iL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 2000/1991 del ruolo generale a.c. promossa da Pisacane Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. Cosimo Vicentelli, mandato in atti, opponente, contro la Banca Vallone S.p.a. Gruppo Ambrosiano, corrente in Galatina, in persona del direttore generale pro-tempore dott. Flavio Venturi, opposta. Va premesso: a) con atto del 1 febbraio 1991 la Banca Vallone S.p.a. pignorava fino alla concorrenza di un quinto le somme che la direzione provinciale del Tesoro di Lecce eroga a titolo di pensione a Pisacane Giovanni ex dipendente del Ministero della difesa - Areonautica militare; b) con ricorso al pretore di Lecce il Pisacane ha proposto opposizione deducendo l'impignorabilita' assoluta di quegli emolumenti, non ricorrendo alcuno delle eccezioni di legge; c) sospesa l'espropriazione presso terzi, il pretore adito ha rimesso la parti davanti a questo tribunale, competente ratione valoris; d) riassunta tempestivamente l'opposizione, in contumacia della banca opposta, venivano precisate le conclusioni come in atti riportate e all'udienza del 1 febbraio 1993 il collegio ha riservato la causa in decisione. Tanto premesso, il collegio ritiene ancora una volta non infondata la questione di legittimita' costituzionale delle norme di cui oltre che regolano i limiti di pignorabilita' delle somme a titolo di pensione e di indennita' integrativa speciale erogata dallo Stato ai suoi ex dipendenti. Come rilevato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 878 del 26 luglio 1988 il principio dell'impignorabilita', salvo tassative eccezioni, delle retribuzioni dei pubblici dipendenti fu posto in origine non a tutela di questi ultimi ma del buon funzionamento dei servizi pubblici, massime di quelli svolti dallo Stato. Successivamente quel regime e' stato di volta in volta esteso fino a ricomprendere fattispecie e soggetti nettamente diversi tra loro, sicche' non e' piu' rinvenibile la sua ratio unitaria nell'esigenza di garantire il buon andamento degli uffici della pubblica amministrazione. Da qui, ha concluso il giudice delle leggi, la violazione dell'art. 3 della Costituzione. Poiche' la q.l.c. era sollevata in relazione alle retribuzioni maturate in costanza di rapporto la Corte costituzionale ha pronunciato nei limiti della sua rilevanza. In quella sentenza, pero', la Corte ha rilevato come non fosse ormai piu' sostenibile ritenere quella normativa dettata per la tutela di finalita' di pubblico interesse tenuto conto che la stessa riguardava anche i pensionati "in ordine ai quali certamente non si pone il problema di garantire la funzionalita' della pubblica amministrazione". Con uguale motivazione ed espressamente richiamandosi alla citata sentenza n. 878/1988 la Corte con altra del 9 marzo 1990, n. 115, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, terzo comma, lett. d), della legge 27 maggio 1959, n. 324, in materia di impignorabilita' dell'indennita' integrativa speciale erogata in pendenza di rapporto ai dipendenti dello Stato. Non ignora il collegio che con ordinanza 21 aprile 1989, n. 231, la Corte ha dichiarato infondata la q.l.c. della normativa de qua in relazione al trattamento erogato agli ex dipendenti statali sollevata pero' sotto il profilo della differenza di trattamento rispetto alle pensioni dei dipendenti privati. Cio' posto, reputa il tribunale, richiamandosi e prestando convinta adesione alle motivazioni che sottendono la citata sentenza n. 878/1988, che una disparita' di trattamento costituzionalmente illegittima ex art. 3 della Costituzione si ponga ora, a seguito dei menzionati interventi ablatori del giudice delle leggi, tra la normativa che regola la pignorabilita' degli emolumenti (sotto qualsiasi denominazione) erogati dallo Stato ai dipendenti in costanza di rapporto e quella relativa ai prensionati ex dipendenti statali. Come e' ormai jus receptum il trattamento ordinario di pensione accordato agli ex dipendenti pubblici (compresi gli statali) non e' piu' un sussidio di grazia elargito dal principe per assicurare all' ex dipendente, privato degli emolumenti propri del rapporto d'impiego, i mezzi minimi di sussistenza, ma si configura come una vera e propria retribuzione differita, rispetto alla quale l' ex dipendente vanta una posizione di diritto soggettivo perfetto, e che non ha piu' il fine esclusivo (o prevalente) di assicurare la mera sopravvivenza ancorata com'e', ad esempio, all'andamento delle retribuzioni dei dipendenti in servizio. Quindi il trattamento economico che lo Stato eroga ai dipendenti in costanza di rapporto e agli ex dipendenti in quiescenza non e' piu' fissato in funzione dei bisogni essenziali di questi ultimi, ma viene ritenuto in relazione al loro grado e alle loro posizioni (attuali ovvero svolte prima del collocamento a riposo), alle possibilita' delle pubbliche finanze e in comparizione con i parametri adottati nel settore del lavoro privato. In sostanza, e fatte salve le attribuzioni di particolari indennita' correlate strettamente alla attualita' del rapporto di lavoro, il nucleo di base della retribuzione (stipendio e i.i.s. ai dipendenti in servizio: pensione e i.i.s. a quelli in quiescenza) risponde ad una medesima ratio, consistente nell'attribuzione patrimoniale attuale o differita correlata alla prestazione lavorativa. Di conseguenza una diversita' di trattamento del regime di pignorabilita' basata esclusivamente sullo status di dipendente in servizio o di dipendente cessato dal rapporto di impiego non appare razionalmente giustificata. Dubita percio' il tribunale della legittimita' costituzionale ex art. 3 della Costituzione della normativa de qua. La rilevanza della questione ai fini del giudizio di merito che ne occupa risulta de plano.