IL TRIBUNALE MILITARE DI SORVEGLIANZA
    Ha  pronunciato,  all'udienza  del  24  maggio  1994,  la seguente
 ordinanza.
    Il  detenuto  Tonelo  Giampaolo, nato a Milano il 24 luglio 1966 e
 residente a Menaggio in via Regina n.  11,  si  trova  ristretto  nel
 carcere  militare di Peschiera del Garga in espiazione della condanna
 ad anni tre e mesi otto di reclusione inflittagli dal  g.i.p.  presso
 il  tribunale  di Monza con sentenza in data 17 dicembre 1992, per il
 reato di detenzione di sostanze stupefacenti.
    Con provvedimento in  data  9  marzo  1994  il  g.i.p.  presso  il
 tribunale  di  Monza,  competente  per l'esecuzione, ha sostituito la
 reclusione con la reclusione militare  per  eguale  durata  in  forza
 dell'art.  63,  n.  3,  del  c.p.m.p.,  poiche'  il  detenuto risulta
 militare in servizo permanente e la condanna  riportata  non  importa
 l'interdizione perpetua dai pubblici uffici (v. f. 9).
    Con  istanza  in  data  28  marzo 1994 il detenuto chiede a questo
 tribunale militare di sorveglianza di  essere  ammesso  al  beneficio
 dell'affidamento in prova al servizio sociale.
    In  ordine  al  preliminare punto della competenza a conoscere del
 procedimento in questione si osserva che  sulla  base  della  vigente
 normativa tale competenza risulta assegnata a questo tribunale.
    Se  infatti,  estraneo alla vicenda appare l'art. 4 della legge 29
 aprile 1983, n. 167, che espressamente demanda al Tribunale  militare
 di  sorveglianza  la competenza sulle domande di affidamento in prova
 del condannato dall'autorita' giudiziaria militare (cfr. art. 1 della
 legge medesima), va rilevato che tale norma non esaurisce la sfera di
 competenza del tribunale in ordine ad altra tipologia di  affidamento
 in  prova,  segnatamente  quella  di  cui  all'art. 47 della legge n.
 354/1975.
    Cio'  si  ricava  dall'art.  4  della  legge  n.  180/1981,  quale
 introdotto  dall'art. 2 del d.l. 27 ottobre 1986, n. 700, convertito
 in legge 23 dicembre 1986, n. 897. Il terzo comma  di  tale  articolo
 stabilisce  che  "per  le  funzioni  e  provvedimenti  del  tribunale
 militare di sorveglianza" si osservino  "in  quanto  applicabili"  le
 disposizioni  dell'art.  70  della  legge  n. 354/1975, relativo alle
 competenze del tribunale  di  sorveglianza  ordinario.  La  norma  e'
 espressa  indubiamente  in forma sincopata, giacche' una attribuzione
 di competenza, di per se', non puo' operare "in quanto  applicabile";
 tale  limite  e'  plausibilmente  riferito alla normativa sostanziale
 relativa  al  settore  di  intervento  del  tribunale   militare   di
 sorveglianza, che, espressamente, non viene designato.
    Lo si puo' ricavare, in via sistematica, dall'art. 61 del c.p.m.p.
 che,  nello  stabilire che la pena militare detentiva e' vigilata dal
 giudice, sembra riservare al "giudice militare  di  sorveglianza"  la
 competenza in questione.
    Pertanto si puo' sensatamente ritenere che l'art. 4 della legge n.
 180/1981  vada  letto  come  attributivo  al  tribunale  militare  di
 sorveglianza  di  una  competenza  "corrispondente"  a   quella   del
 tribunale  di  sorveglianza  ordinario,  in  relazione alla "materia"
 demandata alla vigilanza del giudice militare di sorveglianza,  cioe'
 alla  reclusione  militare.  In  questo  senso  acquista  significato
 l'inciso,  altrimenti  incomprensibile,  "in   quanto   applicabili",
 poiche'  non  tutti  gli  istituti menzionati nel richiamato art. 70,
 relativi alla pena detentiva  comune,  sono  o  possono  considerarsi
 pienamente  applicabili  alla  pena  detentiva  militare (cfr. p. es.
 Corte costituzionale sentenza n.  412/1991,  in  tema  di  detenzione
 domiciliare).
    In conclusione, il diritto positivo vigente assegnando agli organi
 giudiziari  militari  di  sorveglianza  (esclusivamente) la vigilanza
 sull'esecuzione della reclusione militare, riserva in  particolare  a
 questo   tribunale   la  competenza  a  conoscere  della  istanze  di
 affidamento in prova non solo in  relazione  a  condanne  (alla  pena
 della  reclusione  militare)  dell'autorita' giudiziaria militare, ma
 anche a  condanne  del  giudice  ordinario  che  comportino  comunque
 l'espiazione della reclusione militare.
    Occorre   pero'   ulteriormente   verificare  se  simile  congegno
 normativo (art. 4 della legge n. 180/1981, art.  70  della  legge  n.
 354/1975, art. 63, n. 3 del c.p.m.p.) che attribuisce giurisdizione a
 un  tribunale  militare in relazione ad una condanna per reato comune
 possa considerarsi compatibile con  la  misura  costituzionale  della
 giurisdizione  dei  tribunali  militari  in  tempo di pace, tracciata
 nell'art. 103, terzo comma, della Costituzione.
    Sul punto il contrasto appare irrefutabile. Dei due elementi a cui
 tale  norma  subordina  in  ogni  caso  il  ricorso   alla   speciale
 giurisdizione,  qualita'  di  appartenente alle forze armate e natura
 militare del reato commesso,  potrebbe  riscontrarsi,  nella  specie,
 soltanto  quello  soggettivo.  Anche  se  la  Corte costituzionale ha
 indicato  con  chiarezza  che  ai  fini  processuali  la  nozione  di
 appartenente   alle   forze  armate  deve  presupporre  nel  soggetto
 l'attualita' del servizio,  essendo  in  particolare  esclusa  per  i
 militari  in  congedo (sentenza n. 429/1992), si potrebbe nel caso di
 specie ravvisare nel detenuto  in  questione  una  attuale  posizione
 diversa da quella di militare in congedo, cioe' quella di militare in
 aspettativa  o comunque sospeso dall'impiego, che ai fini della legge
 sostantiva "e' considerato in servizio" (art. 5 del  c.p.m.p.:  cosi'
 Corte costituzionale sentenza n. 429/1992).
    Difetta  irrimediabilmente,  invece,  il  parametro  oggettivo che
 giustifichi l'intervento della giurisdizione  militare  nel  caso  de
 quo.  L'avvenuta sostituzione di pena ai sensi del citato art. 63 non
 fa infatti venier meno la natura non  militare  del  commesso  reato,
 tale  che  competente  a  conoscere  nella fase cognitiva e' stato il
 giudice ordinario, che e' anche il giudice dell'esecuzione  ai  sensi
 dell'art. 665 del c.p.p. Non che non sia ammessa una scissione, anche
 sotto  il  profilo  giuristizionale,  tra  giudice  dell'esecuzione e
 giudice di sorveglianza; occorre che l'operata scissione rispetti  il
 limite costituzionale imposto dall'art. 103, terzo comma.
    Poiche',  dunque, attraverso il congegno normativo sopra descritto
 si perviene al risultato che il tribunale  militare  di  sorveglianza
 sia  chiamato  a  conoscere  di  una  condanna  per  reato comune, in
 violazione  dell'art.  103,  terzo  comma  della   costituzione,   va
 dichiarata    non    manifestamente   infondata   la   questione   di
 costituzionalita' che  coinvolge  le  norme  sopra  richiamate;  tale
 questione  e'  palesemente rilevante nel presente giudizio, ponendosi
 il profilo della competenza come preliminare all'esame della domanda,
 quanto al merito ed eventualmente all'ammissibilita' della stessa.