ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Provincia Autonoma di Trento notificato il 10 settembre 1984, depositato in Cancelleria il 18 successivo ed iscritto al n. 36 del registro ricorsi 1984, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministero della Sanita', di concerto con il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale del 25 febbraio 1984, dal titolo: "Schema-tipo di convenzione di cui all'art. 5, comma nono, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638"; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi l'Avvocato Sergio Panunzio per la Provincia Autonoma di Trento e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei Ministri; RITENUTO IN FATTO 1. - Con il ricorso indicato in epigrafe la Provincia autonoma di Trento ha promosso conflitto di attribuzione in seguito al decreto del Ministro della sanita', emesso, di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, in data 25 febbraio 1984 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 12 luglio 1984, dal titolo "Schema-tipo di convenzione di cui all'art. 5, comma nono, del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638". Secondo la ricorrente, poiche' l'ambito dei destinatari di detto decreto comprende anche le USL della Provincia di Trento, risulterebbe invasa la sfera di competenze costituzionalmente garantita alla ricorrente dagli artt. 9, n. 10, e 16 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), i quali assegnano alla Provincia autonoma di Trento la potesta' legislativa concorrente e, correlativamente, quella amministrativa in materia di "igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera". In base all'art. 6, secondo comma, del decreto impugnato si impone alla Provincia di Trento di fornire informazioni (numero di certificati di malattia, etc.) di cui vengano in possesso l'I.N.P.S. e le U.S.L. in relazione ai compiti disciplinati dalle convenzioni ivi previste. E, ancora, il secondo comma dell'articolo successivo prevede l'inserimento di rappresentanti delle Province di Trento e di Bolzano nelle commissioni competenti ad esprimere pareri circa i tempi e le modalita' di liquidazione delle spese sostenute dalle U.S.L. e da porsi a carico dell'I.N.P.S. Dimostrando cio' che il decreto impugnato pretende di vincolare la Provincia di Trento, esso, ad avviso della ricorrente, risulterebbe illegittimo nel suo complesso, in quanto le disposizioni legislative cui ha inteso dare attuazione non consentirebbero al Ministro della sanita' di stabilire uno schema-tipo di convenzione che fosse vincolante anche per la stessa Provincia. Sia l'art. 5, nono comma, del d.l. n. 463 del 1983, sia l'art. 8- bis del d.l. n. 168 del 1981 si riferirebbero, ad avviso della ricorrente, a schemi-tipo da elaborarsi d'intesa fra I.N.P.S. e Regioni a statuto ordinario e solo in rapporto a queste ultime avrebbero abilitato il Ministro della sanita' a provvedere unilateralmente, in mancanza dell'intesa. Ne' potrebbe sostenersi, sempre per la ricorrente, che il riferimento alle Province autonome di Trento e di Bolzano sia implicito, giacche', sulla scorta di quanto affermato dalla sentenza n. 31 del 1983 di questa Corte, esigenze di certezza e di ordinato assetto dei rapporti fra Stato e enti territoriali autonomi non permetterebbero di intendere estensivamente le formulazioni normative di cui trattasi. A ritenere il contrario - soggiunge la ricorrente, peraltro in via del tutto subordinata - si porrebbe una questione di legittimita' costituzionale della stessa disciplina normativa di riferimento. In secondo luogo, la ricorrente ritiene illegittimi, in particolare, gli artt. 2, comma terzo, 3, comma secondo, lett. b, e 6 del decreto impugnato. L'art. 2, terzo comma, prevede che il servizio di ricezione dei certificati di malattia trasmessi dai lavoratori, da istituirsi presso l'I.N.P.S. ai sensi dell'art. 2, secondo comma, possa, in presenza di obiettive esigenze funzionali individuate dallo stesso ente, "essere svolto dall'Istituto nazionale della previdenza sociale presso la unita' sanitaria locale, anche avvalendosi di personale delle unita' sanitarie locali consenzienti". L'art. 3, secondo comma, lett. b, stabilisce che il competente servizio della U.S.L. esamini, "nei casi in cui il servizio di ricezione della certificazione e' organizzato presso la unita' sanitaria locale, e su richiesta dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, tutta la certificazione da questo esibita", al fine di rilevare, tra l'altro, eventuali stati patologici connessi a tbc, malattia professionale, infortunio sul lavoro, ecc. Infine, l'art. 6 prescrive che le U.S.L. forniscano informazioni, in ordine al servizio in esame, "al Ministero della Sanita' - Direzione generale degli ospedali, (...) alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano". Orbene, le richiamate disposizioni, per un verso, disciplinerebbero un servizio delle U.S.L., che rientra nella competenza legislativa e amministrativa della Provincia di Trento, in termini tali per cui la ricorrente rimarrebbe estranea all'organizzazione e gestione dei servizi medico-legali che esse prevedono, dato che si instaurerebbe un rapporto diretto ed esclusivo fra U.S.L. e I.N.P.S.. E, per altro verso, da dette disposizioni deriverebbe un'interferenza dell'I.N.P.S. (e prim'ancora del Ministro della sanita') nella struttura e nelle attivita' delle U.S.L., alle quali inoltre verrebbero assegnati compiti di natura strettamente amministrativa, del tutto estranei ai loro fini. Infine, l'art. 6 instaurerebbe un rapporto diretto tra U.S.L. e Ministero della sanita', che salterebbe del tutto la Provincia. 2. - Si e' regolarmente costituito in giudizio lo Stato, attraverso il Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha concluso per l'inammissibilita' e, in ogni caso, per l'infondatezza del ricorso. Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, non sembra dubbio che il d.l. n. 168 del 1981 e il d.l. n. 463 del 1983, che ne ripete sostanzialmente le disposizioni, riguardino anche le Province autonome di Trento e Bolzano. L'art. 1 del d.l. n. 168 del 1981 fa esplicito riferimento a dette Province, sicche' non potrebbe essere contestato che anche l'art. 8- bis le concerna. Ne', d'altro canto, esisterebbe la minima ragione perche' il sistema di controllo necessariamente previsto in termini uniformi, essendo l'I.N.P.S. ente che opera sull'intero territorio nazionale, non dovesse riguardare anche gli anzidetti enti. Che poi le disposizioni dei due decreti legge possano essere costituzionalmente illegittime (come accennato in via ipotetica nel ricorso), sarebbe discorso diverso e allo stato inammissibile. Quanto, poi, alle ulteriori censure sollevate, l'Avvocatura rileva che le formalita' precisate nel decreto impugnato sono gia' espresse nei testi legislativi di riferimento. Gli accertamenti affidati alle unita' sanitarie locali sarebbero, comunque, di carattere medico e, percio', perfettamente aderenti alle funzioni proprie di tali organismi, senza che si determini un'alterazione della loro struttura. Nessuna attivita' amministrativa sarebbe richiesta alle U.S.L., che, come e' normale per qualsiasi visita sanitaria, dovra' raccogliere anche le dichiarazioni del malato. Tanto meno, infine, potrebbe dirsi indebita l'attivita' informativa di cui all'art. 6 dello schema-tipo ministeriale, giacche' essa e' prevista anche a favore delle Province. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - La Provincia autonoma di Trento ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in seguito all'emanazione del decreto del Ministro della sanita', 25 febbraio 1984, contenente "Schema-tipo di convenzione di cui all'art. 5, comma nono, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983, n. 638". Tale decreto, secondo la ricorrente, invaderebbe la sfera di competenza garantita alla Provincia di Trento dagli artt. 9, n. 10, e 16 St. T.A.A. in materia di "igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza sanitaria e ospedaliera", sotto un duplice profilo: a) in quanto il decreto ministeriale nel suo complesso, essendo espressamente diretto a vincolare anche le competenze della Provincia ricorrente, contrasterebbe con le disposizioni legislative cui essa ha inteso dare attuazione (art. 5, comma nono, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638; art. 8- bis del d.l. 30 aprile 1981, n. 168, convertito nella legge 27 giugno 1981, n. 331), le quali si riferirebbero soltanto a schemi-tipo di convenzioni da elaborarsi d'intesa fra l'I.N.P.S. e le regioni a statuto ordinario e, quindi, tali da non poter avere come destinatari le regioni o le province ad autonomia differenziata; b) in quanto alcuni articoli del decreto ministeriale stesso - segnatamente gli artt. 2, comma terzo, 3, comma secondo, lett. b, e 6 - disciplinerebbero in termini dettagliati competenze proprie delle Province autonome, instaurando rapporti diretti tra le U.S.L. operanti nella provincia e l'I.N.P.S. o il Ministero della Sanita' e affidando alle U.S.L. ora menzionate compiti amministrativi del tutto estranei ai loro compiti istituzionali. 2. - Sotto il primo dei profili indicati, il ricorso della Provincia autonoma di Trento non puo' essere accolto, poiche' il decreto ministeriale impugnato, nel riferirsi anche alle competenze che la ricorrente vanta in materia di sanita', non si pone in contrasto con le disposizioni legislative che intende attuare (artt. 5, comma nono, del d.l. n. 463 del 1983; art. 8- bis del d.l. n. 168 del 1981), dato che queste ultime ricomprendono tra i soggetti che avrebbero dovuto stipulare le convenzioni-tipo ivi previste anche le regioni o le province ad autonomia differenziata. 2.1. - Al fine di interpretare correttamente le disposizioni di legge che, ad avviso della ricorrente, sarebbero state violate dal decreto impugnato, e' opportuno ricostruire brevemente la successione del complesso di leggi adottate in materia e la cui inosservanza da parte delle regioni ha dato luogo all'esercizio, da parte del Ministro della sanita', del potere sostitutivo di cui si discute nel presente conflitto di attribuzione. L'art. 2 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663 convertito nella legge 29 febbraio 1980, n. 33 e parzialmente modificato dall'art. 15 della legge 23 aprile 1981, n. 155, nel disciplinare i casi di infermita' comportanti incapacita' lavorativa (primo e secondo comma), ha stabilito che "le eventuali visite di controllo sullo stato di infermita' del lavoratore, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 maggio 1970, n. 300, o su richiesta dell'Istituto nazionale della previdenza sociale o della struttura sanitaria pubblica da esso indicata, (fossero) effettuate dai medici dei servizi sanitari indicati dalle regioni" (terzo comma). Successivamente e' intervenuto il d.l. 30 aprile 1981, n. 168, convertito nella legge 27 giugno 1981, n. 331, prescrivendo all'art. 8- bis che "ai fini di cui all'art. 2 del d.l. 30 dicembre 1979 n. 663 (...), l'Istituto nazionale della previdenza sociale e le unita' sanitarie locali disciplinano l'effettuazione dei controlli sullo stato di salute dei soggetti aventi titolo alle prestazioni economiche di malattia e di maternita' attraverso convenzioni da stipulare entro il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sulla base di appositi schemi-tipo elaborati d'intesa fra l'I.N.P.S. e le regioni ed approvati con decreto del Ministro della Sanita'". Detta disciplina e' stata parzialmente modificata dall'art. 5 del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638, nel senso di prevedere che gli schemi-tipo di convenzione ex art. 8- bis del d.l. n. 168 del 1981, ove non elaborati d'intesa fra l'I.N.P.S. e le Regioni entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto legge, siano formulati dal Ministro della sanita', di concerto con quello del lavoro e della previdenza sociale (nono comma). Entro trenta giorni dalla pubblicazione di detti schemi le USL sono tenute ad adottare le convenzioni in oggetto e a predisporre un "servizio idoneo ad assicurare (...) il controllo dello stato di malattia dei lavoratori dipendenti per tale causa assentatisi dal lavoro e accertamenti preliminari al controllo stesso anche mediante personale non medico, nonche' un servizio per visite collegiali presso gli ambulatori pubblici per accertamenti specifici" (decimo comma). Sulla base del potere sostitutivo conferitogli dalle disposizioni da ultimo riportate, per il caso in cui gli schemi-tipo di convenzioni previste dall'art. 8- bis non fossero stati elaborati d'intesa fra l'I.N.P.S. e le regioni nei termini ivi previsti, il Ministro della sanita', constatato che, alla data prefissata, soltanto quattro regioni (Liguria, Friuli-Venezia Giulia, Marche e Abruzzo) avevano provveduto a stipulare le anzidette convenzioni, ha emanato in via sostitutiva il decreto impugnato, che prevede, per l'appunto, uno schema-tipo di convenzione da applicarsi in tutte le regioni (o province autonome) che non l'avessero concordato con l'I.N.P.S. fino ad allora. 2.2. - La ricorrente contesta la legittimita' del decreto ministeriale impugnato, in quanto, nell'esigere la propria applicabilita' anche nelle regioni o nelle province ad autonomia differenziata, si porrebbe in contrasto con le leggi poste a base del relativo potere, che, ad avviso della ricorrente, circoscriverebbero l'applicabilita' delle convenzioni-tipo e, quindi, anche dell'atto ministeriale che le avesse adottate in via sostitutiva, alle sole regioni a statuto ordinario. In realta', l'interpretazione prospettata dalla Provincia ricorrente non puo' essere accolta. Va osservato preliminarmente che, quando una disposizione di legge usa la semplice locuzione di "regioni", non si puo' da cio' stesso inferire che il legislatore abbia inteso alludere soltanto a quelle a statuto ordinario, dovendosi piuttosto analizzare quel riferimento senza qualificazioni ulteriori nell'ambito dell'intero contesto legislativo e nel significato che ad esso si puo' dare sulla base delle comuni regole di interpretazione della "volonta'" del legislatore (v. gia', ad esempio, sent. n. 433 del 1987). Esaminata sotto tale profilo, quella locuzione mostra di avere il significato piu' ampio, comprensivo anche delle regioni e delle province ad autonomia differenziata. In tal senso e' innanzitutto orientato lo stesso provvedimento legislativo che prevede le convenzioni-tipo, cioe' il d.l. n. 168 del 1981, il quale si riferisce espressamente, nei suoi artt. 1 e 2, non solo alle regioni ad autonomia comune, ma anche a quelle ad autonomia differenziata, comprese le Province di Trento e di Bolzano. Questo elemento, invero esteriore e di per se' non decisivo, trova una conferma determinante nel fatto che l'interesse curato dal legislatore statale con la previsione delle ricordate convenzioni il quale e' espressamente enunciato dal gia' citato art. 8- bis con il richiamo ai fini di cui all'art. 2 del d.l. n. 633 del 1979 consiste nello stabilire in termini uniformi i controlli sullo stato di salute dei lavoratori in malattia da effettuarsi per conto dell'I.N.P.S. e, pertanto, e' indubbiamente un interesse insuscettibile di frazionamento o di localizzazione territoriale, che esige, come tale, un'uniforme attuazione in ogni parte del territorio nazionale. E, del resto, la stessa Provincia ricorrente non adduce motivi in senso contrario, limitandosi, anzi, al di la' di un inappropriato rinvio ad una pronunzia precedente di questa Corte, a sospettare d'incostituzionalita' l'eventuale estensione alle Province autonome della normativa citata, senza peraltro portare argomenti convincenti e senza sollevare, in proposito, una formale eccezione. 2.3. - Posto che il decreto impugnato risulta applicabile anche alle regioni e alle province ad autonomia differenziata, occorre ora verificare se tale atto si mantenga nei limiti di legittimita' propri dei poteri sostitutivi che lo Stato puo' esercitare nei confronti delle regioni. Anche sotto questo profilo, la risposta e' indubbiamente positiva, poiche' il decreto impugnato risponde a tutti i requisiti che, secondo la giurisprudenza ormai costante di questa Corte (sentt. nn. 177 e 294 del 1986, 64 e 304 del 1987, 177 del 1988), sono propri di un corretto esercizio del potere statale di sostituzione nei confronti di competenze regionali. Innanzitutto, l'atto impugnato e' espressione di un potere di controllo e di vigilanza esplicitamente comprensivo del potere di sostituzione per il caso che, entro il termine precisato dall'art. 5, comma nono, del d.l. n. 463 del 1983, come convertito dalla legge n. 638 dello stesso anno, le convenzioni non fossero state stipulate fra l'I.N.P.S. e le regioni. In secondo luogo, come gia' rilevato, il controllo sostitutivo esercitato con l'atto impugnato e' strettamente strumentale a un obbligo connesso con un interesse unitario e infrazionabile, di cui e' unico tutore lo Stato, in quanto rappresentante dell'intera collettivita' nazionale. In terzo luogo, la sostituzione contestata dalla ricorrente e' stata compiuta da un'autorita' di governo, il Ministro della Sanita', cui compete, per l'appunto, la vigilanza e il controllo nei confronti dell'attuazione regionale dei principi o dei vincoli legittimamente disposti a livello nazionale. Inoltre, il decreto ministeriale impugnato e' stato adottato sulla base di una constatata inerzia della grande maggioranza delle regioni e province autonome, nell'esercizio di una competenza loro riconosciuta nell'ambito di un rapporto di collaborazione con un ente pubblico nazionale, il cui atto conclusivo avrebbe dovuto essere approvato, secondo un principio di "leale cooperazione", dal Ministro della sanita' con un proprio decreto. Infine, il contenuto e l'estensione dell'atto di sostituzione sono sicuramente commisurati a quelli propri degli atti espressivi della competenza che le regioni avrebbero dovuto esercitare in collaborazione con l'I.N.P.S., sicche' non puo' minimamente inferirsi che l'intervento statale ridondi in un'eventuale illegittima compressione dell'autonomia costituzionalmente garantita alle regioni stesse. 3. - La Provincia ricorrente sospetta, poi, che alcune particolari disposizioni contenute nel decreto impugnato - segnatamente gli artt. 2, terzo comma, 3, secondo comma, lett. b, e 6 - invadano illegittimamente la competenza in materia sanitaria statutariamente garantita alla stessa Provincia. Tuttavia, a parte che le censure sui primi due punti riguardano disposti meramente specificativi di norme di legge e a parte che la censura sull'art. 6 trascura il rilievo che l'obbligo di fornire informazioni non e' di per se' in grado di ledere competenze costituzionalmente garantite, appare decisiva e quindi assorbente una considerazione piu' generale. E', infatti, proprio degli interventi sostitutivi statali, ove siano esercitati in modo legittimo, provvedere in via eccezionale a compiere atti ordinariamente assegnati alle competenze regionali o a disciplinare, sempre in via eccezionale, settori riservati alle attribuzioni delle regioni stesse con la medesima incisivita' e dettaglio con cui quelle materie possono essere regolate dai titolari del potere surrogato. Tuttavia, quando, come nel caso, il potere sostitutivo si esprime nella predisposizione di atti a durata non istantanea e destinati a produrre nel tempo effetti di tipo "normativo", l'efficacia degli atti adottati in sostituzione non puo' essere che di tipo suppletivo, non potendo un atto sostitutivo contravvenire alla sua stessa ragion d'essere col bloccare definitivamente una competenza regionale che non si e' esaurita e intende attivarsi. Cio' significa che, ove una regione o una provincia autonoma stipulassero con l'I.N.P.S. lo schema-tipo di convenzione previsto in via generale e sostitutiva dall'atto impugnato, quest'ultimo cesserebbe di essere applicabile nella regione o nella provincia che avesse provveduto a superare l'inerzia alla base dell'intervento sostitutivo in questione. Cio' dimostra che, al di la' dei particolari contenuti delle disposizioni previste nel decreto ministeriale impugnato, quest'ultimo non puo', in ogni caso, confliggere con l'esercizio delle competenze di cui sono titolari le regioni e province autonome.