ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 82, secondo comma, (recte terzo) del d.P.R.29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 13 dicembre 1982 dalla Corte dei conti - Sezione III giurisdizionale - sul ricorso proposto da De Marco Gina, nell'interesse del figlio minore Ferrara Maurizio, iscritta al n. 975 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 95 dell'anno 1984; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino; Ritenuto in fatto Con ordinanza emessa il 13 dicembre 1982 (R.O. n. 975 del 1983) la Corte dei conti - Sezione III giurisdizionale - sul ricorso proposto da De Marco Gina, nell'interesse del figlio minore Ferrara Maurizio, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 82, secondo comma, (recte terzo) del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (Approvazione del T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato). Secondo il giudice a quo, dal raffronto con l'art. 38 del d.P.R. 26 aprile 1957 n. 818, recante disciplina nell'ambito della pensionistica INPS, nascerebbe il dubbio che vi sia lesione del principio di eguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione, che postula parita' di trattamenti normativi nell'identita' di situazioni. Nel presente giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo che venga dichiarata non fondata la questione di legittimita' costituzionale in quanto "non sembra che la normativa contenuta nell'art. 82 citato possa considerarsi non sorretta dai necessari criteri di razionalita', le quante volte tale norma si consideri non avulsa dal peculiare sistema nel quale si trova introdotta, ma sia ricollegata alle altre disposizioni del sistema stesso, inteso a contemperare la posizione del singolo con le varie esigenze di carattere generale cui si impronta". "La riversibilita' della pensione a favore dei familiari superstiti trova indubbiamente la sua ragione d'essere nella circostanza che, allorquando viene a mancare il lavoratore che provvedeva al sostentamento della famiglia, alcuni componenti del nucleo familiare rimangono privi di tali mezzi, senonche' cio' non comporta che ne discenda necessariamente in ogni caso una uniformita' di regolamentazione, ben potendo il legislatore ordinario dettare per ciascun sistema previdenziale una peculiare disciplina in vista dei suddetti obbiettivi; onde identificare i presupposti richiesti ad assicurare il rispetto della ratio legis". Considerato in diritto 1. - Il giudice remittente reputa sussistere disparita' ex art. 3 Cost. fra il trattamento pensionistico dei dipendenti statali e dei pensionati INPS, in punto di spettanza del trattamento stesso ai figli naturali giudizialmente dichiarati, nel senso che - nella prima ipotesi - il diritto alla riversibilita' e' limitato a quei soggetti nei confronti dei quali la domanda di dichiarazione giudiziale sia anteriore alla data di morte del dante causa. 2. - Ravvisa la Corte - come del resto gia' affermato altre volte - che le pensioni spettanti agli impiegati statali e quelle relative, in genere, a personale di enti pubblici e a carico di questi ultimi, sono soggette a discipline ben distinte da quella dell'assicurazione obbligatoria per la invalidita', la vecchiaia e i superstiti, essendo i rispettivi sistemi previdenziali fondati su differenti condizioni soggettive ed oggettive (sentenze n. 72 del 1986 e n. 268 del 1988). 3. - Induce ad una favorevole determinazione il rilevare peraltro che - rispetto alla antecedente procreazione - la dichiarazione giudiziale di paternita' ovvero il riconoscimento, come e' pacifico nella giurisprudenza della Corte di cassazione, hanno contenuto meramente dichiarativo (citata sentenza n. 268 del 1988). Va cosi' dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma censurata, con la conseguente affermazione che ai figli naturali giudizialmente dichiarati, oggetto di essa, va attribuito, quando dovuto, il trattamento di quiescenza, senza limitazioni temporali di sorta.