IL TRIBUNALE Il Giudice, sciogliendo la riserva assunta, osserva: Il presente procedimento ha ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo in relazione a contratto di locazione. Questo Giudice ha provveduto con separato provvedimento riservato sulla richiesta di concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto ex art. 648 c.p.c. Considerato altresi' che trattasi di materia di locazione sarebbe applicabile l'art. 5 commi 1 e 4 lett.a) D.Lgs. n. 28/10 con la conseguente necessita' di assegnare un termine perentorio alle parti per presentare la domanda di mediazione, essendo ormai stata emessa la pronuncia sulla provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. Alcuni elementi della disciplina contenuta nel Decreto Legislativo citato appaiono tuttavia in contrasto con alcune norme della Costituzione. La questione di legittimita' costituzionale e' sicuramente rilevante nel presente procedimento. Difatti a seguito del mutamento del rito ai sensi dell'art. 667 c.p.c. l'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione necessaria di procedibilita' della domanda giudiziale secondo il combinato disposto dei commi 1 e 4 dell'art. 5 D.Lgs. n. 28/10 che quindi devono essere applicati dal Giudice il quale deve anche d'ufficio rilevare, nell'udienza in cui procede al mutamento del rito, l'eventuale mancato esperimento della procedura di mediazione e assegnare un termine perentorio alle parti per presentare la relativa domanda. La questione inoltre non e' manifestamente infondata sotto quattro diversi profili in relazione ad alcune norme del D.Lgs. n. 28/10 citato e del D.M. attuativo n. 180/2010, sia perche' in contrasto con le norme della Costituzione indicate dalla difesa, che per il contrasto con altri articoli della Costituzione stessa. Le questioni sono le seguenti: 1) Non manifestamente infondata e' la questione di costituzionalita' del combinato disposto degli artt. 5 D.Lgs. n. 28/2010 e 16 D.M. n. 180/2010, nella parte in cui stabilisce l'onerosita' della mediazione obbligatoria, per violazione dell'art. 24 Cost. in quanto subordina l'esercizio della funzione giurisdizionale al pagamento di una somma di denaro. Seppure il legislatore possa subordinare l'esercizio della funzione giurisdizionale ad un previo adempimento, al fine di razionalizzare e deflazionare il contenzioso giudiziario, come nel caso dell'art. 414 c.p.c., non puo' contestualmente subordinare l'accesso alla giurisdizione al pagamento di una somma di denaro. Il divieto per lo Stato di pretendere il versamento di somme per potere esercitare un diritto in sede giurisdizionale e' gia' stato sancito in alcune occasioni dalla Corte costituzionale (vedi sentenze n. 67/1960 e n. 21/1961 rispettivamente in materia di cautio pro expensis e di principio del solve et repete). Le spese di mediazione non si giustificano in quanto non hanno natura di tributo, trattandosi di compenso destinato ad organismo, eventualmente anche privato, ne' assolvono ad una funzione di garantire l'adempimento dell'obbligazione dedotta in giudizio, come nel caso delle cauzioni. 2) Non manifestamente infondata e' la questione di costituzionalita' dell'art. 8 D.Lgs. n. 28/2010 per violazione degli artt. 3, 24, 76 e 77 Cost. nella parte in cui prevede che dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione il Giudice puo' desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'art. 116 comma 2 c.p.c. Difatti tale norma del codice di procedura civile consente al Giudice di integrare le risultanze probatorie acquisite con valutazioni tratte dal comportamento processuale delle parti. Queste ultime tuttavia hanno facolta' di adottare i comportamenti che ritengono strategicamente piu' convenienti dal punto di vista processuale, nella consapevolezza che tali comportamenti saranno comunque oggetto di considerazione da parte del Giudice. Nel caso dei tentativo di mediazione infruttuoso, e di conseguente instaurazione della fase contenziosa, si viene invece ad influenzare la libera valutazione del Giudice, e a pregiudicare la posizione processuale delle parti, sulla base invece di comportamenti extraprocessuali relativi ad una fase alla quale il Giudice nemmeno ha partecipato e finalizzata unicamente alla conciliazione e non ad una preventiva delibazione delle ragioni delle parti. Sebbene sia in astratto ammissibile la previsione di meccanismi sanzionatori a carico della parte che non aderisce al tentativo di mediazione, essa non puo' arrivare a pregiudicare l'effettiva realizzazione della pretesa giuridica dell'individuo in sede giurisdizionale. La legge-delega non ha in alcun modo previsto la possibilita' per il legislatore delegato di creare un collegamento probatorio tra la fase conciliativa e quella giudiziale e di utilizzare in quest'ultima elementi di prova acquisiti nella prima ove le parti non hanno necessaria assistenza tecnica e dove la finalita' e' meramente conciliativa. D'altronde la legge delega, nel richiedere il rispetto delle direttive comunitarie, implicitamente richiama i principi contenuti nei "considerando" della direttiva n. 2008/52/CE tra i quali il n. 23) sancisce l'esigenza di rispettare l'esigenza di riservatezza nella gestione della mediazione da salvaguardare nel successivo procedimento giudiziario con normativa interna adeguata. Si profila inoltre anche una disparita' di trattamento tra le parti che, in ragione della materia della controversia, accedono immediatamente al processo, e quelle che sono tenute ad aderire al tentativo di mediazione per evitare una successiva valutazione negativa del Giudice ai sensi dell'art. 116 c.p.c. 3) Non manifestamente infondata e' la questione di costituzionalita' per violazione degli artt. 3,24,76 e 77 Cost. dell'art. 13 D.Lgs. n. 28/2010 che disciplina le spese di lite nella parte in cui prevede che alla parte vincitrice del giudizio che non abbia accettato una proposta conciliativa che sia venuta a coincidere con il contenuto della decisione giudiziaria debbano essere accollate le spese di lite proprie e della controparte, oltre al pagamento di un importo pari al contributo unificato e alle spese di mediazione, e che in caso di parziale coincidenza il Giudice possa comunque negare alla parte vincitrice il rimborso delle spese di mediazione. L'accesso alla tutela giudiziaria risulta di fatto inibito dal sovvertimento del principio della soccombenza a scapito del vincitore che sarebbe costretto ad effettuare una prognosi di coincidenza tra due atti, decisione del Giudice e proposta conciliativa, del tutto eterogenei quanto a presupposti e finalita'. Anche in questo caso si profila una disparita' di trattamento tra le parti che, in ragione della materia della controversia, accedono immediatamente al processo, e quelle che sono tenute ad aderire al tentativo di mediazione. 4) Non manifestamente infondata infine e' la questione di costituzionalita' del combinato disposto degli artt. 5 D.Lgs. n. 28/10 e dell'art. 16 D.M. n. 180/2010 in relazione all'art. 3 Cost. per la disparita' di trattamento che sussiste tra attore e convenuto. Infatti mentre quest'ultimo puo' scegliere di non aderire al procedimento, l'attore e' costretto, a pena di improcedibilita' della domanda giudiziale, ad avviare il procedimento di mediazione dovendo quindi sopportare necessariamente sia le spese di avvio della mediazione che le spese di mediazione stessa, poste a carico in solido a ciascuna parte che ha aderito al procedimento. Le questioni prospettate sono sicuramente rilevanti nel presente procedimento a causa nella necessaria applicazione degli artt. 5, 8 e 13 D.Lgs. n. 28/10, in combinato disposto con l'art. 16 D.M. n. 180/2010. Si rileva comunque che analoghe questioni risultano essere state sollevate, con contestuale trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, dal Tribunale di Genova con ord. n. 4574/11 del 18.11.11, dal TAR Lazio con ord. n. 3202/11 del 12.4.11, dal Giudice di pace di' Parma con ord. n. 271/11 del 1.8.11 e da questo stesso Giudice con ordinanza nell'ambito del giudizio n. 7467/11.