LA CORTE DI APPELLO
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  promossa in
 appello con ricorso depositato il 28 giugno 1991 da Guerra Antonio  e
 Rianna  Adriana, rappresentati e difesi dall'avv. Maria Luisa Mazzega
 per mandato a margine  del  ricorso  ex  art.  742  del  c.p.c.,  con
 domicilio  eletto  nello  studio della stessa in Mestre, via Querini,
 88; reclamanti, con l'intervento del p.g. presso l'intestata Corte.
    Oggetto: Riforma del decreto 13 maggio 1991 del  tribunale  per  i
 minorenni di Venezia; in punto: Revoca adozione minore.
    Causa trattata in camera di consiglio il 20 dicembre 1991.
                           RITENUTO IN FATTO
    Con decreto 13 maggio 1991 il tribunale per i minorenni di Venezia
 respinse  l'istanza  di  revoca dell'adozione legittimante del minore
 Guerra Luca proposta dai genitori adottivi Guerra  Antonio  e  Rianna
 Adriana, i quali avevano fatto presente che il predetto minore si era
 allontanato  dalla  loro  abitazione per andare a vivere con la madre
 naturale Ibba Maria Isabella  e  che  lo  stesso  p.m.  aveva  quindi
 richiesto   che  fosse  formalizzato  l'affidamento  a  quest'ultima,
 osservando che la revoca  dell'azione  ai  sensi  degli  artt.  51  e
 seguenti, legge n. 184/1983, e' prevista solo in ipotesi tassativa.
    Hanno proposto reclamo, con ricorso depositato il 28 giugno 1991 i
 predetti  coniugi  ribadendo  che  il  tribunale,  con  il decreto 17
 dicembre 1990, con il quale aveva  affidato  il  minore  al  servizio
 sociale  ai  sensi  dell'art.  25 l.m. con facolta' di autorizzarlo a
 risiedere presso la madre naturale  aveva  di  fatto  ripristinato  i
 rapporti con questa.
    Successivamente   gli   stessi   hanno   proposto   eccezione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 27 della legge n. 184/1983 in
 quanto non prevede alcuna  possibilita'  di  revoca  del  decreto  di
 adozione.
    Il  p.g.  si  e' associato alla predetta eccezione, sia pure sotto
 diverso profilo.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    L'eccezione non e' manifestamente infondata. E' da premettere  che
 erroneamente  il  tribunale  ha ritenuto astrattamente ammissibile la
 revoca pur respingendo  l'istanza  per  insussistenza  di  una  delle
 ipotesi  tassative  previste dagli artt. 51 e seguenti della legge n.
 184/1983, in quanto nella fattispecie si tratti non gia' di  adozione
 in   casi  particolari,  per  la  quale  e'  prevista  tale  limitata
 possibilita' di revoca, ma di adozione  legittimante,  che  non  puo'
 essere  revocata  per  nessun  motivo. L'adozione legittimante appare
 "immagine" della famiglia  legittima,  nella  quale  non  puo'  certo
 revocarsi  il rapporto di filiazione. Lo status conferito dall'azione
 legittimante o piena  puo'  cessare  solo  per  effetto  di  un'altra
 adozione  piena  (la  quale  presuppone,  naturalmente, che il minore
 venga a trovarsi nuovamente in stato di abbandono).
    Anche chi, in dottrina, ritiene che l'esclusione di ogni forma  di
 revoca  sia  condivisibile,  reputa  tuttavia che una possibilita' di
 controllo, seppur cauto e discreto, da parte  del  tribunale  sarebbe
 stata  forse  auspicabile  in  quanto  incomprensioni,  contrasti dei
 genitori adottivi con l'ambiente circostante, e magari la  tentazione
 di  attribuire  le  difficolta'  del rapporto alla nascita "estranea"
 sono sempre possibili.
    Sul piano del diritto comparato si deve poi osservare che, accanto
 a legislazioni che accolgono la soluzione della  piena  equiparazione
 della  filiazione  adottiva  a quella legittima, come quella francese
 (art. 359 code civil) e quella belga (art. 370 par.  5  code  civil),
 oltre  a  quella  italiana,  ne  esistono altre in cui vige la regola
 opposta in tema di revoca, come quella olandese (art. 231 cod.  civ.)
 e quella tedesca (pas. 1763 B G B).
    Si  puo'  peraltro  rilevare  la sussistenza di un'orientamento di
 ordine  generale  nelle   regolamentazioni   moderne   dell'adozione,
 legittimante o meno, volto a configurare la revoca come uno strumento
 di  protezione  dell'adottato  contro  il  fallimento  del  rapporto,
 utilizzabile principalmente allo scopo di rendere possibile una nuova
 adozione  o  di  ripristinare  legami  familiari  preesistenti.  Tale
 orientamento   si   manifesta   soprattutto  nelle  disposizioni  che
 espressamente limitano la revoca  al  caso  che  essa  sia  richiesta
 dall'interesse  dell'adottato,  come  quella  olandese  e  tedesca da
 ultimo ricordate, ma la realizzazione delle esigenze che vi stanno  a
 base  e'  resa  ugualmente  possibile  dalla  crescente diffusione di
 clausole legislative generali che, anziche' elencare specifiche cause
 legali di dissoluzione del rapporto, subordinano la revoca unicamente
 alla presenza di gravi motivi da valutarsi dal giudice caso per caso.
 Una tale soluzione e' accolta anche dall'art. 13, primo comma,  della
 convenzione  europea  sull'adozione  di  minori  del  24 aprile 1967,
 ratificata il 25 maggio 1976.  Si  potrebbe  profilare  un  contrasto
 della  normativa  italiana  con  tale  convenzione  (ratificata senza
 riserva sul punto) e, sul piano costituzionale, con l'art. 10,  primo
 comma,  della Costituzione giacche', per quanto esposto, l'esclusione
 di ogni possibilita'  di  revoca  sarebbe  contraria  alle  norme  di
 diritto internazionale generalmente riconosciute.
    Il mantenimento, sia pure in ipotesi tassativa, della possibilita'
 di  revoca  delle  ipotesi di adozione in casi particolari sembra poi
 contrastare con  l'art.  3  della  Costituzione,  soprattutto  se  si
 considera  che  l'ipotesi  di  cui  all'art.  44  lettera  C)  non si
 differenzia sostanzialmente da quelle che  danno  luogo  all'adozione
 legittimante  presupponendo  anch'essa  l'accertamento dello stato di
 abbandono   e   la   conseguente   dichiarazione   dello   stato   di
 adottabilita'.
    Come  ha  poi  rilevato  la dottrina, riecheggiata dai reclamanti,
 l'esclusione di  ogni  revoca  a  beneficio  esclusivo  dell'adottato
 (divenuto  capace)  negli  stessi limiti circoscritti adombrati dalla
 convenzione di Strasburgo comporta che la finzione di  "biologicita'"
 della  filiazione  adottiva  sia  spinta  al  di  la'  del necessario
 forzando il dato della equiparazione dello status con effetti che,  a
 ben  vedere,  possono essere contrastanti proprio con l'interesse del
 minore che viene normalmente invocato a favore della scelta  opposta.
 Si   deve,   tra  l'altro,  osservare  che  l'istituto  dell'adozione
 legittimante si giustifica, sotto il profilo costituzionale, in  base
 all'art.  30, secondo comma della Costituzione per il quale "nei casi
 di incapacita' dei genitori, la legge provvede a che siano assolti  i
 loro  compiti". Tale fondamento costituzionale dell'istituto ne segua
 anche il limite nel senso che ove ricorrano  gravi  motivi  quale  il
 fallimento   dell'adozione,  che  costituisce  ovviamente  il  motivo
 fondamentale, e, quale motivo  subordinato,  la  possibilita'  di  un
 ripristino dei rapporti con i genitori naturali, non vi e' motivo per
 escludere  la  revoca,  la cui esclusione appare contrastante sia con
 l'interesse dell'adottato sia con ogni criterio di ragionevolezza.