LA CORTE DI APPELLO
    Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  civile
 iscritto  al n. 1125 r.g. 1987, promossa da Fresia Elsa, residente in
 Savona, rappresentata e difesa  dal  proc.  avv.  Francesco  Massa  e
 presso  di  lui  elettivamente  domiciliato  in  Genova, via Corsica,
 21/20, attrice in opposizione, e nei confronti del comune di  Savona,
 in  persona  del  sindaco in carica, rappresentato e difeso dal proc.
 avv. Luigi Fante e presso di lui elettivamente domiciliato in Genova,
 corso A. Podesta', 5B/1, convenuto in opposizione;
    Letti gli atti;
    Udito il relatore;
    Premesso che con atto di citazione notificato in data  21  ottobre
 1987  Fresia  Elsa ha convenuto in giudizio davanti a questa corte di
 appello  il  comune  di  Savona,  proponendo  opposizione,  a   norma
 dell'art.  19  della  legge  22  ottobre  1971,  n.  865,  avverso la
 determinazione, effettuata dalla competente  commissione  provinciale
 in   L.   118.560.000,   dell'indennita'   dovuta   all'attrice   per
 l'espropriazione degli immobili di sua proprieta', siti in territorio
 del comune di Savona e rappresentati dalle  particelle  catastali  n.
 599  e  600 nel foglio 67 del n.c.t., della superficie complessiva di
 mq 7410, disposta con decreto del presidente della giunta provinciale
 di Savona 18 ottobre 1986, n. 24430;
      che il comune di Savona si e' costituito in giudizio  resistendo
 alla domanda di Fresia Elsa e chiedendone la reiezione;
      che  nel corso del giudizio e' stata disposta consulenza tecnica
 estimativa, volta  ad  accertare,  ove  risulti  la  destinazione  ad
 edificazione  dei beni espropriati, "il giusto prezzo dell'intero im-
 mobile  al  libero  mercato  alla  data  del  decreto  di  esproprio"
 nell'ipotesi   di  espropriazione  totale,  ovvero,  nell'ipotesi  di
 espropriazione  parziale,  "la  differenza  fra  il   giusto   prezzo
 dell'intero  immobile prima dell'occupazione e il giusto prezzo della
 parte residua dopo l'occupazione", secondo  i  criteri  di  cui  agli
 artt.  39  e  40  della  legge  25  giugno  1865,  n.  2359, ritenuti
 applicabili (secondo costante giurisprudenza) per le aree a vocazione
 edificatoria, in virtu' del loro carattere generale in  seguito  alla
 caducazione  dei  criteri  derogatori  fissati dalle successive norme
 dichiarate costituzionalmente illegittime con le sentenze della Corte
 costituzionale n. 5/1980 e n. 223/1983;
      che  in  esito  alle indagini esperite il c.t.u. ha accertato la
 destinazione   edificatoria   delle   entita'   immobiliari   oggetto
 dell'espropriazione e ne ha determinato il valore in L. 821.900.000;
      che  nell'intervallo  di tempo intercorrente tra la precisazione
 delle conclusioni e l'udienza collegiale e' entrato in vigore  l'art.
 5-  bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, il cui contenuto normativo
 assume la rilevanza dello jus superveniens ai  fini  della  decisione
 della  causa,  e  in  ordine  al  quale  peraltro sono state peraltro
 sollevate dall'attrice in  opposizione  eccezioni  di  illegittimita'
 costituzionale;
                             O S S E R V A
    1.  -  L'art.  5-  bis della legge 8 agosto 1992, n. 359, dispone:
 "(I) Fino all'emanazione  di  un'organica  disciplina  per  tutte  le
 espropriazioni  preordinate  alla realizzazione di opere o interventi
 da parte o per conto dello Stato, delle regioni, delle province,  dei
 comuni,  e degli altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non
 territoriali, o comunque preordinate alla realizzazione  di  opere  o
 interventi   dichiarati   di   pubblica   utilita',  l'indennita'  di
 espropriazione  per  le  aree  edificabili  e'  determinata  a  norma
 dell'art.  13,  terzo  comma,  della  legge 15 gennaio 1885, n. 2892,
 sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio  il
 reddito  dominicale rivalutato di cui agli artt. 24 e segg. del testo
 unico delle imposte sui redditi, approvato  con  d.P.R.  22  dicembre
 1986,  n.  917.  L'importo  cosi'  determinato  e' ridotto del 40 per
 cento. (II) In ogni fase del procedimento espropriativo  il  soggetto
 espropriato  puo'  convenire  la cessione volontaria del bene. In tal
 caso non si applica la riduzione di cui al comma primo. (III) Per  la
 valutazione  della edificabilita' delle aree si devono considerare le
 possibilita' legali ed effettive di edificazione esistenti al momento
 dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio. (IV)  Per  le
 aree  agricole  e  per quelle che, ai sensi del comma terzo, non sono
 classificabili come edificabili, si applicano  le  norme  di  cui  al
 titolo  secondo  della  legge  22  ottobre  1971, n. 865 e successive
 modificazioni e integrazioni. (V)  Con  regolamento  da  emanare  con
 decreto  del Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 17 della
 legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti i criteri e  i  requisiti
 per  l'individuazione  dell'edificabilita'  di  fatto di cui al comma
 terzo. (VI) Le disposizioni di cui al presente articolo in materia di
 determinazione dell'indennita' di espropriazione non ai applicano  ai
 procedimenti  per  i  quali l'indennita' predetta sia stata accettata
 dalle parti o sia divenuta non impugnabile o sia stata  definita  con
 sentenza  passata  in  giudicato alla data di entrata in vigore della
 legge di conversione del presente decreto. (VII) Nella determinazione
 dell'indennita' di espropriazione per  i  procedimenti  in  corso  si
 applicano le disposizioni di cui al presente articolo".
    2.  -  Non  e'  manifestamente  infondato  il  dubbio  prospettato
 dall'attrice in opposizione  circa  la  compatibilita'  del  criterio
 valutativo  dettato  dal  primo  comma dell'art. 5- bis della legge 8
 agosto 1992, n. 359, con  il  principio  enunciato  dal  terzo  comma
 dell'art.  42  della  Costituzione secondo cui "la proprieta' privata
 puo' essere nei  casi  previsti  dalla  legge,  e  salvo  indennizzo,
 espropriata    per   motivi   d'interesse   generale".   Il   dettato
 costituzionale  e'  stato  interpretato  e  precisato   dalla   Corte
 costituzionale nel senso che "l'indennizzo assicurato all'espropriato
 dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, se non deve costituire
 una  integrale  riparazione per la perdita subita - in quanto occorre
 coordinare il  diritto  del  privato  con  l'interesse  generale  che
 l'espropriazione  mira a ralizzare - non puo' essere tuttavia fissato
 in una misura irrisoria o meramente simbolica ma  deve  rappresentare
 un  serio  ristoro" e che "perche' cio' possa realizzarsi occorre far
 riferimento, per la determinazione  dell'indennizzo,  al  valore  del
 bene  in  relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatte palesi
 dalla potenziale utilizzazione economica di esso"  perche'  "solo  in
 tal  modo  puo'  assicurarsi  la  congruita'  del  ristoro  spettante
 all'espropriato  ed  evitare  che  esso  sia  meramente  apparente  o
 irrisorio  rispetto al valore del bene", "onde" per le aree destinate
 all'edificazione, in quanto poste  in  zone  gia'  interessate  dallo
 sviluppo  edilizio,  deve ritenersi essenziale tale destinazione e di
 essa  occorre  tener  conto   della   determinazione   della   misura
 dell'indennita'   di  espropriazione.  Non  sembra  che  le  riferite
 indicazioni trovino adeguata attuazione nella norma in  esame,  nella
 quale  l'incidenza  del  valore  effettivo  del  cespite,  come  tale
 sensibile alla potenziale  utilizzazione  edificatoria  di  esso,  e'
 ridotta alla meta' matematica nell'ambito del procedimento valutativo
 dell'indennita',  restando  per  la  residua  meta' la determinazione
 dell'indennita' affidata ad elementi del tutto estranei alla  valenza
 economica  di  una  realta' edificatoria, quantitativamente poco piu'
 che simbolici, e bene spesso anche azzerati per  espressa  previsione
 di  legge,  dovendosi  ricordare  al  riguardo che l'art. 24 del t.u.
 delle  imposte  sui  redditi,  approvato  con  d.P.R.  n.   917/1986,
 modificato  con  art.  23  della  legge  30  dicembre  1991,  n. 413,
 stabilisce che "il  reddito  dominicale  e'  costituito  dalla  parte
 dominicale   del  reddito  medio  ordinario  ritraibile  dal  terreno
 attraverso l'esercizio delle attivita' agricole di cui all'art. 29" e
 che "non si considerano produttivi di reddito  dominicale  i  terreni
 che  costituiscono  pertinenze  di  fabbricati urbani, quelli dati in
 affitto per usi non agricoli nonche' quelli produttivi di reddito  di
 impresa di cui alla lett. c) del secondo comma dell'art. 51".
    In  misura  altrettanto  pesante  il principio di adeguatezza e di
 congruita' dell'indennizzo,  implicito  nel  disposto  dell'art.  42,
 terzo  comma,  della  Costituzione  e  come  sopra sviluppato nel suo
 contenuto  dal  giudice   delle   leggi,   appare   vulnerato   dalla
 decurtazione  in  misura  del 40% che introduce un elemento riduttivo
 del  tutto  astratto,  svincolato  da  ogni  riferimento  a  esigenze
 correttive   specificamente  apprezzabili,  non  ancorato  ad  alcuna
 giustificazione   razionale   nella   sua   particolarmente   elevata
 dimensione   quantitativa,   e   traducentesi   in  concreto  in  una
 diminuzione  dell'indennita'  che  va  ben  oltre  quel  margine   di
 discrasia,   tra   il   "serio   ristoro"   dovuto   a   chi  subisce
 l'espropriazione ed il pieno "valore vanela"  del  bene  espropriato,
 che  la Corte costituzionale ha riconosciuto congruente con la natura
 dell'istituto dell'espropriazione. E' agevole infatti constatare  che
 l'indennita'  di  espropriazione, calcolata in conformita' ai criteri
 di cui all'art. 5- bis della legge 8 agosto 1992, n. 359,  si  riduce
 in pratica a circa un terzo del valore reale del bene.
    3.  -  Non  infondatamente viene inoltre dedotta la illegittimita'
 costituzionale del settimo comma  dell'art.  5-  bis  della  legge  8
 agosto  1992,  n.  359, che prevede la immediata applicabilita' della
 nuova disposizione ai procedimenti in corso.  Il  problema  esige  di
 essere ampliato con riferimento alle previsioni del secondo comma che
 esclude dalla riduzione del 40% le fattispecie di cessione volontaria
 del  bene,  e  del  sesto  comma, che esclude dall'applicazione della
 nuova normativa i casi di avvenuta accettazione  dell'indennita',  di
 conseguita  inoppugnabilita'  della  determinazione  di  essa,  e  di
 accertamento giudiziale con efficacia di guidicato.
    Sotto  un  primo  profilo,  non  si  puo'  non  osservare  che  la
 disparita'  del  trattamento  introdotta tra chi ecceda alla cessione
 volontaria  del   bene   (ritenendosi   soddisfatto   del   risultato
 conseguibile  in  via  convenzionale)  e  chi  invece  intenda  adire
 l'autorita' giudiziaria a tutela del proprio  diritto  alla  "giusta"
 indennita',   a   danno   di   quest'ultimo,  rappresenta  una  grave
 precostituita penalizzazione che si traduce in buona sostanza  in  un
 ostacolo all'esercizio di un diritto soggettivo, che non trova alcuna
 giustificazione  razionale,  e  che  appare in definitiva rispondente
 all'unico scopo di  creare  un  deterrente  alla  proposizione  della
 domanda di accertamento giudiziale dell'indennita', operante mediante
 il  meccanismo  psicologico della consapevolezza, nell'attore, che il
 "prezzo" del riconoscimento del proprio diritto sara'  costituito  da
 una  riduzione  automatica, di notevole entita', della sua dimensione
 pecuniaria;  per  contro,  ne  risulta  collocato  in  posizione   di
 altrettanto  ingiustificato  vantaggio  l'ente espropriante il quale,
 nel conflitto di interessi che lo  contrappone  al  proprietario  del
 bene destinato ad espropriazione, ha la possibilita' di determinarsi,
 in  sede di offerta dell'indennita', tenendo conto degli elementi che
 potranno   verosimilmente    condizionare    l'atteggiamento    della
 controparte,  riducendo la determinazione unilaterale dell'indennita'
 in funzione di un limite di convenienza, prescindendo da un parametro
 di giusta valutazione. Ne consegue una grave limitazione al principio
 espresso nell'art. 24, primo comma, della  Costituzione  secondo  cui
 tutti  possono  agire  in giudizio per la tutela dei propri diritti e
 interessi legittimi. E il trattamento deteriore riservato a chi siasi
 avvalso dei mezzi di tutela giurisdizionale predisposti dalla  legge,
 con cio' esercitando un diritto costituzionalmente garantito, risulta
 caratterizzato  da  particolare  gravita'  nei  casi  in cui la nuova
 normativa venga applicata, come prevede il  settimo  comma  dell'art.
 5-bis,   ai  giudizi  pendenti,  aventi  ad  oggetto  la  valutazione
 dell'idennita' relativa a espropriazione gia' intervenuta, in  quanto
 in  siffatte  ipotesi  la retroattivita' della nuova normativa (in se
 stessa   astrattamente   non   confliggente   con   alcun   principio
 costituzionale)  comporta  l'applicazione  dell'effetto riduttivo dei
 nuovi criteri valutativi con incidenza su  un  diritto  acquisito  in
 quanto  risalente a un momento genetico anteriore - coincidente, come
 e' noto, con l'emanazione del provvedimento  ablatorio  -  ponendo  a
 carico  dell'attore  in  opposizione  le  conseguenze derivanti dalle
 situazioni del tutto estrinseche e occasionali (e  comunque  estranee
 al  contenuto  sostanziale  del  diritto)  inerenti  alla  durata del
 processo. Le considerazioni suesposte pongono  altresi'  in  evidenza
 una  problematica  di  compatibilita' con il principio di uguaglianza
 sancito nell'art.  3  della  Costituzione,  in  quanto  conducono  ad
 intravvedere    diversita'   di   trattamento   tra   posizioni   non
 caratterizzate  da  estremi  differenziali  idonei   a   giustificare
 razionalmente   tale   diversita':  si  consideri,  al  riguardo,  il
 raffronto  tra  le  posizioni  di diversi soggetti che, avendo subito
 l'espropriazione sotto l'impero delle norme precedentemente in vigore
 e avendo proposto tempestiva opposizione, siano  stati  coinvolti  in
 vicende  processuali  di  diversa  durata;  si  consideri, ancora, il
 raffronto tra la posizione di chi al momento dell'entrata  in  vigore
 delle  nuove  norme  abbia gia' subito l'esproprio e non possa quindi
 piu' convenire la cessione volontaria del bene, e quella di chi,  non
 essendo ancora stato emesso un provvedimento ablatorio, puo' accedere
 alla cessione volontaria senza subire la riduzione del 40%.
    4.  - Ed infine, merita di essere sottoposta al vaglio del giudice
 delle  leggi  anche   la   questione   relativa   alla   legittimita'
 costituzionale del quinto comma dell'art. 5-bis, il quale rinvia a un
 regolamento,  da emanarsi con decreto ministeriale, della definizione
 dei  criteri  e   dei   requisiti   per   la   individuazione   della
 edificabilita'  di  cui  al  terzo  comma: la previsione normativa in
 esame puo'  essere  fondatamente  sospettata  di  incostituzionalita'
 sotto  due  aspetti:  per conflitto con l'art. 42, terzo comma, della
 Costituzione, perche' la riserva di legge ivi  contenuta  non  sembra
 rispettata  da  una  norma  la  quale,  autorizzando (legittimamente)
 l'esercizio di una  potesta'  regolamentare  ministeriale,  prescinde
 peraltro  da qualsiasi indicazione dei principi direttivi ai quali il
 potere esecutivo deve uniformarsi, e lascia invece  al  Ministro  una
 assoluta   discrezionalita'  nella  classificazione  delle  aree  che
 costituisce il presupposto dell'applicazione dei  criteri  estimativi
 che  possono  essere dettati solo per legge; e per conflitto, ancora,
 con gli artt. 42 e 24 della Costituzione, per la mancata  prefissione
 di  un  limite  di  tempo  entro  il quale il detto regolamento debba
 essere emanato, e cio'  con  effetto  illimitatamente  dilatorio  del
 concreto soddisfacimento del diritto all'indennita'.