ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2, primo comma, n. 3, del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180 (T.U. delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), in relazione all'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 27 febbraio 1988 dalla Corte di cassazione nel procedimento civile vertente tra Tomei Flora e Pramaggiore Luigi, iscritta al n. 367 del registro ordinanze del 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1988; Udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 1988 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto in fatto 1. - La Corte di cassazione, con ordinanza emessa il 27 febbraio 1988 nel procedimento civile vertente tra Tomei Flora e Pramaggiore Luigi, ha giudicato rilevante, e non manifestamente infondata in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2, primo comma, n. 3, del d.P.R. n. 180 del 5 gennaio 1950 (T.U. delle leggi concernenti il sequestro, il pignoramento e la cessione degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), nella parte in cui, in contrasto con l'art. 545, quarto comma, c.p.c., non prevedono la pignorabilita' delle pensioni corrisposte dagli enti pubblici economici di cui all'art. 1 dello stesso d.P.R., fino alla concorrenza di un quinto, per ogni credito, da chiunque vantato, nei confronti del personale. Il giudice remittente, adito in sede di ricorso avverso la sentenza della Corte d'Appello di Palermo - che aveva dichiarato la nullita' del pignoramento eseguito dalla Tomei, presso la Cassa Centrale di Risparmio di Palermo, della pensione dovuta al Pramaggiore, ex dipendente della Cassa stessa, a soddisfazione di un credito di L. 14.000.000 - ha tratto argomento dalla sentenza n. 89 del 1987 di questa Corte per censurare il trattamento piu' favorevole che, in tema di pignorabilita' delle pensioni, le norme impugnate detterebbero, a suo avviso, per i pubblici dipendenti in raffronto al regime previsto per i dipendenti privati. Ritenuto che l'art. 545, quarto comma, c.p.c., consentirebbe la pignorabilita', per ogni tipo di credito, delle pensioni dei dipendenti da imprese private fino alla concorrenza di un quinto, la Cassazione ha affermato che gli stessi motivi che hanno dato luogo alla pronuncia di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma primo, n. 3, del d.P.R. n. 180 del 1950, limitata dalla citata decisione n. 89 del 1987, per ragioni di rilevanza nel giudizio a quo, ai soli emolumenti spettanti in virtu' di rapporto di lavoro in corso a dipendenti di enti diversi dallo Stato, potrebbero essere ritenuti validi perche' tale illegittimita' sia estesa anche alle pensioni del personale in quiescenza. 2. - Nessuna delle parti del giudizio a quo si e' costituita, ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri. Considerato in diritto 1. - Il giudice a quo ritiene che la disciplina prevista dall'art. 1 del d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, che prevede in via generale l'impignorabilita' delle pensioni dei pubblici dipendenti, e dall'art. 2, primo comma, n. 3, del medesimo decreto, che consente la pignorabilita' sino ad un quinto di dette pensioni solo per tributi verso lo Stato, le province e i comuni, si ponga in contrasto con l'art. 3 della Costituzione in quanto, senza ragionevoli giustificazioni, assicurerebbe ai pubblici dipendenti un trattamento piu' favorevole rispetto a quello riservato ai dipendenti di imprese private dall'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile, che autorizzerebbe invece la pignorabilita' delle pensioni fino alla concorrenza di un quinto, per ogni tipo di credito. 2. - La questione non e' fondata. Occorre osservare che la tutela previdenziale nel campo del lavoro privato e' realizzata essenzialmente attraverso il sistema delle assicurazioni obbligatorie costituite presso il "regime generale" dell'INPS, che accoglie, in linea di principio, i dipendenti privati, individuati come tali dal solo fatto di lavorare contro retribuzione alle dipendenze altrui (v. art. 37 del r.d.-l. 4 ottobre 1935 n. 1827 e art. 3 del r.d.-l. 14 aprile 1939, n. 636). La pignorabilita' della gran parte delle pensioni derivanti da rapporto di lavoro privato non e' dunque regolata dall'art. 545 del codice di procedura civile - che si riferisce esclusivamente alle somme dovute "dai privati" - ma dalle norme speciali sulla previdenza sociale (art. 128 del r.d.-l. n. 1827 del 4 ottobre 1935: "Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale", e art. 69 della legge n. 153 del 30 aprile 1969: "Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale") le quali, lungi dal disporre, sul punto, un trattamento meno favorevole di quello previsto per i pubblici dipendenti dalle richiamate disposizioni del testo unico n. 180 del 1950, escludono anch'esse in linea generale la pignorabilita' delle pensioni erogate dall'INPS finanche per crediti alimentari, consentita invece dall'art. 2 n. 1 del citato testo unico nei confronti delle pensioni dei pubblici dipendenti; esclusione che la recente sentenza n. 1041 del 1988 di questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittima parificando, sul punto, i due regimi. In definitiva, la disparita' di disciplina tra settore pubblico e privato, in materia di pignorabilita' degli emolumenti spettanti in virtu' di rapporto di lavoro in corso, posta dal giudice remittente a base delle sue argomentazioni, e dichiarata costituzionalmente illegittima dalle sentenze nn. 89 del 1987 e 878 del 1988 di questa Corte, non e' riscontrabile ove ci si riferisca invece alle pensioni, in ordine alle quali il regime generale e' nel senso della impignorabilita' (salve le poche eccezioni consentite) sia per l'uno che per l'altro settore.