IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letta la richiesta del p.m. 25 gennaio 1991 in cui si fa presente l'esigenza di precisare in astratto le ipotesi delittuose da contestare eventualmente agli indagati; Premesso che ex art. 121, primo comma, nuovo c.p.p. "In ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria", e secondo il comma secondo cit. norma sulle richieste ritualmente for- mulate il giudice provvede comunque entro quindici giorni; Facendosi in primo luogo rilevare che nella sostanza la richiesta dell'A.g.o. requirente equivale ad una reiterata ennesima richiesta di archiviazione della notizia di reato, richiesta aprioristica e come tale ancora una volta, allo stato degli atti, non condivisibile perche' sottovaluta o meglio non tiene in nessuna considerazione l'ordinanza ex art. 4 o 9, n. 4) nuovo c.p.p. 8 gennaio 1991 che dispone apposito supplemento di indagini preliminari, il cui fondamento, come in altri casi della stessa specie, viene contestato dal p.m. (motivazioni a parte); Premesso che questo giudice in detta sede, nella motivazione terminale, aveva riservato ogni statuizione nel merito stricto sensu all'esito del disposto supplemento, ivi compresa la valutazione delle singole posizioni procedurali (tipo quella di Abbondanzieri Marisa) stante quindi esigenze di sintesi ed economia procedurale, e soprattutto nella motivazione si leggeva che dall'esito delle ulteriori indagini sarebbe scaturita o l'archiviazione per manifesta infondatezza della notitia criminis con contestuale tramissione degli atti al p.m. affinche' proceda contro l'autore della calunnia od al contrario ulteriori risvolti penali nei confronti degli indagati (cio' e' sottinteso) mentre s'intende, limitatamente alla questione della calunnia, il tutto e' ancora allo stadio problematico, presupponendosi in primo luogo la detta infondatezza (condizione preliminare) e dovendosi comunque verificare in secondo luogo la coscienza e volonta' o meno (da parte della persona autrice dell'esposto) di incolpare persone della cui innocenza era consapevole; Essendo allo stato prematuro ogni discorso sui capi d'accusa in astratto e quindi sulla loro eventuale prescrizione; Stante l'esigenza, nell'ipotesi di eventuale archiviazione, di esattezza della relativa formula tecnica, rientrando peraltro la prescrizione invocata dal p.m. nello schema di cui al 411 nuovo c.p.p. (estinzione del reato) anziche' nel 408-409 (infondatezza della notizia di reato), formula la seconda piu' favorevole (principio del favor rei) sull'ipotesi della prescrizione; Poiche' la c.t.u. mira anche a stabilire con esattezza l'epoca di commissione degli eventuali reati e l'altrettanto eventuale permanenza nel tempo dei loro effetti nonche', ovviamente, l'eventuale prescrizione; Poiche' non e' condivisibile la tesi del p.m. che invoca l'avvenuta abrogazione del delitto di interesse privato in atti di ufficio ex art. 324 del c.p., non ignorando la pubblica accusa (per avere sostenuto la seguente tesi anche in recenti processi dibattimentali) che in realta' l'interesse privato in atti d'ufficio deve ritenersi assorbito nel ristrutturato art. 323 del c.p. (riforma 1990) primo e secondo comma; Poiche' da ultimo stupisce il tono non sereno ed ingiustamente polemico usato dal p.m. sulla eventuale corresponsabilita' amministrativa e contabile trattandosi di c.t.u. disposta "a fini di giustizia", fra l'altro da parte di altro ufficio giudiziario, non essendo il detto mezzo istruttorio vietato dalla lettera del 409 e non essendo scritto da nessuna legge che le c.t.u. sono consentite soltanto allorche' concretizzino elementi d'accusa e non anche quando al contrario possono derivarne risultanze favorevoli all'indagato ex artt. 326 - 358 nuovo c.p.p., quasi che il p.m. si identifichi con mere funzioni accusatorie e con pregiudiziali colpevoliste (come il p.m. anglosassone) e non faccia piu' parte dell'ordinamento giudiziario (v. al riguardo art. 107, terzo comma, e art. 108, secondo comma, della Costituzione, art. 73 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, cosi' come modificato dal d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, art. 190 stesso d.P.R.), e quasi che la c.t.u. possa essere disposta soltanto ad impulso di parte privata; Dovendo l'interpretazione esegetica, da parte di questo giudicante, effettuare il coordinamento fra l'art. 359, primo comma, nuovo c.p.p. (secondo cui il p.m. ove proceda ad accertamenti ecc.. .. ... per cui si rendono necessarie specifiche competenze, puo' avvalersi di c.t. che non possano rifiutare la loro opera) e l'art. 360 stesso cod. (accertamenti tecnici non ripetibili, questi ultimi ex art. 431 nuovo c.p.p. inseribili nel fascicolo per il dibattimento) con il testo letterale del 409, terzo comma, coordinamento che si impone per ragioni obiettive, essendo implicito, dalla lettera e dalla ratio normativa del 409, che il ricorrere a c.t. sia insito nella indicazione con ordinanza, da parte del g.i.p., al p.m., di quelle ulteriori indagini preliminari di cui egli abbia ritenuto la necessita'; Non competendo a questo giudice di indicare al p.m. se trattasi o meno di accertamenti tecnici su luoghi il cui stato e' soggetto a modificazione e ritenendosi comunque nel caso di specie che le indagini vadano espletate tramite il ricorso al 359; Nulla fra l'altro impedendo al g.i.p. di indicare al p.m. anche il nominativo dei consulenti onde facilitargli la scelta a fronte di una situazione procedurale caratterizzata da un p.m. che non ha richiesto ex artt. 405 e 407 del c.p.p. la proroga delle indagini preliminari ma che subisce, s'intende nel senso procedurale e tecnico del termine indagini disposte dal giudice "controllore" ex art. 112 della Costituzione dell'autentico esercizio dell'azione penale da parte dello stesso p.m.; Non dovendosi confondere i c.t. di cui al 359 con i c.t.p. di cui agli artt. 230 e 233, c.t.p. che esistono in quanto si versa nell'ipotesi autenticamente processuale degli altrettanto autentici imputati, di perizia disposta dal giudice anche di ufficio ex art. 224, primo comma, in sede evidentemente dibattimentale (tutt'al piu' dal g.i.p. in sede di udienza preliminare) e come tale utilizzabile, e quindi la c.t. di cui alla presente fase delle indagini preliminari e' a tutti gli effetti autentica c.t.u. e non c.t.p.; Poiche' l'art. 409, terzo comma, del c.p.p. non contrasta con gli artt. 326 e 358 stesso codice (ritorna il discorso del coordinamento) in quanto il giudice per le indagini preliminari ritiene la necessita' che il p.m. svolga, nell'ambito delle proprie attribuzioni, le ulteriori indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale (indicandole specificamente e tassativamente con ordinanza e fissando contestualmente il termine indispensabile per il compimento di esse), che svolga quindi iussu indicis (e quindi nolente) ogni attivita' necessaria ai fini indicati nell'art. 326 e che svolga altresi' ulteriori accertamenti anche su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini; Poiche', lo si ribadisce, neppure l'a.g.o. giudicante, come gia' l'a.g.o. requirente, persegue il solo accertamento della verita' materiale e non e' aprioristicamente vincolata a pregiudiziali posizioni colpevoliste od innocentiste; attesa del resto l'utilizzabilita' delle risultanze della c.t.u., allo stato degli atti, a fini meramente endoprocessuali (cioe' circoscritti alla fase delle indagini preliminari) e non anche dibattimentali; Poiche' se cio' rappresenta, ad avviso del p.m., spreco di energie processuali, cio' non e' imputabile al g.i.p. cui l'art. 409 nella sua intera casistica ha comunque assegnato il ruolo di controllore, ben compatibile con l'art. 112 della Costituzione, del corretto rituale esercizio dell'azione penale, non essendo l'archiviazione atto dovuto ed automatico; Poiche' in fondo la lettera dell'art. 359 nuovo c.p.p. rispecchia il contenuto dell'art. 61, primo comma, del c.p.p. (consulente tecnico), mentre lo stesso art. 90, secondo comma, del c.p.c. contempla l'ipotesi di una c.t.u. iussu iudicis senza impulso di parte (s'intende delimitata dal thema decidendi, cioe' della materia del contendere) allorche' si dice dell'anticipazione delle spese poste a carico di ciascuna delle parti dalla legge o dal giudice; Trattandosi nelle specie di inottemperanza del p.m. all'ordinanza ex art. 409, quarto comma, nuovo c.p.p., inadempimento che non puo' essere sanato dalla riconvocazione delle parti all'udienza in camera di consiglio ex art. 409, n. 2) e dalla reitera del provvedimento che dispone effettuarsi ulteriori indagini preliminari, meccanismo che per la sua prolissita' e per il suo dubbio esito e' inadatto, addirittura inetto a rimuovere l'inerzia processuale del p.m., urtando contro il buon andamento e l'efficienza organizzativa della p.a., - amministrazione della giustizia, beni tutelati dall'art. 97 della Costituzione, mentre ogni provvedimento del g.i.p. che a fronte dell'inerzia di cui sopra disponesse l'archiviazione ed ordinasse al p.m. la formulazione del capo d'imputazione ex art. 409, n. 5), urterebbe contro ogni logica e buon senso, essendo contraddittorio con il tenore della pregressa ordinanza che nel commissionare nuove indagini ha evidentemente ritenuto l'insufficienza degli elementi raccolti a fini decisori, e si porrebbe quindi in contrasto con gli artt. 101, secondo comma, della Costituzione (giudice quindi non piu' soggetto alla sola legge ma ad altra a.g.o.) e 112 della Costituzione, nonche' ovviamente con gli artt. 2 e 3) della Costituzione, contrasto che concerne quindi l'art. 409, n. 4), del c.p.p. laddove non contempla alcuno specifico rimedio processuale nell'ipotesi riscontrata di inottemperanza del p.m. all'obbligo di espletare le indagini preliminari (non richieste, come sostiene il p.m. bensi' ordinate dal g.i.p.), stante la formulazione letterale della norma ("se ritiene la necessita' di ulteriori indagini, le indica con ordinanza al p.m., fissando il termine indispensabile per il compimento di esse - tenore letterale e vincolante - tassativo che urta con il concetto di richiesta") quanto l'art. 412, secondo comma, nuovo c.p.p. laddove non prevede l'obbligatorieta' dell'avocazione delle indagini preliminari nell'ipotesi in cui a seguito della comunicazione prevista dall'art. 409, terzo comma (cioe' dell'ordinanza che convoca le parti in camere di consiglio a seguito dell'originario rigetto di archiviazione) il p.m. non si attivi per il compimento del disposto supplemento, facoltativita' che si legittima all'inizio fino a che ancora il g.i.p. non abbia disposto il detto supplemento, e che non si giustifica piu' a seguito della constatata "inerzia" da parte del p.m. di prima istanza, mentre la questione potrebbe ovviamente trovare corretta soluzione rendendosi l'avocazione obbligatoria come nel caso in cui al primo comma del 412 il p.m. non eserciti l'azione penale ne' richieda l'archiviazione stante l'equipollenza sostanziale delle situazioni in oggetto; Poiche' inoltre e' da ritenersi che l'inottemperanza del p.m. allo spirito ed alla lettera del 409, n. 4) sia addirittura involutiva ed in contrasto con la evoluzione giurisprudenziale della stessa Corte costituzionale che di recente con sentenza n. 445 del 26 settembre 1990, depositata il 13 ottobre 1990, ha recepito la problematica posta dal g.i.p. presso la pretura circondariale di Vercelli dichiarando l'illegittimita' dell'art. 157 delle disp. att. del nuovo c.p.p. e dell'art. 554, secondo comma, stesso codice e riconoscendo anche per il procedimento pretorile la necessita' di un tertium genus valido fra archiviazione ed ordine al p.m. di formulazione dell'imputazione tertium genus che l'orientamento riduttivo del p.m. c/o il tribunale di Ancona tende addirittura a sopprimere; Poiche' detta avocazione obbligatoria non lederebbe l'autonomia decisionale del p.g. che potrebbe pur sempre richiedere l'archiviazione all'esito delle ulteriori indagini preliminari o il non luogo a procedere all'esito della futura eventuale udienza preliminare, mentre ripristinerebbe l'integrita' del contraddittorio procedurale attualmente tronco; Poiche' a questo specifico proposito sarebbe tautologica una soluzione che ritenesse, a fronte della detta e ridetta inerzia, corretto l'archiviare o l'ordinare la formulazione dell'accusa, significando l'ordinanza ex art. 409, n. 4), che il giudice non dispone di sufficienti concreti elementi ne' in un senso ne' nell'altro (e quindi entrambe le soluzioni sarebbero quanto mai inique) di qui la ennesima rilevanza delle questioni;