Ricorso della regione Abruzzo, in persona del presidente della giunta regionale pro-tempore, rappresentato e difeso, giusta deliberazione della giunta regionale n. 7974 del 19 dicembre 1989 e delega a margine del presente atto, dal prof. avv. Marco di Raimondo ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, via IV Fontane n. 173, ricorrente, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato ex lege presso l'avvocatura generale dello Stato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, resistente, per la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale dell'art. 8 del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 dicembre 1989 recante "Disposizioni urgenti in materia di evasione contributiva, di fiscalizzazione degli oneri sociali e di sgravi contributivi nel Mezzogiorno". Il presente gravame s'inserisce nel quadro di analoghe iniziative assunte da altre regioni d'Italia, avverso i precedenti dd.-ll. (30 dicembre 1988, n. 548; 28 marzo 1989, n. 110; 29 maggio 1989, n. 196 e 5 agosto 1989, n. 279), riprodotti testualmente nel d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338 (art. 8) convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389, in base ai quali, in evidente e palese contrasto con la lege 21 dicembre 1978, n. 845, e' fatto obbligo alle regioni: 1) di stipulare entro il 20 ottobre 1989 le convenzioni con l'I.N.P.S. e l'I.N.A.I.L., per il pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, inerenti alla istaurazione, con effetto retroattivo, dei rispettivi obblighi (previdenziali ed assicurativi); 2) di prevedere, in convenzione, il pagamento in dieci annualita' costanti (salvo necessita' di ulteriori rateizzazioni) dei contributi per gli anni 1988 e precedenti; 3) di subire, da parte del Ministero del tesoro, in mancanza della stipula delle convenzioni di cui sopra ed a decorrere dal 1990, specifici accantonamenti sulle erogazioni ad esse spettanti ai sensi dell'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281 (fondo comune di partecipazione al gettito di imposte erariali). Ma per ben comprendere il significato ed il peso degli oneri insostenibili che con l'applicazione della legge che qui viene impugnata, si vengono a riservare, senza indispensabile copertura finanziaria, sulle magre casse delle regioni, e' opportuno un breve cenno retrospettivo sulle principali leggi che hanno condotto, nonostante le accese rimostranze da una parte (regioni), e le promesse ed impegni dall'altra (Governo), al rovinoso epilogo normativo di cui e' fatto cenno. Con l'introduzione della legge quadro sulla formazione professionale (legge 21 dicembre 1978, n. 845) ed il completamento nel trasferire alle regioni (d.P.R. n. 616/1978) delle competenze legislative ed amministrative in materia, e' stato disposto altresi' il trasferimento a carico delle regioni stesse, anche degli oneri previdenziali ed assicurativi inerenti alle posizioni (assicurative e previdenziali) degli apprendisti artigiani. Detti oneri, non rientranti strictu sonso nell'ambito delle attivita' di formazione ed orientamento professionale, avrebbero dovuto ricevere copertura, secondo il tenore della stessa legge (art. 22 della legge n. 845/1978), "nell'ambito del fondo comune di cui all'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281" al quale dovevano altresi' confluire gli stanziamenti, statali attinenti alle attivita' trasferite alle regioni, nonche' le disponibilita' per l'anno 1979 del F.A.P.L. (Fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori) istituito con l'art. 62 della legge 29 aprile 1949, n. 264 (art. 28) e, soppresso (ivi compresi i contributi a carico di enti diversi) con la stessa legge n. 845/1978. La legge n. 845/1978 (art. 16) ben evidenziava tuttavia, che l'obbligo a carico delle regioni del pagamento delle somme occorrenti per le assicurazioni sociali a favore degli apprendisti artigiani, avrebbero dovuto decorrere non prima della stipula di apposite convenzioni con gli istituti assicurativi (I.N.P.S.-I.N.A.I.L.). Momento, quest'ultimo, d'indispensbile raccordo tra oneri contributivi e finanziamento relativo. La mancanza di dati certi o, quanto meno, attendibili (non e' stato sinora possibile determinare neppure il numero degli apprendisti artigiani), la rilevante entita' degli oneri contributivi, pur nella sua individuazione sommaria, l'insufficiente congruita' della quota parte del fondo comune regionale imputabile al F.A.P.L. (art. 8 della legge n. 281/1970 cit.) impoverendosi nel tempo sia in termini reali (soppressione dei contributi e assenza di rivalutazione) che nominali (art. 2 del d.-l. 26 novembre 1981, n. 677), gli impegni, dapprima assunti (cfr. lettera circolare del 9 marzo 1982) e poi non mantenuti del Governo, di riesaminare il problema facendosi carico delle pur fondate rivendicazioni regionali, hanno contribuito, in misura determinante, ad impedire, sino ad oggi, la stipula delle predette convenzioni. Ma l'incertezza assoluta, come sopra specificato sia nell' an che nel quantun, degli oneri previdenziali ed assicurativi e la conseguente impossibilita' di stabilire, con sufficiente approssimazione, l'entita' della necessaria copertura finanziaria, non ha tuttavia impedito al Governo di far ricorso alla decretazione d'urgenza (soltanto l'ultimo d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338 e' stato convertito in legge) e schiacciare sotto il peso di cifre che si aggirono in decine e decine di miliardi (con rivendicazioni sempre piu' incisive dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.I.L.), le modeste risorse finanziarie regionali, per far fronte ad obblighi assicurativi e previdenziali non direttamente assunti e neppure muniti di adeguata copertura finanziaria. Di fronte alla "ragione di Stato" non rimaneva altra strada che l'impugnativa, in parte qua, del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre 19989, n. 389, perche' gravemente illegittimo e lesivo dell'autonomia regionale per i seguenti motivi: 1. - Violazione degli artt. 117, 118, 119 e 134 della Costituzione. In verita' gia' la legge 21 dicembre 1978, n. 845, con il rinvio, contenuto nell'art. 16, terzo comma, all'art. 21 della legge 19 gennaio 1955, n. 25 (e conseguente applicazione, a carico delle regioni delle norme sulla previdenza ed assistenza sociale obbligatoria nei confronti degli apprendisti artigiani) aveva posto le premesse per accollare alle regioni oneri previdenziali ed assicurativi di stretta competenza statale e certamente non rientranti tra le materie elencate nell'art. 117 della Costituzione. Ma la "pillola", se cosi' e' lecito dire, era allora addolcita da due ipotetiche previsioni normative che ne rendevano, per lo meno all'apparenza, innocuo il peso finanziario. La legge n. 845/1978 stabiliva infatti, in via teorica, non solo una congrua copertura (art. 22) come gia' detto, nell'ambito del fondo comune di partecipazione al gettito dell'imposte erariali istituito dall'art. 8 della legge 16 maggio 1970, n. 281, sul quale dovevano confluire, sia gli stanziamenti statali attinenti alle attivita' trasferite alle regioni, sia la disponibilita', per l'anno 1979, del Fondo per l'addestramento professionale dei lavoratori; ma anche l'insorgere dell'obbligo ed onere assicurativo attraverso il meccanismo di autodeterminazione del convenzionamento tra regioni ed enti previdenziali (I.N.P.S. ed I.N.A.I.L.). Se il primo "sogno" (copertura finanziaria) e' stato ben presto infranto dalla arida ma significativa realta' delle cifre, giammai in equilibrio tra finanziamento in concreto operato (esiguita' dello stanziamento iniziale, depauperamento nel tempo della sua consistenza reale, aumento degli oneri contributivi fissati via via con decreto ministeriale) e costi presuntivi, la seconda previsione (convenzionamento) non ha mai potuto trovare possibilita' di realizzo vuoi per l'incertezza dei dati di riferimento (numero degli apprendisti artigiani) vuoi per l'eccessiva gravosita' delle pretese dell'I.N.P.S. e dell'I.N.A.I.L. (elementi entrambi contestati e tuttora in contestazione, da parte delle regioni). Si e' andati avanti cosi', in modo indolore e nella incertezza generale, finche' il Governo non ha inteso far ricorso, in materia, alla decretazione d'urgenza, inserendo nei vari decreti-legge che si sono succeduti nel tempo (30 dicembre 1988, n. 548; 29 maggio 1989, n. 196; 29 marzo 1989, n. 110; 5 agosto 1989, n. 279 e 9 ottobre 1989, n. 338) una norma espressa che tagliava corto sulla conflittualita' operata tra regioni, I.N.P.S. e I.N.A.I.L. e sull'obbligo del convenzionamento, stabilendo ex lege, come piu' sopra indicato, oneri, retroattivita', stipule e sanzioni (il tutto riassunto, nel testo oramai in vigore, dall'art. 8 del d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, convertito in legge 7 dicembre 1989, n. 389). In tale modo si toglieva ogni spazio alle giuste rivendicazioni delle regioni pur circoscritte alla pretesa: a) di una convenzione-tipo valida per tutte le regioni e negli stessi termini anteriormente vigenti tra Stato ed enti previdenziali; b) della fissazione di un criterio univoco ed accettato da tutte le parti, che conferisse certezza statistica al numero degli apprendisti artigiani; c) della definizione univoca delle tariffe; d) della fissazione di procedure idonee a garantire la semplificazione dei sistemi di conteggi. L'insufficiente copertura finanziaria e la sostituzione tout-court delle regioni nel momento della stipula delle convenzioni ha attualizzato l'illegittimita' costituzionale, gia' latente nella legge n. 845/1978, evidenziando nel d.-l. 9 ottobre 1989, n. 338, art. 8, la violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione, perche' gli oneri previsti attengono ad una materia (previdenziale) sottratta alla competenza regionale, perche' cosi' facendo, e' stato pesantemente leso il principio dell'autonomia finaniaria delle regioni (non si dimentichi che con il d.-l. n. 338/1989 le somme dovute, alle regioni sono "calcolate sulla base dei crediti comunicati al Ministero del tesoro entro il 31 luglio 1989" e che l'entita' dei contributi viene fissata dal Ministro del lavoro||), perche', da ultimo lo Stato, a fronte di un presunto disimpegno delle regioni nella stipula delle convenzioni previste dalla legge n. 845/1978 avrebbe dovuto, semmai, sollevare il conflitto di attribuzione per menomazione e non seguire la strada della sostituzione, ex lege, della potesta' regionale, in precedenza stabilita. 2. - Violazione degli artt. 81 e 119 della Costituzione. E' oramai pacifico che l'art. 81 della Costituzione debba trovare applicazione anche riguardo alle leggi che impongono nuove e maggiori spese a carico di enti diversi dallo Stato. Altrettanto pacifico e' che detto principio sia stato violato nel caso di specie. Come e' stato messo ben in evidenza nel precedente motivo non solo il meccanismo di copertura finanziaria iniziale previsto dalla legge n. 845/1978 si e' dimostrato chiaramente insufficiente, ma addirittura sono state poste in essere le premesse per un incremento anziche' per una riduzione del divario tra costi e risorse. Al congelamento "pro quota" del fondo comune (non piu' rivalutato dal 1979) si sono infatti sommate diminuzioni in deroga dalle percentuali di spettanza dalle regioni, sempre per intervento legislativo (cfr. d.-l. 26 novembre 1981, n. 677, art. 2), nonche' l'ulteriore decremento del 4% delle rispettive quote, per coprire l'onere dei contributi presuntivamente dovuti per gli anni passati. Vi e' di piu', lo Stato con decreto del Ministro del lavoro ha aumentato nel frattempo l'entita' dei contributi senza contestualmente prevedere il corrispondente incremento delle entrate per farvi fronte, ed ha addirittura stabilito ad libitum le somme che le regioni dovrebbero corrispondere all'I.N.P.S. e all'I.N.A.I.L. (calcolate sulla base dei crediti comunicati al Ministero del tesoro entro il 31 luglio 1989), superando il principio, in precedenza stabilito, della libera determinazione delle parti. La violazione degli artt. 81 e 119 della Costituzione, per quanto detto, risulta di palmare evidenza.