Carta Pietro, con gli avvocati Stefano  Vespa  e  Augusto  Bianchi
 contro la Cooperativa Prodest a r.l., con
 l'avv. Giampa'.
    Verbale  di  udienza  2 maggio 1991. E' presente il ricorrente con
 l'avv. Vespa.
    E' presente per la cooperativa il presidente con l'avv. Giampa'.
    Il pretore esperisce il tentativo di conciliazione, che da'  esito
 negativo.
    L'avv.  Vesta,  insistendo  per le istanze istruttorie, precisa le
 proprie  conclusioni  come   segue:   voglia   il   pretore,   previo
 accertamento  della  propria  competenza  funzionale  trattandosi  di
 rapporto esclusivamente o prevalentemente  di  lavoro,  riconducibile
 alle   ipotesi   di  cui  all'art.  409  del  c.p.c.,  accogliere  le
 conclusioni indicate in ricorso. In via subordinata,  viene  proposta
 eccezione  di  illegittimita' costituzionale dell'art. 409 del c.p.c.
 nella parte in cui non  ricomprende  tra  le  ipotesi  di  competenza
 funzionale  anche  il  rapporto  di  lavoro  del  socio/lavoratore di
 cooperativa a r.l. di grandi dimensioni, con riferimento  agli  artt.
 3, 24, 36 e 45 della Costituzione.
    L'avv. Giampa' precisa come nella memoria difensiva.
    Il pretore invita le parti alla discussione orale.
    I difensori delle parti illustrano le rispettive conclusioni.
    Il  pretore  rinvia  per  eventuali  repliche e per la lettura del
 dispositivo al 21 maggio 1991 ore 11.
    Sono presenti l'avv. Nespar per il ricorrente e per l'avv. Giampa'
 il dott. proc. Giovanna  Giampa'  per  la  cooperativa,  i  quali  si
 riportano alle rispettive conclusioni e argomentazioni gia' in atto.
                              IL PRETORE
    Pronuncia la seguente ordinanza:
                           RITENUTO IN FATTO
      che  il ricorrente impugna la risoluzione del rapporto di lavoro
 con la cooperativa convenuta, previo -  ove  occorra  -  annullamento
 della  delibera  di esclusione dalla societa', senza peraltro dedurre
 l'autonoma  configurazione  di  un  rapporto  di  lavoro  subordinato
 accanto  al  rapporto associativo, con la conseguenza che il rapporto
 intercorso tra le parti, e dedotto  in  giudizio,  deve  qualificarsi
 come associativo e non di lavoro subordinato;
      che  avanti  al  tribunale  di  Milano  lo  stesso ricorrente ha
 impugnato la delibera di esclusione dalla societa' ai sensi dell'art.
 2527, terzo comma,  del  codice  civile,  proponendo  sub  specie  di
 risarcimento  del danno le medesime richieste economiche avanzate nel
 presente giudizio, vale a dire la corresponsione delle retribuzioni e
 dei compensi non percepiti dal giorno dell'esclusione  al  giorno  in
 cui  sara'  reintegrato  nella qualita' di socio, oltre al ristoro di
 (imprecisati) danni ulteriori;
      che la cooperativa convenuta eccepisce la  litispendenza  tra  i
 due  giudizi e l'incompetenza funzionale di questo pretore, invocando
 a    quest'ultimo    proposito    il     consolidato     orientamento
 giurisprudenziale  che  assegna alla competenza del giudice ordinario
 le controversie in tema di rapporti associativi tra socio  lavoratore
 e  societa' cooperativa di produzione e lavoro (orientamento al quale
 anche questo giudice ha piu' volte aderito in passato);
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
      che  non  sembra  sussistere  tra  i  due   giudizi   l'eccepita
 litisdipendenza,  attesa  la  diversita' dei profili sotto i quali il
 ricorrente impugna la propria esclusione dalla societa';
      che, in ogni caso, si  prospetta  come  logicamente  prioritario
 l'esame   della  questione  di  competenza,  atteso  che  l'eventuale
 affermazione della competenza di questo giudice nel presente giudizio
 -  patrocinata  dal  ricorrente   -   potrebbe   comportare   analoga
 affermazione  anche in ordine al giudizio di opposizione ex art. 2527
 del codice civile pendente dinanzi al tribunale  di  Milano,  secondo
 una delle possibili soluzioni del problema di coordinamento normativo
 tra  questa  disposizione e quella dell'art. 409, n. 3, del codice di
 procedura civile che in tal caso si porrebbe;
      che sulla  questione  di  competenza  una  rimeditazione  appare
 opportuna  alla  luce  della  recente  sentenza n. 5780/90 con cui la
 Corte  di  cassazione  ha   ribaltato   l'orientamento   consolidato,
 affermando  la  riconducibilita'  allo schema della collaborazione ex
 art. 409, n. 3, del codice  di  procedura  civile  delle  prestazioni
 lavorative  rese dal socio di societa' cooperativa in adempimento del
 vincolo associativo, e cio' in virtu' di  quella  tendenza  espansiva
 del   diritto   processuale   del  lavoro  che  vede  gia'  applicate
 pacificamente ad altri rapporti di natura associativa (per es. quelli
 inerenti alla impresa familiare) le norme introdotte con la legge  n.
 533/1973;
      che  la  rimeditazione  della  questione  non puo', ad avviso di
 questo giudice, sfociare nella equiparazione del rapporto associativo
 con i rapporti di collaborazione previsti nell'art. 409, n. 3, atteso
 che la nozione di "collaborazione" cui la norma fa riferimento e' pur
 sempre ritagliata sugli schemi contrattuali tipici dalla stessa norma
 richiamati  (agenzia e rappresentanza commerciale), i quali rimandano
 indubitabilmente alla necessita' di uno scambio  tra  due  centri  di
 interesse distinti e separati;
      che  sono,  d'altra  parte,  innegabili  le  esigenze  che hanno
 orientato l'interpretazione data dalla Cassazione all'art. 409, n. 3,
 del codice di procedura civile nella recente  pronuncia,  atteso  che
 l'esclusione  dei  rapporti  associativi  come  quello in esame dalla
 competenza del giudice del lavoro - quale si desume dall'art.  409  -
 non  si  giustifica  alla  luce dell'accennata tendenza espansiva del
 diritto  processuale  del  lavoro  ed  e'  tale  da   provocare   una
 ingiustificata  disparita' di trattamento non solo con altri rapporti
 di natura associativa, ma  addirittura  con  la  normale  figura  del
 lavoratore   subordinato,   con  la  quale  il  socio  lavoratore  di
 cooperativa di produzione e lavoro (specie se di  grosse  dimensioni)
 condivide  certamente  una  posizione di subordinazione economica, se
 non giuridica;
      che tale disparita' di trattamento e' tanto piu' evidente quanto
 piu' difficilmente contestabile risulti l'intento che ha  guidato  il
 legislatore   nell'estendere   il   rito   del   lavoro  ai  rapporti
 caratterizzati dalla "parasubordinazione", che e' quello  di  offrire
 un  rito  piu'  agile e strumenti processuali piu' adeguati a tutti i
 soggetti che  prestino  attivita'  lavorativa  in  una  posizione  di
 subordinazione  economica,  anche se non giuridica, nei confronti del
 soggetto che beneficia della prestazione;
      che  si  palesa,  pertanto,  non  manifestamente  infondata   la
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 409 del codice di
 procedura civile, nella parte in cui non contempla anche il  rapporto
 tra socio lavoratore e cooperativa di produzione e lavoro, cosi' come
 sollevata  dal  ricorrente  in  relazione agli artt. 3, 24 e 45 della
 Costituzione;
      che evidente e' la rilevanza della questione, atteso che da essa
 dipende la soluzione di entrambe le questioni pregiudiziali sollevate
 dalla convenuta (litispendenza e incompetenza);