IL TRIBUNALE
   Ha  deliberato  la  seguente ordinanza nei procedimenti riuniti nn.
 495/95, 496/95 e 497/95 r.g. trib., a carico  di  Abisso  Silvana  ed
 altri.
   Rilevato che:
     all'esito  della  discussione,  aperta  ex art. 491, primo comma,
 c.p.p., sulle questioni di incompetenza per  territorio  (determinata
 da connessione) di questo tribunale (questione gia' sollevata in sede
 di   udienza   preliminare  davanti  al  g.u.p.,  e  da  quest'ultimo
 rigettata), il Collegio si e' ritirato in  camera  di  consiglio  per
 deliberare;
     le valutazioni svolte sulle prospettate questioni conducono ad un
 giudizio  di  fondatezza delle medesime, con conseguente applicazione
 del disposo dell'art. 23, primo comma, c.p.p.;
     una delle difese, cui altre  si  sono  sul  punto  associate,  ha
 sollevato,  per  il  caso di accoglimento delle proposte eccezioni di
 competenza, la  questione  della  legittimita'  costituzionale  della
 norma del Codice di rito teste' citata, per asserito contrasto con le
 norme di cui agli artt. 3, 24 e 25 della Carta costituzionale;
   Ritenuto che:
     le   accennate   accoglibilita'   delle   proposte   eccezioni  e
 conseguente immediata applicabilita' dell'art. 23, primo  comma,  del
 codice   di   rito,  giustificano  il  giudizio  di  rilevanza  della
 prospettata questione di legittimita' costituzionale;
     quanto alla non manifesta infondatezza di tale questione, debbono
 valere le argomentazioni che seguono, peraltro gia'  in  larga  parte
 svolte dalla corte di appello di Roma, nell'ordinanza di promovimento
 del giudizio della Corte costituzionale, emessa in data 7 aprile 1995
 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 35, 1 serie speciale, del 23
 agosto 1995:
      stabilisce  l'art.  22, terzo comma, c.p.p., che il g.i.p., dopo
 la chiusura delle  indagini  preliminari,  se  riconosce  la  propria
 incompetenza (anche territoriale), la dichiara con sentenza e rimette
 gli atti al pubblico ministero presso il giudice competente;
      questi   dovra'  esercitare  ex  novo,  nelle  forme  ordinarie,
 l'azione penale, sicche' all'imputato non viene precluso  l'esercizio
 di alcuna sua facolta' processuale;
      se  invece il g.i.p., per espressamente sollecitato, non ritenga
 la propria  incompetenza  per  territorio,  il  sistema  del  codice,
 secondo  la  previsione  dell'art.  23  c.p.p.,  comporta, nelle fasi
 ulteriori - malgrado l'eccezione fosse stata tempestivamente proposta
 nell'udienza preliminare, ed anche nel caso in cui successivamente ne
 sia stata ritenuta la fondatezza  -  una  sostanziale,  irrimediabile
 irrilevanza   della   questione,   con   la   conseguente  definitiva
 sottrazione del processo al suo giudice  naturale  e  violazione  del
 diritto di difesa;
      infatti,  stando  alla  predetta  norma, si opera in tal caso un
 semplice spostamento dall'uno all'altro giudice del dibattimento,  di
 talche' il giudice dibattimentale non puo' ripristinare la situazione
 giuridica  violata  -  e tempestivamente e fondatamente denunciata -,
 rimettendo l'imputato nella condizione di  farsi  giudicare  dal  suo
 giudice   naturale   precostituito   per  legge,  che  e'  il  g.i.p.
 territorialmente competente;
      in tale situazione, da un  lato  si  fa  salvo  un  decreto  che
 dispone   il   giudizio   pronunciato   da   un  giudice  sicuramente
 incompetente, la cui competenza  era  stata  contestata  prima  della
 pronuncia: ed e' evidente che viene in tal modo vanificato il diritto
 di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione;
      il  sistema  previsto  dalla  legge  comporta  infatti l'assurda
 conseguenza   che   rimanga   priva   di    risultato    un'eccezione
 tempestivamente proposta e riconosciuta fondata;
      d'altro  lato,  all'imputato  e'  preclusa  la  possibilita'  di
 operare le sue pur delicate scelte  processuali  -  quali  quella  di
 richiedere il giudizio abbreviato - davanti al suo giudice naturale;
      lo  si  costringe  anzi o a perdere definitivamente tutte le sue
 opzioni, o a farle valere davanti ad un giudice che non  soltanto  e'
 ritenuto  incompetente  da  esso  imputato,  ma e' poi effettivamente
 riconosciuto tale nel processo;
      e' appena il  caso  di  ricordare  che  l'analoga  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  sollevata in relazione alla competenza
 per materia, e' stata  accolta  dalla  Corte  costituzionale  con  la
 sentenza n. 76 dell'11 marzo 1993;
      e'  bensi'  vero che, con la medesima pronuncia, la Corte ebbe a
 dichiarare infondata  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 23 c.p.p. in relazione alla competenza per territorio:  ma,
 in quel caso, il giudice delle leggi apprezzava la legittimita' della
 norma di legge ordinaria soltanto con riferimento ai parametri di cui
 agli artt. 102, primo comma e 112 della Costituzione;
      qui  vengono  invece in considerazione i precetti costituzionali
 di cui agli artt. 3, 24 e 25;
      e, in effetti, la mancata previsione, nel sistema del Codice, di
 una declaratoria di nullita' del  decreto  che  dispone  il  giudizio
 pronunciato  dal giudce incompetente, con la mancata previsione di un
 conseguente ritorno del processo davanti a quello competente -  nella
 stessa  fase e senza che sia maturata per le parti alcuna preclusione
 - determina una situazione di palese illegittimita',  per  l'evidente
 sottrazione  del processo al giudice naturale, l'altrettanto evidente
 vanificazione   del   diritto   di   difesa,    nonche'    l'evidente
 discriminazione   rispetto  a  coloro  che,  in  identica  situazione
 processuale,  si  siano  visti  accogliere  dal  g.i.p.  la   fondata
 eccezione di incompetenza per territorio;
      va  ancora  osservato  che  il  sistema  del  codice consente il
 rimedio sull'incompetenza territoriale del g.i.p. nel  solo  caso  in
 cui   l'imputato,   dopo  aver  prospettato  in  udienza  preliminare
 l'eccezione di incompetenza per territorio,  contraddittoriamente  si
 rassegni a chiedere, mediante il rito abbreviato, di essere giudicato
 dal  medesimo  giudice:  in  tal caso, in appello, l'eccezione potra'
 trasformarsi in motivo di gravame, e  il  giudice  di  secondo  grado
 potra', ai sensi dell'art.  24 c.p.p., annullare la sentenza di primo
 grado  e  rimettere  gli  atti  al  giudice  competente, per un nuovo
 giudizio abbreviato;
      in  tutti  gli  altri  casi,  invece,  non  e'  prevista  alcuna
 conseguenza  al fatto che la pronuncia sia stata emessa da un giudice
 incompetente, malgrado detta incompetenza sia  stata  tempestivamente
 rilevata e successivamente riconosciuta;
      non  esiste,  in  particolare,  alcun  rimedio  al  caso  in cui
 l'imputato, dopo aver prospettato in udienza preliminare  l'eccezione
 di  incompetenza  per territorio, si veda rinviato a giudizio, e cio'
 tanto nell'eventualita' che egli non intendesse chiedere il  giudizio
 abbreviato quanto nell'eventualita' opposta;
      qualora  non intendesse richiederlo, non sara' mai posto rimedio
 al fatto in se' che una  pronuncia  giurisdizionale  -  qual  e'  pur
 sempre  quella  sull'alternativa  tra rinvio a giudizio e sentenza di
 non luogo a precedere - sia stata emessa non dal giudice naturale, ma
 da  un  giudice  concretamente  ricnosciuto  incompetente  dopo   che
 l'eccezione  era  stata sollevata; e' appena il caso di osservare, in
 proposito,  che  il  mero  spostamento  di  competenza  territoriale,
 disposto  dal  giudice  del  dibattimento che riconosca la fondatezza
 dell'eccezione,    non    costituisce    un   rimedio   esaustivo   e
 costituzionalmente corretto, giacche' viene in ogni caso fatta  salva
 la  decisione del rinvio a giudizio, laddove, invece, ben potrebbe il
 g.i.p.  naturale,  territorialmente  competente,  non  accogliere  le
 richieste del pubblico ministero, decidere per il proscioglimento, o,
 ad   esempio,   atteggiarsi  diversamente  in  ordine  alla  liberta'
 personale;
      qualora l'imputato  intendesse  invece  richiedere  il  giudizio
 abbreviato,  non  puo'  essere  posto rimedio al fatto che egli resta
 concretamente privato, dalla disciplina che si impugna,  del  diritto
 di  vedersi  giudicato  dal  suo giudice naturale, in sede appunto di
 rito  alternativo:  infatti,  malgrado  la  riconosciuta   fondatezza
 dell'eccezione    tempestivamente   sollevata,   resta   esclusa   la
 possibilita' della regressione all'udienza preliminare, e al giudizio
 abbreviato, che  coerentemente  non  sia  stato  chiesto  al  giudice
 incompetente,  non  e' piu' dato accedere, proprio in conseguenza del
 fatto che  l'accoglimento  dell'eccezione  comporta  la  trasmissione
 degli  atti  ad  altro  giudice  dibattimentale  e  fa  salva la gia'
 celebrata udienza preliminare, con i conseguenti effetti preclusivi;
      non  sembra  in  proposito  adeguato  l'attuale  sistema:  esso,
 infatti,  non  prevede  in  senso  assoluto  nessun  controllo  sulla
 competenza del g.i.p., nel  caso  in  cui  l'udienza  preliminare  si
 concluda con il rinvio a giudizio; e comporta, peraltro nel solo caso
 che  l'imputato  intenda  chiedere il giudizio abbreviato, un rimedio
 irrazionale  e  farraginoso,  in   quanto   comportante,   da   parte
 dell'imputato,  l'adozione  di  scelte  processuali contradditorie ed
 onerose;
      peraltro, dopo la ricordata  sentenza  n.  76/93,  la  norma  in
 questione  ingiustificatamente distingue tra competenza per materia e
 competenza per territorio, la  prima  foriera  di  conseguenze  e  la
 seconda  no:   quasi che il giudice territorialmente incompetente sia
 un giudice "naturale" e' precostituito per legge;
      trattasi di aspetti di incostituzionalita' ex art. 3 della Carta
 fondamentale, ulteriori rispetto a quello,  gia'  sopra  evidenziato,
 della  discriminazione  rispetto  agli  imputati  la cui eccezione di
 incompetenza per territorio sia stata accolta dal g.i.p.;
      la norma impugnata - artt. 23 c.p.p. - si rivela, alla  luce  di
 quanto   sin  qui  argomentato,  costituzionalmente  illegittima  con
 riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, nella parte  in
 cui non prevede che, in caso di incompetenza per territorio, gli atti
 debbano  essere  trasmessi  -  anziche'  al  giudice  competente - al
 pubblico ministero presso lo stesso giudice.