LA CORTE DI APPELLO Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento n. 813/88 r.g. app. nei confronti di Sarti Ernesto, imputato del delitto di cui all'art. 50, primo comma, del d.P.R. n. 633/1972 per essersi sottratto al pagamento di L. 237.880.906 per I.V.A. dovuta relativamente all'anno 1976; condizione di procedibilita' verificatasi in data 27 luglio 1984, essendo l'accertamento d'imposta divenuto definitivo nella misura risultante dalla dichiarazione annuale a seguito di mancata impugnazione della decisione della commissione tributaria di primo grado da parte dell'ufficio I.V.A. Premesso in fatto che nel corso di una indagine penale cui Sarti Ernesto era stato sottoposto per reati valutari veniva acquisita documentazione sulla base della quale l'Ufficio Iva di Bologna elevava avviso di accertamento a carico del medesimo Sarti quantificando una evasione di imposta nella misura di L. 237.880.906; che avverso tale accertamento il Sarti proponeva ricorso alla commissione tributaria di Bologna che, con decisione 25 ottobre 1983, annullava il predetto accertamento sul presupposto dell'illegittima acquisizione della documentazione di cui sopra in quanto asseritamente avvenuta in violazione dell'art. 52 del d.P.R. n. 633/1972; che la menzionata decisione della commissione tributaria non veniva impugnata dall'ufficio e diveniva, cosi', definitiva; che il Sarti, tratto a giudizio avanti al tribunale di Bologna per rispondere del delitto specificato in epigrafe, con sentenza 15 febbraio 1988 veniva prosciolto "per improcedibilita' dell'azione penale" per non essersi realizzata la condizione di cui all'art. 58, ultimo comma, del d.P.R. n. 633/1972; che avverso tale sentenza proponeva appello il procuratore della Repubblica il quale chiedeva, nel merito, la riforma della sentenza impugnata dovendosi ritenere procedibile l'azione penale e, in via subordinata, che venisse sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 58, ultimo comma, del d.P.R. n. 633/1972 con riferimento all'art. 50, primo comma, stesso decreto, per violazione degli artt. 101, secondo comma, e 112 della Costituzione; O S S E R V A L'appello del p.m. e' sicuramente fondato poiche' un accertamento con carattere di definitivita' e' stato comunque raggiunto e a nulla rileva che esso si identifichi negli stessi termini denunciati dal contribuente. Va, quindi, ritenuta errata la contraria affermazione del tribunale secondo la quale l'accertamento di cui all'art. 58 citato "dovrebbe risolversi - esclusivamente - in una determinazione autonoma, da parte dell'ufficio, dell'imposta dovuta". Di conseguenza, ritenendosi verificata la condizione di procedibilita', a questa corte incombe di passare all'esame del merito ricorrendo alla rinnovazione del dibattimento, giusta il disposto dell'art. 522, ultimo comma, del c.p.p./1930. A questo punto, tuttavia, occorre rilevare che l'operato del giudice penale incontra il limite costituito dalla norma dell'art. 58, ultimo comma, del d.P.R. n. 633/1972 in forza della quale l'accertamento effettuato in sede tributaria e divenuto definitivo fa stato nel processo penale. Tale limite configura, in primo luogo, una irragionevole disparita' di trattamento tra imputati per reati comuni e per reati fiscali, ed inoltre si pone in sostanziale contrasto con il principio di obbligatorita' dell'azione penale, di fatto condizionata da determinazioni dell'autorita' amministrativa. Appare, pertanto, non manifestamente infondata - analogamente a quanto gia' deciso in materia di imposte dirette con sentenza n. 258/1991 della Corte costituzionale - la questione di costituzionalita'della norma di cui all'art. 58, ultimo comma, del d.P.R. n. 633/1972 in relazione all'art. 50, primo comma, stesso d.P.R., per violazione degli artt. 3 e 112 della Costituzione.