ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli  artt.  3,  quinto comma, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n.
 726  (Misure  urgenti  a  sostegno  e  ad  incremento   dei   livelli
 occupazionali),   convertito,   con  modificazioni,  nella  legge  18
 dicembre (recte: 19 dicembre) 1984, n. 863, e  1  del  D.L.C.P.S.  13
 settembre  1946,  n.  303  (Conservazione  del  posto  ai  lavoratori
 chiamati alle armi per servizio di leva), nonche' dell'art. 3,  primo
 comma,  dello  stesso  decreto-legge n. 726 del 1984 (convertito, con
 modificazioni, nella citata legge n.  863  del  1984),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  18  giugno  1992  dal  Pretore  di  Forli' nel
 procedimento  civile  vertente  tra Treossi Daniele e "Brema s.r.l.",
 iscritta al n. 402 del registro ordinanze del 1992 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  35,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 27  gennaio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Pretore  di  Forli',  con ordinanza del 18 giugno 1992,
 emessa nel procedimento civile vertente tra Treossi Daniele e  "Brema
 s.r.l.",  ha  sollevato,  in riferimento agli artt. 3, primo comma, e
 52, secondo comma,  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  del  combinato  disposto degli artt. 3, quinto comma,
 del  decreto-legge  30  ottobre  1984,  n.   726,   convertito,   con
 modificazioni,  in  legge  18 dicembre (recte : 19 dicembre) 1984, n.
 863, e 1 del D.L.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 303, nella parte in cui
 non prevedono  la  proroga  automatica  del  termine  apposto  ad  un
 contratto  di formazione e lavoro in caso di sopravvenuta sospensione
 del rapporto per chiamata al servizio di leva del lavoratore,  e  per
 il  periodo  corrispondente  alla  sospensione,  nonche' dell'art. 3,
 primo comma, del citato decreto-legge n. 726  del  1984,  convertito,
 con modificazioni, nella citata legge n. 863 del 1984, nella parte in
 cui non prevede, nella ipotesi sopra descritta, la proroga automatica
 del  termine inizialmente apposto, per il periodo corrispondente alla
 sospensione, oltre  quello  massimo  di  24  mesi,  salva  diversa  e
 congiunta volonta' delle parti.
    Osserva  il giudice a quo che il contratto di formazione e lavoro,
 come contratto di lavoro speciale, ha una causa mista, connotata  non
 solo  dallo  scambio  di  prestazione e retribuzione, ma anche da una
 finalita' formativa, che  da  un  lato  postulerebbe,  nell'interesse
 delle  parti,  la  previsione  di  una  durata non eccedente un certo
 limite, dall'altro non potrebbe essere pregiudicata senza  ragione  -
 avuto riguardo al termine in concreto pattuito dalle parti - da fatti
 sopravvenuti, indipendenti dalla volonta' di quelli, che in radice ne
 precludano   il   raggiungimento.   In  sostanza,  nel  contratto  in
 questione, il sinallagma contrattuale  non  si  esaurirebbe  in  mero
 scambio   di   prestazione   e   retribuzione,  ma  -  assumendo  una
 connotazione dinamico-finalistica proiettata  nel  futuro  -  darebbe
 luogo   ad   una  speciale  posizione  di  lavoro,  intesa  sia  come
 prospettiva  di  realizzazione  del  programma  concordato  sia  come
 diritto alla conservazione del posto, funzionale a quell'obiettivo.
    Pertanto la mera sospensione del rapporto ex art. 1 del D.L.C.P.S.
 n.  303  del 1946 (applicabile - per il richiamo operato dall'art. 3,
 quinto comma, del decreto-legge n. 726 del  1984  -  in  luogo  della
 proroga  automatica  del  termine  per il periodo corrispondente alla
 sospensione) e il limite inderogabile di 24 mesi di cui  all'art.  3,
 primo  comma,  del  decreto-legge  n. 726 del 1984 (nella fattispecie
 pattuito per intero) determinerebbero, secondo il giudice rimettente,
 un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  lavoratori  che,
 assunti  del  pari  con  contratto di formazione e lavoro, potrebbero
 utilmente perseguire la programmata  finalita'  formativa,  ed  altri
 che,  come  il  ricorrente, si vedrebbero precluso il risultato della
 sopravvenienza di cogenti cause sospensive, tali da rendere in radice
 impossibile il raggiungimento dello scopo.
    2.  -  Intervenuta  in  rappresentanza e difesa del Presidente del
 Consiglio  dei  ministri,  l'Avvocatura  dello  Stato   insiste   per
 l'infondatezza,  rilevando  che  la lettura fornita dal giudice a quo
 dell'art. 3, primo comma, del decreto-legge n. 726 del 1984 - per cui
 il termine massimo di durata del contratto  di  formazione  e  lavoro
 sarebbe  in  ogni  caso non superabile - non puo' condividersi, anche
 perche', secondo la giurisprudenza  prevalente,  la  prestazione  del
 servizio  militare  di  leva  comporta  sospensione  del contratto di
 formazione e lavoro e quindi differimento del  termine  di  scadenza.
 Sarebbe    quest'ultima   interpretazione,   oltre   che   pienamente
 giustificata dal testo della  norma  impugnata,  anche  da  preferire
 riuscendo  a  far escludere il contrasto con i parametri indicati dal
 giudice rimettente.
                        Considerato in diritto
    1. - La presente questione, prospettata alla Corte dal Pretore  di
 Forli',  investe  -  in  riferimento agli artt. 3, primo comma, e 52,
 secondo comma, della Costituzione - da un lato, il combinato disposto
 degli artt. 3, quinto comma, del decreto-legge 30  ottobre  1984,  n.
 726   (Misure   urgenti  a  sostegno  e  ad  incremento  dei  livelli
 occupazionali),  convertito,  con  modificazioni,  nella   legge   19
 dicembre  1984, n. 863, e 1, del D.L.C.P.S. 13 settembre 1946, n. 303
 (Conservazione  del  posto  ai  lavoratori  chiamati  alle  armi  per
 servizio  di  leva);  dall'altro,  l'art.  3, primo comma, del citato
 decreto-legge n. 726 del 1984 (convertito, con  modificazioni,  nella
 citata  legge  n. 863 del 1984). Costituiscono, precisamente, oggetto
 di censura le norme suddette laddove: a) non e' prevista  la  proroga
 automatica  del  termine  apposto  ad  un  contratto  di formazione e
 lavoro, in caso di sopravvenuta sospensione del rapporto per chiamata
 al servizio di leva del lavoratore, e per il  periodo  corrispondente
 alla  sospensione (art. 3, quinto comma, del decreto-legge n. 726 del
 1984 e art. 1 del D.L.C.P.S. n. 303 del 1946);  b)  non  e'  prevista
 detta proroga oltre il termine massimo di 24 mesi, salva la diversa e
 congiunta  volonta'  delle  parti  (art.  3,  primo comma, del citato
 decreto-legge n. 726 del 1984).
    L'illegittimita' costituzionale delle  anzidette  disposizioni  di
 legge  e'  sostanzialmente  dedotta,  in  riferimento all'art. 3, per
 l'ingiustificata disparita' di  trattamento  che,  nel  contratto  di
 formazione  e  lavoro, si determinerebbe a danno di alcuni lavoratori
 che, per assolvere l'obbligo  di  leva,  non  possono  conseguire  la
 finalita'  formativa  del  contratto;  in  riferimento  all'art.  52,
 secondo  comma,  della  Costituzione,  per  il  pregiudizio  che   la
 decorrenza  del termine e la sua improrogabilita' arrecherebbero alla
 posizione del lavoratore chiamato al servizio di leva.
    2. - La questione non e' fondata.
    Nel  contratto  di  formazione  e  lavoro,  previsto  dalla  norma
 impugnata,  lo schema causale, rispetto al tipico contratto di lavoro
 subordinato, risultando arricchito dall'elemento della formazione che
 si intreccia col momento  lavorativo,  assume  una  connotazione  del
 tutto peculiare.
    In  tale  logica  l'apposizione del termine appare funzionale alle
 finalita' negoziali proprio in quanto la mera prestazione  lavorativa
 non  esaurisce  i  contenuti  sinallagmatici  del  contratto.  Questi
 ultimi,  infatti,  si  completano  attraverso  l'acquisizione  di  un
 bagaglio  tecnico che postula un necessario periodo di apprendimento.
 Pertanto,  qualora  fatti  estranei   alla   volonta'   delle   parti
 impediscano di conseguire nel termine previsto la suddetta finalita',
 non deve considerarsi esaurita la funzione del contratto.
    Non  appare  quindi  condivisibile la tesi del giudice rimettente,
 secondo cui mai sarebbe superabile il termine massimo di  durata  del
 contratto  di  formazione  e lavoro, dovendosi al contrario ammettere
 che il termine in parola possa essere sospeso e differito in tutti  i
 casi  in  cui  si verifichino fatti - oggettivamente impeditivi della
 formazione professionale - che, mentre non  producono  un  automatico
 effetto  estintivo del rapporto, ne devono consentire la proroga, per
 un periodo pari a quello della sospensione, ai fini del completamento
 della formazione.
    Peraltro  i  suddetti  fatti  non  si  qualificano  soltanto  come
 oggettivamente  impeditivi,  ma  anche in quanto rilevanti ai fini di
 specifiche garanzie accordate nell'ambito del rapporto di  lavoro  da
 normative  di  ampia  e  mirata tutela, onde non v'e' ragione per non
 ricomprendervi a fortiori - accanto ad ipotesi come la  malattia,  la
 gravidanza  e  il  puerperio,  per le quali la giurisprudenza ha gia'
 ammesso l'effetto in parola - anche il caso del servizio militare  di
 leva.