IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale a carico di Trto Keti, nata a Gostivar (Macedonia) il 23 febbraio 1972, per il reato di cui all'art. 7-sexies, sesto e settimo comma , d.-l. 18 novembre 1995, n. 489, per non aver ottemperato alle prescrizioni imposte nei suoi confronti dalla questura di Roma nelle more dell'esecuzione del provvedimento di espulsione. Arr.to in Roma, 16 gennaio 1996. Preliminarmente il pretore osserva che nel giudizio in corso e' applicabile il d.-l. 18 gennaio 1996, n. 22. Benche' l'arresto sia stato effettuato il 16 gennaio 1996, nella vigenza del d.-l. n. 489/1995, e' frattanto intervenuto il citato d.-l. n. 22/1996, che costituisce la reiterazione con qualche modifica del d.-l. n. 489/1995, e che va applicato in quanto norma piu' favorevole. Infatti il nuovo decreto riapre i termini per la regolarizzazione per ricongiungimenti familiari (art. 10) e proroga il termine per la regolarizzazione per offerta di lavoro (art. 12), fissando in entrambi i casi la scadenza per la richiesta del permesso di soggiorno al 31 marzo 1996. Poiche' per esplicita previsione degli artt. 10 terzo comma, e 12, nono comma, d.-l. n. 22/1996 alla regolarizzazione consegue la non punibilita' per le violazioni pregresse delle norme in materia di ingresso e di soggiorno e l'inefficacia dei provvedimenti amministrativi - compreso il provvedimento di espulsione - per il sovraordinato principio di favor va applicata la norma che, sia pure condizionatamente all'eventuale e positivo esperimento della procedura di regolarizzazione, amplia l'ambito di operativita' della causa di non punibilita'. Peraltro la legittimita' e l'efficacia del provvedimento amministrativo di espulsione costituisce presupposto del reato qui contestato. Ritenuta pertanto la successione di leggi penali, attesa la natura non meramente procedimentale delle modifiche apportate in sede di reiterazione del decreto, incidendo la proroga dei termini sulla punibilita', il fatto contestato viene riqualificato con riferimento all'art. 7-sexies, settimo comma, legge 28 febbraio 1990 n. 39, cosi' come introdotto dall'art. 7 d.-l. 18 gennaio 1996 n. 22. Peraltro la medesima questione sollevata dal p.m. in relazione al d.-l. n. 489/95 si ripropone in relazione al d.-l. n. 22/96. La questione di legittimita' dell'art. 7-sexies legge n. 39/90, cosi' come introdotto dal d.-l. n. 22/96, e' rilevante nel presente giudizio. Trto Keti e' stata arrestata in data 16 gennaio 1996 e presentata dinanzi a questo pretore per la convalida e il contestuale giudizio direttissimo. Convalidato l'arresto senza applicazione di misura cautelare, non richiesta, il p.m. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale del contestato art. 7-sexies, quinto, sesto e settimo comma legge n. 39/90. La questione non e' manifestamente infondata. La prima parte dell'art. 7-sexies, quinto comma, legge n. 39/90, cosi' come introdotto dal d.-l. n. 489/95 e poi nello stesso testo dal d.-l. n. 22/96, che definisce l'ambito applicativo delle disposizioni dello stesso quinto comma e dei successivi, non e' per la verita' immediatamente perspicua. Se la norma e' interpretata nel senso che tutte le disposizioni dell'art. 7-sexies, quinto comma e segg. si applicano solo ai casi di espulsione ex art. 7 e 7-bis, poiche' nel processo in corso il presupposto della fattispecie concreta non e' un provvedimento di espulsione ex art. 7 o 7-bis legge n. 39/90, la questione sarebbe priva di rilevanza. Sembra tuttavia piu' aderente al tenore letterale ritenere che la norma indichi due distinte ipotesi: la prima in relazione alla necessita' di svolgere accertamenti supplementari o di acquisire documenti in caso di espulsione ex art. 7 e 7-bis; la seconda - distinta mediante la disgiuntiva "ovvero" - in relazione al pericolo che la persona si sottragga all'esecuzione del provvedimento di espulsione. Il mancato richiamo, in questa seconda ipotesi, agli artt. 7 e 7-bis fa ritenere l'applicabilita' della previsione a tutti i casi di espulsione, dunque anche all'espulsione disposta dall'autorita' amministrativa per soggiorno irregolare. Al ricorrere dei predetti presupposti il giudice "dispone" la misura dell'obbligo di dimora. Anche questa formulazione puo' fare sorgere qualche dubbio in ordine al margine di discrezionalita' dell'autorita' giudiziaria. Tuttavia, se interpretata nel senso di una sorta di applicazione automatica della misura, la norma si porrebbe in aperto contrasto con gli artt. 13, secondo comma, e 111 Cost. Secondo un'interpretazione conforme a Costituzione, in virtu' dell'esplicito richiamo all'art. 283 c.p.p., per l'applicazione dell'obbligo di dimora devono ricorrere tutti i presupposti dell'applicazione di una misura cautelare coercitiva, vale a dire gravi indizi di colpevolezza per un fatto previsto dalla legge come reato, punito con pena edittale non inferiore a quella indicata negli artt. 274 lett. b) e c), e 280 c.p.p. E' da rilevare una certa incongruenza tra il nomen juris di obbligo di dimora e il contenuto e l'afflittivita' della misura, propri della custodia cautelare. In goni caso la possibilita' di applicazione dell'obbligo di dimora da parte del giudice e' normativamente limitata al caso in cui a carico dello straniero sussista non solo un provvedimento di espulsione, ma anche gravi indizi di commissione di reati di una certa gravita', indizi dai quali puo' fra l'altro desumersi il concreto pericolo che lo straniero si sottragga al provvedimento di espulsione. Viceversa il provvedimento amministrativo previsto dal sesto comma dell'art. 7-sexies, che viene emesso dal questore nelle more dell'emanazione dei decreti per l'individuazione degli edifici destinati ad ospitare gli stranieri in attesa di espulsione, e che impone allo straniero di presentarsi periodicamente a un ufficio di polizia, e' del tutto svincolato da qualsiasi parametro normativo predeterminato. E' dubbia per la verita' la natura del provvedimento in questione, che si apparenta comunque al genus delle misure di prevenzione. Tuttavia, a parte la singolarita' di una misura di prevenzione sui generis prevista in vece di una misura cautelare, il provvedimento di cui all'art. 7sexies, sesto comma, non presenta i requisiti che la giurisprudenza costituzionale consolidata considera indefettibili per la legittimita' delle misure limitative della liberta' personale emesse dall'autorita' di pubblica sicurezza. Sia che si consideri la situazione soggettiva sottostante come tutelata ex art. 13 o ex art. 16 Cost., secondo la giurisprudenza costituzionale l'autorita' amministrativa puo' assumere provvedimenti limitativi della liberta' personale purche' di natura non restrittiva ma obbligatoria, e purche' entro i limiti fissati in via generale dalla legge per motivi di sanita' e di sicurezza. In varie occasioni la Corte ha avuto modo di precisare, in materia di misure di prevenzione ex legge n. 1423/56, che e' sempre necessario l'accertamento caso per caso di una concreta, attuale e specifica pericolosita', desunta da un particolare comportamento. L'autorita' di pubblica sicurezza esercita dunque una discrezionalita' vincolata dalla natura dell'accertamento (Corte costituzionale ord. 12 novembre 1987, n. 384). Peraltro il giudizio di pericolosita' e' sempre sindacabile da parte dell'autorita' giudiziaria che in sede di processo penale puo' valutarne la razionalita' in base alla congruita' della motivazione del provvedimento. I principi della necessita' della motivazione e della possibilita' del sindacato giurisdizionale, nelle forme del controllo incidentale del giudice ordinario sulla legittimita' del provvedimento di polizia, sono stati anche recentemente ribaditi a proposito di contravvenzione al foglio di via obbligatorio (Corte costituzionale 31 maggio 1995 n. 210). L'obbligo di presentazione imposto dal questore ai sensi dell'art. 7-sexies legge n. 39/90 non e' vincolato alla formulazione di un giudizio di pericolosita' ne' ad alcun riferimento normativo, e si presenta come un provvedimento di polizia arbitrario, non suscettibile di controllo di legalita'. In particolare la norma non specifica quali sono i parametri cui fare riferimento per valutare il pericolo che lo straniero si sottragga all'ordine di espulsione; in ogni caso la fattispecie non e' riconducibile ad alcun motivo di sanita' o di sicurezza ai sensi dell'art. 16 Cost. Non indicando il d.-l. n. 22/96 alcun indice comportamentale dal quale inferire la pericolosita' sociale e il concreto pericolo di sottrazione all'espulsione, delineandosi dunque una discrezionalita' svincolata da criteri normativamente determinati, il provvedimento e' arbitrario e sfugge all'obbligo di motivazione. Ne e' riprova il fatto che il provvedimento di sottoposizione all'obbligo di presentazione dell'imputato, acquisito agli atti del processo, e' del tutto privo di motivazione. Non vale a superare l'intrinseca illegittimita' della fattispecie la circostanza che la misura del questore e' soggetta alla convalida successiva da parte del giudice. Nell'interpretazione piu' plausibile, e di fatto seguita nel caso di specie, la convalida di cui all'art. 7-sexies comporta un controllo puramente estrinseco e formale sul rispetto dei termini e dell'iter procedimentale previsto dal decreto. Si tratta in effetti di una fattispecie assai diversa dalla convalida dell'arresto ex art. 391 c.p.p., che non consiste in un mero controllo di legalita' formale, ma nella valutazione sulla sussistenza del fumus commissi delicti. La convalida ex art. 7-sexies sembra assimilabile piuttosto alla convalida dell'arresto provvisorio su richiesta di Stato estero nelle more dell'estradizione, ai sensi dell'art. 716 c.p.p. In questo caso, infatti, la giurisprudenza considera la convalida da parte del presidente della Corte d'appello come una "verifica meramente cartolare" (Cass. sez. 6, 27 maggio 1995 n. 1757). Tuttavia a causa della particolarita' del procedimento di estradizione, la mancanza di criteri di riferimento e' giustificata dal presupposto della richiesta dello Stato estero, che in quanto titolare della pretesa punitiva e' facultato a compiere in via esclusiva la valutazione sulla sussistenza dei presupposti per l'arresto e per l'applicazione della misura cautelare. Nel caso della convalida ex art. 7-sexies, invece, tale valutazione non e' demandata ad alcun soggetto diverso dall'autorita' amministrativa, ne' e' compiuta dal giudice all'atto della convalida. La fattispecie si caratterizza dunque, ad un'analisi attenta dell'intero precedimento, per l'assenza di quel necessario accertamento di pericolosita' che potrebbe giustificare l'adozione di un provvedimento amministrativo limitativo della liberta' personale. I criteri indicati dalla Corte sono stati invece seguiti dal legislatore nel caso dell'unica fattispecie affine a quella qui esaminata, ed espressamente richiamata quanto allo svolgimento del procedimento, prevista dall'art. 6 legge n. 401/89, come modificato dall'art. 1 del d.-l. n. 717/94, conv. in legge n. 45/95. In questo caso la legge indica specificamente presupposti e finalita' del provvedimento che impone l'obbligo di presentazione; il provvedimento puo' essere emanato in presenza di indizi di commissione di reati previsti dalla stessa legge n. 401/89 o di altri fatti di violenza in occasione di manifestazioni sportive, e ha come finalita' quella di evitare l'accesso ai luoghi in cui si svolgono le competizioni. Dunque il provvedimento del questore ex art. 6 legge n. 401/89 presenta le caratteristiche tipiche delle misure di prevenzione, comportando una valutazione di pericolosita' desunta da fatti e circostanze specificamente indicati dalla legge. Si giustifica percio' il carattere meramente formale ed estrinseco della convalida. Viceversa il provvedimento ex art. 7-sexies, sesto comma, consegue unicamente alla circostanza che il soggetto sia stato colpito da provvedimento di espulsione, eventualmente ai sensi dell'art. 7-quinquies per il mero fatto di trovarsi nel territorio italiano in condizione irregolare, e dunque indipendentemente da qualunque sia pur minimo indizio di pericolosita' sociale. Dunque l'applicazione dell'obbligo di presentazione e' sostanzialmente automatica, al ricorrere dell'unico presupposto del provvedimento di espulsione. Infati nel presente procedimento l'imputata e' del tutto incensurata e non ha commesso alcun fatto previsto dalla legge italiana come reato, essendo stata arrestata, nel corso di un controllo di polizia, unicamente per l'inottemperanza all'obbligo di presentazione imposto dal questore. Un ulteriore profilo di illegittimita' della norma censurata e' connesso con la violazione dell'art. 3 Cost., in relazione all'incriminazione dell'inottemperanza al provvedimento del questore, punita con la reclusione fino a 1 anno. Va in primo luogo osservato che l'inadempimento della misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla p.g. disposta dal giudice non e' penalmente sanzionato, ma puo' dare luogo unicamente all'aggravamento della misura. D'altra parte l'orientamento piu' recente del legislatore appare volto piuttosto alla depenalizzazione delle fattispecie di mancata comparizione davanti all'autorita' di pubblica sicurezza. Si veda l'art. 15 TULLPS, come modificato dal d.lgs. n. 480/94, che sanziona solo in via amministrativa l'inottemperanza all'invito a presentarsi. Il differente trattamento penale riservato all'inadempimento dell'obbligo di presentazione imposto allo straniero non appare giustificato secondo criteri di ragionevolezza. La misura cautelare tipica dell'obbligo di presentazione alla p.g. applicata dal giudice e' sicuramente connotata con caratteri di maggiore gravita' nel senso della pericolosita' sociale, poiche' la misura cautelare consegue a una valutazione giudiziaria nel corso della quale sono stati ritenuti sussistenti sia gravi indizi di colpevolezza sia esigenze cautelari. Nonostante cio', l'inottemperanza non e' autonomamente sanzionata, mentre l'inottemperanza dello straniero al provvedimento del questore, di analogo contenuto ma non sorretto da alcuna valutazione di pericolosita', e' incriminata invece come delitto. Il principio - sempre riaffermato alla Corte costituzionale e da ultimo ribadito con le sentenze 24 febbraio 1994 n. 62 e 24 febbraio 1995 n. 58 - che i diritti inviolabili sono riconosciuti anche allo straniero, e' destinata a restare una mera enunciazione se le ipotesi di trattamento diseguale non vengono sottoposte a un vaglio rigoroso. In particolare il differente trattamento penale di fatti che vengono incriminati solo se commessi dallo straniero, per non essere arbitrario, deve essere giustificato da preminenti interessi pubblici, connessi con la realizzazione di valori costituzionali. In relazione alla fattispecie in questione tali preminenti interessi, ricollegabili alla sicurezza pubblica secondo il dichiarato intento del legislatore del d.-l. n. 22/96, non sono in alcun modo rintracciabili. E' da sottolineare, al contrario, la spirale perversa e certamente dannosa per la sicurezza pubblica che le norme contenute nel censurato decreto possono comportare, infatti un cittadino straniero, indipendentemente dalla commissione di alcun fatto di reato, a causa della mera condizione irregolare puo' essere - e di fatto e' - colpito dal provvedimento di espulsione, poi dall'obbligo di presentazione, e in caso di inadempimento, dalla sanzione penale; ancora, ex art. 7-ter, dall'espulsione disposta dal giudice, norma quest'ultima qui non impuganta perche' l'espulsione non e' stata in concreto richiesta dal p.m. Tale meccanismo di criminalizzazione in concreto non ha altro effetto se non quello di sospingere lo straniero verso la clandestinita' e l'illegalita', e dal punto di vista giuridico si traduce nell'ingiustificata incriminazione, posta in violazione del principio di uguaglianza, dell'inottemperanza a un provvedimento del questore arbitrario e insidancabile in sede giudiziaria.