ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio promosso con ricorso della Provincia Autonoma di Trento
 notificato il 10 settembre 1984,  depositato  in  Cancelleria  il  18
 successivo  ed  iscritto  al  n.  36  del  registro ricorsi 1984, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto  del  Ministero
 della  Sanita',  di  concerto  con  il  Ministro  del  Lavoro e della
 Previdenza Sociale del 25 febbraio 1984, dal titolo: "Schema-tipo  di
 convenzione  di  cui  all'art.  5,  comma nono, del d.l. 12 settembre
 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, nella legge 11  novembre
 1983, n. 638";
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 22 marzo 1988 il Giudice relatore
 Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  Sergio  Panunzio  per  la Provincia Autonoma di
 Trento e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti  per  il  Presidente
 del Consiglio dei Ministri;
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  - Con il ricorso indicato in epigrafe la Provincia autonoma di
 Trento ha promosso conflitto di attribuzione in  seguito  al  decreto
 del  Ministro  della sanita', emesso, di concerto con il Ministro del
 lavoro e della  previdenza  sociale,  in  data  25  febbraio  1984  e
 pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale n. 191 del 12 luglio 1984, dal
 titolo "Schema-tipo di convenzione di cui all'art. 5, comma nono, del
 decreto   legge   12   settembre   1983,   n.  463,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638".
    Secondo  la  ricorrente, poiche' l'ambito dei destinatari di detto
 decreto  comprende  anche  le  USL   della   Provincia   di   Trento,
 risulterebbe   invasa   la  sfera  di  competenze  costituzionalmente
 garantita alla ricorrente dagli artt. 9, n. 10, e  16  dello  Statuto
 speciale  per il Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670),
 i quali assegnano alla  Provincia  autonoma  di  Trento  la  potesta'
 legislativa concorrente e, correlativamente, quella amministrativa in
 materia di "igiene e sanita', ivi compresa l'assistenza  sanitaria  e
 ospedaliera".
    In base all'art. 6, secondo comma, del decreto impugnato si impone
 alla  Provincia  di  Trento  di  fornire  informazioni   (numero   di
 certificati  di malattia, etc.) di cui vengano in possesso l'I.N.P.S.
 e le U.S.L. in relazione ai compiti  disciplinati  dalle  convenzioni
 ivi  previste.  E,  ancora, il secondo comma dell'articolo successivo
 prevede l'inserimento di rappresentanti delle Province di Trento e di
 Bolzano  nelle  commissioni  competenti  ad  esprimere pareri circa i
 tempi e le modalita' di  liquidazione  delle  spese  sostenute  dalle
 U.S.L.  e  da  porsi  a  carico dell'I.N.P.S. Dimostrando cio' che il
 decreto impugnato pretende di vincolare la Provincia di Trento, esso,
 ad   avviso   della  ricorrente,  risulterebbe  illegittimo  nel  suo
 complesso, in quanto le disposizioni legislative cui ha  inteso  dare
 attuazione non consentirebbero al Ministro della sanita' di stabilire
 uno schema-tipo di convenzione che  fosse  vincolante  anche  per  la
 stessa Provincia. Sia l'art. 5, nono comma, del d.l. n. 463 del 1983,
 sia l'art. 8- bis del d.l. n.  168  del  1981  si  riferirebbero,  ad
 avviso  della  ricorrente,  a  schemi-tipo da elaborarsi d'intesa fra
 I.N.P.S. e Regioni a statuto ordinario e solo in  rapporto  a  queste
 ultime  avrebbero  abilitato  il  Ministro della sanita' a provvedere
 unilateralmente, in mancanza dell'intesa.  Ne'  potrebbe  sostenersi,
 sempre  per  la ricorrente, che il riferimento alle Province autonome
 di Trento e di Bolzano  sia  implicito,  giacche',  sulla  scorta  di
 quanto  affermato  dalla  sentenza  n.  31  del 1983 di questa Corte,
 esigenze di certezza e di ordinato assetto dei rapporti fra  Stato  e
 enti   territoriali   autonomi   non   permetterebbero  di  intendere
 estensivamente le formulazioni normative di cui trattasi. A  ritenere
 il  contrario  -  soggiunge  la ricorrente, peraltro in via del tutto
 subordinata   -   si   porrebbe   una   questione   di   legittimita'
 costituzionale della stessa disciplina normativa di riferimento.
    In   secondo   luogo,   la   ricorrente  ritiene  illegittimi,  in
 particolare, gli artt. 2, comma terzo, 3, comma secondo, lett. b, e 6
 del decreto impugnato.
    L'art.  2,  terzo  comma, prevede che il servizio di ricezione dei
 certificati di  malattia  trasmessi  dai  lavoratori,  da  istituirsi
 presso  l'I.N.P.S.  ai  sensi  dell'art.  2, secondo comma, possa, in
 presenza di obiettive esigenze funzionali  individuate  dallo  stesso
 ente, "essere svolto dall'Istituto nazionale della previdenza sociale
 presso la unita' sanitaria locale,  anche  avvalendosi  di  personale
 delle unita' sanitarie locali consenzienti". L'art. 3, secondo comma,
 lett. b, stabilisce che il competente servizio della U.S.L.  esamini,
 "nei  casi  in  cui  il servizio di ricezione della certificazione e'
 organizzato  presso  la  unita'  sanitaria  locale,  e  su  richiesta
 dell'Istituto   nazionale   della   previdenza   sociale,   tutta  la
 certificazione da questo esibita", al fine di rilevare, tra  l'altro,
 eventuali  stati  patologici  connessi a tbc, malattia professionale,
 infortunio sul lavoro, ecc. Infine, l'art. 6 prescrive che le  U.S.L.
 forniscano   informazioni,  in  ordine  al  servizio  in  esame,  "al
 Ministero della Sanita' - Direzione generale  degli  ospedali,  (...)
 alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano".
    Orbene,    le    richiamate    disposizioni,    per    un   verso,
 disciplinerebbero  un  servizio  delle  U.S.L.,  che  rientra   nella
 competenza legislativa e amministrativa della Provincia di Trento, in
 termini   tali   per   cui   la   ricorrente   rimarrebbe    estranea
 all'organizzazione  e  gestione  dei  servizi  medico-legali che esse
 prevedono, dato che si instaurerebbe un rapporto diretto ed esclusivo
 fra  U.S.L.  e  I.N.P.S..  E,  per altro verso, da dette disposizioni
 deriverebbe un'interferenza dell'I.N.P.S. (e prim'ancora del Ministro
 della  sanita')  nella struttura e nelle attivita' delle U.S.L., alle
 quali inoltre verrebbero assegnati  compiti  di  natura  strettamente
 amministrativa,  del  tutto  estranei  ai loro fini. Infine, l'art. 6
 instaurerebbe un  rapporto  diretto  tra  U.S.L.  e  Ministero  della
 sanita', che salterebbe del tutto la Provincia.
    2.   -  Si  e'  regolarmente  costituito  in  giudizio  lo  Stato,
 attraverso il Presidente del Consiglio dei Ministri, che ha  concluso
 per  l'inammissibilita'  e,  in  ogni  caso,  per  l'infondatezza del
 ricorso.
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  dello Stato, non sembra dubbio che il
 d.l. n. 168 del 1981 e il d.l.   n.  463  del  1983,  che  ne  ripete
 sostanzialmente   le   disposizioni,  riguardino  anche  le  Province
 autonome di Trento e Bolzano. L'art. 1 del d.l. n. 168  del  1981  fa
 esplicito  riferimento  a dette Province, sicche' non potrebbe essere
 contestato che anche l'art. 8- bis le concerna. Ne',  d'altro  canto,
 esisterebbe  la  minima  ragione  perche'  il  sistema  di  controllo
 necessariamente previsto in termini uniformi, essendo l'I.N.P.S. ente
 che  opera  sull'intero  territorio nazionale, non dovesse riguardare
 anche gli anzidetti enti. Che poi le  disposizioni  dei  due  decreti
 legge  possano  essere costituzionalmente illegittime (come accennato
 in via ipotetica nel ricorso), sarebbe discorso diverso e allo  stato
 inammissibile.
    Quanto, poi, alle ulteriori censure sollevate, l'Avvocatura rileva
 che le formalita' precisate nel decreto impugnato sono gia'  espresse
 nei  testi legislativi di riferimento. Gli accertamenti affidati alle
 unita' sanitarie locali sarebbero, comunque, di carattere  medico  e,
 percio',   perfettamente  aderenti  alle  funzioni  proprie  di  tali
 organismi,  senza  che  si  determini   un'alterazione   della   loro
 struttura.  Nessuna  attivita'  amministrativa sarebbe richiesta alle
 U.S.L., che, come e' normale per qualsiasi visita  sanitaria,  dovra'
 raccogliere  anche  le  dichiarazioni del malato. Tanto meno, infine,
 potrebbe dirsi indebita l'attivita' informativa  di  cui  all'art.  6
 dello  schema-tipo  ministeriale,  giacche'  essa e' prevista anche a
 favore delle Province.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    1.  -  La  Provincia  autonoma di Trento ha sollevato conflitto di
 attribuzione nei confronti dello Stato in seguito all'emanazione  del
 decreto  del  Ministro  della  sanita',  25 febbraio 1984, contenente
 "Schema-tipo di convenzione  di  cui  all'art.  5,  comma  nono,  del
 decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni
 nella legge 11 novembre 1983, n. 638".
    Tale  decreto,  secondo  la  ricorrente,  invaderebbe  la sfera di
 competenza garantita alla Provincia di Trento dagli artt. 9, n. 10, e
 16  St.  T.A.A.  in  materia  di  "igiene  e  sanita',  ivi  compresa
 l'assistenza sanitaria e ospedaliera", sotto un duplice  profilo:  a)
 in   quanto  il  decreto  ministeriale  nel  suo  complesso,  essendo
 espressamente diretto a vincolare anche le competenze della Provincia
 ricorrente,  contrasterebbe  con le disposizioni legislative cui essa
 ha inteso dare attuazione (art. 5, comma nono, del d.l. 12  settembre
 1983,  n.  463, convertito nella legge 11 novembre 1983, n. 638; art.
 8- bis del d.l. 30 aprile 1981, n. 168,  convertito  nella  legge  27
 giugno   1981,   n.  331),  le  quali  si  riferirebbero  soltanto  a
 schemi-tipo di convenzioni da elaborarsi d'intesa fra l'I.N.P.S. e le
 regioni  a  statuto ordinario e, quindi, tali da non poter avere come
 destinatari le regioni o le province ad autonomia  differenziata;  b)
 in   quanto   alcuni  articoli  del  decreto  ministeriale  stesso  -
 segnatamente gli artt. 2, comma terzo, 3, comma secondo, lett. b, e 6
 -  disciplinerebbero  in termini dettagliati competenze proprie delle
 Province  autonome,  instaurando  rapporti  diretti  tra  le   U.S.L.
 operanti  nella provincia e l'I.N.P.S. o il Ministero della Sanita' e
 affidando alle U.S.L. ora menzionate compiti amministrativi del tutto
 estranei ai loro compiti istituzionali.
    2.  -  Sotto  il  primo  dei  profili  indicati,  il ricorso della
 Provincia autonoma di Trento non  puo'  essere  accolto,  poiche'  il
 decreto  ministeriale  impugnato, nel riferirsi anche alle competenze
 che la ricorrente vanta  in  materia  di  sanita',  non  si  pone  in
 contrasto  con le disposizioni legislative che intende attuare (artt.
 5, comma nono, del d.l. n. 463 del 1983;
 art.  8-  bis  del  d.l.  n.  168  del  1981), dato che queste ultime
 ricomprendono tra  i  soggetti  che  avrebbero  dovuto  stipulare  le
 convenzioni-tipo  ivi  previste  anche  le  regioni  o le province ad
 autonomia differenziata.
    2.1.  -  Al  fine di interpretare correttamente le disposizioni di
 legge che, ad avviso della ricorrente, sarebbero  state  violate  dal
 decreto impugnato, e' opportuno ricostruire brevemente la successione
 del complesso di leggi adottate in materia e la cui  inosservanza  da
 parte  delle  regioni  ha  dato  luogo  all'esercizio,  da  parte del
 Ministro della sanita', del potere sostitutivo di cui si discute  nel
 presente conflitto di attribuzione.
    L'art.  2 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663 convertito nella legge
 29 febbraio 1980, n. 33 e parzialmente modificato dall'art. 15  della
 legge  23  aprile 1981, n. 155, nel disciplinare i casi di infermita'
 comportanti  incapacita'  lavorativa  (primo  e  secondo  comma),  ha
 stabilito  che  "le  eventuali  visite  di  controllo  sullo stato di
 infermita' del lavoratore, ai sensi dell'art. 5 della legge 20 maggio
 1970, n. 300, o su richiesta dell'Istituto nazionale della previdenza
 sociale o  della  struttura  sanitaria  pubblica  da  esso  indicata,
 (fossero)  effettuate  dai medici dei servizi sanitari indicati dalle
 regioni" (terzo comma). Successivamente e'  intervenuto  il  d.l.  30
 aprile  1981,  n. 168, convertito nella legge 27 giugno 1981, n. 331,
 prescrivendo all'art. 8- bis che "ai fini di cui all'art. 2 del  d.l.
 30  dicembre 1979 n. 663 (...), l'Istituto nazionale della previdenza
 sociale e le unita' sanitarie locali disciplinano l'effettuazione dei
 controlli  sullo  stato  di  salute  dei  soggetti aventi titolo alle
 prestazioni  economiche  di  malattia  e  di  maternita'   attraverso
 convenzioni  da  stipulare entro il sessantesimo giorno dalla data di
 entrata in vigore della legge di  conversione  del  presente  decreto
 sulla  base di appositi schemi-tipo elaborati d'intesa fra l'I.N.P.S.
 e le regioni ed approvati con decreto del Ministro della Sanita'".
    Detta  disciplina e' stata parzialmente modificata dall'art. 5 del
 d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella  legge  11  novembre
 1983,  n.  638,  nel  senso  di  prevedere  che  gli  schemi-tipo  di
 convenzione ex art. 8-  bis  del  d.l.  n.  168  del  1981,  ove  non
 elaborati  d'intesa  fra  l'I.N.P.S. e le Regioni entro trenta giorni
 dall'entrata  in  vigore  del  decreto  legge,  siano  formulati  dal
 Ministro  della  sanita',  di  concerto con quello del lavoro e della
 previdenza  sociale  (nono  comma).   Entro   trenta   giorni   dalla
 pubblicazione  di  detti  schemi  le  USL  sono tenute ad adottare le
 convenzioni in  oggetto  e  a  predisporre  un  "servizio  idoneo  ad
 assicurare  (...) il controllo dello stato di malattia dei lavoratori
 dipendenti per tale  causa  assentatisi  dal  lavoro  e  accertamenti
 preliminari  al controllo stesso anche mediante personale non medico,
 nonche' un servizio  per  visite  collegiali  presso  gli  ambulatori
 pubblici per accertamenti specifici" (decimo comma).
    Sulla  base del potere sostitutivo conferitogli dalle disposizioni
 da  ultimo  riportate,  per  il  caso  in  cui  gli  schemi-tipo   di
 convenzioni  previste  dall'art.  8-  bis non fossero stati elaborati
 d'intesa fra l'I.N.P.S. e le regioni nei  termini  ivi  previsti,  il
 Ministro   della  sanita',  constatato  che,  alla  data  prefissata,
 soltanto quattro regioni (Liguria, Friuli-Venezia  Giulia,  Marche  e
 Abruzzo)  avevano provveduto a stipulare le anzidette convenzioni, ha
 emanato in via sostitutiva il decreto  impugnato,  che  prevede,  per
 l'appunto,  uno  schema-tipo di convenzione da applicarsi in tutte le
 regioni (o province  autonome)  che  non  l'avessero  concordato  con
 l'I.N.P.S. fino ad allora.
    2.2.   -  La  ricorrente  contesta  la  legittimita'  del  decreto
 ministeriale  impugnato,   in   quanto,   nell'esigere   la   propria
 applicabilita'  anche  nelle  regioni  o  nelle province ad autonomia
 differenziata, si porrebbe in contrasto con le leggi poste a base del
 relativo  potere, che, ad avviso della ricorrente, circoscriverebbero
 l'applicabilita' delle convenzioni-tipo e,  quindi,  anche  dell'atto
 ministeriale  che  le  avesse  adottate in via sostitutiva, alle sole
 regioni a statuto ordinario.
    In   realta',   l'interpretazione   prospettata   dalla  Provincia
 ricorrente non puo' essere accolta.
    Va osservato preliminarmente che, quando una disposizione di legge
 usa la semplice locuzione di "regioni", non si puo'  da  cio'  stesso
 inferire che il legislatore abbia inteso alludere soltanto a quelle a
 statuto ordinario, dovendosi piuttosto  analizzare  quel  riferimento
 senza   qualificazioni  ulteriori  nell'ambito  dell'intero  contesto
 legislativo e nel significato che ad esso si  puo'  dare  sulla  base
 delle   comuni   regole   di  interpretazione  della  "volonta'"  del
 legislatore (v. gia', ad esempio, sent. n. 433 del  1987).  Esaminata
 sotto  tale  profilo, quella locuzione mostra di avere il significato
 piu' ampio, comprensivo anche  delle  regioni  e  delle  province  ad
 autonomia differenziata.
   In  tal  senso  e'  innanzitutto  orientato lo stesso provvedimento
 legislativo che prevede le convenzioni-tipo, cioe' il d.l. n. 168 del
 1981,  il quale si riferisce espressamente, nei suoi artt. 1 e 2, non
 solo alle regioni ad autonomia comune, ma anche a quelle ad autonomia
 differenziata,  comprese  le  Province di Trento e di Bolzano. Questo
 elemento, invero esteriore e di  per  se'  non  decisivo,  trova  una
 conferma   determinante   nel   fatto   che  l'interesse  curato  dal
 legislatore statale con la previsione delle ricordate convenzioni  il
 quale  e'  espressamente enunciato dal gia' citato art. 8- bis con il
 richiamo ai fini di cui all'art. 2 del d.l. n. 633 del 1979  consiste
 nello stabilire in termini uniformi i controlli sullo stato di salute
 dei lavoratori in malattia da effettuarsi per conto dell'I.N.P.S.  e,
 pertanto,   e'   indubbiamente   un   interesse   insuscettibile   di
 frazionamento o di localizzazione territoriale, che esige, come tale,
 un'uniforme attuazione in ogni parte del territorio nazionale.
    E,  del resto, la stessa Provincia ricorrente non adduce motivi in
 senso contrario, limitandosi, anzi, al di  la'  di  un  inappropriato
 rinvio  ad  una  pronunzia  precedente  di questa Corte, a sospettare
 d'incostituzionalita' l'eventuale estensione alle  Province  autonome
 della  normativa citata, senza peraltro portare argomenti convincenti
 e senza sollevare, in proposito, una formale eccezione.
    2.3.  -  Posto  che il decreto impugnato risulta applicabile anche
 alle regioni e alle province ad autonomia differenziata, occorre  ora
 verificare se tale atto si mantenga nei limiti di legittimita' propri
 dei poteri sostitutivi che lo Stato  puo'  esercitare  nei  confronti
 delle   regioni.   Anche   sotto   questo  profilo,  la  risposta  e'
 indubbiamente positiva, poiche' il decreto impugnato risponde a tutti
 i  requisiti  che, secondo la giurisprudenza ormai costante di questa
 Corte (sentt. nn. 177 e 294 del 1986, 64 e  304  del  1987,  177  del
 1988),  sono  propri  di  un corretto esercizio del potere statale di
 sostituzione nei confronti di competenze regionali.
    Innanzitutto,  l'atto  impugnato  e'  espressione  di un potere di
 controllo e di vigilanza esplicitamente  comprensivo  del  potere  di
 sostituzione per il caso che, entro il termine precisato dall'art. 5,
 comma nono, del d.l. n. 463 del 1983, come convertito dalla legge  n.
 638 dello stesso anno, le convenzioni non fossero state stipulate fra
 l'I.N.P.S. e le regioni.
    In  secondo  luogo,  come  gia' rilevato, il controllo sostitutivo
 esercitato con l'atto impugnato  e'  strettamente  strumentale  a  un
 obbligo  connesso  con un interesse unitario e infrazionabile, di cui
 e' unico  tutore  lo  Stato,  in  quanto  rappresentante  dell'intera
 collettivita' nazionale.
    In  terzo  luogo,  la  sostituzione contestata dalla ricorrente e'
 stata compiuta da un'autorita' di governo, il Ministro della Sanita',
 cui compete, per l'appunto, la vigilanza e il controllo nei confronti
 dell'attuazione regionale dei principi o dei  vincoli  legittimamente
 disposti  a  livello  nazionale.  Inoltre,  il  decreto  ministeriale
 impugnato e' stato adottato sulla  base  di  una  constatata  inerzia
 della   grande   maggioranza   delle  regioni  e  province  autonome,
 nell'esercizio di una competenza loro riconosciuta nell'ambito di  un
 rapporto  di  collaborazione  con  un ente pubblico nazionale, il cui
 atto conclusivo avrebbe dovuto essere approvato, secondo un principio
 di  "leale  cooperazione",  dal Ministro della sanita' con un proprio
 decreto.
    Infine, il contenuto e l'estensione dell'atto di sostituzione sono
 sicuramente commisurati a quelli propri degli atti  espressivi  della
 competenza   che   le   regioni   avrebbero   dovuto   esercitare  in
 collaborazione con l'I.N.P.S., sicche' non puo' minimamente inferirsi
 che   l'intervento   statale   ridondi  in  un'eventuale  illegittima
 compressione dell'autonomia costituzionalmente garantita alle regioni
 stesse.
    3. - La Provincia ricorrente sospetta, poi, che alcune particolari
 disposizioni contenute nel decreto impugnato - segnatamente gli artt.
 2,   terzo  comma,  3,  secondo  comma,  lett.  b,  e  6  -  invadano
 illegittimamente la competenza in materia  sanitaria  statutariamente
 garantita alla stessa Provincia.
    Tuttavia,  a  parte  che le censure sui primi due punti riguardano
 disposti meramente specificativi di norme di legge e a parte  che  la
 censura  sull'art.  6  trascura  il  rilievo che l'obbligo di fornire
 informazioni non  e'  di  per  se'  in  grado  di  ledere  competenze
 costituzionalmente garantite, appare decisiva e quindi assorbente una
 considerazione piu' generale.
    E',  infatti,  proprio  degli  interventi sostitutivi statali, ove
 siano esercitati in modo legittimo, provvedere in via  eccezionale  a
 compiere  atti ordinariamente assegnati alle competenze regionali o a
 disciplinare, sempre  in  via  eccezionale,  settori  riservati  alle
 attribuzioni  delle  regioni  stesse  con  la  medesima incisivita' e
 dettaglio con cui quelle materie possono essere regolate dai titolari
 del  potere  surrogato.  Tuttavia,  quando,  come nel caso, il potere
 sostitutivo si esprime nella predisposizione di  atti  a  durata  non
 istantanea   e  destinati  a  produrre  nel  tempo  effetti  di  tipo
 "normativo", l'efficacia degli atti adottati in sostituzione non puo'
 essere  che  di  tipo  suppletivo,  non  potendo  un atto sostitutivo
 contravvenire  alla  sua  stessa   ragion   d'essere   col   bloccare
 definitivamente  una  competenza  regionale  che non si e' esaurita e
 intende  attivarsi.  Cio'  significa  che,  ove  una  regione  o  una
 provincia  autonoma  stipulassero  con  l'I.N.P.S.  lo schema-tipo di
 convenzione  previsto  in  via  generale  e   sostitutiva   dall'atto
 impugnato,   quest'ultimo  cesserebbe  di  essere  applicabile  nella
 regione o nella provincia che avesse provveduto a superare  l'inerzia
 alla base dell'intervento sostitutivo in questione.
    Cio'  dimostra  che,  al  di  la'  dei particolari contenuti delle
 disposizioni   previste   nel   decreto    ministeriale    impugnato,
 quest'ultimo  non  puo',  in  ogni  caso, confliggere con l'esercizio
 delle competenze di cui sono titolari le regioni e province autonome.