IL TRIBUNALE Nel procedimento iscritto al n. 4010/11 RG, promosso da D'Alessandro Tiziana, nata a Palermo il 24 marzo 1976, con l'avv. Alberto Stagno d'Alcontres del foro di Palermo, e con domicilio eletto presso quest'ultimo, giusta procura in atti, ricorrente; Contro Giocaliero Giuseppe, nato a Palermo il 14 maggio 1980, con l'avv. Giuseppe Ribaudo del foro di Palermo, giusta procura in atti, convenuto, e nei confronti Comune di Palermo, in persona del sindaco pro tempore, con l'avv. Sergio Palesano, giusta procura generale convenuto e con l'intervento del Pubblico Ministero. Alla pubblica udienza del 17 giugno 2011 ha emesso la seguente ordinanza. Con ricorso depositato in data 22 marzo 2011, D'Alessandro Tiziana ha chiesto di accertare che la stessa non e' incorsa nella causa di ineleggibilita' di cui agli artt. 9, comma 1 , n. 7 e 10, comma 1 n. 8) della LR n. 31/86 e di cui agli artt. 60, comma 1, n. 7) e 63 comma 1 n. 7) del TUEL, e per l'effetto di porre nel nulla la delibera n. 24 del 18 febbraio 2011 del consiglio della seconda circoscrizione della citta' di Palermo, dichiarando mai decaduto il consigliere D'Alessandro dalla carica. In subordine, la D'Alessandro ha chiesto la rimessione alla Corte Costituzionale di una questione di legittimita' costituzionale. La ricorrente ha dato conto di essere stata eletta consigliere circoscrizionale presso il secondo Consiglio Circoscrizionale della Citta' di Palermo a seguito delle elezioni amministrative del 13-14 maggio 2007. Con delibera n. 8/2011 il consiglio circoscrizionale ha contestato alla ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'art. 69 del TUEL la causa di incompatibilita' di cui al combinato disposto dell'art. 63 comma 1 p. 7 con l'art. 60 comma 1 p. 10 del TUEL, in quanto ricopriva l'incarico di consigliere della II circoscrizione e contemporaneamente era dipendente comunale con contratto a tempo parziale e determinato - come agente di PM - a far data dal 2 novembre 2010. La D'Alessandro ha depositato note nei termini assegnati, che sono state disattese. Con successiva delibera n. 24 del 18.2.2011, notificata alla ricorrente in data 8 marzo 2011, il consiglio circoscrizionale ha dichiarato sussistente la causa di ineleggibilita' o incompatibilita' sopravvenuta, invitandola a rimuovere la sopravvenuta condizione di incompatibilita' ovvero di optare per la carica che intende conservare. In luogo della D'Alessandro dovrebbe subentrare Giuseppe Giocaliero. La D'Alessandro ha dedotto l'inapplicabilita' dell'art. 60 comma 1 n. 7 del TUEL e dell'art. 9 comma l n. 7 della LR n. 31/1986, atteso che le disposizioni non sono suscettibili di interpretazione analogica e che le cause di ineleggibilita' per i dipendenti comunali sono relative al consiglio comunale e non a quello corcoscrizionale. Inoltre nel caso di specie mancherebbe un collegamento tra le funzioni esercitate e il territorio della circoscrizione, non sussistendo alcun pericolo al buon andamento e all'imparzialita' dell'amministrazione. La ricorrente ha evidenziato poi come il comma 3 dell'art. 60 TUEL prevede che la causa di ineleggibilita' venga meno per collocamento in aspettativa non retribuita del lavoratore. Nell'ipotesi in cui si ritenesse applicabile l'art. 60 comma 1 n. 7 del TUEL, la relativa disciplina sarebbe da considerarsi incostituzionale nella misura in cui non e' consentito di eliminare la causa di ineleggibilita' sopravvenuta optando per il collocamento in aspettativa non retribuita, atteso che ai sensi dell'art. 60 comma 8 del TUEL non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti a tempo determinato. Si costituivano Giocaliero e il Comune di Palermo, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato. Il Comune di Palermo depositava delibera del II Consiglio Circoscrizionale del 22 marzo 2011, che dichiarava decaduta la D'Alessandro dalla carica di consigliere circoscrizionale, non avendo optato per una delle due cariche rivestite. Pertanto il II Consiglio Circoscrizionale del Comune di Palermo ha prima contestato alla D'Alessandro la causa di incompatibilita' e poi l'ha dichiarata decaduta ai sensi degli artt. 9 e 10 della LR n. 31/86 nonche' dei corrispondenti artt. 60 e 63 del TUEL, avendo stipulato successivamente all'assunzione della carica a consigliere circoscrizionale del Comune di Palermo un contratto a tempo determinato e parziale con il Comune stesso. L'art. 9, comma 1, n. 7 della LR n. 31/1986, applicabile nell'ambito della Regione Siciliana, - a cui corrisponde l'art. 60 comma 1 n. 7 del TUEL relativamente all'ineleggibilita', prevede che «Non sono eleggibili a consigliere provinciale comunale e di quartiere.... i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli». Tale disposizione e' pacificamente riferita anche ai consiglieri circoscrizionali alla luce della previsione di cui all'art. 60 del TUEL. L'art. 10, comma 1, n. 8 della LR n. 31/86 - a cui corrisponde l'art. 63 comma 1 n. 7 del TUEL -, relativamente all'incompatibilita', prevede che «Non puo' ricoprire la carica di consigliere provinciale comunale o di quartiere.. .. colui che nel corso del mandato viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilita' prevista nel precedente articolo. Tale disposizione e' pacificamente riferita anche ai consiglieri circoscrizionali alla luce della previsione di cui all'art. 63 del TUEL. Ai sensi dell'art. 14 della LR n. 31/86 - a cui corrisponde l'art. 69 del TUEL - quando successivamente all'elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dalla stessa legge come causa di ineleggibilita' ovvero esista al momento dell'elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilita' previste dalla legge, il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta. Con la delibera definitiva, ove venga ritenuta sussistente la causa di ineleggibilita' o di incompatibilita', viene invitato il consigliere a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione per la carica che intende conservare. Qualora il consigliere non vi provveda entro i successivi dieci giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Circostanza che si e' verificata nel caso di specie. E' da osservare come la D'Alessandro ha in primo luogo contestato di essere incorsa in una causa di incompatibilita', sostenendo che la disposizione di cui all'art. 9 comma 1 n. 7 della LR n. 31/1986 debba essere letta nel senso che «i rispettivi consigli», a cui fa riferimento per quanto attiene ai dipendenti comunali ,sono solo i consigli comunali e non quelli circoscrizionali. Tuttavia tale interpretazione pare contrastare con la lettura data dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 421/1999 in relazione all'analoga disposizione dell'art. 2, comma 1, n. 7, legge 23 aprile 1981 n. 154. Cio' premesso, non pare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevava in via subordinata dalla D'Alessandro, relativamente all'art. 9 comma 8, della LR n. 31/86 - a cui corrisponde l'art. 60 comma 8 del TUEL -, che statuisce che non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato, in relazione agli artt. 3 e 51 Cost. L'art. 9 comma 2 della LR n. 31/86 - a cui corrisponde l'art. 60 comma 3 TUEL - prevede che le cause di ineleggibilita' tra cui quella di cui a punto 7 non hanno effetto se l'interessato viene collocato in aspettativa. Pertanto in relazione alle cause di ineleggibilita', a fronte dell'opzione tra la carica elettiva e il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, vi e' la possibilita' per il lavoratore di essere posto in aspettativa non retribuita, non operando quindi la causa di ineleggibilita'. Considerato che, nell'ipotesi in cui nel corso del mandato si sostanzi una causa di ineleggibilita' - quindi sopravvenuta -, si viene a sostanziare una causa di incompatibilita', anche in questo caso deve ritenersi operante il disposto di cui all'art. 9 comma 2 della LR n. 31/1986, potendo il dipendente essere posto in aspettativa. D'altronde si tratta di situazioni identiche, non parendo il fatto che la causa di ineleggibilita' sia sopravvenuta elemento per escludere l'applicazione di tale disposizione. Il rinvio operato dall'art. 10 della LR n. 31/1986 alle disposizioni di cui al precedente art. 9 della stessa legge deve ritenersi riferito a tutta la relativa disciplina, e quindi anche alla possibilita' di ottenere l'aspettativa non retribuita. Ritenuto quindi che, a fronte di un contratto a tempo indeterminato, il dipendente possa godere dell'aspettativa non retribuita, non operando la causa di ineleggibilita'/incompatibilita', non pare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 comma 8, della LR n. 31/86, che statuisce che non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato, in relazione agli artt. 3 e 51 Cost. La questione e' rilevante ai fini del presente giudizio (atteso che la D'Alessandro ha stipulato con decorrenza dal 2 novembre 2010 un contratto a tempo determinato di durata quinquennale, e quindi con una durata superiore a quella del mandato elettorale. Per quanto attiene all'art. 3 Cost., e' da osservare come dal punto di vista strutturale, i1 contratto a tempo determinato non si differenzia dal contratto a tempo indeterminato. Entrambi i contratti danno luogo ad un rapporto di lavoro subordinato che non si distingue se non per l'apposizione di un termine finale. L'apposizione di un termine finale e' da dubitare che possa costituire elemento di differenziazione tale da giustificare una disparita' di trattamento in relazione al riconoscimento dell'aspettativa non retribuita nel caso di esercizio di carica elettiva. Pare da dubitarsi che allo stato dell'attuale legislazione il contratto a tempo determinato risponda ad esigenze particolari valutate ex ante, che verrebbero nella sostanza frustrate nell'ipotesi di riconoscimento dell'aspettativa non retribuita, a differenza del contratto a tempo indeterminato in cui non vi sarebbero tali specifiche esigenze. Questo tanto piu' in considerazione del fatto che attualmente vi e' la possibilita' di stipulare contratti a tempo determinato con un termine di durata cosi' lungo da far venir meno qualsiasi differenziazione tra contratto a tempo determinato e contratto a tempo indeterminato sotto il profilo finalistico dell'apporto dato dal lavoro del singolo all'organizzazione in cui viene inserito. Basti pensare che nel caso di specie siamo dinanzi ad un contratto con durata quinquennale, e quindi ad un contratto con una durata alquanto significativa, tale da escludere la rispondenza ad una specifica e transitoria esigenza della pubblica amministrazione. Per quanto attiene poi alla non manifesta violazione dell'art. 51, comma 3, Cost., da parte dell'art. 9 comma 8 della L.R. n. 31/86, il disposto costituzionale attribuisce a chi e' chiamato a funzioni pubbliche elettive il diritto alla conservazione del posto di lavoro. Secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale, il terzo comma dell'art. 51 della Costituzione, va interpretato nel senso che in esso e' prevista una garanzia strumentale all'attuazione del precetto contenuto nel primo comma, consistente nell'affermazione del diritto di chi e' chiamato ad esercitare funzioni pubbliche elettive di disporre del tempo necessario per l'adempimento dei compiti inerenti al mandato e del diritto di mantenere il posto di lavoro (cfr. sentenza n. 158 del 1985). Tutto cio', del resto, e' una coerente derivazione dei principi e dei valori degli articoli 1, 2, 3, 4 della Costituzione (cfr. sentenza n. 388 del 1991), essenziale per garantire a tutti i cittadini la possibilita' di concorrere alle cariche elettive (cfr. sentenza n. 28 del 1998 che per l'appunto richiama tale consolidato orientamento). Sempre con la citata sentenza n. 28 del 1998 la Corte costituzionale «ha costantenente affermato; sin dalla sentenza n 6 del 1960, che l'espressione dell'art. 51 «conservare il posto di lavoro», interpretata anche alla luce del dibattito all'Assemblea Costituente, in cui si manifesto' l'intento di «fissare il principio che, quando un lavoratore viene ad essere investito di una carica pubblica, non deve essere per questo licenziato ma ritenuto in congedo o in aspettativa» (Assemblea Costituente, prima sottocommissione seduta del 15 novembre 1946), garantisce soltanto «il diritto a mantenere il rapporto di lavoro o di impiego» (sentenza n. 111 del 1994) e non tutela affatto - come invece afferma il giudice rimettente - «l'interesse alla conservazione tout court dell'originario luogo di lavoro». Si puo' quindi ritenere che la norma esprima l'interesse costituzionale alla possibilita' che tutti i cittadini concorrano alle cariche elettive in posizione di eguaglianza, anche impedendo, se accorre, la risoluzione del rapporto di lavoro o di impiego, con giustificato, ragionevole sacrificio dell'interesse dei privati datori di lavoro (sentenza n 124 del 1982). L 'art 51 assicura, dunque un complesso minimo di garanzie di eguaglianza di tutti i cittadini nell'esercizio dell'elettorato passivo, riconoscendo peraltro al legislatore ordinario la facolta' di disciplinare in concreto l'esercizio dei diritti garantiti; la facolta', cioe' di fissare, a condizione che non risultino menomati i diritti riconosciuti, le relative modalita' di godimento al fine di agevolare la partecipazione dei lavoratori all'organizzazione politica ed amministrativa del Paese». Alla luce di questa lettura dell'art. 51 Cost. non pare manifestamente infondato ritenere che la disposizione, che esclude per i contratti a tempo determinato l'aspettativa non retribuita nell'ipotesi di cariche elettive, violi il precetto costituzionale, venendo leso il diritto alla conservazione del posto di lavoro, come diritto che esclude che il lavoratore - senza alcuna distinzione tra lavoratore a tempo determinato ovvero a tempo indeterminato - debba perdere il posto di lavoro come alternativa all'esercizio della pubblica funzione, con conseguente limitazione al diritto all'elettorato passivo. Inoltre non pare che la disposizione costituzionale possa essere letta nel senso della sua applicabilita' solo nel caso di pregresso rapporto di lavoro rispetto alla carica elettiva, considerato che rispetto al diritto all'elettorato tutelato nel suo complesso dall'art. 51 Cost., non vi e' alcuna differenziazione tra carica elettiva sopravvenuta al posto di lavoro e carica preesistente a tale rapporto. D'altronde la previsione di cui all'art. 9, comma 2, della LR n. 31/1986, che riconosce l'aspettativa nel contratto a tempo indeterminato, costituisce esplicazione dell'art. 51 Cost. Infine e' da ricordare come il disposto di cui all'art. 51 Cost. non differenzia tra cariche elettive, riguardano i rapporti politici in senso ampio, dovendo ritenersi rientrante in tale previsione anche la carica a consigliere circoscrizionale, come nel caso di specie (cfr. Corte Cost. sentenza n. 158 del 1985, la quale ha osservato come «la norma riguarda indubbiamente i rapporti politici in senso ampio; comprende cioe', non solo l'elezione a membro dei due rami del Parlamento ma anche l'elezione agli organi elettivi nel nostro ordinamento, regionali, provinciali e locali, tutti considerati costituenti il tessuto connettivo dell'ordinamento statuale e tutti rilevanti per attuare gli interessi generali, onde rimanga assicurato il pieno svolgimento della vita democratica del Paese»).