Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso   cui   e'
domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Contro Regione Toscana in  persona  del  Presidente  pro  tempore
della Giunta regionale; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge
regionale Toscana 27 dicembre 2011, n. 66, pubblicata sul BUR  n.  61
del 28 dicembre 2011, recante la «legge finanziaria per l'anno 2012»,
relativamente alle seguenti disposizioni: artt. 88 e 89 (delibera del
Consiglio dei Ministri del 14 febbraio 2012). 
    L'art. 31 del d.l. n.  201/2011,  conv.  in  legge  n.  214/2011,
dispone: «1. In materia  di  esercizi  commerciali,  all'articolo  3,
comma 1, lettera d-bis, del decreto-legge  4  luglio  2006,  n.  223,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4  agosto  2006,  n.  248,
sono soppresse le parole: "in via  sperimentale"  e  dopo  le  parole
"dell'esercizio" sono  soppresse  le  seguenti  "ubicato  nei  comuni
inclusi negli elenchi regionali delle localita' turistiche  o  citta'
d'arte". 
    2. Secondo la  disciplina  dell'Unione  Europea  e  nazionale  in
materia di concorrenza, liberta' di stabilimento e libera prestazione
di servizi, costituisce principio generale dell'ordinamento nazionale
la liberta' di apertura di nuovi esercizi commerciali sul  territorio
senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli  di  qualsiasi
altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della  salute,  dei
lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei  beni
culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti
alle prescrizioni del presente comma entro 90 giorni  dalla  data  di
entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.». 
    Di conseguenza, il testo attuale dell'art. 3 d.l. n. 223/2006  e'
il seguente: 
        «3. Regole di tutela  della  concorrenza  nel  settore  della
distribuzione commerciale. 
    1. Ai sensi delle disposizioni  dell'ordinamento  comunitario  in
materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci
e dei servizi ed al fine di  garantire  la  liberta'  di  concorrenza
secondo condizioni di pari opportunita' ed il  corretto  ed  uniforme
funzionamento del  mercato,  nonche'  di  assicurare  ai  consumatori
finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di  accessibilita'
all'acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale, ai sensi
dell'articolo  117,  comma  secondo,  lettere   e)   ed   m),   della
Costituzione, le attivita' commerciali, come individuate dal  decreto
legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di  alimenti
e bevande, sono svolte senza i seguenti limiti e prescrizioni: 
        a) l'iscrizione a  registri  abilitanti  ovvero  possesso  di
requisiti  professionali  soggettivi  per  l'esercizio  di  attivita'
commerciali, fatti salvi quelli riguardanti il settore  alimentare  e
della somministrazione degli alimenti e delle bevande; 
        b) il rispetto di distanze minime obbligatorie tra  attivita'
commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio; 
        c) le limitazioni quantitative all'assortimento  merceologico
offerto negli esercizi commerciali, fatta salva  la  distinzione  tra
settore alimentare e non alimentare; 
        d)  il  rispetto  di  limiti  riferiti  a  quote  di  mercato
predefinite  o  calcolate  sul  volume  delle   vendite   a   livello
territoriale sub regionale; 
        d-bis) il rispetto degli orari di  apertura  e  di  chiusura,
l'obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonche'  quello  della
mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio; 
        e)  la  fissazione   di   divieti   ad   effettuare   vendite
promozionali,  a  meno  che  non   siano   prescritti   dal   diritto
comunitario; 
        f)  l'ottenimento   di   autorizzazioni   preventive   e   le
limitazioni di ordine temporale o quantitativo  allo  svolgimento  di
vendite  promozionali  di  prodotti,  effettuate  all'interno   degli
esercizi  commerciali,  tranne   che   nei   periodi   immediatamente
precedenti i saldi di fine stagione per i medesimi prodotti; 
        f-bis)  il  divieto   o   l'ottenimento   di   autorizzazioni
preventive per il  consumo  immediato  dei  prodotti  di  gastronomia
presso l'esercizio di vicinato, utilizzando i  locali  e  gli  arredi
dell'azienda   con   l'esclusione   del   servizio    assistito    di
somministrazione    e    con    l'osservanza    delle    prescrizioni
igienico-sanitarie. 
    2. Sono fatte salve le disposizioni che disciplinano  le  vendite
sottocosto e i saldi di fine stagione. 
    3. A decorrere dalla data  di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto sono abrogate le  disposizioni  legislative  e  regolamentari
statali di disciplina del  settore  della  distribuzione  commerciale
incompatibili con le disposizioni di cui al comma 1. 
    4. Le regioni e gli enti locali adeguano le proprie  disposizioni
legislative e regolamentari ai principi e alle disposizioni di cui al
comma 1 entro il 1° gennaio 2007.» 
    Come emerge dalla vicenda normativa statale appena riportata,  il
legislatore  statale  con  il  d.l.  n.  201/2011  ha  ritenuto   che
l'eliminazione definitiva di vincoli di apertura oraria e di obblighi
di chiusura  domenicale  e  festiva  degli  esercizi  di  vendita  al
dettaglio, prevista in via sperimentale con il d.l. n. 223/2006 (come
integrato  dall'art.  35  d.l.  n.  98/2011,  che  aveva   introdotto
l'originaria lett. «d-bis» che prevedeva  la  rimozione  dei  vincoli
solo in via sperimentale), potesse costituire, in base all'esperienza
verificata nell'applicazione di tale normativa, una misura idonea  ad
ampliare la concorrenza nel commercio al dettaglio,  e  ad  imprimere
cosi' maggiore sviluppo ed efficienza a tale settore economico. 
    In questo contesto si inseriscono gli artt. 88 e 89  della  legge
finanziaria regionale toscana per il 2012, qui impugnati. 
    Tali disposizioni prevedono: 
        «Art. 88 Sostituzione dell'articolo 80 della l.r. n. 28/2005. 
    1. L'articolo 80 della l.r. n.  28/2005  (Codice  del  commercio.
Testo Unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche,
somministrazioni  di  alimenti  e  bevande,  vendita   della   stampa
quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti), e'  sostituito
dal seguente: 
        «Art. 80 Orari degli esercizi di commercio  al  dettaglio  in
sede fissa. 1. Gli esercizi dl commercio al dettaglio in  sede  fissa
possono restare aperti al pubblico fino a un massimo di  tredici  ore
giornaliere. Il comune puo' limitare  l'esercizio  dell'attivita'  in
orario notturno per ragioni di prevalente interesse pubblico. 
    2. Previa concertazione con le organizzazioni di categoria  delle
imprese del commercio, dei lavoratori dipendenti, delle  associazioni
dei consumatori e delle altre parti sociali  interessate  individuate
dal comune, maggiormente rappresentative, il comune  puo'  consentire
agli esercizi di derogare al limite di tredici ore giornaliere di cui
al comma 1, tenendo conto di quanto previsto dalla legge regionale 22
luglio 1998, n. 38  (Governo  del  tempo  e  dello  spazio  urbano  e
pianificazione degli orari della citta'). 
    3. Per garantire idonei livelli di servizio nei periodi di minore
e  in  quelli  di  maggiore  afflusso  dell'utenza,  il  comune  puo'
stabilire programmi di apertura obbligatoria per turno. 
    4. Gli esercizi di commercio al dettaglio in  sede  fissa,  salvo
quanto previsto  ai  commi  5,  6,  8  e  9,  osservano  la  chiusura
domenicale e festiva. 
    5. Gli esercizi di commercio al dettaglio in sede  fissa  possono
derogare all'obbligo di chiusura domenicale e festiva di cui al comma
4, nelle domeniche e festivita' del mese di dicembre. 
    6. Previa concertazione con le organizzazioni e  associazioni  di
cui al comma 2, il comune puo'  consentire  l'apertura  domenicale  e
festiva degli esercizi di commercio al dettaglio  in  sede  fissa  in
deroga a quanto previsto al  comma  4,  coordinandosi  con  i  comuni
vicini e nel rispetto della l.r. n. 38/1998. 
    7. Gli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa osservano
la  chiusura  nelle  festivita'  del:  1°  gennaio,  Pasqua,  lunedi'
dell'Angelo, 25 aprile, 1° maggio, 15 agosto, 25 e 26 dicembre. 
    8. Previa concertazione con le organizzazioni e  le  associazioni
di cui al comma 2, il comune, per comprovate necessita' tecniche, per
rilevanti esigenze di servizio alla collettivita' o  per  ragioni  di
pubblica utilita',  puo'  consentire  l'apertura  degli  esercizi  di
commercio al dettaglio in sede fissa nelle festivita' di cui al comma
7. 
    9. Gli esercizi di commercio  al  dettaglio  in  sede  fissa  del
settore alimentare devono  garantire  una  giornata  di  apertura  al
pubblico in caso di piu' di due festivita' consecutive.». 
    Art. 89 Modifiche all'articolo 81 della l.r. n. 28/2005. 
    1.  Il  comma  1  dell'articolo  81  della  l.r.  n.  28/2005  e'
sostituito dal seguente: «1.  Gli  esercizi  di  somministrazione  di
alimenti e bevande determinano gli orari di apertura  e  chiusura  al
pubblico entro limiti che il comune stabilisce  previa  concertazione
con le organizzazioni imprenditoriali del commercio e del turismo, le
organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore e le associazioni
del consumatori, maggiormente rappresentative». 
    2. Il comma 2 dell'articolo 81 della l.r. n. 28/2005 e' abrogato. 
    Le disposizioni regionali, come si vede, confermano l'obbligo  di
chiusura domenicale e festiva, salvo limitate deroghe, e  prescrivono
il limite massimo di apertura  oraria  di  tredici  ore  giornaliere,
salvo limitate deroghe da determinarsi da parte dei  comuni.  Infine,
la normativa regionale subordina la determinazione dei limiti  orari,
che comunque  debbono  sussistere,  di  apertura  degli  esercizi  di
somministrazione di alimenti e bevande, ad appositi provvedimenti dei
comuni interessati. 
    Appare evidente il contrasto della normativa regionale  impugnata
con i  principi  fissati  dalla  nuova  normativa  statale  riportata
all'inizio. 
    Gli interventi statali  abolitivi  dei  limiti  orari  e  festivi
all'apertura  degli  esercizi  di  vendita  al  dettaglio  tendono  a
realizzare, per espressa dichiarazione dell'art. 31, comma 2, d.l. n.
201/2011 e dell'art. 3, comma 1 d.l. n. 223/2006, migliori condizioni
di  competitivita'  del  settore,  accrescendo  le  possibilita'  dei
consumatori  di  accedere  ai  servizi  commerciali  al  dettaglio  e
rimuovendo le disparita' territoriali (spesso a  base  microcomunale)
che determinano notorie e gravi  distorsioni  nella  concorrenza  del
settore, tanto dal punto di  vista  dello  svolgimento  in  atto  dei
servizi commerciali, quanto dal punto di vista dell'insediamento  dei
nuovi esercizi di vendita. 
    Le norme statali in materia di rimozione delle limitazioni orarie
e festive al commercio al dettaglio  costituiscono  quindi  esercizio
della  competenza  statale  esclusiva  in  materia  di  tutela  della
concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e) Cost.). 
    Nel disporre nel senso sopra indicato, chiaramente  incompatibile
con  l'attuale  disciplina  statale,  la  Regione   Toscana   ha   di
conseguenza violato tale competenza statale esclusiva. 
    Il  tema  dei  rapporti  tra  disciplina  della   concorrenza   e
disciplina dell'apertura oraria e festiva degli esercizi  di  vendita
al dettaglio ha formato oggetto di una analisi attenta  ed  evolutiva
nella giurisprudenza di codesta Corte. 
    L'approdo attuale di tale analisi puo' ravvisarsi nella  sentenza
n. 150/2011,  ove  codesta  Corte  ha  affermato  quanto  segue:  «la
disciplina degli  orari  degli  esercizi  commerciali  rientra  nella
materia "commercio" (sentenze n. 288 del 2010 e n. 350 del 2008),  di
competenza esclusiva residuale delle Regioni,  ai  sensi  del  quarto
comma dell'art. 117 Cost., e "il decreto legislativo 31  marzo  1998,
n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a
norma dell'art. 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), [...],
si applica, ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge 5 giugno 2003,
n.  131  (Disposizioni  per  l'adeguamento   dell'ordinamento   della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), soltanto
alle Regioni che non abbiano emanato una propria  legislazione  nella
suddetta materia" (sentenze n. 288 e n. 247 del  2010,  ordinanza  n.
199 del 2006). 
    Si e' anche evidenziato  che  l'ascrivibilita'  della  disciplina
degli orari degli esercizi commerciali alla materia "commercio" trova
ulteriore  conferma,  a  contrario,  nell'art.  3,   comma   1,   del
decreto-legge n. 223 del 2006. 
    Tale ultima norma, infatti, "nel  dettare  le  regole  di  tutela
della concorrenza nel settore della distribuzione  commerciale  -  al
fine di garantire condizioni di pari opportunita' ed il  corretto  ed
uniforme  funzionamento  del  mercato,  nonche'  di   assicurare   ai
consumatori finali un livello minimo ed  uniforme  di  condizioni  di
accessibilita' all'acquisto di  prodotti  e  servizi  sul  territorio
nazionale -  non  ricomprende  la  disciplina  degli  orari  e  della
chiusura domenicale o festiva nell'elenco degli ambiti normativi  per
i  quali  espressamente  esclude  che  lo  svolgimento  di  attivita'
commerciali possa incontrare limiti e prescrizioni" (sentenza n.  288
del 2010). 
    Tuttavia, anche se la disciplina in esame e'  riconducibile  alla
materia "commercio", di competenza regionale, e' comunque  necessario
valutare se la stessa, nel suo contenuto, determini o meno un  vulnus
alla  tutela  della  concorrenza,  tenendo  presente  che  e'   stata
riconosciuta la possibilita', per le  Regioni,  nell'esercizio  della
potesta' legislativa nei loro settori di competenza, di dettare norme
che, indirettamente, producano effetti pro-concorrenziali. 
    Infatti la materia "tutela della concorrenza",  di  cui  all'art.
117,  secondo  comma  lettera  e),  Cost.,  non  ha  solo  un  ambito
oggettivamente individuabile che attiene alle misure  legislative  di
tutela in senso proprio, quali ad esempio quelle che hanno ad oggetto
gli atti e i comportamenti delle imprese che  incidono  negativamente
sull'assetto  concorrenziale  dei  mercati  e  ne   disciplinano   le
modalita' di controllo, ma,  dato  il  suo  carattere  "finalistico",
anche una portata piu' generale e  trasversale,  non  preventivamente
delimitabile,  che  deve  essere  valutata  in  concreto  al  momento
dell'esercizio della potesta' legislativa sia dello Stato  che  delle
Regioni nelle materie di loro rispettiva competenza. 
    Nel  caso  di  specie,  la  normativa   regionale   sull'apertura
domenicale e festiva degli esercizi commerciali  per  la  vendita  al
dettaglio non solo persegue il  medesimo  obiettivo  di  apertura  al
mercato e di eliminazione di barriere e vincoli al libero  esplicarsi
dell'attivita' economica che ha ispirato il d.lgs. n. 114  del  1998,
ma ne amplia la  portata  liberalizzatrice,  aumentando,  rispetto  a
quanto prevede l'art. 11 di tale decreto, il numero  di  giornate  in
cui e' consentita  l'apertura  domenicale  e  festiva,  contribuendo,
quindi, ad estendere l'area di libera scelta sia dei consumatori  che
delle imprese. 
    In conclusione, la Regione Abruzzo, con le  norme  impugnate,  ha
esercitato la propria competenza in materia  di  commercio,  dettando
una normativa che non solo non si pone in contrasto con gli obiettivi
delle  norme  statali  che  disciplinano  il  mercato,   tutelano   e
promuovono   la   concorrenza,   ma   che   produce   anche   effetti
pro-concorrenziali, sia pure in via marginale e indiretta». 
    L'impatto pro concorrenziale dell'abolizione delle limitazioni di
apertura degli esercizi pubblici di vendita al dettaglio e' quindi un
dato ormai acquisito alla giurisprudenza  costituzionale,  tanto  che
rende  inattingibili  dal   legislatore   statale   eventuali   leggi
liberalizzatrici introdotte dalle Regioni. 
    Cio' comporta, a maggior ragione, che sussista  ormai  il  titolo
del legislatore statale di intervenire sulla  materia,  quante  volte
ravvisi   la   necessita'   di   rimuovere   pregiudizi   all'assetto
concorrenziale del mercato che derivano direttamente e immediatamente
da quelle limitazioni. 
    Ora, e' dato pacifico, come gia' detto, che la  molteplicita'  di
discipline locali delle limitazioni orarie  e  festive  dell'apertura
degli esercizi di vendita al dettaglio, spesso diversissime a  minima
distanza (nel caso p. es. di comuni di piccola estensione),  distorce
la concorrenza sia nell'erogazione  dei  servizi  in  questione,  sia
nella localizzazione delle nuove imprese di vendita.  Cio'  danneggia
l'utenza e compromette l'efficienza concorrenziale del  settore,  che
deve   scontare   barriere    amministrative    economicamente    non
giustificate. 
    In  questo  contesto,  non  puo'  esservi  dubbio   sull'avvenuta
traslazione della materia delle limitazioni orarie e  festive,  nella
dimensione della rimozione  delle  stesse,  alla  competenza  statale
esclusiva ex art. 117 comma 2, lett. e) Cost. 
    Cio', naturalmente, non significa  che  le  Regioni  non  possano
legiferare nella materia, che come ha ribadito il  citato  precedente
di codesta Corte rientra anche nella materia  residuale  «commercio».
Tuttavia, l'indubbia insorgenza del titolo esclusivo statale preclude
interventi normativi regionali che abbiano per oggetto o per  effetto
la vanificazione della disciplina statale liberalizzatrice. 
    Le Regioni, in  definitiva,  possono  intervenire  nella  materia
delle (rimosse)  limitazione  festive  e  orarie  nel  senso  di  far
emergere  le  esigenze  specificamente  «commerciali»,  e  come  tali
riconducibili alla  suddetta  competenza  residuale,  che  potrebbero
giustificare ancora talune ipotesi limitative. Ma e' evidente che  in
questo contesto la legislazione  regionale  consentita  deve  muovere
dalla chiara e specifica indicazione gia' nella legge  delle  ragioni
giustificatrici    delle    limitazioni,    deve    escludere    ogni
discrezionalita'  amministrativa  nel   gestire   le   procedure   di
introduzione delle limitazioni, deve prevedere la temporaneita' delle
limitazioni e la loro cessazione al termine del  periodo  prescritto,
che dara' ingresso ad un nuovo esame della possibilita' di introdurle
ancora  o  di  modificarle.  Solo  in  questo  modo,  la   competenza
legislativa regionale potra' esplicarsi in  questa  materia  in  modo
coordinato con il principio  di  tutela  della  concorrenza  espresso
dall'abolizione delle limitazioni da parte della legge statale. 
    Previsioni come quelle impugnate, che da  un  lato  reintroducono
stringenti e rigidi limiti di apertura, e dall'altro  rimettono  alla
non  delimitata  discrezionalita'  delle  amministrazioni  locali  le
deroghe a tali limiti, per giunta senza prevedere  termini  temporali
di efficacia  della  normativa  cosi'  introdotta,  producono  invece
l'effetto diretto di conservare la causa di distorsione  del  mercato
insita nelle limitazioni cosi' connotate, che il legislatore  statale
ha inteso superare. 
    Interventi del tipo di quelli espressi dagli artt. 88 e 89  della
legge regionale qui impugnata, per le ragioni ora illustrate invadono
quindi l'ambito di intervento che nella materia  si  e'  aperto  alla
legislazione  statale  di  tutela  della   concorrenza,   e   violano
palesemente l'art. 117, comma 2, lett. e) Cost.