IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale iscritto al n. 226/90 g.i.p. contro Ciammaruchi Igino, nato a Camerino il 20 giugno 1971, residente a S. Severino M., via Ugo Bassi n. 4, imputato del delitto p. e p. dall'art. 71 della legge n. 685/1975, poiche' illecitamente acquistava trasportava e deteneva, fuori delle ipotesi di cui agli artt. 72 e 72- bis della legge citata, grammi 0,786 di hashish (contenente mg 30 di delta-9-thc): 1) non essendo consumatore abituale; 2) superando la quantita' di assunzione abituale nelle 24/h, per quanto sub 1). In localita' Prati di Gagliole fra il 12 e 13 luglio 1990. All'esito dell'odierna udienza preliminare reputa il giudicante sussistere sospetto di incostituzionalita' della norma incriminatrice di cui al capo d'imputazione (ora art. 73 del testo unico approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309), nonche' degli artt. 75 e 78 del medesimo testo unico. Occorre, invero, considerare che il meccanismo normativo attraverso il quale il legislatore intende porre il punto di discrimine tra fatti penalmente rilevanti e fatti di esclusiva incidenza amministrativa (quali rispettivamente individuati negli artt. 73 e 75 del testo unico) poggia sulla nozione di dose giornaliera media che - sebbene posta dalla legge - non da questa viene in concreto individuata e determinata; nel che appare compendiarsi una violazione della riserva di legge in materia penale, quale prescritta dall'art. 25 della Costituzione. Appare evidente che la fonte primaria esibisca, nella specie, tutte le caratteristiche della normazione penale in bianco, il cui essenziale limite deve essere colto nella sufficiente specificazione dei presupposti, dei caratteri e del contenuto dei provvedimenti dell'autorita' amministrativa affinche' il reato sia "tassativamente determinato in tutti i suoi elementi costitutivi" (Corte costituzionale n. 492/1987), da cio' dovendosi desumere l'impossibilita', per l'atto amministrativo, di incidere in alcun modo sui contenuti essenziali e predeterminati dell'illecito penale. Donde, per ulteriore conseguenza, l'impossibilita' che la fonte secondaria sia abilitata - dalla primaria - a dare contenuti specificanti di quel che devesi ritenere penalmente rilevante (Corte costituzionale n. 282/1990). Orbene, ritiene il giudicante che a tali indirizzi non rispondano ne' l'art. 75 ne' l'art. 78 del testo unico, dalla cui combinata lettura emerge l'insussistenza di alcun criterio - di sufficiente specificazione e determinatezza - circa la quantificazione della dose media giornaliera, che viene, di fatto, lasciata al provvedimento amministrativo, e quindi alla fonte di secondo grado. In particolare cio' devesi ritenere a proposito dell'art. 78, primo comma, del testo unico, ove nessuno criterio predeterminato - di carattere scientifico o almeno giuridico - viene posto a fondamento, indirizzo e limite invalicabile dell'atto amministrativo, ben diversamente da quanto, ad esempio, disposto dall'art. 12 della legge n. 685/1975 (ora art. 14 del teto unico) in materia di tabelle. Si aggiunga a cio' che la stessa nozione di dose media giornaliera appare nulla piu' che un enunciato, i cui contenuti non sembrano certo potersi cogliere per via di serie, e soprattutto consolidate, cognizioni scientifiche che possano fondatamente e pacificamente supportare il discrimine tra illecito penale e non. Ond'e' conseguenziale ritenere che, non avendo la fonte primaria recepito o comunque richiamato nozioni di tal fatta, la sua delega al provvedimento amministrativo e' totale e dismissoria, essendo rimesso esclusivamente all'autorita' amministrativa il potere di individuare - non si con quali criteri prefissati - il limite quantitativo al di la' del quale si versa in illeceita' penale. Depongono nel senso di questa interpretazione gli stessi lavori preparatori, ove effettivamente trovasi menzione di una "responsabilita' amministrativa e politica del Ministro della sanita'" nella determinazione della dose media giornaliera (Senato, seduta del 12 giugno 1990, p. 22 del resoconto stenografico). E in tali sensi appare esser ispirato proprio il decreto ministeriale n. 186 del 12 luglio 1990, il cui art. 3 si limita a porre - merce' il richiamo alle tabelle allegate - i limiti quantitativi massimi di principio attivo, ma non si premura certo di dar conto dei parametri e dei criteri adottati, e peraltro non preventivamente fissati dalla legge. Di sicuro non ovviano a tale carenza le brevissime e ininfluenti (ai fini di cui e' discorso) note esplicative annesse alle tabelle. Di qui il dubbio che le richiamate norme del testo unico palesino contrasto con l'art. 25 della Costituzione, nella parte in cui non determinano i criteri e i parametri che l'autorita' amministrativa deve seguire nella determinazione della dose media giornaliera. Non altrimenti superabile, del resto, appare il sospetto de quo, dovendosi, ad esempio, escludere che possa darsi ipotesi di disapplicazione del decreto ministeriale, sia perche' non pare ricorrere alcuna delle figure tipiche o sintomatiche dell'illegittimita' amministrativa, sia perche' non potrebbe la discrezionalita' del giudice sostituirsi a quella (tecnica) dell'amministrazione. Palese appare la rilevanza della questione nella fattispecie concreta, avuto riguardo alla contestazione mossa all'imputato. Di qui la necessita' che della questione - che il giudicante solleva d'ufficio - sia investita la Corte costituzionale.