ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge
 15 febbraio 1958, n. 46  (Nuove  norme  sulle  pensioni  ordinarie  e
 civili  dello  Stato)  e  dell'art. 83 t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092
 (Approvazione  del  testo  unico  delle  norme  sul  trattamento   di
 quiescenza  dei  dipendenti  civili e militari dello Stato), promosso
 con ordinanza emessa il 15 aprile 1987  dalla  Corte  dei  conti  sul
 ricorso  proposto  da  Porri  Felice  Maria,  iscritta  al n. 371 del
 registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  13  dicembre  1988  il giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
                           Ritenuto in fatto
    Con  ordinanza  emessa  il  15  aprile 1987 (pervenuta il 5 luglio
 1988) la Corte  dei  conti,  sezione  III  giurisdizionale  (pensioni
 civili),  sul  ricorso  proposto  da Porri Felice Maria, ha sollevato
 questione incidentale di legittimita' costituzionale degli  artt.  11
 della  legge  15  febbraio  1958,  n.  46 (Nuove norme sulle pensioni
 ordinarie e civili dello Stato) e 83 del d.P.R. 29 dicembre 1973,  n.
 1092  (Approvazione  del  testo  unico delle norme sul trattamento di
 quiescenza  dei  dipendenti  civili  e  militari  dello  Stato),   in
 relazione  agli  artt.  3, 36 e 38 Cost., "in quanto non prevedono il
 diritto dei genitori  inidonei  o  ultrasessantenni,  nullatenenti  e
 conviventi  a  carico  del  dipendente o del pensionato deceduto alla
 riversibilita' dell'indennita' una tantum ordinaria".
    In punto di fatto, si desume che con il decreto impugnato e' stato
 negato il diritto ad indennita' una tantum  ordinaria  (in  luogo  di
 pensione)  in  favore  della  ricorrente  nella  qualita' di madre di
 Bonalumi Manilia (insegnante elementare, deceduta dopo aver  maturato
 un  servizio  di anni 14, mesi 7 e gg. 26), in quanto l'art. 11 della
 legge n. 46 del 1958 non prevede gli ascendenti  quali  soggetti  del
 detto diritto.
    Il  Collegio  a quo dubita della legittimita' costituzionale delle
 disposizioni della legge n. 46 del 1958, nonche' di quelle  del  T.U.
 n.  1092/1973, che non prevedono il diritto di cui trattasi in favore
 dei genitori (per i quali e' possibile il solo  riconoscimento  della
 pensione, in presenza delle condizioni di legge).
   Il  limitare  il  diritto  all'indennita'  una tantum soltanto alla
 vedova e agli orfani minori sembrerebbe configurare - si osserva  una
 irrazionale ed arbitraria discriminazione nei confronti dei genitori,
 una volta che questi, in presenza delle condizioni  soggettive,  sono
 stati  equiparati  per  la  pensione  al  coniuge  e  ai figli minori
 superstiti.
    Nell'ambito  della  legislazione  pensionistica  e  in  attuazione
 dell'art. 36 della Costituzione (tenendo conto dell'inquadramento del
 trattamento di quiescenza come "retribuzione differita"), non sarebbe
 razionale la disposizione  che  limita  il  trattamento  stesso  alla
 pensione, escludendo quella che altro non e' che una diversa forma di
 liquidazione.
    In  conclusione,  la  normativa viene censurata "in relazione agli
 artt. 3 (per disparita' di trattamento con la  vedova  e  gli  orfani
 minori) e 36 della Costituzione (perche' una volta che il legislatore
 abbia riconosciuto che - a certe condizioni - i genitori fanno  parte
 della  famiglia  del lavoratore al fine di assicurare loro i mezzi di
 sussistenza  attraverso  la  retribuzione  dello   stesso...   appare
 arbitrario  e irrazionale escluderne alcuni per determinare categorie
 dei soggetti membri della famiglia in senso previdenziale)".
                         Considerato in diritto
    1.1  -  Il  trattamento  di  quiescenza  per i dipendenti statali,
 allorche'  non  siano  stati   raggiunti   i   minimi   di   servizio
 prestabiliti,  si  concretizza  nella liquidazione di una indennita',
 cioe' di una certa somma per una sola volta.
    L'indennita'  e' reversibile limitatamente al coniuge superstite e
 agli orfani minorenni,  cosi'  differenziandosi  dal  trattamento  di
 pensione  esteso,  alle  condizioni di legge, agli orfani maggiorenni
 ovvero, in mancanza d'altri aventi diritto, ai genitori inabili  gia'
 a carico del dipendente, come pure ai fratelli e sorelle di questi.
    1.2  -  Il  Collegio  remittente  dubita  della legittimita' della
 mancata estensione nei confronti dei genitori, ravvisando contrasto -
 una  volta  che  ai  trattamenti  di  quiescenza  va riconosciuta una
 connotazione retributiva differita - con gli artt. 3 e 36 Cost.
    2. - La questione non e' fondata.
    In  ordine  alla  fattispecie  odierna  si  e'  qui sopra posto in
 rilievo come i soggetti aventi diritto alla  reversibilita'  dell'una
 tantum  restino circoscritti al coniuge superstite e ai figli minori,
 non  disponendo  la  normativa  neppure   a   favore   degli   orfani
 maggiorenni,  quando  inabili  e  nullatenenti,  i quali - ai fini di
 pensione - precedono, escludendoli, gli ascendenti.
    Ed  e'  da  soggiungere  che le quote di riparto fra comuni aventi
 titolo ai due trattamenti (coniuge e figli minori) sono diverse nella
 liquidazione di indennita' rispetto alla pensione.
    Puo'  cosi'  evincersi che il legislatore - lungi dal limitarsi ad
 una mera (arbitraria, secondo i remittenti) esclusione nei  confronti
 di una sola categoria di soggetti - ha posto in essere, all'incontro,
 una  disciplina  compiutamente  articolata  ed  omogenea  nell'ambito
 dell'una tantum, con uno spiccato rilievo alla composizione familiare
 tipica. Il sistema delineato, d'altronde, risulta comunque  collegato
 in  apice,  per quel che concerne cioe' il lavoratore, ai trattamenti
 pensionistici propri, essendo prevista la costituzione,  se  pure  in
 altra   sede   previdenziale   (INPS),   di   un'apposita   posizione
 assicurativa: art. 124 e seguenti del testo unico 29 dicembre 1973 n.
 1092.
    Conclusivamente,  non  emergono  valide ragioni di contrasto con i
 denunciati  parametri  (supra  1,2);  e  quanto  all'art.  38  Cost.,
 apoditticamente  enunciato  solo  nel  dispositivo  dell'ordinanza di
 rimessione,  e'  appena  il  caso  di  rilevare,  per  quel  che  qui
 interessa,  come  i principi ivi enunciati non confliggono di per se'
 con una disciplina adeguatrice alle particolarita'  specifiche  delle
 situazioni considerate (sent. n. 120 del 1985).