IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    La  creditrice  procedente  Fedele  Giuseppina  ha  indirizzato il
 processo espropriativo, promosso nelle forme dell'esecuzione  forzata
 presso  terzi,  nei  confronti  del credito che il debitore esecutivo
 Gallina Michele vanta a  titolo  di  indennita'  assicurativa,  verso
 l'Istituto  nazionale  contro  gli  infortuni sul lavoro ai sensi del
 d.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1124.
    L'art.  110  del citato d.P.R. prevede peraltro l'impignorabilita'
 assoluta  del  credito  in  questione,  e  quindi  l'inidoneita'  del
 medesimo  a  formare  oggetto  di espropriazione forzata, senza porre
 alcuna distinzione in relazione alla causale del credito che puo'  in
 ipotesi essere posto a fondamento del processo esecutivo.
    Pertanto,  il  presente  processo  esecutivo  non  puo' allo stato
 pervenire al suo esito naturale, e cioe' culminare nel  provvedimento
 di  assegnazione  del  credito  pignorato, cosi' come richiesto dalla
 parte istante.
    La  Corte costituzionale, con sentenza 9 maggio 1973, n. 55, aveva
 gia'  avuto  modo  di  prendere   in   esame   la   norma   predetta,
 dichiarandone,   con  riferimento  all'art.  38  della  Costituzione,
 l'illegittimita'  costituzionale  limitatamente  alla  parte  in  cui
 ammettava,   come   unica   eccezione   al   principio  generale,  la
 pignorabilita' dei crediti per indennita' dovute a causa di infortuni
 sul  lavoro per il recupero delle spese di giustizia al cui pagamento
 l'infortunato  fosse  stato  condannato   in   favore   dell'istituto
 assicuratore.
    Nel  contesto  di  tale  pronuncia  la Corte aveva evidenziato una
 sostanziale assimilabilita' delle prestazioni derivanti dal  rapporto
 assicurativo  a  quelle  genericamente  qualificate  come alimentari,
 sottratte,  alla  stregua  dei  princip'i  generali  dell'ordinamento
 giuridico,  alle  comuni  forme  di espropriazione forzata, se non in
 relazione a cause privilegiate specificatamente determinate.
    E'  opportuno  evidenziare  che  la norma che consacra il predetto
 principio deve essere individuata nell'art. 545  dell'attuale  codice
 di  rito,  il  quale  appunto sancisce l'impignorabilita' dei crediti
 alimentari,  "tranne  che  per  causa  di  alimenti,  e  sempre   con
 l'autorizzazione  del  pretore  e  per  la  parte  da lui determinata
 mediante decreto.
    Il  credito  azionato  dalla  Fedele  riposa  per  contro  di  una
 ordinanza del presidente  del  tribunale  di  Torino  resa  ai  sensi
 dell'art.  708  del  c.p.c.,  con la quale veniva imposto all'attuale
 debitore esecutato  l'obbligo  di  contribuire  al  mantenimento  del
 proprio coniuge nella misura di L. 450.000 mensile.
    E'  indubbio  che  il  credito  al mantenimento e' concettualmente
 distinto dal credito agli elementi come tipicizzato dagli artt. 433 e
 segg.  del  c.c.,  dal  quale  si  diversifica sia con riferimento ai
 presupposti che al contenuto. In dottrina tuttavia taluni autori,  ai
 fini  dell'operativita'  del disposto dell'art. 545 del c.p.c., sopra
 riprodotto, hanno ritenuto di ricomprendere nel  novero  dei  crediti
 alimentari anche i crediti per causa di mantenimento.
    Invero,  le  previsioni  relative  al  mantenumento di uno dei due
 coniugi, eventualmente contenute  in  un  provvedimento  adottato  ai
 sensi  dell'art. 15 del c.c. in sede in separazione giudiziale, nella
 parte in cui impongano un obbligo in  tal  senso  all'altro  coniuge,
 costituiscono  null'altro  che  la determinazione in specie monetaria
 del quantum dell'obbligo imposto in via generalizzata ai due  coniugi
 dall'art.  143  del  c.c.,  di  contribuzione  al soddisfacimento dei
 bisogni dei membri del nucleo familiare. Anzi, sino a quando  permane
 la  comunione di vita dei coniugi uniti in matrimonio, e quindi anche
 il  corollario  principale  di  tale  comunione,   costituito   dalla
 coabitazione,  detto  obbligo  di  mantenimento  e'  da  riferire  ad
 entrambi, e viene  assorbito  dell'ancor  piu'  generale  obbligo  di
 contribuzione,  alla  stregua dei criteri indicati dalla forma dianzi
 citata. Certamente, l'obbligo di  contribuzione  assume  in  se'  una
 indubbia  valenza economica, stante il riferimento alle "sostanze" di
 ciascun coniuge contenuto nell'art. 143 del c.c., ma, in costanza  di
 comunione  familiare,  il  suo  nucleo  essenziale  non e' certamente
 costituito dal puro obbligo di versare delle  somme  di  denaro  agli
 altri  componenti,  e  di  sicurro  esso non si esaurisce in tale suo
 contenuto di natura patrimoniale, bensi' involge anche altri aspetti,
 che possono anche prescindere dall'entita' delle predette "sostanze",
 e che persistono addirittura in assenza di queste ultime.
   Allorche' viene a mancare, in conseguenza appunto della separazione
 personale, quella comunione di vita che  sino  ad  un  certo  momento
 aveva  informato  il  nucleo familiare costuito con il matrimonio, il
 dovere di solidarieta', che sino ad un certo  punto  si  estrinsecava
 nell'obbligo  contributivo  e  che nonostante tutto permane in favore
 del coniuge non in possesso di adeguati redditi, deve  per  forza  di
 cose  subire  un  mutamento  nel  suo  atteggiarsi,  ed  assumere  un
 contenuto di natura prettamente patrimoniale.  La  determinazione,  a
 vantaggio  di  uno  dei  coniugi,  della  misura "diritto di ricevere
 dall'altro  coniuge  quanto  e'  necessario  al  suo   mantenimento",
 costituisce   null'altro  che  la  cristallizzazione  di  un  quantum
 monetario dell'obbligo di contribuzione. La relativa  quantificazione
 viene effettuata tenendo presenti i "redditi" del coniuge obbligato e
 di quello avvantaggiato, e cioe' alla stregua dei medesimi criteri di
 cui  all'art.  143,  ultimo  comma, del c.c., operanti in costanza di
 comunione familiare.
    Puo'  pertanto affermarsi che, stante le finalita' che e' chiamata
 ad assolvere  e  la  previsione  dello  specifico  presupposto  della
 mancanza  di  adeguati  redditi  propri in capo all'avvantaggiato, la
 prestazione derivante dall'obbligo di mantenimento e' destinata a far
 fronte a bisogni elementari del soggetto avente diritto, ed in quanto
 tale assimilabile alle vere e proprie prestazioni alimentari.
    Queste  ultime,  come  evidenziato,  possono  formare  oggetto  di
 esecuzione forzata  in  favore  di  altri  crediti  aventi  identiche
 carattersitiche,  sia  pure  nei  limiti  e  con le garanzie previsti
 dall'art. 545 del c.p.c., il quale affida all'autoria' giudiziaria la
 determinazione della quota in concreto pignorabile. Evidentemente, il
 legislatore  ha  ritenuto  che  le  esigenze  di   salvaguardia   del
 soddisfacimento dei bisogni primari dell'avente diritto agli alimenti
 possano venire meno allorche'  si  contrapponga  una  pretesa  avente
 analoga natura.
    L'art.  110, del d.P.R. n. 1124/1965 esclude invece che il credito
 indennitario vantato nei confronti dell'istituto  assicuratore  possa
 in  alcun  modo venire pignorato, ancorche' per il soddisfacimento di
 un credito alimentare. Peraltro,  la  Corte  costituzionale,  con  la
 citata  pronuncia,  non  aveva  escluso a priori la pignorabilita' di
 tale credito, quntomeno in misura parziale e per  il  soddisfacimento
 di   altri   crediti   di   particolare   natura,   purche'   fossero
 predeterminati i limiti di quantita' e misura dell'eventuale processo
 espropriativo,  limiti  che  invece vengono fissati dall'art. 545 del
 c.p.c., sia pure  mediante  attribuzione  al  pretore  di  un  potere
 discrezionale sul punto.
    Con  riferimento  all'art.  3  della Costituzione, appare pertanto
 ravvisabile una diversa ed ingiustificata disciplina  di  fattispecie
 tra  loro omogenee e non differenziatisi sotto l'aspetto sostanziale,
 in  quanto  entrambe  riconducibili  in  via  generalizzata   e   non
 altrimenti  discriminabile alla situazione in cui versa da un lato il
 soggetto in favore del quale e' stata riconosciuta la sussistenza  di
 un  diritto  da attuarsi in sede esecutiva, atte ad ovviare ad un suo
 stato di bisogno, e dall'altra il soggetto  tenuto  alla  correlativa
 prestazione,  titolare  a sua volta di un analogo diritto di credito,
 sul quale il primo puo' eventualmente soddisfarsi.