IL PRETORE
    A scioglimento della riserva ha emesso la seguente ordinanza nella
 causa  r.g.l.  n.  1654/1990  e segg. promossa da r.g.l. n. 1654/1990
 Osti Gianni, Boschi Nadia, quali esercenti  la  patria  potesta'  sul
 figlio  minore  Osti  Fabio  (avv.  E. Passanti e P. Naldi) contro il
 Ministero dell'interno (avvocatura dello Stato) r.g.l.  n.  1936/1990
 Monteverdi  Renato,  Manzi Lorena, quali esercenti la patria potesta'
 sul figlio minore Monteverdi Andrea (avv. E.  Passanti  e  P.  Naldi)
 contro il Ministero dell'interno (avvocatura dello Stato).
    Oggetto: Corresponsione assegno di accompagnamento.
    1.  - Con ricorso depositato il 18 maggio 1990 Gianni Osti e Nadia
 Boschi, in qualita' di rappresentanti legali del figlio minore  Fabio
 Osti,  chiedevano,  previa eventuale dichiarazione di rilevanza e non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 6 della legge 21 ottobre 1989, n. 508,  l'accertamento  del
 diritto  del  minore alla concessione dell'assegno di accompagnamento
 ai sensi dell'art. 17 della legge n. 118/1971, tra l'altro, anche per
 il  periodo  1989/1990,  con  conseguente  condanna   del   Ministero
 dell'interno  alla  corresponsione dello stesso, oltre agli interessi
 legali e alle  spese  di  causa.  Esponevano  i  ricorrenti  che  nei
 confronti  del  figlio minore, affetto da una serie di patologie tali
 da comportare difficolta' persistenti allo svolgimento dei compiti  e
 delle   funzioni   proprie  della  sua  eta',  e  riconosciuto  dalla
 competente commissione sanitaria non deambulante  in  modo  autonomo,
 sussistendo  altresi'  agli  ulteriori requisiti di legge, tra cui la
 frequentazione di un centro ambulatoriale,  era  stata  accertata  la
 titolarita'  del diritto all'assegno di accompagnamento (nella seduta
 del 16 novembre 1988); che tale assegno  era  stato  corrisposto  dal
 comitato  provinciale  di  assistenza  e  beneficenza  pubblica,  con
 decorrenza del primo giorno del mese  successivo  alla  presentazione
 della  domanda,  dal  1ยบ  settembre  1988  al  30 settembre 1989; che
 successivamente l'erogazione dello stesso  era  stato  sospeso  senza
 comunicazione  dei motivi, che questi ultimi probabilmente riposavano
 su un'errata interpretazione dell'art. 6 della legge n. 508/1989,  il
 quale,  abrogato  l'art.  17  della legge n.   118/1971 che prevedeva
 l'assegno di accompagnamento a favore  dei  minori  non  deambulanti,
 faceva  pero'  salve  le  domande  dirette  ad  ottenere  la suddetta
 provvidenza presentate sino  all'entrata  in  vigore  della  medesima
 legge.
    Sostenevano   i  ricorrenti  che  la  domanda  cui  avrebbe  fatto
 riferimento l'art. 6, secondo comma,  della  legge  n.  508/1988  era
 quella   iniziale,   diretta   all'accertamento   del   diritto  alla
 concessione  dell'assegno,  consistente  in  una  "istanza  in  carta
 libera, corredata da un certificato della direzione della scuola, del
 corso o del centro, alla commissione sanitaria provinciale competente
 per  territorio"  (art.  17, secondo comma, della legge n. 118/1971).
 Infatti, poiche' la concessione dell'assegno era rinnovabile di  anno
 in anno, previa una semplice presentazione al competente comitato lo-
 cale   di  assistenza  e  beneficenza  pubblica  del  certificato  di
 frequenza, in relazione agli anni successivi  al  primo  (quello  del
 riconoscimento del diritto), non si sarebbe potuto parlare, secondo i
 ricorrenti,   di   nuova   domanda,   trattandosi   di  una  semplice
 integrazione della domanda iniziale  allo  scopo  di  documentare  la
 permanenza   di  uno  dei  requisiti  richiesti  per  la  concessione
 dell'assegno e di ottenere cosi' un rinnovo dello stesso d'ufficio.
    Le  conseguenze  di  tale  assunto,  in  costanza  di  una istanza
 "originaria" presentata il 3 marzo 1987, e quindi prima  dell'entrata
 in  vigore  della  legge  n.  508/1988,  era  l'asserito diritto alla
 reintegrazione della provvidenza prevista dall'art. 17 della legge n.
 118/1971 anche per l'annualita' 1989/1990, nonostante  che  l'istanza
 di rinnovo relativa a tale periodo avesse data successiva all'entrata
 in vigore della disposizione abrogatrice.
    Infine  i  ricorrenti  eccepivano  l'illegittimita' costituzionale
 dell'art. 6 della stessa  legge  n.  503/1988,  quanto  l'abrogazione
 dell'art.  17  della  legge  n. 118/1971 eliminava l'unico beneficio,
 l'assegno di accompagnamento appunto, previsto a  favore  dei  minori
 con  persistenti difficolta' a svolgere i compiti e le funzioni della
 loro eta', non autonomamente deambulanti, ma non totalmente invalidi,
 onde  facilitare  agli  stessi   la   frequentazione   della   scuola
 dell'obbligo o di corsi di addestramento e di riabilitazione. In tale
 abrogazione  veniva ravvisata la violazione degli artt. 3 e 38, terzo
 comma, della Costituzione.
    Si costituiva  il  convenuto  Ministero  dell'interno  contestando
 l'interpretazione  di  parte  ricorrente  dell'art. 6 succitato ed in
 particolare sostenendo che tale disposizione  aveva  determinato,  in
 via  generale,  la  soppressione  dei  benefici previsti dall'art. 17
 della legge n. 118/1971, e, solo in via transitoria  ed  eccezionale,
 la   conservazione   degli  effetti  delle  domande  presentate  fino
 all'entrata in vigore della legge n. 508/1988.  Infatti,  secondo  il
 Ministero dell'interno, l'autonomia tra il riconoscimento del diritto
 all'assegno  di  accompagnamento  operato dalle commissioni sanitarie
 competenti e la rinnovazione del beneficio da parte del comitato  lo-
 cale   di   assistenza  sulla  base  del  certificato  di  frequenza,
 concretantesi  nella  conservazione  degli   effetti   del   predetto
 riconoscimento,   consentiva  -  conformemente  alle  intenzioni  del
 legislatore - da un lato di  far  salvo  l'accertamento  del  diritto
 effettuato  successivamente  alla  abrogazione dell'art. 17, ma sulla
 base  di  domande  presentate  anteriormente  a   tale   momento   e,
 dall'altro,   di   circoscrivere  l'efficacia  dei  provvedimenti  di
 riconoscimento gia' esistenti a quelli in relazione ai quali era gia'
 stata presentata istanza di rinnovo della concessione  alla  data  di
 entrata in vigore della legge n. 508/1/988.
    Alla  prima  udienza  veniva  disposta  la  riunione  al  presente
 procedimento di quello n. 1936/1990 r.g. lavoro, promosso  da  Renato
 Monteverdi  e  Lorena Manzi nei confronti del Ministero dell'interno,
 dipendendo la decisione di entrambe le cause dalla risoluzione  delle
 medesime questioni di diritto.
    Alla  successiva  udienza  del  20  novembre  1990,  insistendo  i
 ricorrenti nella sollevata eccezione di incostituzionalita', il  pre-
 tore si riserva di decidere in ordine a tale questione.
    2.  -  Ai  fini  dell'eventuale  rimessione  degli atti alla Corte
 costituzionale occorre verificare la sussistenza  dei  due  requisiti
 della  non  manifesta  infondatezza  della  questione di legittimita'
 costituzionale, con riferimento alle norme indicate dai ricorrenti  e
 della  rilevanza  della  stessa  ai  fini  decisionali  degli odierni
 procedimenti.
    2- a). - Ragioni  di  razionalita'  metodologica  suggeriscono  di
 verificare anzitutto la sussistenza del secondo requisito menzionato.
    Le  parti  in  causa, come gia' accennato, prospettano due diverse
 interpretazioni dell'art.  6  della  legge  n.  508/1988,  abrogativo
 dell'art.  17  della  legge  n.  118/1971, norma questa ultima che ha
 introdotto l'istituto dell'assegno di accompagnamento a favore  degli
 invalidi  civili  minori,  non  deambulanti ma non ricoverati a tempo
 pieno,  che  frequentino  la   scuola   dell'obbligo   o   corsi   di
 addestramento  o centri ambulatoriali. L'adesione all'una o all'altra
 chiave di lettura condiziona l'esito del giudizio circa la  rilevanza
 della   sollevata   questione   di  legittimita'  costituzionale,  in
 relazione agli odierni procedimenti.
    Per l'interpretazione fornita dai ricorrenti il secondo comma  del
 predetto art. 6, che fa salve le domande presentate fino alla data di
 entrata  in  vigore  della  legge n. 508/1988, non puo' che riferirsi
 alle istanze "originarie" dirette  ad  ottenere  la  concessione  del
 beneficio  in  quanto i successivi inoltri annuali al comitato locale
 di  assistenza  e   beneficenza   del   certificato   attestante   la
 frequentazione  di  un corso educativo di riabilitazione da parte del
 minore gia' titolare di assegno  di  accompagnamento  costituirebbero
 mere  integrazioni  della  domanda  iniziale  e risponderebbero ad un
 semplice  onere  di  allegazione  circa  la  permanenza  di  uno  dei
 requisiti  previsti  per  la concessione dell'assegno: il rinnovo non
 avverrebbe su domanda,  ma  d'ufficio,  con  riferimento  all'istanza
 iniziale presentata alla commissione sanitaria.
    Il  legislatore  avrebbe  abolito  solamente  la  possibilita'  di
 concedere ex novo la provvidenza de equo per il futuro, facendo pero'
 salve le concessioni gia' avvenute e quelle, passibili a  loro  volta
 di  rinnovo  annuale  "automatico"  (nel  senso  gia' precisato), che
 potrebbero  effettuarsi  sulla  base  di  domande  presentate   prima
 dell'entrata in vigore della legge n. 508/1988.
    In  base  all'interpretazione di parte resistente invece, ritenuta
 incontroversa  l'abolizione  del  benficio  per  il  futuro  in   via
 generale,  sarebbe  fatta salva in via transitoria la possibilita' di
 accertamento del diritto alla concessione dell'assegno  ultra  legem,
 con   riferimento   alle   sole   nuove   domande   presentate  prima
 dell'intervento  legislativo  abrogativo  mentre,  con  riguardo   ai
 provvedimenti  di  riconoscimento  gia'  esistenti,  la conservazione
 degli effetti  e  quindi  la  corresponsione  dell'assegno  sarebbero
 limitate  a  quelli  in  relazione  ai quali, alla data di entrata in
 vigore della legge n. 508/1988, fosse stata gia'  presentata  istanza
 per  la  reintegrazione  della  concessione. Se si adottasse la prima
 interpretazione i minori,  almeno  attualmente  ed  in  relazione  al
 contenuto  delle  domande  presentate  dai  genitori,  non  sarebbero
 pregiudicati  dall'intervenuta  abrogazione  e  pertanto  nella  loro
 qualita'  di  titolari  del  relativo  diritto sostanziale potrebbero
 ottenere, in base al secondo  comma  del  sopra  menzionato  art.  6,
 l'assegno anche per l'annualita' 1989/1990.
    Infatti  dagli  atti  risulta che i rappresentanti legali di Fabio
 Osti hanno presentato per la prima istanza il 3 marzo 1987, e  quindi
 ben prima della vigenza della norma abrogatrice.
    E'  pacifico  in  causa,  d'altra  parte, che anche l'altro minore
 Monteverdi Andrea, ha goduto dell'assegno di accompagnamento fino  al
 30  settembre  1989:  ne  consegue  che la relativa domanda, non agli
 atti, non poteva che essere precedente.
    Se  si  accedesse  alla seconda interpretazione, che e' poi quella
 che in concreto e' stata applicata dai competenti organi pubblici  ed
 e'  causa  degli  odierni  ricorsi,  risulterebbe  viceversa evidente
 l'interesse a sollevare l'eccezione di illegittimita'  costituzionale
 del   precitato  art.  6,  atteso  che  soltanto  con  l'eliminazione
 dell'ordinamento giuridico dello  stesso  i  ricorrenti,  pur  avendo
 presentato  istanza  di  rinnovo  al  comitato  locale  di assistenza
 successivamente  all'entrata  in  vigore  della  legge  n.  508/1988,
 potebbero  ottenere quanto richiesto in ricorso, e cioe' l'assegno di
 accompagnamento anche per il periodo 1989/1990.
    E' da propendersi per l'interpretazione  indicata  dal  resistente
 per i seguenti rilievi.
    Anzitutto  non  e'  probabile  che  il  legislatore,  abolendo  la
 provvidenza per il futuro, abbia inteso conservarla a tutti coloro ai
 quali sia gia' stato riconosciuto il diritto:  appare  piu'  conforme
 alle  intenzioni del medesimo la eccezionale proroga dell'assegno per
 una sola annualita', diretta a non frustrare il buon diritto di  chi,
 avendo  gia'  presentato  il certificato di frequenza documentante la
 permanenza dei requisiti richiesti, non ha ragione di  nutrire  dubbi
 circa il rinnovo della concessione.
    In   secondo   luogo  non  convincono  le  osservazioni  di  parte
 ricorrente circa la negazione della qualifica  giuridica  di  domanda
 alla  presentazione  del certificato di frequenza ai fini del rinnovo
 annuale della concessione dell'assegno. In realta' non  sembra  possa
 dubitarsi  che,  trattandosi di beneficio a prestazione periodica non
 erogabile una tantum e rinnovabile di anno in  anno,  ed  essendo  la
 reiterazione   del  provvedimento  di  concessione  subordinata  alla
 valutazione della permanenza  dei  requisiti  nel  richiedente,  tale
 rinnovo  non puo' avvenire automaticamente e d'ufficio, ma presuppone
 un'istanza di parte: nel caso  di  specie  essa  e'  implicita  nella
 presentazione  al  comitato  provinciale  di assistenza e beneficenza
 pubblica competente per territorio della  documentazione  attestante,
 appunto, la permanenza dei requisiti legali.
    Pertanto,  ritenuta  corretta  l'interpretazione  data  alla norma
 censurata  dal  resistente,  non  potendosi  prescindere   nel   caso
 dall'applicazione  della  medesima, deve concludersi che la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della legge n. 508/1988 e'
 pregiudiziale e  quindi  rilevante  per  la  decisione  dei  presenti
 procedimenti riuniti.
    2-  b).  -  Quanto  al  requisito della non manifesta infondatezza
 della prospettata eccezione di  illegittimita'  costituzionale,  esso
 deve  ritenersi  sussistente  con  riferimento  alla norma-parametro,
 indicata dai ricorrenti, contenuta nel terzo comma dell'art. 38 della
 Costituzione, che cosi' si esprime: "Gli inabili ed i minorati  hanno
 diritto all'educazione e all'avviamento professionale".
    La  nostra  Carta  fondamentale,  propria  di  uno  Stato  sociale
 improntato  ai  principi  di  solidarieta'   socioeconomica,   impone
 all'ordinamento  la  creazione  degli  strumenti  idonei ad offrire a
 tutti i cittadini un sistema di assistenza sociale tale da  garantire
 loro  la  "liberta' del bisogno" nel caso che, sprovvisti di mezzi di
 sostentamento,   si   trovino   in   condizioni   psico-fisiche    di
 impossibilita' a procurarseli mediante il lavoro.
    Poiche'  il  relativo  onere  e'  addossato  a  carico dell'intera
 collettivita' tale sistema assistenziale  si  differenzia  da  quello
 previdenziale previsto a favore dei lavoratori, atteso che essi hanno
 diritto  alle  prestazioni  previdenziali  per  le  esigenze  di vita
 verificatesi  in  occasione  di  eventi di oggettiva impossibilita' a
 procurarsi i mezzi di  sostentamento,  sulla  base  della  precedente
 contribuzione  ad un ente assicurativo. Anche nel caso che in fututro
 venga compiutamente realizzato un sistema di  sicurezza  sociale  che
 riguardi  indistintamente  tutti  i cittadini, le prestazioni erogate
 dallo Stato,  a  differenza  delle  altre,  difficilmente  potrebbero
 essere  del  tutto  disancorare  da  un  collegamento  tra  di esse e
 l'effettiva produzione di reddito  nazionale  nel  quale  trovano  il
 proprio finanziamento.
    Comunque,  allo  stato  attuale, i doveri di solidarieta' espressi
 dalla Carta costituzionale impongono che  la  collettivita'  fornisca
 agli  inabili  e  invalidi,  oltre  ai  mezzi di sostentamento, anche
 strutture  e  provvidenze  atte  ad  assicurare  loro  educazione  ed
 avviamento professionale e cioe' gli strumenti per garantire ad essi,
 da un lato, il maggior grado possibile di sviluppo della personalita'
 e dall'altro un adeguato inserimento nel campo lavorativo, atteso che
 il  lavoro  si  pone  solo  come  valore-mezzo  (nella  sua  funzione
 sostentatrice), ma anche come valore-fine, in qualita' di  principale
 fondamento   della   dignita'   e  realizzazione  umana.  Cio'  anche
 nell'ottica del superamento degli ostacoli  che  impediscono  a  tali
 cittadini   l'effettiva   partecipazione   all'organizzazione  socio-
 economica e politica del Paese.
    E' pacificamente riconosciuto che l'art. 38, secondo comma,  della
 Costituzione,  relativo  alla  materia  previdenziale, ha una portata
 immediatamente precettiva inter partes: non si tratta  di  una  norma
 programmatica che imponga allo Stato un dovere di attivarsi, ma di un
 precetto  che  crea  in capo ai destinatari finali diritti soggettivi
 perfetti.
    Probabilmente invece in tema di assistenza, dati  anche  gli  ampi
 spazi  di  discrezionalita'  lasciati  al  legislatore  ordinario per
 provvedere ai suoi compiti, gli interessati possono vantare  non  una
 pretesa  dal  contenuto  precisamente  determinato,  ma  un legittimo
 interesse   al   rispetto   e    all'attuazione    delle    direttive
 costituzionali.
    La  situazione  si prospetta pero' diversa allorche' l'ordinamento
 abbia gia' dato concreta realizzazione  al  programma  assistenziale,
 evidenziandosi  in  tal  caso  una pretesa perfetta nei suoi elementi
 costitutivi in capo ai destinatari degli interventi, i quali potranno
 beneficiare degli stessi in seguito  all'esito  positivo  della  mera
 verifica  circa  il  loro  possesso dei requisiti legali da parte dei
 competenti organi. Le leggi attuative del precetto costituzionale, in
 quanto manifestazione, in certo momento  storico,  delle  valutazioni
 discrezionali  del  legislatore  in  ordine alla gerarchia dei valori
 espressi  dall'ordinamento  e  alla   distribuzione   delle   risorse
 finanziarie  disponibili,  non  possono essere censurate alla luce di
 criteri di congruita' ed adeguatezza degli interventi.
    Sembra prestarsi ad essere censurata invece una  legge  successiva
 che  non si limiti a modificare magari a circoscrivere la portata dei
 benefici assistenziali gia' concessi, ma  revochi  gli  stessi  senza
 prevedere   interventi  sostitutivi.  In  questo  caso,  infatti,  la
 disposizione legislativa abrogatrice si  pone  in  contrasto  con  un
 precetto  costituzionale  gia' attuato e concretizzato, andando cosi'
 ad indicare negativamente su  interessi  attuali,  riconosciuti  come
 meritevoli di tutela giuridica.
    Nel  caso  di  specie l'art. 6 della legge n. 508/1988 ha abrogato
 l'art. 17 della legge n. 118/1971 ed ha quindi  soppresso  l'istituto
 dell'assegno  di  accompagnamento a favore dei minori deambulanti non
 completamente invalidi,  che  costituiva  un  modesto  beneficio  per
 agevolare la concreta realizzazione di quei diritti all'istruzione ed
 all'avviamento  professionali  individuati dall'art. 38, terzo comma,
 della Costituzione in capo agli  inabili  e  minorati  e  cio'  senza
 prevedere  provvidenze  equipollenti.  E' vero che la stessa legge fa
 salvo,    con    modifiche,     l'istituto     dell'indennita'     di
 accompagnamento,ma  essa,  da  un  lato,  e' riconosciuta solamente a
 favore  dei  non  deambulanti  colpiti  da  inabilita'  assoluta   e,
 dall'altro,  risponde  a diverse finalita' ed in particolare a quelle
 indicate dall'art. 38, primo comma.
    Lo   stesso   legislatore,    rendendosi    evidentemente    conto
 dell'ingiustificata mancanza di provvidenze a favore di quei soggetti
 nei  cui  confronti,  date  la  invalidita' non completa e la giovane
 eta', l'esigenza di valorizzare ogni  possibilita'  di  reinserimento
 sociale  deve prevalere sull'ottica assistenziale pura e semplice, ha
 introdotto con la legge n. 289 dell'11 ottobre 1990 un'indennita'  di
 frequenza per i minori non totalmente invalidi (argomento dell'art. 3
 che  sancisce  l'incompatibilita'  tra  tale  indennita'  e quella di
 accompagnamento),  per  il  ricorso  a  trattamenti  riabilitativi  o
 terapeutici  (art.  1 punto 1) e per la frequentazione di scuole o di
 centri di formazione o di addestramenti professionali finalizzati  al
 reinserimento  sociale  dei  soggetti stessi (art. 1 punto 3). Questo
 nuovo  istituto  dell'indennita'  di  frequenza  risulta  in  realta'
 sostanzialmente  equivalente,  pur con qualche variante, all'abrogato
 assegno di accompagnamento.
    Risoltosi ormai il problema per il futuro, non perde di  interesse
 per   i   ricorrenti   la   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale, con riferimento al periodo temporale durante il quale
 il beneficio per cui e' causa e' stato revocato.
    3. - Concludendo, si deve ritenere non manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della  legge  21
 novembre  1988,  n. 508. Tale questione, inoltre, appare rilevante ai
 fini della decisione del presente giudizio.
    Il parametro  costituzionale  alla  luce  del  quale  valutare  la
 legittimita'   della   precisata   disposizione,  e'  costituito,  in
 conformita' ed in accoglimento della domanda  dei  ricorrenti,  dalla
 norma prevista dall'art. 38, terzo comma, della Costituzione.
    Non  si  ravvisano  invece profili di illegittimita' per contrasto
 con l'art. 3 della Carta fondamentale e  percio',  in  rigetto  della
 domanda  dei  ricorrenti  limitatamente  a  tale  punto,  si  ritiene
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 del predetto art. 6 con riferimento all'art. 3 della Costituzione.
    Pertanto,  tutto  cio'  ritenuto,  si  solleva dinnanzi alla Corte
 costituzionale, ai sensi degli artt. 1 della legge  costituzionale  9
 febbraio  1949  n.  1  e  23  della  legge  11  marzo 1953, n. 87, la
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6 della  legge  21
 novembre  1988, n. 508 pe contrasto con l'art. 38, terzo comma, della
 Costituzione.
    Il  giudizio  deve essere interrotto in questa sede, con immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ai sensi dell'art.
 23, ultimo comma della legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposto che la
 presente ordinanza venga, a cura  della  cancelleria,  notificata  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ed alle parti costituite e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.