ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 438 e 440 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 17 gennaio 1991 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lamezia Terme, nel processo penale a carico di Leone Flora Eugenia, iscritta al n. 185 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1991; Udito nella camera di consiglio del 5 giugno 1991 il Giudice relatore Giuliano Vassalli; Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Lamezia Terme ha, con ordinanza del 17 gennaio 1991, sollevato, in riferimento all'art. 101, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' degli artt. 438 e 440 del codice di procedura penale, "nella parte in cui dispongono che il giudice, sul dissenso del pubblico ministero dalla richiesta di definizione del processo con giudizio abbreviato, quantunque motivato dalla non definibilita' del processo medesimo allo stato degli atti, debba limitarsi a prendere atto di tale determinazione e disporre la prosecuzione del processo nelle forme ordinarie, anche nella ipotesi in cui non condivida la motivazione del dissenso"; Considerato che questa Corte, con sentenza n. 81 del 1991, dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 438, 439, 440 e 442 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il pubblico ministero, in caso di dissenso, sia tenuto ad enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma, del codice di procedura penale, ha precisato che "poiche', con il negare il proprio consenso all'adozione del rito abbreviato, il pubblico ministero esprime la volonta' che il processo sia definito in quella fase cruciale del sistema accusatorio che e' il dibattimento, il controllo sulla motivazione del diniego non puo' trovare posto all'interno dell'udienza preliminare e, quindi, non puo' venir affidato al giudice preposto ad essa, perche' cio' significherebbe adottare un rito speciale contro le determinazioni del pubblico ministero"; che, di conseguenza, risultando la questione gia' decisa dalla sentenza ora ricordata, deve esserne dichiarata la manifesta infondatezza; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;