ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 554, secondo
 comma, del codice di procedura penale e 158 del  decreto  legislativo
 28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di attuazione, di coordinamento e
 transitorie del codice di procedura penale), promosso  con  ordinanza
 emessa  il  10  dicembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari
 presso la Pretura di Camerino, nel procedimento penale  a  carico  di
 Massari Fabio ed altra, iscritta al n. 64 del registro ordinanze 1991
 e  pubblicata  nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 22 aprile 1991 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza  del  10  dicembre  1990,  il  Giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso la Pretura di Camerino ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 101, secondo comma, 112 e 97 Cost.,  questione
 di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 554, secondo comma, del
 codice di procedura penale  e  158  delle  norme  di  attuazione,  di
 coordinamento  e  transitorie  dello  stesso  codice,  approvate  con
 decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, "laddove non prevedono il
 controllo  sostitutivo  del  Giudice  al  P.M.    nella  formulazione
 dell'imputazione".
    Nel  caso  di  specie, il giudice rimettente aveva rigettato, "per
 esclusive ragioni  di  diritto",  la  richiesta  di  archiviazione  e
 disposto  che  il  pubblico  ministero  formulasse  l'imputazione; ma
 questi gli aveva restituito gli atti, chiedendo che  "fossero  formu-
 late  le indicazioni o direttive attinenti alla concreta formulazione
 del capo d'imputazione" o, in subordine,  che  venisse  sollevata  la
 suddetta  questione  di costituzionalita'. Ritenendo che - in caso di
 rigetto della richiesta di archiviazione per  ragioni  diverse  dalla
 necessita'  di ulteriori indagini - le norme impugnate non consentono
 di dare le suddette indicazioni o direttive, detto giudice  ha  fatto
 proprie, trascrivendole integralmente, le eccezioni di illegittimita'
 costituzionale prospettate dal pubblico ministero e di seguito illus-
 trate.
    Premesso  che le garanzie costituzionali della soggezione soltanto
 alla  legge  (art.  101,  secondo  comma)  e  della  distinzione  dei
 magistrati  solo  per  diversita' di funzioni (art. 107, terzo comma)
 spettano anche al pubblico ministero (sentenze nn. 95 del 1975 e  190
 del  1970)  e che esse comportano l'esclusione di rapporti gerarchici
 tra i magistrati  e  la  loro  soggezione,  all'interno  di  ciascuna
 funzione,  solo  e  direttamente alla legge, il giudice a quo osserva
 che le funzioni del pubblico ministero e del giudice per le  indagini
 preliminari  sono  diverse,  essendo  le  une  volte  a  prendere  le
 determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale (art.  326),
 le altre all'esercizio del controllo sulle medesime ex art. 112 della
 Costituzione.
    Assume,   poi,   che   l'essenza  stessa  del  controllo  consiste
 nell'individuazione dell'imputazione e che percio'  l'impugnato  art.
 554, secondo comma, in quanto impone che ad essa provveda il pubblico
 ministero  su ordine del giudice per le indagini preliminari, finisce
 per  fare  del  primo  uno  strumento  della  funzione  di  controllo
 spettante  al secondo - anziche' mantenere ciascuno nell'ambito delle
 rispettive funzioni - e per introdurre tra di  essi  una  distinzione
 per   diversita'   non   di  funzioni  ma  di  posizioni  gerarchiche
 nell'ambito della medesima funzione (di controllo).
    Di qui, la censura di violazione  dell'art.  101,  secondo  comma,
 della  Costituzione,  a  conforto  della  quale  l'ordinanza richiama
 talune decisioni di questa Corte (in specie, le sentenze nn.  95  del
 1975  e 123 del 1971), volte ad escludere la vincolativita' di ordini
 di procedere (art. 74, ultimo comma) o di dar corso ad indagini (art.
 370) previsti dall'abrogato codice di rito.
    Rilevato, poi, che il rispetto dell'art.  112  della  Costituzione
 richiede  la previsione di adeguate forme di controllo sull'esercizio
 (o non esercizio) dell'azione penale, il  giudice  rimettente  assume
 che  tale  disposto sarebbe violato in quanto le norme impugnate, pur
 instaurando un  rapporto  gerarchico  tra  giudice  per  le  indagini
 preliminari   e   pubblico  ministero,  prevedono  un  controllo  non
 sostitutivo - quale a suo  avviso  dovrebbe  essere  -  ma  meramente
 sollecitatorio.  Non  essendo invero previsto, nell'art. 554, secondo
 comma, ne' in che misura l'ordinanza debba essere  motivata  e  quali
 contenuto  e  funzione debba avere, ne', soprattutto, che il pubblico
 ministero sia obbligato ad  adeguarsi  perfettamente  alle  eventuali
 direttive  del  giudice  per  le  indagini  preliminari (che peraltro
 potrebbero anche  mancare),  il  primo,  pur  se  tenuto  all'accusa,
 rimarrebbe   arbitro   dell'esatta   individuazione  dell'imputazione
 perche' non vincolato ad un suo contenuto tassativo e potrebbe in tal
 modo condizionare l'esito del processo.
    Il non riservare  al  titolare  della  funzione  di  controllo  la
 formulazione  dell'imputazione  -  che  ne  sarebbe il fulcro - viola
 inoltre, secondo il giudice a quo, il principio  del  buon  andamento
 dell'amministrazione  (art.  97 Cost.), applicabile anche agli uffici
 giudiziari (sentenze nn. 86 del 1982 e 18  del  1989).  Da  un  lato,
 infatti,  sarebbe  favorita una sorta di "deresponsabilizzazione" del
 giudice per le indagini preliminari, che, non assumendo la paternita'
 dell'imputazione, potrebbe non affrontare ulteriori problemi decisivi
 ad  essa  pertinenti;  dall'altro,  il  pubblico  ministero   sarebbe
 costretto  ad  assumere  tale  paternita'  pur ignorando il contenuto
 dell'accusa e pur credendo nell'innocenza dell'accusato.
    2.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato,  ha  chiesto  che  la
 questione    sia    dichiarata   infondata.   L'Avvocatura   richiama
 integralmente, al riguardo, l'atto di intervento depositato in  altro
 giudizio:  nel  quale,  peraltro,  concludeva  per l'inammissibilita'
 della questione in quanto sollevata dal Procuratore della Repubblica.
                        Considerato in diritto
    1. - Con l'ordinanza indicata  in  epigrafe,  il  Giudice  per  le
 indagini  preliminari  presso  la  Pretura di Camerino dubita che gli
 artt. 554, secondo comma, del codice di procedura penale e 158  delle
 norme  di  attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del medesimo
 codice,  in  quanto  prevedono  che  il  giudice  per   le   indagini
 preliminari,  in  caso  di  rigetto della richiesta di archiviazione,
 ordini al  pubblico  ministero  di  formulare  l'imputazione  ma  non
 impongono  che  vi  provveda  direttamente,  attraverso  un controllo
 sostitutivo,  o  che  comunque  la  relativa  ordinanza  contenga  al
 riguardo indicazioni tassative, vincolanti per il pubblico ministero,
 violino:
      l'art.  101,  secondo  comma,  della  Costituzione,  perche'  il
 suddetto ordine darebbe luogo ad un rapporto  gerarchico  all'interno
 della  funzione  di  controllo  spettante  al giudice per le indagini
 preliminari ed estranea alle funzioni del pubblico  ministero,  posto
 che    l'essenza    del    controllo   starebbe   nell'individuazione
 dell'imputazione;
      l'art. 112 della Costituzione, perche' il controllo risulterebbe
 inadeguato,  non  garantendo  la  totale  prevalenza  della  funzione
 controllante  su  quella  controllata  dato che il pubblico ministero
 rimane arbitro dell'esatta individuazione dell'imputazione e puo'  in
 tal modo condizionare l'esito del processo;
      l'art.  97  della  Costituzione,  dato  che  sarebbe favorita la
 "deresponsabilizzazione" del giudice per le indagini  preliminari  ed
 il  pubblico ministero sarebbe costretto ad assumere la paternita' di
 un'accusa non condivisa e di cui ignorerebbe il contenuto.
    2. - La questione non e' fondata.
    L'ordine di formulare  l'imputazione  previsto  dagli  artt.  409,
 quinto  comma  e  554,  secondo  comma, del nuovo codice di procedura
 penale costituisce - come la Corte ha rilevato nella sentenza  n.  88
 del   1991   -   un  incisivo  strumento  di  garanzia  del  rispetto
 sostanziale, e non solo  formale,  del  principio  costituzionale  di
 obbligatorieta'  dell'azione  penale,  che  esige  che l'inazione del
 pubblico ministero, manifestata con la  richiesta  di  archiviazione,
 sia sottoposta ad un penetrante controllo da parte del giudice. A tal
 fine,  occorreva  provvedere  per  l'ipotesi  in  cui il dissenso tra
 pubblico ministero  e  giudice  per  le  indagini  preliminari  circa
 l'idoneita'   degli  elementi  acquisiti  a  sostenere  l'accusa  sia
 determinato non da carenza di indagini, ma da divergenti  valutazioni
 in  ordine alla ricostruzione dei fatti ed alla loro riconducibilita'
 in determinate figure criminose: e,  stante  la  preminenza  di  quel
 principio,  si  e' stabilito che dovesse prevalere la valutazione del
 giudice, cui si e' di  conseguenza  attribuito  il  potere-dovere  di
 ordinare   che  l'azione  penale  venisse  esercitata  attraverso  la
 formulazione dell'imputazione.
    Indubbiamente, vi e' in cio' - come gia'  si  e'  osservato  nella
 predetta sentenza - una deviazione dall'astratto modello accusatorio:
 ma  essa  e'  stata dal legislatore contenuta nei limiti necessari al
 rispetto della titolarita' ed obbligatorieta' dell'azione,  dato  che
 al  giudice  per  le  indagini  preliminari  e' demandato solo l'atto
 d'impulso, che non fuoriesce dalla funzione di controllo,  mentre  il
 concreto  promovimento dell'azione, che si esplica nella formulazione
 dell'imputazione  (art.  405),  resta  di  competenza  del   pubblico
 ministero.  Non  vi  e', percio', commistione tra le due funzioni, di
 iniziativa e di controllo, dato che  l'essenza  di  quest'ultima  non
 sta,   come   ritiene   il   giudice   a   quo,   nell'individuazione
 dell'imputazione,  bensi'  nell'accertamento  della   necessita'   di
 procedere.  Di  conseguenza,  non  vi e' instaurazione di un rapporto
 gerarchico, che presuppone l'identita' della funzione esercitata  dai
 due organi, laddove nella specie si tratta di funzioni diverse.
    L'art. 101 Cost. non puo' dunque dirsi violato.
    3.  - Del pari infondate sono le censure riferite agli artt. 112 e
 97 della  Costituzione:  sia  perche'  presuppongono  un  inesistente
 rapporto  gerarchico,  sia  perche'  muovono dall'assunto secondo cui
 l'atto d'impulso del giudice per le indagini preliminari non potrebbe
 contenere  indicazioni  (o  direttive)  in   ordine   all'imputazione
 formulanda.  Ma  esso assume la forma dell'ordinanza, che deve quindi
 essere motivata (art. 125, terzo comma): e  si  contrappone,  per  di
 piu',   ad   una   parimenti  motivata  richiesta  di  archiviazione.
 L'ordinanza, quindi,  non  puo'  non  contenere  l'indicazione  degli
 elementi  di  fatto  e delle ragioni giuridiche in base alle quali il
 giudice per le indagini preliminari ritiene che l'azione penale  deve
 essere  instaurata:  e  cio',  ovviamente,  non  in  astratto,  ma in
 riferimento ad una, o piu',  determinate  fattispecie  criminose.  Da
 tali  indicazioni,  la  cui  specificita'  discende  dall'obbligo  di
 motivazione, il pubblico ministero non potra' discostarsi: e  dunque,
 ne'  vi  e' spazio per l'arbitrio di quest'ultimo, ne' puo' dirsi che
 il giudice per le indagini preliminari sia "deresponsabilizzato".  Ad
 ulteriore   garanzia   del   corretto  esercizio  dell'azione  penale
 soccorre, per di piu', l'art. 158 delle disposizioni  di  attuazione,
 che  consente,  nell'ipotesi  qui esaminata, l'intervento sostitutivo
 del procuratore generale mediante avocazione delle indagini.