ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 121, secondo comma, del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271), promosso con ordinanza emessa il 26 novembre 1990 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Malatesta Domenico, iscritta al n. 150 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 1991 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che, provvedendo in ordine alla richiesta del pubblico ministero di convalida dell'arresto di Malatesta Domenico, del quale lo stesso p.m. aveva gia' disposto l'immediata liberazione - ai sensi dell'art. 121, primo comma, del testo delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271) -, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 121, secondo comma, del citato testo (secondo cui "nel caso di liberazione prevista nel comma 1, il giudice nel fissare l'udienza di convalida, ne da' avviso, senza ritardo, anche alla persona liberata") in riferimento agli artt. 97 e 101, secondo comma, della Costituzione; che il giudice remittente, premesso che la norma censurata e' di carattere strumentale rispetto alla disciplina di cui agli artt. da 389 a 391 del codice di procedura penale - secondo cui l'udienza di convalida deve svolgersi soltanto qualora il pubblico ministero non debba ordinare la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato - osserva che la norma stessa evidenzierebbe una mancanza di coordinamento con tale disciplina e una sostanziale superfluita', in quanto, essendo il soggetto gia' stato rimesso in liberta', la convalida si riduce ad una mera ed inutile formalita', a meno che non si ritenga - ma il codice, prosegue il giudice a quo, dovrebbe prevederlo esplicitamente - che all'esito dell'udienza di convalida il pubblico ministero, a seguito dell'interrogatorio reso dall' ex arrestato, possa modificare le proprie richieste e chiedere al giudice l'applicazione di misure cautelari; che, in conclusione, il remittente solleva questione di legittimita' costituzionale del citato art. 121, secondo comma, "nella parte in cui non statuisce per esplicito la possibilita' per il pubblico ministero di richiedere, in sede di udienza di convalida, nei confronti di persona sottoposta alle indagini preliminari arrestata o fermata gia' scarcerata dalla stessa a.g.o. requirente ex art. 121, primo comma, disp. att. stesso codice, all'esito dell'interrogatorio eventualmente reso dal prevenuto in detta sede o comunque all'esito di ulteriori indagini preliminari eventualmente svolte dal pubblico ministero nelle more fra detta scarcerazione o l'udienza di convalida, misure cautelari coercitive ex art. 291 nuovo codice di procedura penale"; cio' per violazione dell'art. 97 della Costituzione, "divenendo a tal punto l'udienza di convalida mero passaggio obbligato e formale dall'esito scontato e precostituito", nonche' dell'art. 101, secondo comma, della Costituzione, "assoggettandosi il giudice non piu' alla legge ma alla volonta' delle parti", in quanto "a tal punto da detta anomala udienza di convalida.. .. .. puo' soltanto scaturire o una mancata convalida o una convalida meramente formale, inibendosi al pubblico ministero ogni nuova richiesta all'esito dell'udienza"; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'inammissibilita' (non risultando in alcun modo che nella fattispecie il pubblico ministero abbia richiesto o avesse intenzione di richiedere l'applicazione di misure cautelari), o, in subordine, per l'infondatezza della questione; Considerato che l'eccezione di inammissibilita' per irrilevanza, sollevata dall'Avvocatura dello Stato, non puo' essere accolta, in quanto il giudice a quo, con la proposta questione, intende censurare in radice la previsione dell'udienza di convalida nel caso in cui l'arrestato (o il fermato) sia gia' stato rimesso in liberta', ove non sia poi riconosciuta al pubblico ministero la facolta' di richiedere in detta udienza l'applicazione di misure coercitive; che, nel merito, - e prescindendo dal rilievo che il remittente, nel lamentare l'assenza di una norma "esplicita", da' l'impressione di poter giungere in via ermeneutica al risultato auspicato -, la questione si fonda, comunque, su un presupposto chiaramente erroneo, dato che nessuna disposizione preclude al pubblico ministero, che abbia ordinato l'immediata liberazione dell'arrestato (o del fermato) ritenendo "di non dovere richiedere l'applicazione di misure coercitive", di presentare poi al giudice una richiesta in tal senso, in conseguenza del venir meno delle ragioni di opportunita' che lo avevano in precedenza indotto a disporre la liberazione (a seguito, ad esempio, di ulteriori indagini svolte nelle more, tanto piu' che, nella ipotesi in esame, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, non si applicano i termini perentori di cui all'art. 390 del codice di procedura penale); che, peraltro, non puo' non rilevarsi che nei casi - indubbiamente piu' frequenti - in cui il pubblico ministero non richieda misure coercitive, l'udienza di convalida non puo' comunque considerarsi una "inutile formalita'", come sostiene il remittente, in quanto, pur non essendo imposta dall'art. 13, terzo comma, della Costituzione (avendo il soggetto gia' riacquistato la liberta'), la sua previsione risponde comunque all'interesse del cittadino all'accertamento giudiziale della legittimita' del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti dall'autorita' di pubblica sicurezza, tanto piu' che nel caso di cui alla norma impugnata la liberazione e' stata determinata non da vizi procedurali, bensi' da una valutazione di opportunita' da parte del pubblico ministero (cfr. sentenza n. 515 del 1990); che, in conclusione, la questione va dichiarata manifestamente infondata sotto ogni profilo; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;