IL TRIBUNALE Riunito in camera di consiglio; Visto l'appello con contestuali motivi presentato il 25 febbraio 1991 dal difensore degli imputati Amato Antonino, Amato Carmelo, Morabito Roberto e Nicolosi Roberto contro ordinanza della locale Corte d'assise, n. 1/1991 del 25 febbraio 1991, di sospensione dei termini massimi di custodia cautelare ai sensi dell'art. 304, terzo comma, del c.p.p.; Vista la citata ordinanza; Rilevato che le parti non sono comparse all'udienza in camera di consiglio del 15 marzo 1991; Visti gli atti del procedimento trasmessi dal presidente della Corte d'assise; Rilevato che i motivi d'appello sollevano la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 304, secondo comma, del c.p.p., con riferimento agli artt. 3, 13 (in relazione all'art. 27) e 24 della Costituzione, e dell'art. 297, quarto comma, del c.p.p., con riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, in relazione all'art. 2, punto 61 della legge (n. 81/87) di delega per l'emanazione del nuovo c.p.p., sostenendo: 1) in via dubitativa un eccesso rispetto alla delega dell'art. 304, secondo comma, essendo stabilito al punto 61 di quella il limite massimo di anni 4 per la custodia cautelare, senza far riferimento all'effetto delle sospensioni dei termini, previste nello stesso punto, mentre la norma delegata ha portato ad un massimo di venti anni (per i reati puniti con l'ergastolo o la pena detentiva temporanea di 30 anni) il termine ultimo, tenuto conto anche delle sospensioni, di custodia cautelare; 2) la violazione della regola costituzionale che impone la individuazione di un termine massimo di custodia cautelare, contrastando quello appena indicato con la presunzione di non colpevolezza dell'imputato fino alla condanna definitiva; 3) la compromissione della norma sulla inviolabilita' della difesa, potendo un imputato essere trattenuto dal richiedere accertamenti dal timore di prolungare cosi' la durata della propria custodia; 4) l'eccesso di delega dell'art. 297, quarto comma, che prevede il superamento di termini di custodia delle singole fasi processuali, mentre il punto 61 della delega consentirebbe solo il prolungamento dei termini generali della custodia; Rilevato che l'ordinanza impugnata motiva il rigetto delle stesse questioni affermando: 1) l'insussistenza della violazione della regola costituzionale che impone la individuazione di un termine massimo di custodia cautelare, essendo lo stesso fissato dall'art. 304, quarto comma, senza che si possa ipotizzare un contrasto del termine indicato con la presunzione di non colpevolezza dell'imputato fino alla condanna definitiva, essendo in via generale prevista dalla stessa Costituzione la custodia cautelare; 2) la non interferenza del regime della custodia cautelare con le norme sulla inviolabilita' della difesa; Ritenuta non manifestamente infondata una questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 304, quarto comma, del c.p.p., che fissa in due terzi della pena massima il termine ultimo di custodia cautelare tenuto conto delle sospensioni dello stesso termine previste nei precedenti commi dello articolo, per violazione delle norme costituzionali sulla legislazione delegata (artt. 76 e 77 della Costituzione) e sul termine della carcerazione preventiva (art. 13 della Costituzione), in entrambe le interpretazioni possibili dell'art. 2, punto 61, della legge n. 81/1987: a) infatti se la legge di delega al punto 61, con la frase "previsione che in ogni caso la durata massima della custodia in carcere, tenuto conto anche di tutte le proroghe, non possa superare i quattro anni, sino alla sentenza definitiva" intendesse riferirsi anche alla durata della custodia tenuto conto della sospensione dei termini di durata massima delle misure cautelari, l'art. 304, quarto comma, del c.p.p., sarebbe incostituzionale per violazione della norma delegante; A favore di tale interpretazione sta la locuzione "in ogni caso" usata dal legislatore, la posizione della norma, successiva alla previsione della sospensione dei termini di durata massima delle misure, la considerazione che non appare probabile che il legislatore delegante non abbia ritenuto di indicare un criterio direttivo sui termini massimi, tutto compreso, della custodia cautelare; b) se invece la legge di delega avesse fissato soltanto il termine ultimo di custodia tenendo conto delle proroghe senza nulla prevedere in riferimento alle sospensioni dello stesso termine, la norma delegate (art. 2, punto 61, legge n. 81/1987) potrebbe ritenersi viziata per violazione del combinato disposto degli artt. 13, quinto comma, e 76, della Costituzione, non avendo il legislatore delegante fornito principi e criteri direttivi idonei a stabilire per legge i limiti massimi della carcerazione preventiva; la recente sentenza n. 68/1991 della Corte costituzionale in materia di rito direttissimo per i reati relativi alle armi ed alla stampa, ha segnalato come sia necessario per la legittimita' della legge delegante l'enunciazione di principi e criteri direttivi dell'attivita' legislativa delegata; Pur avendo il legislatore delegato introdotto tale limite con l'art. 304, quarto comma, del c.p.p., permane dubbia la legittimita' costituzionale di questa norma in considerazione del termine massimo, determinato in misura (anni 20) tale da rischiare di vanificare di fatto la previsione costituzionale dell'art. 13, quinto comma ed in considerazione della carenza di criteri direttivi in proposito nella legge delega; Ritenuta rilevante la questione sopra indicata in quanto il presente procedimento verte proprio sulla legittimita' del provvedimento che ha dato applicazione alla norma della cui legittimita' si dubita; Ritenute manifestamente infondate le altre questioni di legittimita' sollevate in quanto: 1) non vi e' connessione tra esercizio del diritto di difesa, correttamente inteso, e termini di custodia cautelare, anche in considerazione della esplicita previsione (art. 304, primo comma, lett. a) del c.p.p. 1988) che i termini di custodia non sono sospesi durante le sospensioni o i rinvii del procedimento disposti per esigenze di acquisizione della prova; 2) il punto 61 della legge delega non puo' essere interpretato nel senso di consentire la proroga dei termini generali massimi della custodia e non di quelli relativi alle singole fasi processuali, perche' una simile previsione sarebbe illogica e inapplicabile, non potendosi superare il termine ultimo di 4 anni senza il superamento di almeno uno dei termini delle singole fasi processuali; Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953;