ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, secondo
 comma, lettera a, del d.P.R. 30 maggio  1955,  n.  797  (Testo  unico
 delle   norme   concernenti  gli  assegni  familiari),  promosso  con
 ordinanza emessa il 6 giugno 1989 dal Tribunale di Reggio Emilia  nel
 procedimento  civile vertente tra Veroni Davide e l'INPS, iscritta al
 n. 372 del  registro  ordinanze  1989  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  35, prima serie speciale, dell'anno
 1989;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Veroni  Davide e dell'INPS
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12  dicembre  1989  il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Uditi  gli avvocati Franco Agostini per Veroni Davide, Giuseppe Li
 Marzi per l'INPS e l'Avvocato dello Stato  Sergio  La  Porta  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Veroni  Dante  chiedeva  al  Pretore  di  Reggio  Emilia di
 dichiarare, nei confronti dell'INPS,  il  suo  diritto  agli  assegni
 familiari  per  due  fratelli  minori  conviventi, essendo i genitori
 disoccupati senza la relativa indennita'.
    Il  Pretore rigettava la domanda e l'attore appellava al Tribunale
 locale. Questi, con ordinanza del 6 giugno 1989, sollevava  questione
 di  legittimita' costituzionale dell'art. 3, secondo comma, lett. a),
 del d.P.R. n. 797 del 1955 il quale esclude dalla qualifica  di  capo
 famiglia  e dal diritto agli assegni familiari il fratello lavoratore
 che abbia a carico fratelli o sorelle minori  nella  ipotesi  in  cui
 entrambi   i   genitori   siano   disoccupati   senza  indennita'  di
 disoccupazione.
    Secondo  il  giudice  remittente  sarebbero  violati: a) l'art. 3,
 secondo comma, della Costituzione, per la disparita'  di  trattamento
 che  si  determina  tra  la  disciplina dello stato di abbandono, che
 comporta  il  diritto  agli  assegni  familiari,  e   lo   stato   di
 disoccupazione  senza  indennita'  che lo esclude, tanto piu' che, in
 entrambi i casi, il minore non e' piu' economicamente  assistito  dai
 genitori e l'obbligo si trasferisce al fratello che lavora; b) l'art.
 31 della Costituzione, che sancisce la tutela della famiglia, per cui
 il  legislatore  deve  disporre le opportune provvidenze, tra cui gli
 assegni in esame; c) l'art. 38  della  Costituzione,  che  impone  la
 tutela  dei cittadini inabili al lavoro, disoccupati e sprovvisti dei
 mezzi necessari per vivere.
    2.  -  Nel giudizio dinanzi alla Corte si sono costituiti la parte
 privata e l'INPS; e',  altresi',  intervenuta  l'Avvocatura  Generale
 dello  Stato  in  rappresentanza  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri.
    2.1  - La parte privata ha svolto argomentazioni analoghe a quelle
 del giudice remittente.
    2.2  - L'INPS e l'Avvocatura Generale dello Stato, concludendo per
 l'infondatezza della questione, hanno rilevato che  non  sussiste  la
 denunciata  disparita' di trattamento essendo le due situazioni poste
 a   confronto   del   tutto   disomogenee   e   che   rientra   nella
 discrezionalita' del legislatore l'apprezzamento delle condizioni del
 trattamento previdenziale, la  cui  valutazione,  peraltro,  pone  un
 problema di politica legislativa e non di costituzionalita'.
    L'INPS,   inoltre,  ha  ricordato  che  a  favore  del  lavoratore
 disoccupato sono previste altre forme di tutela  previdenziale  (art.
 6,  legge  n.  1115  del  1968);  che  il precetto dell'art. 31 della
 Costituzione non puo'  condurre  ad  una  dilatazione  dei  caratteri
 propri  degli  assegni  familiari,  che  sono diretti alla tutela dei
 lavoratori, e che per l'attuazione del principio della  tutela  della
 disoccupazione   non  puo'  pretendersi  il  trasferimento  su  altri
 soggetti delle provvidenze che si vogliono attribuire ai disoccupati.
    3.  -  Nell'imminenza  dell'udienza la parte privata ha presentato
 memoria con cui ha osservato che gli assegni familiari consentono  al
 fratello  maggiore  che lavora l'attuazione della funzione alimentare
 nei confronti dei fratelli minori nel caso che i  genitori,  non  per
 loro  volonta',  non  possano  adempiervi.  Ha  richiamato  anche  la
 sentenza  n.  291  del  1984,  con  la  quale  si  e'  dichiarata  la
 illegittimita'  costituzionale dell'art. 8 dello stesso d.P.R. n. 797
 del 1955,  nella  parte  in  cui  non  sono  assimilati  la  morte  e
 l'abbandono   del   padre  per  il  conseguente  trasferimento  della
 qualifica di capo famiglia.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Il  Tribunale  di  Reggio  Emilia dubita della legittimita'
 costituzionale dell'art. 3, secondo comma, lettera a), del d.P.R.  30
 maggio 1970, n. 797, il quale, negando la qualifica di capo famiglia,
 con il diritto agli  assegni  familiari  per  fratelli  o  sorelle  a
 carico,   al   figlio   lavoratore   di  genitori  disoccupati  senza
 indennita', violerebbe:
       a)   l'art.  3,  secondo  comma,  della  Costituzione,  per  la
 disparita' di  trattamento  di  tale  situazione  rispetto  a  quella
 analoga  dell'abbandono  da  parte del genitore, considerata, invece,
 idonea all'attribuzione del diritto in favore dei suddetti soggetti;
       b)   l'art.   31   della  Costituzione,  perche'  la  censurata
 esclusione del diritto in parola nella ipotesi considerata si risolve
 in una insufficiente tutela della famiglia;
       c)  l'art.  38  della Costituzione, in quanto verrebbero meno i
 mezzi di sussistenza in danno di soggetti privi di redditi  propri  e
 non   in   condizione   di   provvedere   autonomamente   al  proprio
 mantenimento.
    2. - La questione e' fondata.
    Gli  assegni familiari costituiscono una prestazione previdenziale
 di carattere patrimoniale e, siccome si aggiungono alla retribuzione,
 hanno funzione economica retributiva. Si fondano sull'impegno assunto
 dallo Stato di agevolare, con misure economiche ed altre provvidenze,
 la  formazione  della  famiglia  e l'adempimento dei compiti relativi
 (art. 31 della Costituzione).
    Essi,  in  base  alla  norma  censurata, sono corrisposti, tra gli
 altri, anche a favore di fratelli o sorelle minori che sono a  carico
 del  fratello  maggiore  che  lavora, quando si verifica la materiale
 impossibilita' a provvedere  al  loro  mantenimento  da  parte  delle
 persone che vi sono tenute in via principale (padre e madre); in tali
 casi il fratello che lavora diventa capo famiglia.
    Secondo  la disposizione censurata, la detta impossibilita' deriva
 o dalla morte o dalla invalidita'  permanente  o  dall'abbandono  del
 padre:  non e' considerato lo stato di disoccupazione involontaria di
 quest'ultimo, senza la relativa indennita', mentre esso e'  previsto,
 tra  le  altre  circostanze  di  fatto, ai fini dell'attribuzione del
 diritto agli assegni alla madre.
    Tale  disciplina  normativa  crea  effettivamente  una irrazionale
 disparita'   di   trattamento   specialmente   tra    due    ipotesi:
 dell'abbandono  e  della  disoccupazione.  Esse  sono sostanzialmente
 omogenee in quanto  producono  entrambe  situazioni  di  bisogno  per
 alcuni  dei  figli  minori,  accentuate  dalla mancata previsione del
 diritto agli assegni familiari a favore  del  fratello  maggiore  che
 lavora. Contrariamente a quanto sostenuto dall'INPS e dall'Avvocatura
 Generale  dello  Stato,   trattasi   di   situazioni   temporanee   e
 reversibili.  Invero,  il  padre  puo'  tornare in seno alla famiglia
 cosi' come puo' tornare ad occuparsi, facendo  cessare  lo  stato  di
 disoccupazione  ed  il titolo alla percezione degli assegni familiari
 per il figlio maggiorenne che lavora.
    Ne'  sussistono  altri  rimedi  allo  stato di disoccupazione, che
 dovrebbero impedire, secondo  l'INPS,  la  erogazione  degli  assegni
 familiari, in quanto, nella specie, secondo il giudice remittente, il
 padre e la madre disoccupati  non  percepiscono  ne'  indennita'  ne'
 assegni di disoccupazione.
    2.1  -  Risultano,  altresi',  violati  gli  artt.  31  e 38 della
 Costituzione in quanto, per i  fratelli  maggiorenni  lavoratori  con
 genitori  disoccupati  senza  indennita' o assegno di disoccupazione,
 viene meno quel trattamento  previdenziale  (gli  assegni  familiari)
 che,  come si e' gia' detto, costituisce una delle provvidenze che lo
 Stato eroga in osservanza degli invocati precetti costituzionali  per
 la  tutela  della  famiglia e dell'attuazione dei suoi compiti. Tanto
 piu' gravi sono le conseguenze della disposizione impugnata in quanto
 le  persone  escluse  dalla  percezione  degli assegni familiari sono
 tenute per legge (artt. 433 e 441 del codice civile) al  mantenimento
 dei  propri  familiari che versano in stato di bisogno (nella specie,
 fratelli e sorelle minori).