IL GIUDICE CONCILIATORE A scioglimento della riserva del decidere; Premesso e rilevato che il processo civile deve tendere a produrre decisioni "giuste", sia per quanto attiene alla "decisione" in diritto del provvedimento giurisdizionale (c.d. tema della giusta interpretazione ed applicazione da parte del giudice, della legge e delle garanzie del procedimento e della decisione, nel processo), sia per quanto attiene al problema dell'accertamento della verita' materiale o reale dei fatti rilevanti ai fini del decidere; Rilevato altresi' che il processo civile non e' soltanto "l'affaire des parties au proce's" (c.d. "cosa delle parti"), a cui sia, o debba essere, indifferente se la decisione sia non sia fondata sull'accertamento della verita' materiale, (e non soltanto della "verita' processuale"), dei fatti rilevanti ai fini del decidere; Considerato che quando un fatto diventa oggetto di un procedimento probatorio nell'ambito di un processo civile, ed e' rilevante anche ai fini del decidere, l'attenzione del giudice deve portarsi a conoscere la verita' materiale del medesimo; Osservato che e' fondamentale condizione di giustizia del procedimento giurisdizionale civile (in cui e' compreso il procedimento probatorio (c.d. procedimento secondario), che anche le norme degli art. 244 c.p.c. e 246 c.p.c. concorrono a disciplinare come norme di ordine pubblico e non d'interesse esclusivamente privato), e' che questo, sia costantemente rispettoso, sotto l'aspetto normativo ordinario, dei "diritti della difesa" spettanti alle parti ex art. 24 della Costituzione, fra i quali vi e' il diritto alla prova rilevante ai fini del decidere (anche se non espressamente prevista dalla legge: c.d. prova atipica od innominata), posto che l'attuazione del principio dispositivo non e' necessaria ne' sufficiente per assicurare la realizzazione dei "diritti della difesa" in materia di prova, poiche' la garanzia del diritto alla prova e' di ordine e natura superiore e generale, ed invero discende e promana dalla Costituzione della Repubblica, e cioe' dall'art. 24 della Costituzione, che in subiecta materia, costituisce un principio fondamentale al primo posto dell'ordine pubblico; Osservato che la legge processuale non dice con esattezza quali debbano essere i connotati essenziali ed i requisiti minimi, del procedimento probatorio, della cui mancanza per volonta' del legislatore, o della cui privazione per decisione del giudice, il procedimento probatorio ne e' influenzato e ne risente a tal punto si da essere, o diventare iniquo, nei confronti del diritto alla prova rilevante spettante alle parti in causa, ai fini del decidere, e quindi, contrastare con l'art. 24 della Costituzione; Osservato che il modo con cui le prove possono essere raccolte ed utilizzate nel processo civile, deve rispondere costantemente ai principi che scaturiscono dall'art. 24 della Costituzione nonche' essere sempre rispettoso del superiore principio di equita' che sta alla base ed a fondamento del "giusto" processo civile; Osservato che "la rilevanza della prova, circoscrive e definisce l'oggetto del diritto di prova, come il diritto alla prova rilevante ex art. 24 della Costituzione, diritto alla prova rilevante che e' attuato quando sia garantita l'ammissione dell'unica e sola prova rilevante esistente ed a disposizione della parte, ai fini del decidere, a condizione che sia garantita l'ammissione ex art. 24 della Costituzione, di tutte le prove rilevanti ai fini del decidere nel processo civile"; Osservato poi che, non e' possibile affidare l'attuazione di una garanzia costituzionale alal discrezionalita' del giudice, in quanto il diritto di difesa, proprio perche' inviolabile, deve trovare tutela oggettiva anche "indipendentemente" dal giudice; Osservato che l'applicazione degli art. 244 c.p.c. e 246 c.p.c. hanno dato luogo, e danno luogo a gravi problemi interpretativi e di applicazione, sia per la loro formulazione, sia perche' nel nostro ordinamento la disciplina della prova civile e' "eterogenea, incoerente, disordinata, e disorganicamente distribuita in vari codici ed insiemi normativi", sia perche' "nel determinare la volonta' della legge non si puo' prescindere poi dal clima nel quale e' sorta", sia perche' l'applicazione dell'art. 246 c.p.c. che stabilisce l'esclusione a priori anche dell'unica e sola prova rilevante ai fini del decidere, lede il rispetto del principio dell'attuazione integrale della garanzia della difesa, ex art. 24 della Costituzione, spettante alle parti nel processo civile, nonche' lede il rispetto del principio del libero convincimento motivato del giudice, poiche' nel sistema processuale civile vigente, vige il principio della libera valutazione delle prove, dovendosi rilevare che, il dovere del giudice di valutare le prove rilevanti ai fini del decidere, promana dal diritto alla prova spettante alle parti ex art. 24 della Costituzione, e non dal piu' generale dovere del giudice di decidere causa cognita; Rilevato che il testimone, nella vigenza dell'art. 246 c.p.c., e', e deve essere, non "un terzo", bensi', sempre, anche potenzialmente, "terzo non interessato", rispetto alle domande ed agli interessi delle parti incontroversi nonche' rispetto alle questioni rilevanti, nella controversia, ai fini del decidere; Vista la relazione del Ministro guardasigilli al codice di procedura civile 1942 vigente, n. 29, pag. 65, pag. 66, pag. 67, pag. 68, pag. 69, intitola "Il sistema delle prove" ove non si puo' non notare quanto segue "... pur essendosi mantenuto nelle sue grandi linee il sistema tradizionale", quello che conta, fra l'altro, per il legislatore del 1942, e': 1) "... l'ambito della ricerca ufficiale della verita', notevolmente ampliata"; 2) "... l'armonia con quella concezione fascista e corporativa della giurisdizione e del processo che si esprime in questo codice ..."; 3) "... per la prova testimoniale rimane ferma ... la regola tradizionale secondo la quale essa non puo' essere ordinata se non la richiede la parte con indicazione nominativa dei testimoni da sentire"; Osservato che dalla lettura degli atti del processo, emerge la presenza di piu' soci amministratori anche di fatto della S.r.l. attorea Tubettificio Robbiese (per es. dalla certificazione ufficiale rilasciata dalla Camera di commercio di Pavia in data 9 gennaio 1994, e prodotta in causa dal convenuto Edil Sistem S.n.c., e su cui le parti hanno potuto "contraddire", risulta che i soci C.A. e C.G. rispettivamente fratello e sorella, sono soci amministratori del Tubettificio Robbiese S.r.l., di cui peraltro, sembra siano anche alle dipendenze lavorative della stessa; per es. dallo statuto 11 ottobre 1984 o atto costitutivo della Tubettificio Robbiese S.r.l., non pare siano determinate le funzioni rispettive dei soci amministratori e nemmeno e' precisato che questi debbano agire necessariamente, ne' sempre, congiuntamente, e neppure ivi e' prevista la loro firma congiunta per tutti gli atti di gestione rientranti nell'oggetto sociale; anzi, si legge (clausola 8) che i soci (amministratori) "sono dotati dei piu' ampi poteri" per il compimento dell'oggetto sociale); Osservato che i soci amministratori anche di fatto di una s.r.l., sono le persone che, giuridicamente non hanno la qualita' di amministratore, ma che, di fatto, esercitano le funzioni corrispondenti; Considerato che ciascun socio amministratore puo' agire separatamente, od autonomamente, e compiere ogni atto di gestione nell'interesse della societa'; Osservato anche che, le limitazioni dei poteri del socio amministratore di una s.r.l., sono lecite, ove esistono, ma esse sono inopponibili ai terzi contraenti; osservato inoltre che, i soci amministratori anche di fatto di una s.r.l., sono responsabili individualmente, o solidalmente, secondo i casi, sia verso la societa' che verso i terzi, degli atti da loro posti in essere; Osservato che la difesa di parte convenuta ha insistito all'udienza del 28 ottobre 1995, nella declaratoria di inammissibilita' della testimonianza dei signori C.A. e C.G., in relazione alle trattative ed alla conclusione del contratto, ove costoro hanno operato e deciso, per avere costoro un chiaro interesse in causa, anche come soci amministratori anche di fatto della S.r.l. Tubettificio Robbiese al momento della loro escussione a testi, non essendo estranei ne' indifferenti, o potendo non essere estranei ne' indifferenti, anche potenzialmente, avendo interesse ad intervenire ad adiuvandum, "come terzi interessanti", rispetto alla controversia ed al suo esito a favore dell'attore, e proprio in relazione alle domande delle parti (domanda attorea di declaratoria di illegittimita' di fattura di pagamento emessa dalla convenuta, e domanda riconvenziale di pagamento somma fondata sulla "conclusione del contratto sostitutivo dal preventivo accettato"), tenuto conto altresi' del contenuto della lettera 16 maggio 1990 successivamente pervenuta alla controparte, successivamente costituita in causa come convenuta; Rilevato poi che, in ogni caso, chi ha rivestito la funzione di rappresentante della parte, e' stato ritenuto non possa testimoniare, stante l'incompatibilita', tra la qualita' di parte o di rappresentante di essa, e quella di testimone: cfr. Pretura di Bologna 24 aprile 1985, est. governatori, Lupi c/Sidercomit; Ritenuto dunque che vi e' luogo di ammettere, nella vigenza dell'art. 246 c.p.c. (e con i limiti costituzionali di cui infra), l'eccezione avanzata dalla difesa del convenuto; Rilevato che l'art. 246 c.p.c., e' di per se', una norma priva di ragionevole fondamento ed altresi' comprime eccessivamente il diritto alla prova delle parti come manifestazione della garanzia costituzionale del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione; Considerato che il diritto di difesa di un litigante puo' essere "compresso" dalla norma dell'art. 246 c.p.c. che gli vieta di acquisire la testimonianza anche di un "terzo interessato"; Considerato che i signori C.A. e C.G. quali soci amministratori anche di fatto della S.r.l. Tubettificio Robbiese, sono la sola ed unica prova esistente di cui l'attore dispone per dimostrare la verita' di un fatto costitutivo (rilascio di certificazione di idoneita' di materiale ai fini di un collaudo); Considerato altresi' che in tutti i casi in cui la prova inammissibile e' in realta' l'unica e sola prova esistente di cui la parte dispone (come nel presente caso oggetto di giudizio), per provare la verita' di un fatto costitutivo, vi e' violazione del diritto alla prova ex art. 24 della Costituzione; rilevato che l'attore non puo' esercitare il suo diritto alla prova, rilevante ai fini del decidere, ex art. 24 della Costituzione, proprio a cagione del disposto dell'art. 246 c.p.c.;