costituzionale, con ordinanza 6 novembre 2009, n. 285, ha disposto la
restituzione degli atti al giudice a quo per un nuovo esame in ordine
alla rilevanza della  questione)  che  trattasi  di  provvidenza  che
attiene  anch'essa  a  diritti  fondamentali,  e  che   deve   essere
considerata compresa tra i diritti patrimoniali tutelati dall'art.  1
del protocollo addizionale I alla convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo adottato a Parigi il 20 marzo 1952 e reso esecutivo
con legge n. 848/1955, con riferimento ai quali la Corte europea  dei
diritti dell'uomo ha piu' volte affermato che si intendono  anche  le
prestazioni sociali, ivi  comprese  quelle  cui  non  corrisponde  il
versamento dei contributi, e che per tali diritti vige il divieto  di
discriminazione di cui all'art. 14 della Convenzione. 
    I presupposti per il diritto all'indennita'  di  accompagnamento.
previsti dall'art. 1, legge  n.  18/1980,  sono,  oltre  alla  totale
inabilita' per affezioni fisiche o psichiche, anche  l'impossibilita'
di deambulare senza l'aiuto permanente  di  un  accompagnatore  o  di
necessitare di assistenza continua, non essendo il soggetto in  grado
di compiere gli atti quotidiani della vita. Non e'  invece  richiesto
un requisito reddituale  (ossia  che  la  situazione  reddituale  del
richiedente non superi un determinato ammontare). 
    Trattasi di provvidenza che, come rilevato  dalla  giurisprudenza
di legittimita' (v., tra le altre, Cass. 28 agosto 2000,  n.  11295),
presenta specifiche peculiarita', poiche' l'intervento  assistenziale
non e' indirizzato - a differenza di quanto avviene per  la  pensione
di inabilita' - al sostentamento dei  soggetti  minorati  nelle  loro
capacita' di lavoro, ma e'  rivolto  principalmente  a  sostenere  il
nucleo familiare onde  incoraggiarlo  a  farsi  carico  dei  suddetti
soggetti, evitando cosi'  il  ricovero  in  istituti  di  cura  e  di
assistenza, con conseguente diminuzione della relativa spesa sociale. 
    Pur non trattandosi di prestazione (a differenza  della  pensione
di inabilita' e dell'assegno di invalidita')  correlata  a  disagiate
situazioni reddituali,  essa,  presupponendo  una  condizione  fisica
estremamente menomata (i presupposti medico-legali,  come  osservato,
sono la totale  inabilita'  per  affezioni  fisiche  o  psichiche,  e
l'impossibilita'  di  deambulare  senza  l'aiuto  permanente  di   un
accompagnatore  o,  non  essendo  in  grado  di  compiere  gli   atti
quotidiani della vita,  di  avere  bisogno  di  assistenza  continua)
costituisce uno strumento  previdenziale  di  carattere  «essenziale»
agli effetti  della  tutela  degli  interessi  coinvolti,  nel  senso
descritto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 187/2010. 
    Anche l'indennita' di  accompagnamento  (per  ottenere  la  quale
occorre che il richiedente non sia ricoverato in ospedali pubblici  o
con retta a carico dello Stato,  e  cio'  conformemente  alla  ratio,
sopra  evidenziata,  di  tale  provvidenza)  e'  quindi  destinata  a
consentire il concreto soddisfacimento dei «bisogni primari» inerenti
alla sfera di tutela della persona umana. 
    Si ravvisano altresi' profili di incostituzionalita', oltre che -
per il carattere discriminatorio della normativa - rispetto  all'art.
117 Cost., anche per contrasto con gli artt. 2, 3  e  29  Cost.  alla
luce della funzione di ausilio al nucleo familiare  assolta  da  tale
strumento previdenziale, sopra evidenziato. 
    I  nuclei  familiari  dei  soggetti,  legalmente   presenti   nel
territorio dello Stato (seppure  non  in  possesso  del  permesso  di
soggiorno CE per  soggiornanti  di  lungo  periodo)  vengono  infatti
irragionevolmente discriminati rispetto alle famiglie italiane e alle
famiglie straniere il cui componente invalido sia munito del permesso
di soggiorno CE  per  soggiornanti  di  lungo  periodo,  non  potendo
provvedere in modo analogo a queste ultime all'assistenza al  parente
invalido, anzi gravemente invalido tanto da necessitare di assistenza
continua. 
    Tenuto conto delle gravi menomazioni presupposte per l'indennita'
di accompagnamento, e considerati i  principi  espressi  dalla  Corte
costituzionale sulla  non  illimitata  discrezionalita'  in  capo  al
legislatore, nel porre restrizioni all'accesso degli  stranieri  alle
provvidenze assistenziali, si ravvisano inoltre profili di  contrasto
con gli artt. 32 e 38  della  Costituzione,  essendo  il  diritto  ad
accedere a tale provvidenza (inteso, come evidenziato dalla  sentenza
della Corte  costituzionale  n.  306/2008,  come  diritto  ai  rimedi
possibili anche se parziali alle menomazioni prodotte da patologie di
non lieve importanza), irragionevolmente escluso, nonche' con  l'art.
2 della Costituzione, essendo quello alla salute diritto fondamentale
della persona. 
    3. - Rilevanza della questione. 
    La  questione  e'  anche  rilevante  nel  presente  processo:  il
ricorrente, come scritto, presenta i presupposti medico-legali per il
riconoscimento sia della pensione di inabilita'  che  dell'indennita'
di accompagnamento, che gli sono stati riconosciuti  gia'  nel  corso
della visita della Commissione medica, che lo ha dichiarato «invalido
con  totale  e  permanente  inabilita'  lavorativa  (100%),   e   con
impossibilita'  a  deambulare  senza   l'aiuto   permanente   di   un
accompagnatore» (v. doc. 1 parte ricorrente). 
    Con riferimento alla pensione di inabilita',  sussiste  anche  il
requisito reddituale, non essendo il ricorrente titolare  di  redditi
(v. autocertificazione prodotta dal ricorrente),  mentre  il  reddito
della moglie del ricorrente, sig.ra R.A. (di cui occorre tenere conto
ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito  reddituale
per la pensione di inabilita', v., da ultimo, Cass. 1° marzo 2011, n.
5003) e' di molto inferiore al limite previsto per il  riconoscimento
della pensione di inabilita' (dal CUD relativo ai  redditi  del  2010
risultano  redditi  percepiti  dalla  moglie   del   ricorrente   per
€ 5.271,58). 
    Quanto all'indennita' di  accompagnamento,  parte  ricorrente  ha
prodotto dichiarazione sostitutiva  di  atto  notorio  in  ordine  al
mancato ricovero, dovendosi peraltro osservare che la sussistenza  di
eventuali  ricoveri,  in  quanto  fatti  ostativi  per   l'erogazione
dell'indennita', deve considerarsi  rientrare  nell'onere  probatorio
dell'Ente  previdenziale  convenuto,  ponendosi  esso  come  elemento
ostativo non del riconoscimento del diritto,  bensi'  dell'erogazione
dell'indennita' per il tempo in cui l'inabile sia ricoverato a carico
dell'Erario e non abbisogni  dell'accompagnatore  (Cass.,  20  luglio
1995, n. 7917, Cass. 4 febbraio 2009, n. 2691, Cass. 26 gennaio 2010,
n. 1585). 
    In effetti, unico motivo del rigetto, nella fase  amministrativa,
delle  provvidenze  richieste  dal  ricorrente  e'  costituito  dalla
mancanza della carta di  soggiorno,  come  emerge  dalla  motivazione
contenuta nella missiva I.N.P.S. 27 settembre 2009 (v. doc.  3  parte
ricorrente), e come risulta confermato dalla circolare  dell'I.N.P.S.
- Sede regionale del Piemonte 28 gennaio 2011, prodotta dall'Istituto
convenuto, da cui emerge che, secondo  l'I.N.P.S.,  a  seguito  delle
citate pronunce della  Corte  costituzionale,  mentre  per  l'assegno
mensile  non  debbono  risultare  soddisfatti   ulteriori   requisiti
rispetto a quelli previsti  in  via  generale  dalla  legge,  per  il
riconoscimento dell'indennita' di accompagnamento e della pensione di
inabilita'  agli  stranieri  sprovvisti  di   titolo   di   soggiorno
definitivo, oltre ai requisiti ordinari, deve  risultare  soddisfatto
anche il requisito del soggiorno legale sul  territorio  italiano  da
almeno cinque anni. 
    Va infine osservato che, non avendo la domanda attorea ad oggetto
la contestazione delle  conclusioni  della  Commissione  medica,  non
trova applicazione nella fattispecie il termine decadenziale previsto
dall'art. 42, comma 3, d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito  in
legge 24 novembre 2003, n. 326. 
    In  conclusione,  per   tutte   le   illustrate   considerazioni,
raccoglimento della questione di illegittimita' costituzionale,  come
sopra  sollevata,  potrebbe  consentire  al  ricorrente  di  ottenere
entrambe  le  provvidenze  assistenziali  da   lui   richieste,   con
decorrenza - a prescindere dalla futura sopravvenienza del  requisito
temporale necessario per il riconoscimento del permesso di  soggiorno
CE per soggiornanti di lungo  periodo  -  dalla  data  della  domanda
amministrativa.