IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa  iscritta  al  n.
 968  del  r.g. delle controversie in materia di lavoro, previdenza ed
 assistenza obbligatoria dell'anno 1990, promossa  da  Carlo  Tamagno,
 rappresentato  e difeso dall'avv. Salvatore Marino del Foro di Genova
 e nel suo studio in Genova, via Brigata Liguria, 1/14,  elettivamente
 domiciliato,  contro  l'Istituto nazionale assistenza dipendenti enti
 locali (I.N.A.D.E.L.), con  sede  legale  in  Roma,  in  persona  del
 commissario  straordinario, rappresentato e difeso dall'avv. G. Guido
 La Mattina ed elettivamente domiciliato nel suo studio in Genova, via
 Assarotti, n. 44/4.
    Il pretore, all'esito dell'udienza di  discussione  del  giorno  6
 marzo 1990;
                     OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
    Con ricorso depositato il 2 marzo 1990, Carlo Tamagno esponeva: di
 aver  lavorato,  in  qualita'  di  medico,  prima alle dipendenze del
 comune di Savignone e poi, per effetto delle  leggi  nn.  833/1978  e
 761/1979,  dal  1ยบ  luglio  1980 al 31 dicembre 1987, alle dipendenze
 della  u.s.l.  n.  10  di Genova, assicurato obbligatoriamente presso
 l'I.N.A.D.E.L.; che fino al maggio 1984 aveva lavorato a tempo pieno,
 per quaranta ore settimanali e successivamente con il ridotto  orario
 di  dieci ore settimanali; che l'I.N.A.D.E.L. non aveva ancora pagato
 l'indennita' premio di servizio (in seguito:  I.P.S.)  per  i  sedici
 anni  di  servizio  utili a tal fine, in quanto non aveva ritenuto di
 accogliere  la  sua  richiesta  di  valutare  anche  la  retribuzione
 corrisposta  per  il normale orario di lavoro fino al maggio 84 e non
 solo  quella  pagata  per  gli  ultimi  dodici  mesi   di   servizio,
 commisurata al ridotto orario suindicato.
    Conveniva  quindi  in giudizio l'I.N.A.D.E.L. e la u.s.l. n. 10 di
 Genova. Quest'ultima, benche' ritualmente citata, non  si  costituiva
 in giudizio e veniva dichiarata contumace.
    L'I.N.A.D.E.L.,  tempestivamente  costituitosi,  deduceva  di aver
 nelle more pagato l'I.P.S., sulla base  di  quindici  anni  utili  di
 servizio  e  in  corretta  applicazione  dell'art.  4  della legge n.
 152/1968 e quindi solo sulla base della retribuzione corrisposta  per
 l'orario ridotto negli ultimi dodici mesi di servizio.
    All'udienza  del  22  agosto  1990  il  difensore  del  ricorrente
 riconosceva in quindici anziche' in sedici  gli  anni  utili  per  la
 determinazione  dell'I.P.S.  e dava atto dell'avvenuto pagamento, pur
 deducendo la sua insufficienza per le  ragioni  esposte  in  ricorso.
 Dopo  alcuni  rinvii  il  pretore  fissava  per discussione l'odierna
 udienza.
    Cio' premesso, va subito rilevato che la normativa rilevante nella
 fattispecie e' quella prevista dall'art. 4 della legge 8 marzo  1968,
 n.  152,  per  cui  l'ammontare  spettante  per  I.P.S.  e' pari a un
 quindicesimo della retribuzione contributiva degli utlimi dodici mesi
 di servizio, considerata in ragione dell'80% e moltiplicata per  ogni
 anno di iscrizione all'istituto.
    La  questione di costituzionalita' della norma citata e' rilevante
 poiche' il ricorrente negli ultimi dodici mesi di  servizio  (dal  31
 dicembre  1986  al  31  dicembre  1987) ha percepito una retribuzione
 mensile sensibilmente inferiore a quella corrispostagli  fino  al  30
 aprile   1984,  in  rapporto  ad  un  orario  lavorativo  (dieci  ore
 settimanali) inferiore a quello in precedenza praticato (quaranta ore
 settimanali). Consegue che l'applicazione dell'art. 4,  primo  comma,
 della  legge  n.  152/1968  determina l'importo dell'I.P.S. in misura
 largamente inferiore  a  quello  che  verrebbe  liquidato  ove  fosse
 considerata  anche  la  superiore  retribuzione mensilmente dovuta in
 corrispettivo del c.d. tempo pieno, effettivamente pagata, per  quasi
 dodici dei quindici anni riconosciuti utili:  l'importo liquidato per
 I.P.S.  e' stato di L. 5.178.135, mentre la somma che potrebbe essere
 pagata  per  il  medesimo  titolo,  proporzionalmente  valutando   la
 retribuzione  dovuta  a fronte dell'ordinaria prestazione lavorativa,
 sarebbe pari a L.   17.092.014, come emerge  dalla  comunicazione  27
 ottobre 1990 dell'I.N.A.D.E.L., prodotta in corso di causa.
    Si  ritiene  altresi' non manifestamente infondata la questione di
 costituzionalita' dell'art. 4, primo comma, della legge 8 marzo 1968,
 n. 152, nella parte in cui non  prevede  che  la  retribuzione  degli
 ultimi  dodici  mesi  sia, proporzionalmente sulla base degli anni di
 servizio, aumentata o diminuita (aspetto, quet'ultimo, non  rilevante
 tuttavia   in   causa)  qualora  diversi  siano  i  compensi  erogati
 mensilmente  nel  corso  del  rapporto  in  dipendenza  dal mutamento
 dell'orario  di  lavoro,  cui  i  predetti  compensi  mensili   erano
 commisurati (come nella fattispecie).
    Appare in primo luogo fondato il dubbio di incostituzionalita' per
 violazione  del  principio  di  uguaglianza  tra  dipendenti iscritti
 all'I.N.A.D.E.L. la  cui  retribuzione  non  muti  perche'  invariato
 rimane  negli  ultimi  dodici  mesi  l'orario  di lavoro e dipendenti
 parimenti iscritti all'I.N.A.D.E.L., con medesima anzianita', la  cui
 retribuzione  diminuisca  nel  corso  del rapporto per effetto di una
 riduzione  (drastica  nella  specie)  dell'orario  di   lavoro,   con
 conseguente  liquidazione  dell'I.P.S.,  in misura anche notevolmente
 inferiore,  senza  alcuna  proporzione  con  i  compensi  globalmente
 corrisposti   ed   anzi  con  piu'  accentuata  divaricazione  (della
 sproporzione) proprio quando l'inferiore retribuzione interessi  solo
 l'ultimo anno di servizio.
    Disparita' di trattamento che diviene macroscopia ove si consideri
 l'ipotesi  inversa,  ovvero  l'iscritto  all'I.N.A.D.E.L.  che  abbia
 sempre prestato un orario ridotto, con retribuzione mensile inferiore
 e solo nell'ultimo anno  lavori  "a  tempo  pieno"  e  percepisca  il
 corrispondente stipendio.
    Orbene, in tal caso l'applicazione dell'art. 4, primo comma, legge
 n.  152/1968  comporterebbe  per un tale iscritto la liquidazione del
 beneficio sulla base di una  retribuzione  anche  sensibilmente  piu'
 elevata  di  quella  percepita nell'intero corso del rapporto, mentre
 nella fattispecie cio' avverrebbe alla stregua di uno stipendio anche
 notevolmente inferiore a quello in precedenza pagato.
    La mancata previsione, nel testo dell'art. 4, primo  comma,  della
 legge   8   marzo   1968,   n.   152,   del  suindicato  criterio  di
 proporzionamento della retribuzione  percepita  negli  ultimi  dodici
 mesi   determina   una  totale  irragionevolezza  nella  liquidazione
 dell'I.P.S. nelle fattispecie esaminate, senza che  possa  ovviamente
 opporsi una sorta di compensazione tra le due ingiustizie.
    Disparita'  di  trattamento  ed  irragionevolezza che non solo non
 sembra trovare alcun  elemento  giustificativo,  ma  che  anzi  trova
 ulteriore    conferma    laddove    si   consideri   che   l'iscritto
 all'I.N.A.D.E.L., in virtu' dell'11 della legge citata, paga per ogni
 anno  di  servizio  un  contributo  percentualmente  calcolato  sulla
 retribuzione  percepita  (e  non in misura fissa), con la conseguenza
 per cui nella fattispecie di causa il ricorrente  ha  corrisposto  un
 onere  del tutto sproporzionato rispetto all'ammontare liquidatogli a
 titolo di I.P.S. (irragionevole divario che si ripropone nell'ipotesi
 inversa in precedenza esaminta, in tal caso  con  danno,  in  termini
 contributivi, per l'istituto).