ha pronunciato la seguente ORDINANZA nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 438, 440 e 458, secondo comma, del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze: 1) ordinanza emessa il 20 settembre 1990 dalla Corte d'Appello di Trieste nel procedimento penale a carico di Barazza Flavio, iscritta al n. 694 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1990; 2) ordinanza emessa l'8 ottobre 1990 dalla Corte di Assise di Catanzaro nel procedimento penale a carico di Avolio Antonio, iscritta al n. 701 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1990; Udito nella camera di consiglio del 30 gennaio 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che la Corte di appello di Trieste, con ordinanza emessa il 20 settembre 1990, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 438 del codice di procedura penale, "nella parte in cui non prevede l'obbligo per il pubblico ministero di motivare il proprio dissenso"; che medesima questione e' stata sollevata anche dalla Corte di assise di Catanzaro, con ordinanza emessa l'8 ottobre 1990, ed estesa agli artt. 440 e 458, secondo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 102, 107, ultimo comma, 108, primo e secondo comma, 111 e 112 della Costituzione; Considerato che le ordinanze sollevano questioni dal contenuto sostanzialmente identico e che i relativi giudizi vanno, quindi, riuniti; che questa Corte, con sentenza n. 81 del 1991 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale, nonche', in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dell'art. 458, primo e secondo comma, dello stesso codice, nella parte in cui non prevedono che il pubblico ministero, in caso di dissenso, sia tenuto ad enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevedono che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, citato; che di conseguenza le questioni qui proposte devono essere dichiarate manifestamente inammissibili; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;