ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 45 della
 legge 16 febbraio 1987 n. 81 (Delega  legislativa  al  Governo  della
 Repubblica   per   l'emanazione  del  codice  di  procedura  penale),
 dell'art. 248 del codice di procedura  penale,  in  riferimento  agli
 artt.  241  e  seguenti delle norme transitorie dello stesso codice e
 degli artt. 563, 444 e 448 del codice di procedura  penale,  promosso
 con  ordinanza  emessa  il 14 dicembre 1989 dal Pretore di Nardo' nel
 procedimento penale a carico di Clemente Leonardo, iscritta al n. 155
 del  registro  ordinanze  1990  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 15, prima serie speciale, dell'anno 1990;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio  del 13 giugno 1990 il Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Ritenuto  che, con ordinanza 4 dicembre 1989, il Pretore di Nardo'
 sollevava questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 45
 (rectius:  dell'art.  2,  numero  45)  della  legge  16 febbraio 1987
 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione  del
 codice  di  procedura  penale),  248,  in  relazione agli artt. 241 e
 seguenti, delle norme di attuazione, di coordinamento  e  transitorie
 del  codice  di  procedura  penale  1988 (Testo approvato con decreto
 legislativo 28 luglio 1989, n. 271) e 563, 444,  448  del  codice  di
 procedura  penale  1988,  per contrasto con gli artt. 3, 101, secondo
 comma, 102, primo comma, 27, secondo e terzo  comma,  24,  25  e  111
 della Costituzione;
      che,  premessa  una lunghissima esposizione della storia e delle
 vicende attraverso le quali si e' pervenuti all'emanazione del  nuovo
 codice   di   procedura  penale  e  delle  relative  disposizioni  di
 attuazione, di coordinamento e transitorie, osserva il  Pretore  che,
 applicando  l'istituto  di  cui  agli  artt. 444 e seguenti del nuovo
 codice processuale penale anche ai procedimenti sorti sotto il codice
 abrogato  (ma  ancora  in  corso  e  in  una  fase  diversa da quella
 istruttoria) si violerebbero gli artt. 3 e 101 della Costituzione, in
 quanto   si   applicherebbe  a  situazioni  differenziate  la  stessa
 disciplina,  privando  cosi'  il  giudice   dei   poteri   di   piena
 giurisdizione che gli spettavano secondo il codice previgente;
      che  altrettanto  dovrebbe  ritenersi  (ed il contrasto verrebbe
 anzi ad estendersi all'art. 102, primo comma, della Costituzione) per
 quanto   si   riferisce  al  potere  del  giudice  di  prosciogliere,
 nonostante la richiesta di applicazione della pena, non soltanto  nei
 limiti di cui all'art. 152 del codice abrogato;
      che  peraltro  - secondo l'ordinanza - la diminuzione automatica
 della pena, applicabile esclusivamente in funzione della  scelta  del
 rito,  e  quindi prescindendo da qualunque valutazione in ordine alla
 gravita' del reato e alla personalita' del reo, si pone in  contrasto
 con  l'art.  27,  terzo  comma, della Costituzione, che vuole la pena
 finalizzata alla rieducazione del condannato;
      che  tutto  cio'  verrebbe altresi' a pregiudicare il diritto di
 difesa dell'imputato  (art.  24  della  Costituzione),  ma  anche  il
 principio  del  giudice  naturale  (art.  25  della  Costituzione) in
 quanto, dando rilievo alla convergenza d'interessi  delle  parti  per
 una  particolare  definizione del giudizio, l'imputato viene distolto
 dal suo giudice naturale;
      che,   infine,  non  essendovi,  nella  decisione  ex  art.  444
 cod.proc.pen., una effettiva motivazione, dato che il riferimento  va
 ad  accertamenti  approssimativi  piu'  formali  che  sostanziali, si
 determinerebbe altresi' palese incompatibilita' rispetto all'art. 111
 della Costituzione;
      che  e' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  la
 quale ha concluso per l'infondatezza della questione;
    Considerato  che  ormai  il  Pretore puo' - cosi' come auspicava -
 valutare  la  congruita'  della  pena  di  cui  le   parti   chiedono
 l'applicazione,  perche' questa Corte, con sentenza 26 giugno 1990 n.
 313 ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  444,
 comma  secondo,  proprio  nella  parte  in  cui  non prevede siffatto
 potere, in riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione;
      che, per quanto si riferisce alle altre questioni concernenti il
 nuovo codice e  le  sue  norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e
 transitorie, questa Corte ne ha gia' dichiarata l'infondatezza con la
 stessa citata sentenza, ne' l'ordinanza prospetta ragioni  o  profili
 nuovi;
      che  uguale  sorte va riservata alla questione relativa all'art.
 2, n. 45, della legge delega, giacche' tale direttiva non esclude che
 il  giudice  debba  pur sempre osservare il principio di cui all'art.
 27, terzo comma, della Costituzione, sicche' spettava al  legislatore
 ordinario  dettare  le  opportune  disposizioni  a  salvaguardia  del
 principio sovraordinato.