Ricorso (ex art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87) del presidente della giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia, rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia, con domicilio eletto presso l'ufficio della regione Friuli-Venezia Giulia in Roma, piazza Colonna, n. 355, come mandato a margine, contro il presidente del Consiglio dei Ministri per la risoluzione del conflitto di attribuzioni, determinato dalla lettera 13 novembre 1989 (pervenuta addi' 21 novembre 1989), con la quale il Ministero dei lavori pubblici, segretariato C.E.R., ha stabilito che la concessione dei contributi statali per l'edilizia residenziale "dovra' avvenire secondo le norme previste dalla legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni ed integrazioni" e non gia' - come dallo stesso segretariato C.E.R. precedentemente disposto con sua delibera del 19 novembre 1982 - "in condizioni di omogeneita' con il quadro legislativo adottato dalla regione nell'esercizio della competenza costituzionalmente riconosciuta alla medesima". L'edilizia popolare, intesa nella sua piu' moderna accezione di "edilizia residenziale pubblica" e' espressamente considerata come materia di competenza della regione Friuli-Venezia Giulia dall'art. 5, n. 18, dello statuto speciale di autonomia (l.c. 31 gennaio 1963, n. 1). Le funzioni amministrative in tale materia furono trasferite alla regione con gli artt. 22 e 27 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1965, n. 1116 (Norme di attuazione statutaria). Va anzi ricordato che l'art. 27, appena citato, conteneva, al terzo comma, la testuale riserva che "con successivo decreto saranno emanate le altre norme di attuazione dello statuto regionale in materia di edilizia popolare". ma il successivo decreto (d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902) abrogo' addirittura (con l'art. 24) il terzo comma dell'art. 27 del d.P.R. n. 1116/1965 e, nel sostituire (con l'art. 21) l'art. 22 dello stesso d.P.R., preciso' che venivano, in tale materia, trasferite alla regione "tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato". L'abrogazione del terzo comma dell'art. 27 e la novazione del testo dell'art. 22 del d.P.R. n. 1116/1965 rendono, dunque, evidente che nella materia dell'edilizia residenziale pubblica ogni funzione amministrativa e' gia' passata da moltissimi anni alla regione e null'altro rimane da trasferirle. A rendere ancor piu' pregnante codesta competenza, giova anche ricordare la fondamentale sentenza n. 221/1975 dell'eccellentissima Corte, laddova fu osservato che l'edilizia popolare e' una "materia essenzialmente composita, articolantesi in una triplice fase: la prima, avente carattere di presupposto rispetto alle altre, propriamente urbanistica; la seconda, di programmazione e realizzazione delle costruzioni, concettualmente riconducibile ai lavori pubblici e tradizionalmente rientrante infatti nell'ambito dell'organizzazione amministrativa statale, centrale e periferica, cui spetta la cura del pubblici interessi a quelli inerente; la terza, infine, attinente alla prestazione e gestione del servizio della casa (disciplina delle assegnazioni degli alloggi in locazione od in proprieta', ecc.)". Delle tre fasi, in cui la materia si articola, le prime due rientrano, infatti, nella competenza primaria della regione Friuli-Venezia Giulia. Nell'esercizio della sua competenza su questa "materia composita", la regione ha emanato circa quaranta leggi, delle quali le prime trentaquattro furono raccolte in un testo unico approvato con legge regionale 1 settembre 1982, n. 75. Sul piano operativo, sono stati costruiti, nel Friuli-Venezia Giulia, con provvidenze tratte da fondi regionali, circa 50.000 alloggi (a fronte di circa 25.000 alloggi costruiti con provvidenze gravanti su finanziamenti statali). Con la entrata in vigore della legge statale 5 agosto 1978, n. 457, si pose il problema di come dovessero essere gestite le assegnazioni a favore della regione, disposte ai sensi di detta legge, avuto riguardo allo spessore della competenza regionale, nella materia dell'edilizia residenziale, ed al quadro legislativo regionale nella stessa materia. Il problema fu risolto con il riconoscimento de plano, fatto dallo Stato, che, per la gestione di tali assegnazioni, dovevasi applicare la disciplina regionale. Precisamente, tale riconoscimento fu espresso dal Ministro dei lavori pubblici, presidente del c.e.r., con delibera di data 19 novembre 1982, che qui di seguito si trascrive: "Vista la legge 6 agosto 1978, n. 457, e successive modifiche ed integrazioni; Vista la legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, che attribuisce competenza legislativa ed amministrativa alla regione autonoma Friuli-Venezia Giulia in materia - tra l'altro - di edilizia popolare, di lavori pubblici e di urbanistica; Visto l'art. 21 del del d.P.R. 25 novembre 1975, n. 902, concernente 'norme di attuazione della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1' che trasferisce alla regione 'tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia - tra l'altro - di edilizia popolare, lavori pubblici ed urbanistica', ivi compresi gli interventi di edilizia residenziale pubblica finanziati con fondi statali; Considerato che i finanziamenti pevisti dalla legge n. 457/1978 e successive modifiche ed integrazioni debbono comunque essere destinati all'edilizia abitativa sulla base delle leggi adottate dalla regione nell'esercizio della competenza alla stessa attribuita; Ritenuto che la delegazione della Corte dei conti istituita ai sensi dell'art. 58 della legge costituzionale n. 1/1963 ha eccepito la necessita' di disporre una specifica modifica dei sistemi di erogazione dei flussi finanziari per consentirne un'anticipata messa a disposizione della regione ai fini di una tempestiva iscrizione a bilancio; Ravvisata pertanto la necessita' di disporre nel caso specifico della regione Friuli-Venezia Giulia delle variazioni alla normativa in atto sui flussi finanziari per consentire la concreta operativita' del piano decennale nella regione Friuli-Venezia Giulia, in condizioni di omogeneita' con il quadro legislativo adottato dalla regione nell'esercizio della competenza costituzionalmente riconosciuta alla medesima; DELIBERA Art. 1. - Al fine di consentire la programmazione regionale entro il termine previsto dall'art. 9, punto 5 della legge n. 457/1978, il decreto di messa a disposizione dei fondi viene emesso contestualmente alla comunicazione prevista dal punto 4) dello stesso articolo; Art. 2. - Sui fondi assegnati alla regione permane il vincolo di destinazione per le finalita' previste dalla legge n. 457/1978. Roma, addi' 19 novembre 1982". In prosieguo, allo scopo di evidenziare la disciplina specifica da applicare, la regione emano' la legge regionale 7 marzo 1983, n. 22, con la quale, al primo comma dell'art. 1, fu testualmente disposto: "Ai programmi di edilizia convenzionata ed agevolata finanziati con la legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modifiche, integrazioni e rifinanziamenti, fermi restando gli indirizzi programmatici generali fissati dal C.E.R. e dal C.I.P.E., si applica la disciplina prevista dalla legge regionale 1 settembre 1982, n. 75, ed in particolare quella concernente la determinazione, la concessione, l'impegno e l'erogazione dei contributi e delle anticipazioni di cui ai titoli VII, VIII, IX e XII della stessa". L'assetto normativo ed operativo, come sopra raggiunto, e' stato, ora, sconvolto da un provvedimento del segretariato generale del C.E.R., enunciato nella lettera 13 novembre 1989, n. 4693, da esso diretta alla regione Friuli-Venezia Giulia, dove si dispone che la concessione dei contributi statali "dovra' avvenire secondo le norme previste dalla legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni ed integrazioni". Codesto provvedimento e' in stridente contrasto: con la surriportata delibera 19 novembre 1982 dello stesso segretariato del C.E.R., dove - legittimamente - si dispone l'esatto contrario, che, cioe' "i finanziamenti previsti dalla legge n. 457/1978 e successive modifiche ed integrazioni debbono comunque essere destinati all'edilizia abitativa sulla base delle leggi adottate dalla regione nell'esercizio della competenza alla stessa attribuita"; con la surriportata legge regionale 7 marzo 1983, n. 22 (non impugnata dal Governo), che, evidenzia, come si e' visto, la disciplina regionale da applicare (quella prevista dalla citata l.r. n. 75/1982), in luogo della disciplina statale, dettata dalla legge n. 457/1978. Viene, cosi', riaperto un problema, che sembrava definitivamente risolto con piena adesione dello Stato nell'interesse della comunita' regionale. E le conseguenze sarebbero piuttosto gravi, sia sul piano dei rapporti contabili fra Stato e regione, sia sul piano dei rapporti individuali fra regione e singoli beneficiari delle provvidenze elargite. Se fosse esatto quello che dal segretariato generale del C.E.R. si sostiene, interventi gia' eseguiti per un ammontare complessivo di circa 40 miliardi di lire dovrebbero essere rimessi in discussione ed interventi ancora da avviare, per un ammontare di ulteriori 15 miliardi circa, dovrebbero essere impostati con criteri diversi da quelli finora osservati. In realta', nulla e' da rimettere in discussione, poiche' il ripensamento del C.E.R. e' privo di fondamento ed il provvedimento enunciato nella sua lettera e' manifestamente incostituzionale, siccome lesivo della sfera di competenza che alla regione e' riconosciuta dall'art. 5, n. 18, e dall'art. 4, n. 9 e n. 12, del suo statuto, nella materia composita dell'edilizia residenziale e nelle materie componenti, in cui essa si articola (urbanistica e lavori pubblici). L'applicabilita' della normativa statale, che si vorrebbe fosse applicata, potrebbe, in astratto, essere ammessa solo in forza del principio generale, espresso nell'art. 64 dello statuto speciale ("Nelle materie attribuite alla competenza della regione, fino a quando non sia diversamente disposto con legge regionale, si applicano le leggi dello Stato"). Ma, in concreto, cio' non puo' accadere, avendo la regione, per l'appunto "diversamente disposto con legge regionale" (l.r. nn. 75/1982, 22/1983, ecc). Per le considerazioni suesposte che si fa riserva di integrare e di completare nel corso del giudizio.