ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 8 del decreto del Ministro di grazia e giustizia 24 novembre 1990, n. 392 (Regolamento recante approvazione della delibera del Consiglio nazionale forense in data 30 marzo 1990, che stabilisce i criteri per la determinazione degli onorari, dei diritti e delle indennita' spettanti agli avvocati e ai procuratori per le prestazioni giudiziali in materia civile e penale e stragiudiziali), promosso con ordinanza emessa il 4 gennaio 1993 dal giudice conciliatore di Roma nel procedimento civile vertente tra la U.S.L. RM/33 e la S.r.l. Biomedical, iscritta al n. 170 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1993; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 7 luglio 1993 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che, con ordinanza del 4 gennaio 1993, il giudice conciliatore di Roma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 del decreto del Ministro di grazia e giustizia 24 novembre 1990, n. 392, "la' dove prevede che al procuratore spetti la meta' degli onorari di avvocato"; che, ad avviso del remittente, la norma viola, da un lato, l'art. 35, primo comma, della Costituzione, in quanto prevede "la tutela dimezzata del lavoro del procuratore rispetto all'eguale lavoro di un avvocato", e, dall'altro, l'art. 36, primo comma, della Costituzione, poiche' non garantisce al procuratore una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro effettivamente svolto; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, concludendo per l'inammissibilita' (essendo la norma impugnata priva di forza di legge), o, in subordine, per l'infondatezza della questione; Considerato che la norma impugnata e' contenuta in un decreto ministeriale, vale a dire in un atto evidentemente privo di forza di legge e percio' sottratto al sindacato di questa Corte; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;