ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. art. 23, comma
 4, del d.-l. 2 marzo 1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia  di
 autonomia   impositiva  degli  enti  locali  e  di  finanza  locale),
 convertito in legge 24 aprile 1989, n.  144  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  12  ottobre  1994  dal  tribunale  di  Vibo  Valentia nel
 procedimento civile  vertente  tra  "Costruzioni  Edili  e  Stradali"
 s.a.s.  e Amministrazione provinciale di Catanzaro iscritta al n. 265
 del registro ordinanze 1995 e  pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1995;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 28 settembre 1995  il  Giudice
 relatore Renato Granata.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ordinanza  del  16  dicembre 1994 il tribunale di Vibo
 Valentia,  nel  corso  di  un  giudizio  di  opposizione  a   decreto
 ingiuntivo proposto dall'Amministrazione provinciale di Catanzaro nei
 confronti  della  societa'  Costruzioni  Edili  e Stradali s.a.s., ha
 sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24  Cost.  -  questione  di
 legittimita' costituzionale in via incidentale dell'art. 23, comma 4,
 del  d.-l.  2  marzo  1989, n. 66 (Disposizioni urgenti in materia di
 autonomia  impositiva  degli  enti  locali  e  di  finanza   locale),
 convertito in legge 24 aprile 1989, n.  144.
    1.1.  - Premette il Tribunale che l'Amministrazione provinciale di
 Catanzaro,  con  la  procedura  di  "somma  urgenza"   (espressamente
 disciplinata  dall'articolo  70  r.d.  25  maggio 1895, n. 350) aveva
 affidato alla societa' suddetta l'esecuzione della risistemazione  di
 una strada provinciale. Richiesto ed emesso decreto ingiuntivo per il
 pagamento   dei   lavori   eseguiti,   l'Amministrazione  provinciale
 proponeva opposizione, eccependo (tra l'altro) nel merito il  proprio
 difetto  di  legittimazione  passiva.  In  particolare  sosteneva che
 all'autorizzazione  del  suo  ingegnere-capo,  che   aveva   disposto
 l'esecuzione  dei  lavori  a norma dell'art. 70 cit., non aveva fatto
 seguito l'approvazione da parte dei propri organi competenti, con  la
 conseguenza  (  ex  art.  23  legge 24 aprile 1989, n. 144) che - pur
 essendovi stata "acquisizione dei  servizi"  resi  dalla  societa'  -
 l'obbligo   di   far   fronte  alla  spesa  corrispondente  incombeva
 personalmente  ope  legis  al  funzionario   che   aveva   consentito
 l'espletamento di tali servizi.
    La  societa'  opposta,  nel  domandare  la  conferma  del  decreto
 ingiuntivo,  esperiva   altresi',   in   via   gradata,   azione   di
 arricchimento   senza   causa   nei   confronti  dell'Amministrazione
 provinciale opponente, deducendo che le spettava quanto meno la somma
 ragguagliata ai costi delle opere eseguite, che erano state acquisite
 ed    utilizzate   in   quanto   occorrenti   al   ripristino   della
 transitabilita' delle strade provinciali interessate dai lavori.
    1.2. - Osserva in diritto il tribunale rimettente  che  l'art.  70
 cit. prevede che, in presenza di "circostanze di somma urgenza, nelle
 quali  qualunque  indugio  diventi  pericoloso e sia quindi richiesta
 l'immediata esecuzione dei  lavori"  l'ingegnere  capo  dell'ente  e'
 tenuto  ad  autorizzarne  la  effettuazione,  cui deve, in ogni caso,
 seguire l'approvazione, da  parte  dei  competenti  organi  dell'ente
 stesso,  sia  del  "processo  verbale  d'urgenza"  che della "perizia
 giustificativa". Prescrive poi il  successivo  art.  72  che  qualora
 un'opera  intrapresa  d'urgenza  non  abbia  riportato  la  superiore
 approvazione,  si  liquidano  "le  spese  incontrate  per  la   parte
 eseguita".  Su  tale  disciplina  pero'  ha  inciso  la  disposizione
 censurata, atteso che l'art. 23 cit. prevede (al comma 3), quanto  ai
 "lavori   di   somma  urgenza",  che  "l'ordinazione  fatta  a  terzi
 dev'essere regolarizzata  improrogabilmente  entro  trenta  giorni  e
 comunque entro la fine dell'esercizio, a pena di decadenza"; il comma
 4, poi, stabilisce che, "nel caso i cui vi e' stata l'acquisizione di
 beni  o  servizi  in violazione dell'obbligo indicato nel comma 3, il
 rapporto obbligatorio intercorre, ai fini della  controprestazione  e
 per  ogni  altro  effetto  di  legge,  tra  il  privato  fornitore  e
 l'amministratore  o  il  funzionario  che   abbiano   consentito   la
 fornitura".   Per  effetto  di  tale  disposizione  -  implicitamente
 abrogativa dell'art. 72 cit. - si determina una  sorta  di  novazione
 soggettiva  ope  legis  del  rapporto  inizialmente  sorto  tra  ente
 pubblico e fornitore, qualificato dalla immedesimazione organica  tra
 p.a.  e  funzionario  che  ha  autorizzato  legittimamente  (ed  anzi
 doverosamente) i lavori, sostituendolo,  per  effetto  della  mancata
 approvazione non imputabile al funzionario, con un rapporto munito di
 efficacia ex nunc tra funzionario e fornitore.
    1.3.  - Cio' premesso, il tribunale rimettente ritiene violati gli
 artt. 3 e 24 Cost.,  rilevando  che  da  una  parte  la  disposizione
 censurata  appare  irragionevole perche' a fronte di un arricchimento
 della p.a. a danno del privato fornitore  esclude  che  questi  possa
 agire    nei    confronti    del   soggetto   che   si   e'   giovato
 dell'arricchimento, non solo per ottenere il prezzo delle opere o dei
 servizi eseguiti, ma altresi' per rivalersi della patita  correlativa
 diminuzione   patrimoniale.  Ed  infatti,  sussistendo  la  personale
 responsabilita' contrattuale del funzionario e/o dell'amministratore,
 la p.a. committente non potrebbe essere  convenuta  in  giudizio  dal
 privato  fornitore  ex  art.  2041  cod. civ. difettando il requisito
 della sussidiarieta', che - secondo il giudice a quo  -  postula  che
 nessun  altra  azione sia prevista, neppure nei confronti di soggetti
 diversi da quello beneficiario dell'arricchimento.
    Nella prospettazione del giudice rimettente l'art. 3 Cost. risulta
 poi violato, oltre che sotto il profilo dell'irragionevolezza,  anche
 per  disparita'  di  trattamento  rispetto  ai casi in cui la p.a. in
 termini   piu'   generali,   giovandosi   comunque   e   riconoscendo
 implicitamente una utilitas connessa ad una prestazione effettuata in
 suo favore da un terzo, e' obbligata a mantenere direttamente indenne
 questi dalle spese sostenute.
    Infine  il  giudice  rimettente  ritiene  che  sussista  anche  la
 violazione dell'art.  24  Cost.  perche'  la  tutela  giurisdizionale
 dell'appaltatore    risulta    vanificata    nel   momento   in   cui
 all'Amministrazione pubblica debitrice  viene  sostituito  ope  legis
 altro  soggetto  munito  di  un indice di solvibilita' quanto meno di
 grado inferiore,  quando  non  nullo,  con  conseguente  riduzione  o
 elisione  delle garanzie patrimoniali dell'iniziale obbligazione come
 sorta tra l'ente pubblico e il privato fornitore.
    2. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che  la  questione  sollevata sia dichiarata inammissibile o comunque
 infondata.
    Premette l'Avvocatura che e' improprio  il  richiamo  all'art.  24
 Cost.  perche'  nella  specie e' in discussione il diritto soggettivo
 sostanziale (nella specie, il vantato  credito  nei  confronti  della
 Provincia) e non gia' la sua tutela giurisdizionale nel processo.
   Quanto   alla   pretesa   violazione   dell'art.  3  Cost.,  rileva
 l'Avvocatura che la  previsione  di  una  azione  nei  confronti  del
 funzionario  di per se' esclude la possibilita' di una azione ex art.
 2041 cod. civ. nei confronti dell'ente. In  ogni  caso  la  normativa
 censurata  ha  una  sua razionalita' perche' il legislatore ha inteso
 proprio  coinvolgere  i  beneficiari  nei  rischi  della  illegalita'
 rappresentati dalla mancata regolarizzazione della spesa stessa. Tale
 ritenuta  razionalita'  ha  poi  ribadito  in  memoria  depositata in
 prossimita' della camera di consiglio sottolineando che la  finalita'
 della  disposizione  censurata e' quella di assicurare la regolarita'
 contabile dei contratti degli enti locali a  garanzia  dell'effettiva
 copertura  della  spesa  assunta.  E' quindi coerente che, in caso di
 violazione di tale disposizione, i contratti  e  gli  atti  posti  in
 essere  non  siano  riferibili all'Amministrazione, ma esclusivamente
 all'amministratore  o  al  funzionario  che   abbia   consentito   la
 fornitura.   Ne'  e'  violato  il  principio  generale  dell'indebito
 arricchimento perche' l'azione ex art. 2041 cod. civ. (ancorche'  non
 esperibile  dal  terzo  contraente) puo' comunque essere promossa dal
 funzionario od amministratore che abbia adito in proprio  nei  limiti
 dell'utilitas  conseguita  dall'Amministrazione che abbia acquisito i
 beni o i servizi.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale -
 in riferimento all'art. 3 Cost. (sotto il duplice profilo del difetto
 di ragionevolezza e della disparita' di trattamento)  e  all'art.  24
 Cost.  (per  il  sostanziale  diniego  di  tutela  giurisdizionale) -
 dell'art. 23, comma 4,  d.-l.  2  marzo  1989,  n.  66  (Disposizioni
 urgenti  in  materia  di  autonomia impositiva degli enti locali e di
 finanza locale) convertito in legge 24 aprile  1989,  n.  144,  nella
 parte  in cui, nel caso di acquisizione di beni e servizi per effetto
 di lavori di "somma urgenza" non  regolarizzati  successivamente  nei
 termini  prescritti,  esclude  in  ogni  caso,  ed anche in relazione
 all'arricchimento senza causa di cui  all'art.  2041  cod.  civ.,  la
 responsabilita' patrimoniale della pubblica amministrazione, prevede-
 ndo  che  il rapporto obbligatorio intercorra soltanto tra il privato
 fornitore e l'amministratore o il funzionario che abbia consentito la
 fornitura, con la conseguenza che il fornitore - vedendosi sostituita
 alla responsabilita' patrimoniale dell'ente quella (spesso in realta'
 inesistente o comunque inadeguata) del suo dipendente  -  risulta  di
 fatto privato della tutela giurisdizionale.
    2.  -  Preliminarmente va affermata la persistente rilevanza della
 questione. Ancorche' la disposizione  censurata  sia  stata  abrogata
 dall'art.   123,   lettera   n),  d.lgs.  23  febbraio  1995,  n.  77
 (Ordinamento finanziario e contabile degli enti locali), si ha  pero'
 che a quest'ultima norma non risulta attribuita efficacia retroattiva
 donde  la  sua  inapplicabilita' nel giudizio a quo; d'altra parte la
 disposizione  censurata  e'  in  realta'  sostituita  -  per  l'epoca
 successiva  all'entrata  in vigore del d.lgs. n. 77 del 1995 citato -
 dall'art. 35  del  medesimo  d.lgs.,  nel  quale  e'  riprodotta  una
 normativa  del  tutto  analoga  a  quella dell'art. 23, comma 4, cit.
 sicche' non sussiste soluzione di continuita' nella disciplina.
    3. - Nel merito la questione non e'  fondata  nei  sensi  appresso
 precisati.
    La  censura  di  irragionevolezza  della disposizione - che, nella
 prospettazione  del  giudice  a  quo,  opererebbe   una   sbilanciata
 valutazione  degli interessi in gioco consentendo all'amministrazione
 locale l'acquisizione dei beni e dei servizi (cosi' come di fatto  e'
 avvenuto  nella vicenda portata alla cognizione del giudice medesimo)
 senza assicurare al terzo contraente alcun ristoro  o  indennizzo  in
 ragione  dell'arricchimento  dell'ente  stesso - muove dalla premessa
 interpretativa della impossibilita' per il contraente stesso di agire
 in via diretta nei confronti della pubblica amministrazione - anche -
 ai sensi dell'art. 2041 cod. civ. a  titolo  di  arricchimento  senza
 causa  per  la  ragione  che  tale  azione,  per  il suo carattere di
 sussidiarieta', oltre all'arricchimento di un soggetto in danno di un
 altro presupporrebbe - secondo il giudice a quo - l'insussistenza  di
 qualsiasi  tutela  di  quest'ultimo  nei  confronti  non soltanto del
 primo, ma anche di ogni altro soggetto.
    Peraltro, anche alla stregua di tale premessa interpretativa - non
 implausibilmente ritenuta,  con  puntuale  motivazione,  dal  giudice
 rimettente  pur nella non univocita' di indirizzi giurisprudenziali e
 dottrinari sul punto - tuttavia  non  si  perviene  alla  conseguenza
 dell'affermato  disancoramento dell'acquisito vantaggio per l'ente da
 ogni possibilita' che, per un verso, l'ente  stesso  sia  chiamato  a
 corrispondere l'indennizzo di cui all'art. 2041 c.c. e che, per altro
 verso,  il  contraente  abbia  strumenti  per  recuperare  al proprio
 patrimonio  una  somma  almeno  pari  a  tale  indennizzo.   Infatti,
 sussistendo  il  rapporto  contrattuale  esclusivamente  tra il terzo
 contraente e il funzionario (o l'amministratore) che  ha  autorizzato
 l'effettuazione  dei lavori di somma urgenza, se da una parte e' vero
 che il terzo puo' - iure proprio  -  esperire  l'azione  contrattuale
 soltanto  nei  confronti  del funzionario (o dell'amministratore) per
 conseguire  il  corrispettivo  dei  lavori,   e'   vero   anche   che
 quest'ultimo,  mentre  e'  esposto a subire nel proprio patrimonio il
 depauperamento  provocato  dall'esercizio  nei  suoi  confronti   del
 diritto dell'altro contraente al conseguimento del prezzo, non ha per
 contro  alcuna specifica azione per rivalersi nei confronti dell'ente
 nel cui patrimonio  si  e'  prodotto  l'arricchimento.  Da  un  lato,
 quindi,  sussistono  in  favore del funzionario (o amministratore) le
 condizioni affinche' egli possa esercitare l'azione ex 2041 cod. civ.
 verso l'ente nei  limiti  dell'arricchimento  da  questo  conseguito;
 dall'altro,  e per conseguenza, il contraente privato e' legittimato,
 utendo iuribus del funzionario (o amministratore)  suo  debitore,  ad
 agire contro la pubblica amministrazione - anche contestualmente alla
 proposizione  della domanda per il pagamento del prezzo nei confronti
 di costui  -  in  via  surrogatoria  ex  art.  2900  cod.  civ.  "per
 assicurare  che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni" quando
 il patrimonio del funzionario (o amministratore) non  offra  adeguata
 garanzia.
    D'altro  canto,  neppure  va  dimenticato che il terzo contraente,
 nell'accettare  di  eseguire  lavori  di  "somma  urgenza",  disposti
 secondo  la procedura di cui all'art. 70 cit., non puo' ignorare che,
 ove  successivamente  non  intervenga   l'autorizzazione   da   parte
 dell'ente,   il  rapporto  contrattuale  deve  intendersi  intercorso
 direttamente con il funzionario (o l'amministratore) ed assume quindi
 volontariamente il rischio conseguente alla definitiva individuazione
 della parte contraente (e patrimonialmente responsabile).
    E  poiche',  in   definitiva,   l'ente,   nei   limiti   del   suo
 arricchimento,  e' tenuto all'indennizzo, ed il contraente privato ha
 titolo per conseguire, entro gli  stessi  limiti,  il  ristoro  della
 diminuzione  patrimoniale subita, ne segue che si appalesa infondata,
 nei termini in cui e' stata proposta, la censura di  irragionevolezza
 della  disposizione  denunciata,  la quale - nel contesto di una piu'
 complessa disciplina diretta a risanare le finanze degli enti  locali
 in   dissesto  -  risulta  finalizzata  ad  assicurare  una  rigorosa
 applicazione della normativa contabile e quindi un  rigido  controllo
 delle spese.
    4. - La riconosciuta tutela del terzo contraente, cosi' come sopra
 articolata, consente anche di escludere - in ragione della diversita'
 delle  fattispecie  in  comparazione  - che sussista la disparita' di
 trattamento denunziata rispetto alle ipotesi in cui un soggetto,  non
 avendo  alcuna  azione  specifica  ne'  nei  confronti  di  chi si e'
 arricchito, ne' di altri,  puo'  esperire  in  via  diretta  l'azione
 generale di arricchimento.
    5.  -  Non  sussiste  infine la denunciata violazione dell'art. 24
 Cost. perche' l'esistenza, o meno,  di  una  pretesa  azionabile  dal
 contraente privato nei confronti dell'ente locale attiene all'aspetto
 sostanziale   della   disciplina   degli  interessi  coinvolti  (gia'
 esaminato sotto il profilo della denunciata violazione del  principio
 di  ragionevolezza)  e  non  invece  a  quello processuale della loro
 tutela giurisdizionale.