ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, primo comma, della legge 20 marzo 1980 n. 75 (Proroga del termine previsto dall'art. 1 della legge 6 dicembre 1979, n. 610 in materia di trattamento economico del personale civile e militare dello Stato in servizio ed in quiescenza; norme in materia di computo della tredicesima mensilita' e di riliquidazione dell'indennita' di buonuscita e norme di interpretazione e di attuazione dell'art. 6 della legge 29 aprile 1976, n. 177, sul trasferimento degli assegni vitalizi al Fondo sociale e riapertura dei termini per la opzione) e dell'art. 44, terzo comma, della legge 14 dicembre 1973, n. 829 (Riforma dell'Opera di previdenza a favore del personale dell'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 31 marzo 1988 dal Pretore di Bologna nel procedimento civile vertente tra Angelini Leo ed altri e l'O.P.A.F.S., iscritta al n. 648 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 1989 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino; Ritenuto che con ordinanza emessa il 31 marzo 1988 dal Pretore di Bologna e' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale degli articoli 6, primo comma, della legge 20 marzo 1980 n. 75 e 44, terzo comma, della legge 14 dicembre 1973 n. 829 (per contrasto con il primo comma, dell'art. 3 della Costituzione) che, anche a seguito dell'entrata in vigore della legge 17 maggio 1985 n. 210, istitutiva dell'ente Ferrovie dello Stato, devolvono alla giurisdizione dei tribunali amministrativi regionali e/o della Corte dei conti la cognizione delle controversie relative alla riliquidazione dell'indennita' di buonuscita erogata dall'Opera di previdenza a favore del personale dell'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato - O.P.A.F.S.; che e' stato depositato atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ivi concludendosi per l'inammissibilita' della questione. Considerato che la prospettata questione, come rilevato appunto dall'Avvocatura generale dello Stato, si appalesa manifestamente inammissibile poiche' in maniera del tutto generica si risolve sostanzialmente "nella ricerca - tra le piu' norme giudicate compresenti (e di segno opposto) - della disposizione applicabile nel giudizio principale". Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.