IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso n. 2060/1988, proposto da Rosanna Fantini, Maria Concetto Pacetto, Manuela Gargaloni, Lucia Michelucci, Lucia Buti, Rosanna Piacente, Maria Rosalia, Marisa Cenci, Manuela Giannoni, Maria Pia Tinacci, Giovanna Renieri, Daniela Pani, Daniela Bindi, Laura Lucarini, Antonella Sollazzi, Angela Lolli, Maria Teresa Barranco, Anna Guglielmini, Cinzia Maria Landi, Gabriella Magnolfi, Roberta Felici, Anna Nicastro, Morena Roschi, Loretta Guidetti, Fortunata Nastasi, Marialorenza Marchi, Concetta Salinitro, Adriana Bonatti, Nadia Nicoziani, Anna Caciocci, Nicoletta Lorini, Stefania Pieraccini, Grazia Pasquale Zammuto, Elena Ferrini, Mario Moriconi, Carla Nicolucci, Maria Grazia Tanzi, Sandra Zamboni, Maria Bini, Anna Melone, Tamara Ottanelli, Patrizia Fabbri, Carla Calloud, M. Cristina Gonnelli, Serena Ciullini, Laura Frassoni, Assunta De Rosa, Loretta Mazzanti, Giuseppina Ametrano, Barbara Maiani, Luciana Di Gangi, Paola Marcacci, Saida Innocenti Fagni, Ivana Batazzi, Giovanna Giovannelli, Patrizia Barolini, Patrizia Spagnesi, Anna Maria Nincheri, Paola Cristina Magazzini, Luisa Gaetana Peris, Jole Corradi, Maria Tattoli, Marta Masoni, Gisella Raimondo, Concetta D'Elia, Sandra Bensi, Giovanna Menchini, Maurizia Guidi, Maria Piera Feil, Gloria Martelli, Barbara Castelli, Matteo Santalucia, Ivana Carlini, Giovanna Dini, Laura Vignoli, Maria Scarpelli, e sul ricorso n. 593/89, proposto da Rosanna Fantini, Maria Concetta Pacetto, Manuela Gargaloni, Lucia Michelucci, Lucia Buti, Rosanna Piacente, Maria Rosalia, Marisa Cenci, Manuela Giannoni, Maria Pia Tinacci, Giovanna Renieri, Daniela Pani, Daniela Bindi, Laura Lucarini, Antonella Sollazzi, Angela Lolli, Maria Teresa Barranco, Anna Guglielmi, Cinzia Maria Landi, Gabriella Magnolfi, Roberta Felici, Anna Nicastro, Morena Roschi, Loretta Guidetti, Fortunata Nastasi, Marialorenza Marchi, Concetta Sanilitro, Adriana Bonatti, Nadia Nicoziani, Anna Caciolli, Nicoletta Lorini, Stafania Pieraccini, Grazia Pasquala Zammuto, Elena Ferrini, Mario Moriconi, Carla Nicolucci, Maria Grazia Tanzi, Sandra Zamboni, Maria Bini, Anna Melone, Tamara Ottanelli, Patrizia Fabbri, Carla Calloud, M. Cristina Gonnelli, Serena Ciullini, Laura Frassoni, Assunta De Rosa, Loretta Mazzanti, Giuseppina Ametrano, Barbara Maiani, Luciana Di Gangi, Paola Marcacci, Saida Innocenti Fagni, Ivana Batazzi, Giovanna Giovannelli, Patrizia Bartolini, Patrizia Spagnesi, Anna Maria Nincheri, Paola Cristina Magazzini, Luisa Gaetana Peris, Jole Corradi, Maria Tattoli, Marta Masoni, Gisella Raimondo, Concetta D'Elia, Sandra Bensi, Giovanna Menchini, Maurizia Guidi, Maria Piera Fei, Gloria Martelli, Barbara Castelli, Matteo Santalucia, Ivana Carlini, Giovanna Dini, Laura Vignoli, Maria Scarpelli, Viviana Chisci, Manuela Nocentini, Maioli Antonella, Modi Antonietta, Viviana Valeria e Vella Girolama, rappresentate e difese dall'avv. Calogero Narese ed elettivamente domiciliate in Roma, viale Mazzini n. 142, presso lo studio del dott. Maurizio Marucchi, contro il Ministero della pubblica istruzione rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'annullamento: quanto al ricorso n. 2060/1988, dell'ordinanza del Ministero della pubblica istruzione n. 185 del 5 luglio 1988 applicativa della legge n. 246/1988 recante conversione con modifiche del d.-l. 3 maggio 1988, n. 140, per quanto attiene all'applicazione dell'art. 17 del medesimo decreto-legge (artt. 7 e 8 o.m.); delle istruzioni applicative diramate con circolare n. 219 del 26 luglio 1988; di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e conseguente; quanto al ricorso n. 593/1989, dell'ordinanza del Ministero della pubblica istruzione n. 385 del 23 dicembre 1988, applicativa dell'art. 8- bis della legge n. 426/1988 recante conversione con modifiche del d.-l. 6 agosto 1988, n. 323; di ogni altro atto comunque connesso, presupposto e conseguente; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 20 novembre 1989 il consigliere Maria Grazia Cappugi; Udito l'avv. Lorenzoni per le ricorrenti; nessuno comparso per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Le ricorrenti - docenti precarie destinatarie della legge 4 luglio 1988, n. 246, e della legge 6 ottobre 1988, n. 426, in quanto inserite nelle graduatorie provinciali ad esaurimento (poi trasformate in graduatorie nazionali) - impugnano con il ricorso n. 2060/1988 l'o.m. 5 luglio 1988, n. 185, la c.m. 26 luglio 1988, n. 219, nella parte in cui dispongono, ai sensi degli artt. 11 e 17 del d.-l. 3 maggio 1988, n. 140 (convertito nella legge n. 246/1988), che le immissioni in ruolo sono disposte gradualmente nei limiti della disponibilita' dei posti; le medesime ricorrenti (alle quali si e' aggiunto un ulteriore gruppo) con il ricorso n. 593/1989 impugnano l'o.m. 23 dicembre 1988 n. 385 nella parte in cui dispone, ai sensi dell'art. 8- bis della legge n. 426/1988, che le nomine effettuate durante l'anno scolastico hanno decorrenza giuridica dall'inizio dell'anno scolastico in corso e non gia' le decorrenze previste dalle leggi n. 270/1982 e n. 246/1988. Con entrambi i ricorsi viene dedotta violazione e falsa applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 249/1987 in relazione alla legge n. 270/1982 nonche' eccesso di potere per errata considerazione dei presupposti, illogicita' e contraddittorieta' assoluta, sul rilievo che le disposizioni in questione, lungi dall'estendere gli effetti della Corte costituzionale 25 novembre 1986, n. 249, alle categorie di docenti non direttamente contemplate hanno modificato radicalmente, in senso peggiorativo per gli interessati, il regime giuridico della legge n. 270/1982 sovrapponendo ad esso un regime giuridico nuovo, espressione di diversa scelta storica; infatti, mentre la legge n. 270 stabiliva che le immissioni in ruolo ivi previste dovessero disporsi anche in soprannumero, indipendentemente dalla disponibilita' di posti, la legge n. 246 ha subordinato l'immissione in ruolo alla disponibilita' di posti vanificando cosi' in molti casi le finalita' perseguite dal legislatore del 1987 ed accentuando la discriminazione tra docenti in condizioni del tutto identiche. Cio' in palese violazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, del principio di tutela del lavoro, nonche' del principio di buon andamento dell'amministrazione. Con il ricorso n. 2060/1988 e' dedotta anche violazione e falsa applicazione dell'art. 17 della legge n. 246 del 4 luglio 1988 e degli artt. 7 e 8 della o.m. n. 185 del 5 luglio 1988, nonche' ulteriore eccesso di potere per assoluta illogicita', contraddittorieta' e difetto di motivazione: la contraddittorieta' del comportamento dell'Amministrazione e' resa ancora piu' evidente dalla circolare ministeriale 26 luglio 1988 (applicativa della o.m. n. 185) che ha bloccato le carriere al 1979 ai fini della formazione delle graduatorie, vanificando tutti i meriti di carriera acquisiti successivamente. Si e' costituita in giudizio per resistere l'intimata amministrazione della pubblica istruzione senza scritti difensivi. D I R I T T O I ricorsi nn. 2060/1989 e 593/1989 indicati in epigrafe possono, per l'evidente connessione soggettiva ed oggettiva, essere riuniti. Poiche' le impugnate ordinanze e circolari ministreriali sono state adottate in stretta applicazione degli artt. 11 e 17 della legge 4 luglio 1988, n. 246 e dell'art 8- bis della legge 6 ottobre 1988, n. 426, la questione di costituzionalita' delle suddette norme, cosi' come prospettata dalle ricorrenti, appare rilevante. Essa appare altresi' non manifestamente infondata. Occorre innanzitutto ricordare che con legge 20 maggio 1982, n. 270, al fine di completare la manovra tendente ad una generale revisione del sistema di reclutamento concorsuale del personale docente in modo da renderlo per il futuro unico strumento di selezione, si e' ritenuto di sanare le situazioni pregresse per le quali dovevano ritenersi gia' maturate aspettative in relazione al titolo dei rapporti di servizio, alla durata del servizio medesimo, nonche' al possesso della certificazione di professionalita' (titolo di studio e abilitazione). Nell'operare tale sanatoria il legislatore, mentre per i docenti titolari dei vari tipi di incarico fino all'anno scolastico 1980-81, ultimo anno utile per il conferimento di tali tipi di nomina, ha previsto l'immissione in ruolo consentendo il conseguimento dell'abilitazione - a chi ne fosse sprovvisto - in apposita sessione riservata per i supplenti ha ritenuto invece, per evitare il sorgere di nuove aspettative, di stabilire una delimitazione temporale tra il vecchio ed il nuovo regime, individuandola nel momento di entrata in vigore della legge n. 270. Il legislatore, peraltro, nel presupposto che la legge medesima potesse entrare in vigore agli inizi del 1982, ha ritenuto di individuare l'ultimo anno scolastico utile - con particolare riguardo al possesso dei requisiti di servizio - nell'anno scolastico 1980-81, la legge legge n. 270 e' invece entrata in vigore solo il 6 giugno 1982, in un momento cioe' in cui erano venuti a maturazione per il personale docente supplente i 180 giorni di servizio che, ai sensi dell'art. 38 delle legge medesima, dovevano ritenersi sufficienti per considerare utile, ai fini della immissione in ruolo, anche l'anno scolastico 1981-82. Ne e' conseguita la necessita' di una nuova disposizione legislativa che, operando un'interpretazione autentica della norma, spostasse di un anno il termine ultimo per la valutazione dei servizi prestati. A cio' si e' provveduto con l'emanazione della legge 16 luglio 1984, n. 326, che ha previsto, con riguardo al requisito del servizio prestato, l'utilita' dell'anno scolastico 1981-82 ai fini dell'immissione in ruolo, con decorrenza peraltro dal 10 settembre 1984. A tale sistema di sanatoria ope legis del precariato si e' sovrapposta la sentenza della Corte costituzionale n. 249 del 25 novembre 1986 con la quale e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale: a) degli artt. 35, quarto comma, 37 e 57 della legge 10 maggio 1982, n. 270, nella parte in cui non prevedono l'estensione agli insegnanti in servizio con titolo di supplenza annuale nell'anno scolastico 1981-82 dei benefici ivi disposti per gli insegnanti in servizio con titolo di incarico nell'anno scolastico 1980-81; b) degli artt. 35, 37, 38 e 57 della stessa legge n. 270/1982 nella parte in cui non consentono ai supplenti in servizio nella scuola ordinaria di usufruire del trattamento disposto a favore dei supplenti nei corsi Cracis dall'art. 46, secondo comma. In sostanza la Corte costituzionale ha rilevato che le norme sottoposte al suo esame operavano una ingiustificata disparita' di trattamento, ponendosi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione. La stessa Corte ha tuttavia limitato gli effetti della dichiarazione di incostituzionalita' - con evidente riferimento alla materia del contendere dei giudizi nei quali erano state sollevate le relative questioni - agli articoli esplicitamente indicati e no ad altri che pure presentavano gli stessi profili di incostituzionalita'. Si e' in tal modo venuta a determinare una situazione in cui - in relazione a determinate categorie di personale, pur in possesso dei medesimi requisiti o addirittura di requisiti piu' qualificanti dei docenti diretti destinatari della sentenza della Corte costituzionale - veniva perpetuata l'irrazionale disparita' di trattamento, non solo per l'ovvio parallelismo con le situazioni considerate dalla sentenza medesima, ma con l'ulteriore aggravamento derivante dagli effetti stessi della decisione in questione. Sull'interpretazione e l'applicazione della sentenza della Corte costituzionale il Ministero della pubblica istruzione pose una serie di quesiti al Consiglio di Stato il quale, con parere della sezione seconda n. 439 del 25 febbraio 1987, preciso' che gli effetti della decisione medesima dovevano essere circoscritti, allo stato, ai docenti della scuola secondaria e, piu' precisamente ai soli non abilitati. In conformita' a tale parere, l'amministrazione scolastica dette esecuzione alla sentenza della Corte costituzionale solo nei confronti dei docenti non abilitati della scuola secondaria che avevano tempestivamente impugnato la loro esclusione dai benefici previsti dalla legge n. 270/1982. La suddetta sentenza non fu quindi applicata in via amministrativa ne' agli insegnanti appartenenti a categorie diverse da quelle espressamente contemplate (insegnanti della scuola materna, elementare, di istruzione artistica, e insegnanti abilitati della scuola secondaria), ne' a coloro che, pur trovandosi nelle stesse condizioni dei docenti espressamente considerati, avendo fatto affidamento sulla legittimita' dell'operato dell'amministrazione, non avevano proposto tempestivo ricorso. Il consiglio di Stato aveva tuttavia con concluso il suddetto parere osservando: "Si ritiene con cio' di avere ricostruito la disciplina conseguente alla pronuncia della Corte, nel rispetto del dispositivo di questa e dei princi'pi generali in materia. Nondimeno, la sezione e' consapevole che la disciplina cosi' ricostruita puo' sembrare poco appagante, soprattutto per le disparita' di trattamento e certe contraddizioni. Tali inconvenienti non sembrano superabili per via interpretativa, per la preminente ragione che le sentenze costituzionali di accoglimento non sono suscettibili di applicazione analogica; essi dunque potranno richiedere un intervento legislativo di cui il Ministero, ove lo ritenga, potra' farsi promotore". In conformita' al suggerimento del Consiglio di Stato, il Governo aveva predisposto un decreto-legge con cui dava integrale applicazione, nei confronti di tutte le categorie di docenti non di ruolo, ai princi'pi affermati nella citata sentenza della Corte costituzionale. Tale decreto fu pero' ritirato e sostituito con il d.-l. 3 maggio 1988, n. 140, che all'art. 11 stabilisce: "Le disposizioni previste dall'art. 57 della legge 20 maggio 1982, n. 270, si applicano anche alle categorie ivi contemplate in servizio con supplenza annuale nell'anno scolastico 1981-82". "Nell'art. 46 della legge 20 maggio 1982, n. 270, primo e secondo comma, agli anni scolastici 1979-80 e 1980-81, si aggiunge l'anno scolastico 1981-82 ed il sessennio antecedente al 10 settembre 1981, ivi previsto, e' sostituito dal settennio antecedente al 10 settembre 1982". "Nell'art. 53 della legge 20 maggio 1982, n. 270, agli anni scolastici 1979-80, o 1980-81 si aggiunge l'anno scolastico 1981-82". "Agli insegnanti che abbiano comunque svolto negli anni soclastici 1978-79 o 1979-80 o 1980-81 o 1981-82 un anno di servizio in qualita' di supplente nelle scuole materne, nelle scuole elementari, nelle scuole ed istituti di istruzione artistica statali che abbiano svolto un altro anno di servizio di insegnamento non di ruolo nelle medesime scuole ed istituti nel settennio antecedente alla data del 10 settembre 1982, nonche' agli insegnanti che abbiano nel settennio suddetto conseguito nei concorsi di accesso ai ruoli nelle predette scuole ed istituti una votazione media non inferiore al punteggio corrispondente a sette decimi e che abbiano svolto, sempre nel medesimo settennio, almeno 180 giorni di servizio, anche non continuativi, in qualita' di supplenti nelle medesime scuole od istituti, si applicano rispettivamente e, ove sia prescritta l'abilitazione, a seconda che siano abilitati o non abilitati, gli artt. 25, 30, 34 e 37 della legge 20 maggio 1982, n. 270". "Le disposizioni recate dagli artt. 8 e 9 della legge 25 agosto 1982, n. 604, si applicano anche agli insegnanti che abbiano prestato servizio non di ruolo con nomina conferita ai sensi dell'art. 3, quarto comma, del d.-l. 6 giugno 1981, n. 281, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 1981, n. 392, nell'anno scolastico 1981-82, ovvero, per i paesi nei quali l'anno scolastico ha inizio in data diversa da quella del territorio metropolitano, che abbiano prestato servizio durante l'anno scolastico 1981-82 e fossero in servizio alla data del 9 settembre 1982". "Il disposto di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 si applica anche agli insegnanti che, ai sensi dell'art. 9 della legge 26 maggio 1975, n. 327, abbiano prestato servizio di insegnamento non di ruolo nelle istituzioni scolastiche e culturali italiane all'estero e siano in possesso dei requisiti previsti". "Le disposizioni contenute nell'ottavo, nono e decimo comma, sono estese, in quanto applicabili, al personale insegnante che abbia prestato servizio nei Paesi in via di sviluppo, ai sensi della legge 8 febbraio 1979, n. 38". "Le immissioni in ruolo sono effettuare secondo le modalita' previste dall'art. 17". Il successivo art. 17 stabilisce tra l'altro, al primo comma, che le "immissioni in ruolo previste negli artt. 11, 14 e 15 sono disposte gradualmente nei limiti delle disponibilita' dei raltivi posti". Il d.-l. n. 140/1988 e' stato poi convertito nella legge 4 luglio 1988, n. 246. Mentre per effetto della sentenza della Corte costituzionale il personale interessato aveva beneficiato degli stessi effetti della legge n. 270/1982, con conseguente immissione in ruolo anche in soprannumero, per effetto del d.-l. n. 140/1988, convertito nella legge n. 246/1988, che aveva lo scopo di estendere i benefici previsti dalla legge n. 270/1982 a tutte le categorie di docenti che si trovavano nelle stesse condizioni della categorie alle quali si riferiva la sentenza stessa, e' disposta non l'immissione in ruolo immediata ma l'immissione in ruolo graduale sulla base di graduatorie provinciali e nei limiti dei posti disponibili (disponibilita' che, fatta salva la percentuale dei posti riservati ai trasferimenti e di quelli destinati ai concorsi gia' indetti, e' in alcuni casi pressoche' nulla). Poiche' molti dei destinatari della legge n. 246/1988, che in applicazione dei princi'pi sanciti dalla Corte costituzionale avrebbero avuto diritto all'immissione in ruolo immediata, anche in soprannumero, conseguiranno tale immissione in ruolo tra anni e alcuni forse mai, non sembra che il denunciato contrasto delle disposizioni censurate con l'art. 3 della Costituzione sia infondato. Che l'intento dichiarato del d.-l. n. 140/1988 sia proprio quello di eliminare le discriminazioni risultanti dalla parziale applicazione della sentenza n. 246/1986 della Corte costituzionale e' fuori discussione e risulta anche dagli atti parlamentari relativi all'iter di conversione. Del resto il Consiglio di Stato, nel citato parere n. 439/1987, aveva ricordato che le sentenze della Corte costituzionale hanno effetto erga omnes e che tale effetto e' di norma retroattivo, a maggiore ragione quando - come nella specie - hanno carattere sostanzialmente provvedimentale, di modo che escludendo l'applicabilita' alle situazioni anteriori alla sentenza quest'ultima risulterebbe inutiliter data. Aveva anche osservato che il problema dell'applicazione delle sentenza di accoglimento va affrontato con criteri ben diversi da quelli comunemente utilizzati in tema di "estensione del giudicato"; non si tratta, invero, di "estendere" in giudicato, ma di vedere quali siano gli atti e i comportamenti dovuti e non dovuti in forza della legge quale essa risulta a seguito della pronuncia demolitoria o manipolatoria della Corte. Se in sede di applicazione in via amministrativa si deve tener conto delle eventuali preclusioni determinatesi e della irretrattabilita' degli atti legittimamente compiuti, e comunque non ritualmente impugnati, e' evidente che il legislatore non e' condizionato da tali preclusioni formali e deve dare applicazione ai generali princi'pi di equita' e di regionevolezza. Le diverse giustificazioni che potrebbero essere addotte (diminuzione della popolazione scolastica, destinazione di posti ai concorsi, ecc.) in realta' non rispondono all'obiezione che se il legislatore della legge n. 270/1982 avesse fatto corretto uso del suo potere applicando sin da allora i princi'pi costituzionali poi riaffermati dalla Corte tutte le ricorrenti avrebbero gia' conseguito l'immissione in ruolo, mentre a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 246 in questione tutte le discriminazioni tra categorie di docenti in possesso dei medesimi requisiti, di cui al Consiglio di Stato aveva auspicato l'eliminazione in via normativa, rimangono sotto il profilo delle diverse modalita' di immissione in ruolo. Considerazioni del tutto analoghe valgono per l'art. 8- bis della legge 6 ottobre 1988, n. 426, nella parte in cui dispone che le nomine effettuate durante l'anno scolastico hanno decorrenza giuridica dall'inizio dell'anno scolastico in corso e non gia' le decorrenze previste dalla legge n. 270/1982 e n. 246/1988. Va ricordato che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 1120 del 20 dicembre 1988, pronunciandosi nei giudizi di legittimita' costituzionale promossi dalla sezione aventi ad oggetto la esclusione di determinate categorie di docenti dai benefici derivanti dalla sentenza n. 249/1986, ha ritenuto opportuno che il giudice a quo procedesse ad un nuovo esame della rilevanza delle questioni alla stregua della sopravvenuta normativa, e cioe' del d.-l. n. 140/1988, convertito nella legge n. 246/1988, e della legge n. 426/1988; se la stessa Corte avesse ritenuto che tale normativa sopravvenuta, riguardante categorie di docenti prima esclusi dalla sentenza n. 249/1986, avesse soddisfatto tutti i diritti dei docenti interessati, avrebbe potuto dichiarare l'inammissibilita' della questione proposta. In conclusione, deve ritenersi non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' degli artt. 11 e 17, primo comma, della legge n. 246/1988 e dell'art. 8- bis della legge n. 426/1988, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione.