ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 19, commi 7, 8 e 9, della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1984, n. 54 (Norme per l'assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), promosso con ordinanza emessa il 21 agosto 1992 dal Pretore di Brindisi nel procedimento civile vertente tra Ruggiero Ugo ed il Comune di Brindisi, iscritta al n. 706 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 47, prima serie speciale, dell'anno 1992; Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1993 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello; Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza del 21 agosto 1992 il Pretore di Brindisi ha sollevato, in riferimento agli artt. 108 e 117 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 19, commi 7, 8 e 9, della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1984 n. 54 (Norme per l'assegnazione e la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica), che, disponendo in materia di decadenza dall'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica, prevede il ricorso al pretore avverso i relativi provvedimenti amministrativi. Le norme impugnate, ad avviso del giudice a quo, avrebbero regolato una materia non compresa tra quelle attribuite alla competenza regionale e riservata invece alla legge statale, cosi' violando i parametri costituzionali invocati. Non si sono costituite in giudizio le parti, ne' ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri. Considerato in diritto Il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 19, commi 7, 8 e 9 della legge della Regione Puglia 20 dicembre 1984 n. 54, che dispone il ricorso al Pretore avverso il provvedimento di decadenza dall'assegnazione di alloggio di edilizia residenziale pubblica adottato dal Sindaco in determinati casi e prevede la facolta' del Pretore adito di sospendere l'esecuzione del provvedimento impugnato; l'illegittimita' costituzionale delle norme impugnate deriverebbe dalla violazione degli artt. 108 e 177 della Costituzione. Le questioni sono fondate. Secondo la costante giurisprudenza costituzionale le norme che, come quelle impugnate, prevedono rimedi giurisdizionali o dispongono in ordine a poteri o facolta' dell'autorita' giudiziaria, in quanto aventi natura strettamente processuale sono riservate dall'art. 108 della Costituzione alla esclusiva competenza del legislatore statale ed esulano pertanto dalle materie che l'art. 117 della Costituzione affida alla competenza delle Regioni (v. ex plurimis sentenze nn. 113 del 1993, 505 e 489 del 1991, 594 del 1990, 727 del 1988, 81 del 1976). La violazione dei suddetti parametri costituzionali non potrebbe nemmeno essere esclusa sulla base del rilievo che le norme regionali impugnate hanno riprodotto la normativa statale contenuta nell'art. 11, commi 13, 14 e 15 del d.P.R. 30 dicembre 1972 n. 1035 (la cui applicabilita', nella specie, spetta al giudice a quo di verificare), essendo in ogni caso preclusa alle regioni la possibilita' di emanare leggi in materie soggette a riserva di legge statale, perche' cio' comporterebbe un'indebita novazione della fonte con la forza e le conseguenze che ne derivano (sentenze nn. 615 e 203 del 1987, 128 del 1963).