IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1334/1985, proposto da D'Amico Santo, rappresentato e difeso dall'avv. Gianfranco Fontana ed elettivamente domiciliato presso lo stesso in Brescia, via Solferino, n. 51, contro la regione Lombardia, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Bertoni ed Ezio Antonini ed elettivamente domiciliata presso il primo in Brescia, c.tto S. Agata n. 22, e nei confronti di Del Campo Salvatore ed altri, non costituitisi in giudizio, per l'annullamento del bando di concorso g.r.l. 17 gennaio 1985, n. 18114, e della delibera g.r.l. 10 aprile 1985, n. 50429, con la quale viene approvata la graduatoria di merito del concorso; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Lombardia; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore per la pubblica udienza del 15 luglio 1988 il cons. Francesco Mariuzzo; Uditi, l'avv. Gianfranco Fontana per il ricorrente e l'avv. Giuseppe Porqueddu, in sostituzione dell'avv. Paolo Bertoni, per la regione; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con ricorso notificato il 7 novembre 1985, il dott. Santo D'Amico ha impugnato il bando di concorso indetto con decreto 17 gennaio 1985, n. 18114, del presidente della giunta regionale, per la copertura di centocinquantadue posti della seconda qualifica funzionale dirigenziale, nonche' la delibera 10 aprile 1985, n. 50429, con cui la giunta regionale ha approvato la graduatoria di merito del concorso stesso, allegandone la illegittimita': 1) per violazione dell'art. 11 delle disposizioni preliminari al codie civile, per eccesso di potere sotto vari profili e per violazione dell'art. 51 della Costituzione, poiche' la giunta regionale avrebbe dato applicazione, in sede di valutazione dei titoli di carriera, alla sopravvenuta l.r. 27 marzo 1985, n. 22, erroneamente reputata quale legge di interpretazione autentica della precedente l.r. 29 novembre 1984, n. 60; 2) per violazione dell'art. 12 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 9, e dell'articolo unico, terzo comma, della l.r. 26 agosto 1972, n. 29, non essendo stata assicurata un'idonea salvaguardia degli sviluppi di carriera del personale statale transitato nei ruoli regionali; 3) per eccesso di potere per manifesta ingiustizia e per disparita' di trattamento, poiche' altri dipendenti, aventi la qualifica di direttore dei centri di formazione professionale, avrebbero goduto di una piu' bnevola valutazione rispetto all'istante, in possesso della qualifica di capo ufficio; 4) per violazione della l.r. 29 novembre 1984, n. 60, non avendo la giunta regionale computato le supplenze regolarmente svolte dall'interessato; 5) per violazione dell'art. 11, secondo comma, e dell'art. 27 della l.r. 6 ottobre 1979, n. 54, oltre che dell'art. 5, quarto comma, n. 12, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, essendo stata omessa la valutazione della qualifica di invalido di guerra del padre del deducente; 6) per violazione degli artt. 25 e 51 della Costituzione, in relazione ai principi della irretroattivita' della legge ed eguaglianza in sede di accesso ai pubblici uffici. La regione Lombardia si e' costituita in giudizio, richiedendo la reiezione del gravame. Con sentenza interlocutoria 6 febbraio 1987, n. 61, la sezione autorizzava l'integrazione del contraddittori con pubblici proclami, cui il deducente dava corso con avviso pubblicato sul bollettino ufficiale del 18 marzo 1987. Successivamente, con atto notificato il 1 febbraio 1988, l'interessato ha dedotto un motivo aggiunto, allegando di aver conseguito l'incarico di dirigente di servizio a seguito di istanza inoltrata il 19 giugno 1981, per cui, stante la retroattivita' di siffatta determinazione, adottata in ottemperanza al giudicato amministrativo in precedenza consolidatosi, l'approvazione della graduatoria finale apparirebbe ulteriormente ed autonomamente viziata per l'omesso computo dello spettante punteggio. Con memorie, le parti hanno ulteriormente sottolineato le rispettive conclusioni, insistendo in particolare, la regione per la declaratoria di inammissibilita' della censura dedotta in via aggiunta. All'udienza del 15 luglio 1988, il ricorso e' stato trattenuto in decisione. D I R I T T O Come si e' piu' sopra ricordato, il ricorrente ha in questa sede impugnato l'indizione del concorso per la copertura di centocinquantadue posti di dirigente regionale, seconda qualifica funzionale, nonche' la successiva graduatoria, nella quale lo stesso e' stato collocato come idoneo non vincitore, lamentandone la illegittimita' sotto distinti profili di violazione di legge e di eccesso di potere. Con sentenza non definitiva in pari data n. 836/1988 la sezione ha disatteso, reputandola inammissibile, sia la censura dedotta in via aggiunta che il primo motivo, nella sola parte in cui e' stata contestata la natura interpretativa della l.r. 27 marzo 1985, n. 22, riconosciuta, invero, come tale e, quindi essenzialmente retroattiva. Con la seconda parte dello stesso mezzo il ricorrente ha allegato che l'anzidetta l.r. 27 marzo 1985, n. 22, sarebbe intervenuta dopo la chiusura dei termini concorsuali, scadenti il 18 febbraio 1985, direttamente concretando eccesso di potere sotto vari profili. Premette, infatti, il deducente che, in virtu' della vincolante interpretazione discendente da quest'ultima l.r., che ha fatto obbligo di considerare quali uffici solo quelli istituiti con la anteriore l.r. 1 agosto 1979, n. 42, e' rimasta esclusa da ogni possibile valutazione l'attivita' dallo stesso prestata fra il 21 febbraio 1973 ed il 24 novembre 1980, quale responsabile dell'ufficio terzo I.P.A.B. e servizi socio-sanitari. La dedotta censura, che investe direttamente il menzionato atto legislativo, involge conseguentemente una questione di legittimita' costituzionale, prospettata dal ricorrente con l'ultimo motivo del ricorso introduttivo. Detta questione non appare manifestamente infondata e deve, percio' essere rimessa all'esame della Corte costituzionale. Osserva, al riguardo, il collegio che l'art. 36 della l.r. 29 novembre 1984, n. 60, sulla base della quale e' stata indetta ed approvata l'impugnata procedura concorsuale, prevede l'attribuzione a favore dei candidati di tre distinti punteggi, afferenti rispettivamente il servizio di ruolo svolto nelle qualifche settima ed ottava, il titolo di studio posseduto e, infine, lo svolgimento delle funzioni di responsabile di ufficio o di servizio. Sotto un primo profilo, non pare irrilevante, ai fini di cui all'art. 97 della Costituzione, la circostanza che la citata l.r. 27 marzo 1985, n. 22, e' stata approvata dopo la scadenza del termine per la presentazione dei documenti da parte dei partecipanti. Cio' appare, anzitutto, influire sulla regola in precedenza stabilita per il concorso, accreditando il gia' visto art. 36 una lettura certamente piu' ampia rispetto a quella successivamente e vincolativamente discendente dalla disposta interpretazione autentica. La lesione cosi' introdotta alle ragioni del ricorrente, il quale avrebbe potuto conseguire, nel suo diletto, l'integrale punteggio stabilito per i titoli di carriera (quaranta punti), anziche' quelle in concreto attribuitoli (16,333 punti), appare cosi' strettamente dipendente dalla l.r. 27 marzo 1985, n. 22, che ha, per conseguenza, direttamente inciso sulle aspetttative di questi pur legittimamente consolidatesi, per di piu' oltre la scadenza del termine per la presentazione dell'istanza e dei documenti, da parte del ricorrente medesimo. Sotto un secondo profilo, non appare neppure estraneo a quanto suesposto il sospetto che l'amministrazione abbia surrettiziamente inteso privilegiare la posizione acquisita da taluni dipendenti, piu' prossimi all'area delle decisioni politiche e di alta amministrazione, la cui partecipazione al concorso era sicuramente ben nota, indipendentemente dalla formale scadenza del suindicato termine, eppero' in danno di altri, se del caso in possesso di maggiori titoli di carriera, anche in relazione al tempo della rispettiva investitura ai relativi uffici. Tale eventualita', di per se' solo astrattamente percepibile nell'asettica trama della norma interpretativa, acquista, tuttavia, un diverso e piu' pregnante rilievo, ove si consideri che, in ogni situazione del tipo di quella in cui versava l'istante, alcuna possibilita' si configurava per i candidati di conseguire l'integrale punteggio dei titoli di carriera, articolati in un periodo massimo di dieci anni, che non poteva maturare, invero, per alcuno, decorrendo esso dalla data di entrata in vigore della l.r. 1 agosto 1979, n. 42. Non puo' sottaacersi, poi, che ad un analogo ordine di conclusioni non si sottrae la disciplina precostituita per i dirigenti di servizio. Seppure debba convenirsi che, di fronte a situazioni non analoghe, la discrezionalita' del legislatore e' assai piu' ampia, la diversa disciploina relativa a questi ultimi, anche e soprattutto in dipendenza di quanto disposto dalla l.r. 27 marzo 1985, n. 22, pare effettivamente preordinata a favorirli rispetto ai responsabili di ufficio; e cio' essendo loro riservati venti punti per il solo fatto di avere avuto affidato il relativo incarico, diversamente da quanto stabilito per l'altra categoria di dipendenti, per i quali sono attribuiti solo quattro punti per ogni anno di servizio prestato (rispetto ai sei riconosciuti per i respnsabili dei servizi, aggiuntivi rispetto alla non indifferente dotazione iniziale); e cio', si sottolinea ancora, anche tenendo conto della impossibilita' per i capi degli uffici di maturare l'intero punteggio disponibile nell'ambito della procedura concorsuale. Ad avviso del collegio non pare cosi' manifestamente infondata l'affermazione che, una parte, ravvisa una possibile fonte di arbitrarieta' legislativa nella l.r. 27 marzo 1985, n. 22, che ha reso piu' marcata la situazione di sperequazione fatta ai responsabili di ufficio, gia' tali prima dell'entrata in vigore della l.r. 1 agosto 1979, n. 47, e, dall'altra, individua un'analoga questione di legittimita' costituzionale, laddove la stessa l.r. 29 novembre 1984, n. 60, ha nettamente diversificato situazioni pervero tra loro non identiche, ancorche' sostanzialmente espressione della medesima capacita' diretiva in capo ai singoli funzionari, che pure la stessa l.r. mostra di voler far adeguatamente emergere, ai fini dell'attribuzione delle piu' elevate qualifiche dell'ordinamento del personale regionale: in buona sostanza, sembra con cio' inciso il limite della ragionevolezza, che rende la relativa questione prospettabile quale incidente di incostituzionalita'. Per quanto sopra esposto, che trova conferma di specie nelle sentenze 11 marzo 1988, n. 331, e 7 luglio 1988, n. 879, della Corte costituzionale, la indicata questione deve essere rimessa all'esame di quest'ultima, ai sensi degli artt. 3 e 97 della Costituzione.